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Autore: Subutai Khan    18/07/2014    3 recensioni
Kibougamine Gakuen, un giorno imprecisato successivo all’inizio della Vita Scolastica Improntata all’Omicidio.
C’è silenzio totale per i corridoi e le stanze. Non un rumore, non una voce, niente di niente. Ci manca giusto la balla di fieno e il quadro è perfetto.
Questo succede perché gli ultimi due abitanti dell’edificio non sono avvezzi a fare casino se non ce n’è la più estrema necessità, e pure in quel caso tentennano.
Voliamo in caffetteria, perché è lì che li troveremo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Kibougamine Gakuen, un giorno imprecisato successivo all’inizio della Vita Scolastica Improntata all’Omicidio.
C’è silenzio totale per i corridoi e le stanze. Non un rumore, non una voce, niente di niente. Ci manca giusto la balla di fieno e il quadro è perfetto.
Questo succede perché gli ultimi due abitanti dell’edificio non sono avvezzi a fare casino se non ce n’è la più estrema necessità, e pure in quel caso tentennano.
Voliamo in caffetteria, perché è lì che li troveremo.
Eccoli. Seduti uno davanti all’altra, stanno entrambi sorseggiando da una tazza. Probabilmente royal the al latte per lei, più facilmente caffè nero per lui.
Accanto a ognuno di loro un coltello, precedentemente prelevato dalla cucina.
Seduto sul tavolo, le zampe incrociate di fronte a sé, un perplesso Monokuma li osserva.
“Certo che voi due siete proprio strani.” dice l’orso senza particolare entusiasmo. Sembra davvero che qualcosa gli sfugga, ma cosa non ci è dato saperlo.
Non si prendono la briga di commentare. Non ne hanno bisogno.
“Ripetetemelo ancora una volta, su. Voglio poter ridere ancora un po’ della vostra dubbiosa capacità decisionale.”
Silenzio.
“E va bene. Per qualche motivo del piffero ce l’avete con me, l’ho capito. Allora facciamo che lo dico io e voi mi correggete se sbaglio, ok?”
Non un muscolo delle loro bocche si muove.
“Lo prenderò come un sì. Quindi vediamo se ho capito bene il vostro machiavellico piano: alla fine di tutto, arrivati finalmente a questo punto, vi siete accordati per affrontarvi in un duello all’ultimo sangue... perché ci può essere un solo vincitore, dico bene?”
Nulla.
“Rinuncio a capirvi. Giunti dove siete ora è stupido fare quello che volete fare. Avete vinto il gioco. Siete riusciti a mettere nel sacco tutti gli altri, guardandoli sogghignando mentre li spedivo al macello. Inoltre, se mi è concesso sottolinearlo, siete stati a dir poco diabolici nel vostro disegno. Un doppio omicidio così ben congegnato, capace di superare ogni ostacolo posto dalle regole. Brillante. E il processo... mamma mia, sembravate due furie scatenate. Avete condotto quei poveri bastardi in una corsa matta, disperatissima e senza uscita. Davvero, fino a quel momento non mi ero eccitato così tanto durante un Class Trial come mi è successo lì. Splendidi ragazzi miei, splendidi.”
“I tuoi puerili complimenti non mi toccano.” risponde finalmente lui, poggiando la tazzina sul piattino. È vuota e ciò vuol dire che, per quanto gli riguarda, possono cominciare. Pertanto afferra il suo coltello e si alza, pur attendendo cavallerescamente che lei abbia finito.
“Anche questo non capisco” riprende Monokuma “Se davvero avete deciso di ammazzarvi a vicenda, perché ora stai aspettando? Saltale addosso e sbudellala!”
“Sei una forma di vita troppo inferiore per capire e rispettare un patto fra un gentiluomo e una gentildonna.”
“Devo concordare con il mio compagno.” esordisce lei prendendo le ultime sorsate di the “Ma d’altronde cosa potevamo aspettarci da questo urside fatto di transistor?”
“In effetti è al di là delle sue possibilità. Sperare che un ammasso di fili elettrici possa comprendere cos’è l’onore... ingenuo da parte mia, lo ammetto.”
“Mi state facendo incazzare! Vi devo uccidere seduta stante, per caso?”
“Finiscila. Secondo le tue stesse sacre norme, io e lui siamo liberi dal tuo giogo. Non ce ne siamo andati, pur potendo farlo, perché abbiamo ancora questo piccolo conto da sistemare.”
“Esatto. E ora, se volessi gentilmente farti da parte, io e la signora avremmo un impegno.”
“Mpf. Fate come volete, coglioni. Cercate solo di non sporcarmi i tavoli, che poi è un lavoraccio scrostarli dal sangue rappreso. Tornerò per aprire il portone al vincitore del vostro scontro fra fighette isteriche.” Così dicendo svanisce, lasciandoli con loro stessi.
Nel suo quartier generale il mastermind si sfrega le mani. Questa è una delle migliori conclusioni che poteva ottenere. Non vede l’ora di assaporare la disperazione sulla faccia dello sconfitto, a tanto così dall’ambito premio che però gli sarà negato per la propria inettitudine. Naturalmente non esiterà a rigirare il coltello nella piaga, anche fisicamente se necessario, e non mancherà di farglielo pesare nei suoi ultimi istanti di vita.
“Oh cari miei, non sapete quanta angosciante soddisfazione mi state regalando. Sono un preside fortunato, già già.”
Dopo pochi secondi lei finisce. A sua volta prende il coltello e si alza.
Sono a circa tre metri l’uno dall’altra. Sembrano calmi e come da copione non tradiscono il minimo accenno di emozione. Anche se, ci potete scommettere, nessuno dei due è realmente la maschera di cera che appare.
Perché, contrariamente a quanto esternano, entrambi toccano in maniera per loro concreta la possibilità di andar finalmente fuori da quell’incubo da psicopatici insonni.
Hanno fiducia nei propri mezzi e in cuor loro credono di essere quello (o quella) che unico (o unica) si ergerà sopra i cadaveri di tutti gli altri. Inclusa l’altra metà della loro accoppiata di novelli Bonnie e Clyde.
Non hanno rimpianti. Non hanno rimorsi. Tutto è andato come doveva andare e quella che stanno vivendo è la logica, scontata, giusta conclusione.
Questo avevano escogitato, sin da quel giorno. E questo hanno conseguito. Non avrebbero voluto niente di diverso. E d’altronde, quando due simili elementi uniscono le forze, il risultato è al 99% quello che hanno progettato.
“Ebbene, vogliamo iniziare?”
“Certo. Siamo qui apposta.”
“Sarò felice di uccidere un magnifico partner come te, Togami.”
“Ludenberg, difficilmente troverò ancora qualcuno alla mia altezza e ciò susciterebbe ridicole crisi di pianto in qualcuno di meno valore. Ma a me non succederà.”
Si sorridono come iene, soddisfatti.

Due settimane prima.
Sono... impressionata, lo ammetto.
Stiamo uscendo lenti dalla stanza adibita ad aula processuale e i miei occhi non riescono a staccarsi dalla figura di Togami, che si trova qualche passo avanti a me. Spero di non essere troppo palese.
Abbiamo appena mandato a morte quel rifiuto umano di Oowada, colpevole di aver ucciso Fujisaki in uno scatto d’ira. Motivazione banale, realizzazione grossolana e nessunissimo stile.
La noia.
Eppure c’è stata una ragione di divertimento, per mia fortuna. Qualcuno ha ben pensato di mettere in piedi una sceneggiata, facendo apparire il tutto come opera di Genocider Sho. E quel qualcuno è, chiaramente, la persona che sto seguendo di sbieco mentre saliamo sul montacarichi per tornare di sopra.
Senza alcun presupposto. Solo perché gli andava e, esattamente come me, si annoiava.
Sento una strana affinità. Incomprensibile dati i differenti background e le posizioni sociali discrepanti, ma comunque presente.
Stavo escogitando qualcosa ma ora, con questo sviluppo, i miei piani potrebbero cambiare. Mi sta frullando in testa un’intenzione che probabilmente mi condurrà a una pessima fine, ma ho voglia di giocare con il fato. E poi sono molto brava in queste cose, no? Mal che vada morirò di mia iniziativa e non perché questo branco di incapaci si sarà fatto infinocchiare. Se invece andrà bene come credo avrò il cimitero pieno, il socio ubriaco e un lasciapassare per la libertà.
Mi spiace Yamada, non avrai l’onore di essere manovrato come un burattino. È un privilegio per pochi e tu hai appena perso il tuo treno. Condoglianze.
“Pfah! Anche stavolta ce la siamo cavata in qualche modo.”
“Fujisaki-san, Oowada-san... ce la faremo anche per voi, ve lo prometto...”
“Kyōdai! Kyōdai!”
“Oowada-dono si è macchiato di un delitto orribile.”
Senti ‘ste galline quanto starnazzano.

TOC TOC.
“Cosa vuoi, Ludenberg?”
“Mi fai entrare o hai intenzione di lasciare una dama a mendicare dieci minuti della tua attenzione nel corridoio?”
Non risponde, in compenso comincia ad allungare le mani e a tastarmi il vestito. Alzo le braccia, comprendendo il suo desiderio di perquisirmi.
È vero che non ho intenzioni bellicose, ma capisco come una visita a tu per tu possa trasformarsi in un bagno di sangue.
“Sei pulita. Vieni.”
Lo seguo nella sua stanza. Austera come la immaginavo, riflette alla perfezione l’anima del suo proprietario.
Ordine asettico e nulla di superfluo.
Sì, ho idea che io e te andremo molto d’accordo.
Mi fa accomodare al tavolo e si siede proprio di fronte a me.
“Dunque, cosa ti ha portato da queste parti?”
“Dopo averti visto mettere in piedi quel delizioso spettacolino con il corpo di Fujisaki... penso di poter dire che ho trovato in te il mio partner ideale.”
“Partner? Se si tratta di qualche giochetto sessuale squallido mi tocca declinare, deve ancora nascere la donna meritevole di deflorarmi.”
Sbuffo, un poco disgustata. Guarda cosa va a pensare ‘sto depravato.
“Non mi bastava la volgarità standard di Monokuma, serve anche quella extra quando ho intenzione di discutere di faccende serie.”
“Va bene, va bene. Ritiro.”
“Sarà meglio. E ora, se volessi lasciarmi spiegare in santa pace...”
“Prego.”
“Sto progettando un omicidio.”
Prendo una pausa per studiare la reazione e, esattamente come sospettavo, la sua espressione neutra non muta. Non vedo perché avrebbe dovuto, considerate le sue azioni e le sue parole.
“E la cosa mi riguarda perché...”
“Perché, prima di deragliare su frivolezze senza senso, ho accennato a un partner. Ho... diciamo voglia di sperimentare, e soprattutto un aiuto mi farebbe comodo.”
“Quindi mi stai chiedendo di collaborare con te?”
“Esattamente.”
“Rifiuto. Un comprimario non ottiene niente di concreto, ammesso e non concesso che il piano vada a buon fine.”
“E chi ha parlato di essere un semplice comprimario? Ti sto offrendo una business partnership, roba seria.”
L’aver usato una terminologia a lui sicuramente familiare cattura la sua attenzione. Lo vedo molto più focalizzato rispetto anche solo a dieci secondi fa.
“Al cinquanta e cinquanta?”
“Al cinquanta e cinquanta. Saremmo soci alla pari.”
“Questo però crea un ostacolo.”
“Che genere di ostacolo?”
“Se davvero non sei qui solo per sfruttarmi, e voglio sperare per te che sia così, come eludiamo quella regola?”
La domanda è legittima e onestamente ancora non ci avevo pensato.
Ci guardiamo in faccia per un paio di minuti, entrambi a corto di parole. Il problema è più grosso di quanto avrei potuto prevedere, e questo non mi aiuta ai suoi occhi. Certo che neppure lui è saltato su istantaneamente con una soluzione, a riprova che l’arcano è complesso.
Non sono io a rompere l’impasse: “Beh Ludenberg, se non trovi una maniera per sbrogliare la matassa temo che la nostra joint venture debba dichiarare fallimento ancora prima di essere varata.” dice alzandosi.
“Potresti darmi anche una mano, mio svogliato cavaliere.”
“Primo: non sono il cavaliere di nessuno. Secondo: sei stata tu a venire a disturbarmi con questa bislacca proposta, sta a te farti carico dell’appianamento di ogni problema a monte.”
Poi l’illuminazione.
E se... facessimo così?
“Togami, non con tutta questa fretta. Credo di aver appena avuto la trovata vincente.”
Mi guarda male, forse pensando che sto cercando di guadagnare tempo o qualche stupidaggine simile. Poi si risiede e mi invita a esporre.
“La questione è: come possiamo operare se uccidiamo una sola persona. Inevitabilmente uno dei due verrebbe considerato l’omicida materiale e l’altro solo un complice, invalidando quindi le fondamenta di questo nostro patto. Ebbene, in realtà l’escamotage è semplice: uccidiamone due. Uno a testa.”
Per la prima volta da che lo conosco assume un’espressione meravigliata. Devo aver colpito nel segno, a quanto pare.
“Messa così potrebbe funzionare, sì. Perché a quel punto...”
“...saremmo entrambi colpevoli effettivi di una morte. Hai capito bene, caro Monokuma?” chiedo alzando la testa verso la più vicina telecamera. Voglio che questo messaggio arrivi forte e chiaro: io, Celestia Ludenberg, e Byakuya Togami siamo parimenti artefici di tutto questo, allo stesso livello. Guai a te se ti azzardi a cambiare le carte in tavola, orsetto di pezza.
Perché sbattersi fino a questo punto, potrebbe chiedersi qualcuno di malfidente. Perché non giocare sporco anche con lui, come volevi fare con Yamada, e metterti in una posizione non esattamente dominante nel vostro sodalizio? Beh, come specificato prima ho voglia di prendermi qualche rischio non necessario. Ultimamente, prima di finire segregata in queste quattro mura, la mia vita da giocatrice d’azzardo era piatta come una tavola da surf.
Vincevo. Vincevo. Vincevo.
Non c’era brivido, non c’era neanche un lontano spettro di sconfitta all’orizzonte. Niente. Il tedio più assoluto.
Ho bisogno di una scarica di adrenalina. E solo la persona in questo momento seduta davanti a me è in grado di darmela, perché sono sinceramente convinta che non potrei ottenere nulla di meglio associandomi a quei caproni là fuori.
Insomma, va bene il brivido ma non ho tempo da perdere con tentativi patetici fatti con gente patetica.
Inoltre sono sicura che solo espormi così mi rende certa della sua assistenza, avendo lui dimostrato pochissimi secondi fa che non si muove per niente di meno. A ben vedere, dato il soggetto.
“E dimmi” riprende a parlare, distraendomi dalle mie considerazioni “avevi per caso già adocchiato delle possibili vittime?”
“Credo ti troverai concorde se dico che i nostri bersagli più appetitosi sono senza dubbio Kyouko Kirigiri e Makoto Naegi. Quei due sono troppo svegli per lasciarli scorrazzare in libertà a raccogliere prove e ascoltare testimoni.”
“Ne convengo. Fermo restando che volevo solo sollazzarmi un po’ e che quindi non ho badato troppo alla verosimiglianza, quello lì ha smantellato la mia messinscena con disarmante facilità. Mentre lei... lei sembra nata per questo. Ha una mente analitica e una capacità intuitiva incredibili, che non devono esserci nel dibattito su un omicidio di cui sono il responsabile. Soprattutto Kirigiri non può mettere piede in tribunale.”
Sapevo mi avresti capita, Togami.
“Però aspetta, stiamo accelerando i tempi.” dice lui all’improvviso, con un tono di voce preoccupato.
“Uh? Cosa intendi? Non è necessario mettersi all’opera subito, specialmente senza ancora uno straccio di programma e...”
“No. Parlo di te.”
Non ti seguo, caro.
“Chi mi assicura che non cercherai di pugnalarmi alle spalle alla prima occasione utile, Regina dei Bugiardi?”
Oh. Oh.
In effetti non gliene posso fare una colpa, è normale volersi premunire quando si ha a che fare con una menzognera compulsiva come me medesima. Sono la prima a non fidarmi.
Ma per fortuna sono stata previdente. Perciò, senza scompormi, estraggo dal vestito un foglio di carta e la mia penna prediletta.
Poi, sotto il suo sguardo vigile, provvedo a scrivere quello che devo.

All’attenzione di chi legge.
Io sottoscritta Celestia Ludenberg, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dichiaro formalmente di essere la seconda mente dietro il piano che Byakuya Togami stava portando avanti. Se state leggendo questa lettera vuol dire che lui è morto e io sono ancora viva, e conoscendomi sto ridendo alle sue spalle. Questo va contro lo spirito della nostra iniziativa, pertanto la presente ha lo scopo di fungere da garanzia per il mio correo.

In fede,
Celestia Ludenberg

Lo firmo e glielo mostro.
“Cosa dovrebbe rappresentare questa fesseria, Ludenberg?”
“Non ci arrivi? Mi stupisci. Te lo spiegherò in parole comprensibili: nel caso abbia dei ripensamenti e decida di tradirti, questo appunto servirà senza l’ombra di alcun dubbio a incastrarmi essendo stato scritto e firmato di mio pugno. E se andasse così stai pur sicuro che essere incastrata sarebbe l’ultima cosa che vorrei veder accadere. Quindi bada a nasconderlo in qualche posto dove non possa mettere le mie mani artigliate e vedrai che non ti succederà niente. Anche se non è mia intenzione deviare dal solco di una coabitazione pacifica, capisco benissimo la tua diffidenza.”
Lo studia ancora un po’, poi sembra concedere la propria approvazione: “Sì, penso di potermi ritenere soddisfatto. Naturalmente conto che non si debba arrivare a tanto, sarebbe... sconveniente.”
“Ma ci mancherebbe. Però ecco, se ora volessi cortesemente ricambiare il favore...”
“Prego?”
“Io non sono uno stinco di santo e lo sappiamo entrambi, ma lo stesso vale per te e lo sappiamo entrambi. Allora ti chiedo ufficialmente di redigere a tua volta una confessione in piena regola.”
“Questo... questo è offensivo.”
“No, è solo non mostrare stupidamente il fianco a chi non vede l’ora di squarciarmelo. Suvvia, si tratta giusto di una saggia precauzione per evitarci spiacevoli colpi bassi. Come hai visto io non ho esitato, cosa ti blocca dal farlo?”
“Bah. E va bene.” Così dicendo si alza e si procura un altro foglio. Una volta trovato torna ad accomodarsi, afferra la penna e comincia.

All’attenzione di chi legge.
Io sottoscritto Byakuya Togami, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dichiaro formalmente di essere la seconda mente dietro il piano che Celestia Ludenberg stava portando avanti. Se state leggendo questa lettera vuol dire che lei è morta e io sono ancora vivo, e conoscendomi la cosa mi lascia del tutto indifferente. Questo va contro lo spirito della nostra iniziativa, pertanto la presente ha lo scopo di fungere da garanzia per la mia correa.

In fede,
Byakuya Togami

“Così ora siamo legati da un patto di sangue.”
“Non essere melodrammatica, mi fai venire mal di testa.”
“Ma dai, Togami. Un po’ di verve ogni tanto. Non affogare solo nei freddi numeri da magnate della finanza.”
“...sto riconsiderando il nostro accordo, sappilo.”
“Ops. Va bene, va bene. Taccio. Adesso ognuno di noi, prima tu e poi io, prenderà il proprio foglio. Con calma e senza mosse azzardate, ok?”
“Ok.”
Percepisco tensione nell’aria. Se deve succedere qualcosa di brutto questo è il momento.
Ma tutto fila liscio. Tempo trenta secondi e stringiamo nella destra il nostro rispettivo pezzo di carta.
“Ora che tutti e due abbiamo la nostra assicurazione” concludo, sfoggiando un sorriso “direi che possiamo cominciare ad architettare qualcosa. Che conoscendoci sarà articolato, astuto e senza possibilità di risoluzione per quei poveri mentecatti. Propongo una stretta di mano per suggellare l’avvenuta alleanza.”
“Sei proprio teatrale quando non serve, tu.” commenta con una punta d’acidità mentre allunga la sinistra.
“Se non conosci i capisaldi delle tragedie e dei patti faustiani non è colpa mia.” replico ricambiando la presa.
“Dicevi di cominciare ad architettare qualcosa, giusto?”
“Sì. Perché? Ripensamenti non richiesti dell’ultima ora?”
“No. Intendevo solo dire che per ora nessuno ci morde la coda e possiamo prendercela comoda, tenere un profilo basso e vedere come si sviluppa la situazione senza un nostro intervento.”
Uhm. Sì, quel che dice è giusto. In effetti non c'è fretta, e più informazioni abbiamo in mano e meglio possiamo metterci in moto quando sarà il momento.
“Sono d’accordo. Avremo più tempo per studiare il modo migliore di muoverci. Diciamo che ci aggiorniamo a... mh, quattro giorni? Cinque?”
“Facciamo cinque. Dopo il coprifuoco. Da te.”
“Va bene. Allora arrivederci, mio caro compagno di scorribande.”
“...esci da qui. Ora.”
Mi alzo ridacchiando e lo lascio da solo a macerare nella sua seriosità.

Sette giorni dopo.
“Finalmente. Finalmente è giunto l’attimo.”
Sento Celestia che, in preda a una sovrabbondanza di eccitazione, non riesce a rimanere seduta in maniera composta di fronte a me.
Certo che la sua camera è kitsch da far spavento. Seppur non sia la prima volta che ho la sfortuna di visitarla, continua a colpirmi per l’orrida scelta dei soprammobili e dei vari pezzi d’arredamento che la ornano. Anche se dir così è un complimento non meritato.
“Si può sapere a cosa è dovuta tutta questa frenesia, Ludenberg?”
“Ma come, Togami caro? Non vedi l’occasione che ci si sta presentando?”
Dovrei?
“No. Non lo faccio. Ti spiacerebbe spiegare anche a me, socia?”
“Cioè, fammi capire: tu difetti così tanto di capacità di interazione sociale e di empatia? Al punto di non renderti conto che quanto successo ieri ci spalanca le porte per il successo?”
Ieri il bifolco chiamato Ishimaru ha posto fine alla vita di quella nociva, detestabile, puzzolente ladra di ossigeno che rispondeva al nome di Touko Fukawa. Se quel che è saltato fuori nel processo è vero, pare che la causa della discordia siano stati dei rimarchi offensivi da parte di lei all’indirizzo del fu Oowada, provocando nel suo inseparabile amico di incontri omoerotici la sua stessa identica reazione con lo stesso identico risultato.
“Nel mio mondo queste ridicole nozioni ti aprono solo le porte per una bancarotta immediata. Quindi, dall’alto della mia posizione, ne sono pietosamente risparmiato. Toccherà a te ragguagliarmi in simili, ridicoli passatempi da plebei.” le rispondo.
“Bof. Quanto fiato mi tocca sprecare. E va bene, ora ti faccio capire quel che avresti dovuto capire da te.”
Ho uno strano formicolio alla mano. Bizzarro.
“I punti fondamentali sono pochi e di facile comprensione, ma cerca comunque di seguirmi con attenzione perché mi piace paragonarmi a un noto violinista italiano. Innanzitutto abbiamo meno ostacoli fra i piedi, ma questo è lapalissiano anche per te. La cosa davvero importante è la seguente: c’è stato un evidente, addirittura imbarazzante avvicinamento fra Kirigiri e Naegi.”
“E la cosa ci avvantaggia perché...”
Sospira. Com’è il termine per definire questo stupidissimo stato d’animo che la sta permeando, ma che non mi può e non mi deve competere? Frustrazione?
“Perché così sarà più facile condizionare lei, che del loro duetto delle meraviglie è indubbiamente la più chiusa a riccio. Un po’ come te in un certo senso, anche se sicuramente i motivi e gli intenti sono diversi.”
“Oh no, non azzardarti a cominciare una seduta di psicoterapia con me. Anche perché non potresti pretendere l’astronomica parcella del mio vero analista.”
“Quindi persino tu vai dallo strizzacervelli. Interessante.”
“...passiamo oltre, prego.”
“Ok, ok. Non scaldarti, non è necessario. Darò per buono che la tua memoria sia migliore della tua sensibilità, evitando quindi di ricordarti come l’accorata difesa di Naegi verso la sua... come la devo chiamare, fiamma? Va beh, non è importante. Dicevo, il fatto che lui si sia lanciato anima e corpo nel giustificarla nonostante la mancanza di alibi ha causato, nella nostra prode ficcanaso dai capelli lavanda, una reazione di... anche qui, come definirla? Ha scongelato la regina del ghiaccio? Ha risvegliato in lei ancestrali sentimenti sepolti? Ha...”
“Se sono finito in una brutta lezione di drammaturgia shakespeariana rivorrei i soldi della mia iscrizione.”
“Oh santo cielo però, non ci si può neanche prendere delle licenze poetiche con te. Sei di vedute ristrette e la tua vita ruota attorno al denaro, te l’ha mai detto nessuno?”
“Mettiti in fila e ricevi il numeretto. Ora prosegui.”
“Ho percepito chiaramente come Kirigiri ora si fidi un po’ del suo cavaliere in armatura scintillante che non ha esitato a mettersi contro l’intero corpo studentesco pur di sostenere la sua innocenza. Parlando di lei si tratta sempre di qualcosa di appena abbozzato, ma è un ottimo inizio per noi. Qualcosa che possiamo sfruttare.”
“Vorresti colpire lui e sperare che lei giunga in suo soccorso?”
“Sì, l’idea era quella. E, allo stato attuale, è molto più fattibile di quanto potesse essere anche solo qualche giorno fa.”
Mi gratto il mento, perplesso. Ammetto che il ragionamento di Ludenberg non fa una grinza, e se davvero i due ora hanno rapporti interpersonali più profondi capisco come sia possibile usarne uno per far muovere l’altro come ci è più congeniale. Resta però che si parla sempre di Kyouko Kirigiri, la ragazza monoespressione. E questo l’ho capito io che perlomeno vario fra l’irritato, l’annoiato e il compiaciuto.
“Sei proprio sicura che funzionerà? Non abbiamo nessuna certezza che quella si sia rammollita fino a correre disperata al fianco del suo scudiero ferito.”
“È vero, non abbiamo certezze. Ma preparati, sto per darti una flash news devastante: nel mondo al di fuori del Nikkei 225 funziona così. Non c’è quasi mai la certezza di nulla, in special modo quando si tratta di prevedere le risposte emotive di una persona riservata e fredda come Kirigiri. Capisco che a te possa infastidire, abituato come sei a programmi ben delineati e senza possibilità di sgarro, ma l’interazione umana è un’arte imperfetta.”
“Non sono per niente persuaso alla prospettiva.”
“Ormai siamo troppo immanicati l’uno con l’altra per tirarci indietro, Togami. Ognuno di noi custodisce la confessione dell’altro cinquanta per cento. Non ti puoi permettere un passo a ritroso, non più.”
“Non ho manifestato alcuna intenzione in tal senso. Sto solo sottolineando che la cosa non è di mio particolare gradimento.”
“Se ti può essere di conforto, ti assicuro che questo è il momento adatto. La parte più coriacea della loro accoppiata si è indebolita, sebbene solo leggermente, e non avremo più la possibilità di affondare le nostre zanne avvelenate in lei se non ne approfittiamo adesso.”
Mi fermo a riflettere.
Voglio davvero rischiare il tutto per tutto, di questo si tratterebbe a conti fatti, pur di vincere il gioco della Kibougamine? Perché è azzardato, più delle mille operazioni borsistiche che ho condotto finora.
Mi tocca ammetterlo: posso rimetterci la vita. Si tratta di fare i pagliacci con il fuoco e fra le mie pur innumerevoli qualità non vi è l’essere ignifugo. Soprattutto se il nostro adorabile preside ha intenzione di essere scenografico nelle esecuzioni come lo è stato con quegli altri idioti.
Però, per quanto mi scocci glielo devo concedere, Celestia mi sembra piuttosto convinta della bontà della sua intuizione. E indubbiamente ci sa fare meglio di me in materia.
Potrebbe valerne la pena. Anche se...
“Continuo a rimanere della mia opinione. Ma sono disposto a collaborare con la tua balzana trovata. A una condizione.”
“Quale condizione?”
“La mia condizione è semplice: quando tutto sarà andato a buon fine, rimasti io e te... ci sfideremo a duello.”
“Che cosa?”
“Mi hai sentito bene, Ludenberg. In questo gioco non è prevista la possibilità di due vincitori, ce ne dev’essere uno solo. E voglio essere io.”
“...quindi mi staresti dicendo che, anche in caso di piano ben riuscito, ci sarebbe la concreta possibilità che io non esca viva di qui?”
“Esattamente. Ho fatto il mio prezzo, prendere o lasciare.”
“Ti stai divertendo da matti, vero birbantello di un Togami?”
“Non sai quanto.”
La vedo mordersi un labbro. Appare contrastata. Incredibilmente posso immaginarmi il perché.
“Tu hai presente la stupidità di quanto hai proposto, vero?”
“No, non ce l’ho presente. Non c’è niente di stupido, è solo pragmatismo e rispetto delle regole. Un unico trionfatore che si eleva su una schiera di sconfitti, incluso il proprio partner.”
“Giochi troppo con le azioni, tu.”
“Forse. O forse ti stai dimenticando che anche nel poker funziona così e che non è contemplato il pareggio alla fine della partita. E poi, nel caso ti fossero uscite di mente le parole che tu stessa mi hai rivolto pochi istanti fa, ti ricordo che non è fra le opzioni dire di no a questo punto.”
Colgo distintamente che il mio riferimento al suo gioco d’azzardo prediletto cambia qualcosa nel suo volto. Qualcosa che la porta a sorridere.
“Inoltre, ricordo male o eri tu quella che andava cercando un brivido? Cosa c’è di più eccitante del vedere il proprio diabolico progetto andare in porto con il rischio comunque presente di fallire? Non ti si scaldano tutte le fibre corporee alla prospettiva?”
“Togami, se hai imparato la fine astuzia della retorica negli ultimi sette secondi... complimenti, vivissimi.”
Gracias, señorita.
Un attimo di pausa, in cui mi studia meditabonda.
Poi finalmente apre la bocca: “E va bene, d’altro canto quel che affermi ha senso. Avrai il tuo showdown finale. Mi rimane oscuro il motivo che ti ha spinto a tirar fuori una clausola così assurda...”
“Non soffermarti su simili banalità.”
“Non è una banalità. Sembra quasi che tu non capisca quanto è pericoloso quanto hai proposto. Capisci o no che potresti essere tu quello a soccombere?”
“Ho fiducia in me e nei miei mezzi.”
“La tua non è fiducia, è arroganza. E spesso chi è così arrogante fa più rumore del dovuto quando cade.”
“Cosa ti ho detto sullo psicanalizzarmi, Ludenberg?”
“Permaloso che non sei altro.” ridacchia, per poi aggiungere “Ah, visto che non ti reputo in grado di manipolare un elemento difficile come Kirigiri, mi accollerò io quella responsabilità. In compenso, giusto per mantenere equi e ben distribuiti i compiti nella nostra associazione a delinquere, tu dovrai fare altrettanto con Naegi. Confido che almeno per questo non abbia da ridire.”
“No, niente da ridire”.
“E hai preferenze sulla vita che intendi estinguere?”
“Messa così ci è più conveniente ammazzare la nostra preda primaria. In altro modo sarebbe inutilmente complicato.”
“Concordo.”
“Bene, qua abbiamo concluso allora. O c’è altro che devi dire o fare per arrecarmi ulteriore stizza?”
“Puoi anche andartene. Quando avrai in mano qualcosa fammelo sapere. Arrivederci, Togami.”
“Arrivederci, Ludenberg.”
Mi alzo e con estrema calma mi avvio verso l’uscita.
...sbaglio o ha sussurrato Scion di ‘Staceppa?

Sei giorni dopo.
Tempo di mettere in atto il piano e sperare che i kami, o chi per loro, ci assistano. Perché persino due assi come me e Togami non possono, proprio non possono prevedere senza il minimo margine d’errore il modus operandi di un’anima libera come Kirigiri.
Indubbiamente l’annuncio di oggi di Monokuma, in cui ha rivelato a noi tutti la presenza di una spia nelle nostre fila, ci semplifica il compito. Più sospetti reciproci, meno abbracci di gruppo. E soprattutto la possibilità di prendere Naegi all’amo e, una volta acchiappato lui, trascinare anche lei dentro al retino.
Ucciderlo è compito di Togami, quindi non mi interesserò più di tanto del come. Mi serve solo sapere quando e dove ha intenzione di farlo, in modo da... cavolo, ci vuole più coordinazione di quanto mi piacerebbe. D’altronde funziona così, nel caso di omicidi in tandem. Maledetta me quando l’ho messo nel mirino, potevo davvero sbrigarmela da sola.
Va beh, va beh. Inutile recriminare. Il dado è tratto, il Rubicone è dietro di noi e se allunghi lo sguardo più che puoi si intravede Roma dietro le colline.
Per quanto mi riguarda ho scelto come arma del mio delitto una boccetta di tetrodotossina, una di quelle che stanno nell’armadietto del laboratorio chimico al quarto piano. È il veleno contenuto nei pesci-palla, pare ne siano sufficienti pochi milligrammi per portare una persona prima alla paralisi e poi alla morte.
Intingervi la capocchia di uno spillo dovrebbe bastare ed avanzare. Molto affine a me e al mio modo di essere, che rifiuta sdegnato coltelli e urla e sangue che macchia i vestiti. Che barbarie.
A quel che mi ha riferito, pure il mio beneamato socio ha optato per la tetrodotossina. La cosa non mi meraviglia, esattamente come me non lo vedo particolarmente desideroso di sudare come un maiale solo per avere un cadavere ai suoi piedi. Meno male che me l’ha detto, almeno ci siamo risparmiati spiacevoli episodi di “Ehi, dov’è finito il mio veleno? Non ho più il veleno per commettere il mio omicidio! Mannaggia!”
Teatro della tragedia: camera di Makoto Naegi. Quindi sarà affar mio fare in modo che Kyouko Kirigiri ci metta piede. Me l’ha comunicato ridacchiando, lo stronzetto. Sicuramente un po’ godeva nell’avermi lanciato quella che crede una palla curva, ma è evidente come non sappia quanto mi merito il mio titolo di Regina dei Bugiardi.
Va bene, è ora ormai. Secondo il suo progetto doveva muoversi appena dopo il coprifuoco e, stando ai tempi di funzionamento della tossina e per come sono stata informata, il momento giusto era almeno un paio d’ore dopo. Sempre presupponendo che lui non abbia fatto danni o commesso errori. Ma mi fido abbastanza da immaginare, e sotto sotto sperare, che tutto sia andato liscio.
Esco da camera mia e prendo posto nel punto che avevo adocchiato nell’atrio fuori dalla caffetteria, non prima di essermi assicurata che non ci sia nessuno a spasso e che la porta della camera di Naegi sia socchiusa. Bravo Togami.
Mi siedo contro il muro, la testa sulle ginocchia.
E ora, piccola mia, è tempo di quella cosa là.
Dovete sapere, cari sorcini, che il metodo Ludenberg per mentire è a prova di bomba perché, esattamente come lo Stanislavskij, prevede l’immedesimazione totale fra attore e personaggio.
Quindi, per le successive ore, io sarò davvero una ragazzina spaventata perché ha visto un suo compagno di classe steso per terra con la bava alla bocca. Sì, spiacevoli effetti collaterali del pesce-palla.
Se Kirigiri non mi dovesse credere non sarà per mancanza di impegno da parte mia, su questo ci metto la mano sul fuoco.
Ora silenzio, ho bisogno di focalizzare.
...
...
...
“Ludenberg? Cosa ci fai qui nel corridoio?”
Alzo la testa verso la nuova voce, non rendendomi conto di quanto tempo è passato dall’orrida scoperta. Di fronte a me, come ampiamente prevedibile, Kirigiri.
“Tutto bene? Hai un aspetto... tremendo.”
Oh? Lacrime?
“N-No, non va bene... sono atterrita... a morte. Ho assistito... a una cosa...”
“Quale cosa? Non tenermi sulle spine.” esclama con forza, afferrandomi per le spalle e scuotendomi. Cerca di aiutarmi a rialzarmi, anche se non faccio nulla per contribuire scossa come sono. E vorrei anche vedere, porca miseria.
“Avanti, spiegami cos’è successo!”
“Ero... ero preoccupata... per questa faccenda... della spia... e... e allora stavo... facendo un giro per...”
“Arriva al sodo, non ho tutta la notte.”
Faccio un passo indietro, intimorita. Non l’ho mai vista così aggressiva. Il rispetto per la gente traumatizzata non fa parte del suo carnet, a quanto pare.
“N-Naegi... non so cosa sia... ma... ma... sta male... è come svenuto in camera sua... o qualcosa del genere, non so... temo sia... sia stato attaccato...”
Nei suoi occhi un lampo, forse di preoccupazione. Subito sostituito dal suo consueto autocontrollo.
“Io dovrei credere che Celestia Ludenberg, alias la Super Gambler fatta di gelo, titanio ed egoismo... venga sconvolta fino a questo punto da un’aggressione? Come se fosse la prima a cui assistiamo, fra l’altro. Cosa mi nascondi?”
“Niente... forse sono semplicemente... stufa di tenere in piedi... la maschera... di quella che non deve chiedere... mai. Non puoi riuscire... a crederlo?”
“Mi risulta francamente difficile, già.”
Ci guardiamo per un per me interminabile istante di tempo. E più mi colpisce con la sua diffidenza, più sento di venire lacerata come un bambolotto rotto.
Mi asciugo il pianto con il dito artigliato. Manifesto ad alta voce quello che chiunque nella mia situazione troverebbe giusto dire: “Guardami... ti sembra che... io stia fingendo? Con... che coraggio... e che bravura... potrei... potrei... oh santo cielo, stava male! Invece... invece di perdere tempo... con le tue stupide obiezioni... dovremmo soccorrerlo...”
Con la coda dell’occhio colgo la sua mano sinistra che si chiude a pugno. Corruga la fronte. Stringe le pupille fino a ridurle a due fessure.
Voglio sperare di poterla ricondurre alla ragione. Quel poveretto non stava per niente bene e probabilmente ha bisogno di cure immediate.
“Vorrei solo capire com'è possibile che ti sia ridotta così. In questo momento tu non sei Celestia Ludenberg come l'abbiamo sempre conosciuta, sei... un cucciolotto impaurito. O almeno è quello che vuoi farmi pensare.”
Scosto lo sguardo, ferita da tanta incredulità. Sto davvero solo cercando di essere utile!
In realtà avrei un sistema per essere sicura che 'sta testona si smuova, e cioè l'accennare al loro rinnovato rapporto di cameratismo. Se fossi maliziosa anche qualcosa di più. Ma sarebbe un colpo basso e non voglio infliggerglielo.
Vai... vai a controllare da te, allora! Io... andrò a frignare... da qualche parte... e cercherò di recuperare... la mia compostezza... non posso mostrarmi... debole... con gli altri, sarei... sarei la prossima...”
Tu mi stai prendendo in giro, Ludenberg. Lo so. Non è da te piantare una farsa del genere.”
Proprio perché... voglio sembrare... ciò che in realtà non sono... che ho messo in piedi... la facciata... da donna spietata... ora però... però... troppe picconate al muro protettivo...” butto fuori tutto d'un fiato, travolta dalla tensione emotiva. Mi lascio cadere sulle ginocchia, trattenendo rumorosamente nasi che perdono e altri rumori non esattamente signorili.
E finalmente, in un impeto improvviso di bontà, capisce che non le sto giocando nessun tiro mancino: mi offre la mano per aiutarmi, un'espressione un po' meno inquisitoria.
Sia chiaro questo: io non ti credo. Però il dubbio, in tutta onestà, me l'hai messo e quindi, per una e una sola volta, cercherò di non ringhiare più del necessario. Avanti, alzati.”
Alleluia.
Sorrido nell'accettare la sua offerta.
Riesci a camminare da sola?”
P-Penso di s-sì. Sono solo... dai... corri da lui a vedere... come sta...”
Ti accompagno per un pezzo, non c'è problema. Almeno non ti darò le spalle.”
Mpf. Guardinga sempre e comunque. Anche se ho chiaramente percepito il suo desiderio di schizzare via per sincerarsi delle condizioni di lui.
La precedo mentre ci avviamo.
Passiamo davanti alla camera di Naegi. La porta è appena aperta, proprio come l'ho lasciata quando sono fuggita via in preda al panico.
La sento fermarsi.
Vai” la esorto “io starò bene.”
Sei una serpe, Ludenberg.”
Non è vero. Sono molto più fragile di quanto cerco di dare a vedere, come ti sei accorta da te questa sera.”
O forse sei un'attrice da Oscar.”
Ti giuro di no. E adesso muoviti, era ridotto male.”
Esita. Sta combattendo contro qualcosa che la trattiene e le impedisce di lasciarsi andare.
Proseguo imperterrita nella mia opera di convincimento.
Vai a vedere com'è messo il tuo bellimbusto, su. Non devi temere nulla da me.
Alla buon'ora si avvicina alla porta. Mi sta dando le spalle.
...
...
...
Rieccomi in plancia di comando.
Senza perdere un solo istante estraggo dalla tasca lo spillo e, più veloce che posso, glielo conficco in profondità nel collo.
Mi sa che ho esagerato con la dose, perché crolla a terra come un albero abbattuto da un boscaiolo. In teoria gli effetti del veleno dovrebbero manifestarsi dopo una qualche decina di minuti, non istantaneamente.
Oh beh, tanto di guadagnato.
M-Maledetta... maledetta... bastarda... lo sapevo che...”
Lo sapevi e ci sei cascata lo stesso. L'aura di invincibilità di Kirigiri è appena rimasta schiacciata sotto il mio tacco dodici. Ma lascia che ti dica questo, per non farti morire in un immeritato disonore: prima non stavo mentendo.”
Cosa... cosa vuol dire?”
Che non stavo mentendo. Ero così calata nel ruolo da credere veramente a quel che dicevo e pensavo. Il momento in cui mi sono girata con la faccia da bimba offesa? Ero realmente offesa. Quando ti ho giurato che non ero un attrice degna dell'Oscar? Non lo credevo realmente.”
Grugnisce qualcosa, presumo la propria disapprovazione. E adesso non mi sento neanche in grado di fargliene una colpa. La capisco.
Era come se fossi vittima di un episodio di dissociazione della personalità.” riprendo mentre la trascino dentro, ovviamente dopo aver badato all'assenza di testimoni “Come la compianta Fukawa con Genocider, se vuoi. Solo che io lo faccio a comando. E quindi posso sfruttare la situazione a mio vantaggio, come adesso. Figurati, ero persino convinta di aver visto Naegi quando non è affatto così, visto che se n'è occupato il mio socio in affari.”
Ora gorgoglia, incapace di assemblare una parola di senso compiuto. Altro che milligrammo o qualunque sia l'equivalente liquido, devo avercene versato sopra un ettolitro.
Ho la sensazione che volesse protestare per aver scoperto nella maniera peggiore possibile del nostro innocente piano e, soprattutto, del fatto che stanotte non sarà l'unica a lasciare il mondo dei vivi.
La conduco, non senza qualche difficoltà logistica, accanto al suo compagno di viaggio. Lei a destra, lui a sinistra. Non era neanche da dire che ho saggiamente provveduto a rimuovere l'arma del delitto, facendo ben attenzione a come la maneggiavo. E per fortuna non ho dovuto rimediare a uno sbaglio di Togami, che da bravo ragazzo ha fatto altrettanto con Naegi.
Awwwww. Sono deliziosi.
La parte più romantica e cialtrona di me mi porta a fare una serie di cose ridicole, come girare le loro teste per fare in modo che si guardino e addirittura congiungere le loro mani.
Sto davvero cadendo in basso. Ma in quanto vincitrice posso permettermelo.
Giurerei che lei lo stia fissando. Lui non è in grado di ricambiare, ormai divorato dal pesce-palla.
“Naegi, anche se non puoi sentirmi. E Kirigiri, che so per certo mi stai sentendo. Voglio solo dirvi che non è stato nulla di personale. Eravate semplicemente troppo intelligenti per il vostro stesso bene e lasciarvi la facoltà di beccarci in tribunale non avrebbe fatto bene alle nostre spine dorsali. Messi così sembrate Romeo e Giulietta e siete dolcissimi, seppur capisca che sentirvelo dire da una delle persone che vi ha ucciso suona molto come una presa in giro. Me ne scuso, non intendo mancarvi di rispetto a questo punto del gioco. Che abbiate un trapasso placido e senza dolore. Ciò detto, Kyouko, ho proprio intenzione di togliermi uno sfizio con te.”
Le sfilo il guanto sinistro. Sono sempre stata rosa dalla curiosità a tal proposito.
Oh wow. Ha la mano praticamente incenerita, tappezzata di ustioni su tutta la sua superficie.
“Accidenti. Una brutta esperienza, a quanto vedo. Quelle bruciature sono davvero terribili e anche un po' disgustose, non mi meraviglia le volessi nascondere.”
Glielo rinfilo, non ho particolare interesse a far scoprire questo dettaglio. Dopodiché mi rimetto in piedi, spolverando la gonna.
“E adesso, cari miei, me ne andrò a letto. Giornata e soprattutto nottata pesanti. Augurate a me e a Togami buona fortuna al processo, anche se è facile che ci vorrete entrambi dalla vostra parte per vendicarvi. Nella migliore delle ipotesi almeno uno di noi arriverà, state tranquilli. Per chiudere: Kirigiri, vai e insegna agli angeli ad essere kuudere.”
Battuta squallida, lo so. Ma troppe gentilezze mi guastano il sonno.
Che Yamada non venga mai a sapere che ogni tanto anch'io leggo manga o la mia vita è finita.

“Upupupupupupupu. Dei quindici piccoli indiani due ne erano rimasti, dopo che di tutti gli altri si erano con stile e bravura sbarazzati. Poi uno dei due una lama in gola si ritrovò e solo l'ultimo restò. Tutto questo è meraviglioso, emozionante, colmo di elettricità.” trilla beato Monokuma mentre sta aprendo il portellone all'unico superstite. Il quale, ferito in più punti del corpo, non trova la forza o la voglia di commentare.
“Sicuro di non desiderare il diploma cartaceo, miglior studente del corso? Te lo meriteresti. Sarebbe bello appenderlo fra le rovine della tua cameretta, magari dopo aver trovato un frammento di parete abbastanza spazioso da ospitarlo.” insiste l'orso, continuando a sbattere sul suo muro di rifiuto.
“E va bene, non ne hai voglia. Non è importante, tanto quel che conta davvero è che hai calpestato tutti quei luridi scarti pur di vincere la tua libertà e il plauso di Monokuma. Vedo nei tuoi occhi... ohibò, dispiacere? Non mi vorrai far credere che... ti dispiace di aver ammazzato il tuo compagno? Ma come, dopo tutti quei discorsi pomposi sull'onore e sui patti fra gentiluomini e gentildonne? E adesso... sei triste. Voi ragazzi non sapete proprio accontentarvi di quanto avete di buono dalla vita, ecco la verità. Ai miei tempi il tuo premio sarebbe stata una sculacciata e a letto senza cena.”
Il pupazzo scoppia a ridere ed è troppo impegnato per evitare uno sputo che lo centra precisamente sul naso. Fa finta di nulla e continua a ghignarsela.
Poi, con grande sollievo dell'ultimo rappresentante della classe 78, la via per il mondo esterno si schiude. Si trascina fuori lento, ignorando gli ennesimi complimenti e rimbrotti della folle mente dietro tutto quel casino senza senso.
“È fatta, finalmente è fatta...” mormora una volta abbastanza lontano. Salvo cadere per terra, sopraffatto dalla perdita di sangue, a pochi metri dall'ingresso.



Si ringrazia la socia Mana Sputachu per avermi dato l'idea da cui è nata questa storia. Mi ero colpevolmente dimenticato di creditarla e di questo mi scuso.
   
 
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