Ti
riconoscerò in questa vita se sarai rinato
Il
rumore degli spari risuonava per tutto il corridoio, ma non te ne
curavi. Avevi sentito le parole di Tris, “Eric è
lì, è ferito”, e non avevi
capito più nulla. Ora, mentre lo osservavi comprimersi la
ferita sull’addome,
non potevi fare a meno di sentire un senso di nausea assalirti.
Di
solito il sangue non ti dava fastidio, ma questa volta sembrava
incredibilmente sbagliato che una ferita potesse versarne
così tanto. Un paio
di passi e l’avevi raggiunto, attirando il suo sguardo su di
te. Dietro alla
foschia degli occhi grigi, un bagliore di comprensione si fece strada.
Ti aveva
riconosciuta.
I
suoi occhi sembravano dirti “Ma come, sei qui?”.
-
Togli quella mano, devo dare un’occhiata alla ferita.
–
I
capelli ti ricadevano sulle spalle in modo disordinato, i denti
tormentavano il labbro inferiore, ferendolo a sangue. Potevi cercare di
convincerti che saresti stata in grado di dimenticarlo, di imparare a
vivere
senza di lui, ma sapevi che era una colossale bugia. Quella ne era la
riprova, perché
mentre ti inginocchiavi al suo fianco e armeggiavi con una fasciatura
improvvisata,
l’unico pensiero che ti passava per la testa era:
“Non morire. Ti prego, ti
prego, ti prego. Non morire.”
-
È Eric? –
La
voce alle tue spalle ti fece sobbalzare, cogliendoti di sorpresa. Non
pensavi che qualcuno ti avrebbe seguita in quella specie di missione
suicida,
non per recuperare un traditore. O meglio, forse Quattro
l’avrebbe anche fatto,
ma dubitavi seriamente che sarebbe stato per il tuo stesso motivo.
Reaper
invece ti aveva seguita, forse perché voleva dimostrarti in
qualche suo strano
e contorto modo che ci sarebbe sempre stato, proprio come ti aveva
ripetuto
fino alla nausea, ma la sua presenza lì ti infastidiva. Era
sbagliata, inutile,
e non lo volevi lì.
-
Già, bisogna trasportarlo in infermeria. –
-
Ci ha traditi. –
Dopotutto
aveva ragione, li avevi traditi.
Un
attacco di tosse ed Eric sputò fuori una boccata di sangue.
D’accordo,
li aveva traditi, ma aveva davvero importanza? L’avresti
lasciato morire lì, ai suoi piedi, senza fare nulla solo
perché aveva scelto lo
schieramento opposto al tuo? No, non avevi fatto in tempo a finire di
formulare
l’idea che già scuotevi la testa, disgustata.
-
Reaper, o mi dai una mano a portarlo in infermeria oppure ti togli dai
piedi, ma prova a impedirmelo e giuro su Dio che ti sparo. –
Reaper
vi aveva lasciato passare e probabilmente aveva fatto la cosa
più
saggia perché la rabbia e la preoccupazione che ti
attanagliava ti avrebbe di
sicuro spinta a dare seguito alla minaccia. Mentre lo stringevi a te,
cercando
di tirarlo in piedi, il suo familiare profumo ti invase le narici. Era
un odore
che avevi sempre ricondotto al pensiero della sicurezza, della
sensazione di essere
a casa, di aver trovato il tuo posto nel mondo. Questa volta
però era
accompagnato dall’odore del sangue, ferroso e acre, che ti
ricordava che il
momento dei bei sogni e delle fantasie da adolescente era finito per
sempre.
Quattro
comparve al tuo fianco, quasi fosse stato invocato dal nulla, e
senza dire una parola l’afferrò
dall’altro lato. Il silenzio alleggiava tra di
voi, perché le parole non sarebbero servite a nulla. Quattro
lo sapeva, tu lo
sapevi, persino Eric lo sapeva. C’era stato troppo sangue,
troppe morti, troppo
dolore perché tutto potesse tornare com’era prima.
Dopo
averlo deposto sul lettino dell’infermeria improvvisata, eri
rimasta
da sola a osservarlo. Non volevi avvicinarti troppo, sapevi che se
l’avessi
anche solo sfiorato tutte le tue certezze sarebbero vacillate. Dovevi
essere
forte, dura come la roccia, mettere a tacere il senso di dolore misto a
impotenza che ti lacerava il cuore.
Facile
a dirsi, ma come sempre quegli occhi d’acciaio ti avevano
sconvolto.
-
Sei qui. –
-
Naturale che sono qui, sei un prigioniero pericoloso. –
Un
prigioniero.
Doveva
ricordarselo. Eric non se ne sarebbe mai andato di lì, non
di sua
spontanea iniziativa per lo meno.
-
Però non sono in una cella. – aveva osservato,
incapace di trattenere un
accenno della sua solita arroganza.
Se
poi si metteva a fare così diventava tutto ancora molto
più difficile. Perché
quello era l’Eric che conoscevi, che amavi, sarcastico e
arrogante.
-
Per il momento. –
-
Mi faresti davvero arrestare, processare e condannare, ben sapendo che
sarebbe l’ultima volta che mi vedresti vivo? –
C’era
una lieve traccia d’incredulità nella sua voce,
mista a quello che
doveva essere sincero dolore. Per la tua scelta? Per ciò che
aveva fatto? Non
lo sapevi, ma eri certa che ci fosse.
L’avresti
condannato a morte certa? Non il vecchio Eric, quello che per
quanto duro e crudo aveva ancora i suoi principi su cui fare
affidamento, ma
questo … Questo era solo un soldato, una macchina di morte
messa in mano a
Jeanine. Non era l’Eric che conoscevi tu, quello che amavi.
-
Hai sparato in testa a un bambino. Chiunque tu sia, non sei
più l’Eric
che conoscevo. –
Avevi
cercato di mostrarti fredda, risoluta, ma le lacrime erano sfuggite
al tuo controllo e ti avevano rigato le guance. Le avevi asciugate con
rabbia,
mentre un calcetto al basso ventre ti ricordava la presenza di una
creaturina
minuscola e indifesa. Un bambino, il vostro
bambino.
-
Manderò un paio di ragazzi per condurti nella tua cella.
–
Mentre
uscivi dalla stanza, la sua voce ti aveva richiamato.
-
Ti ricordi? –
-
Mi ricordo ogni dettaglio, Eric. –
Già,
ti ricordavi anche cose che forse qualcun altro avrebbe ritenuto
frivole e prive di significato perché ogni momento che
avevate condiviso in
quei due anni era stato ricco di significato e d’amore.
Ricordavi tutto, perché
un giorno vostro figlio avrebbe voluto sapere cosa era successo e
sarebbe
toccato a te spiegargli perché suo padre non era
più con voi.
*
-
È ora. –
Nicole
si era affacciata sulla terrazza, timorosamente, pronunciando quelle
due parole con voce esile. Avevi incrociato il suo sguardo e annuito.
Non
si poteva rimandare in eterno. Tu, in realtà, non saresti
neanche
dovuta essere presente, ma dopo aver rifiutato la proposta di diventare
Capofazione avevi fatto la richiesta di poter stare con lui in quegli
ultimi
istanti di vita. Quattro, Tris e Tori si erano detti
d’accordo. Gli altri
avevano avuto un po’di riserve, ma potevi leggere il rispetto
che provavano nei
tuoi confronti per la decisione difficile che avevi dovuto prendere.
Coraggio
che doveva essere premiato.
Eri
entrata nella stanza, sistemandoti alle spalle di Quattro e Tris, e
l’avevi
osservato. Sedeva scompostamente, lo sguardo basso, l’aria
febbricitante e il
volto pallido come un lenzuolo. Non sembrava neanche lui,
l’orgoglioso
Capofazione, in quello stato. Rimase in silenzio mentre Tris recitava i
delitti
di cui si era macchiato.
La
mano di Quattro cercò la tua, stando attento a non farsi
notare,
trovandola e stringendola con delicatezza. Era un tentativo debole, ma
pur
sempre di lieve conforto.
-
Merito di morire? –
Aveva
posto la domanda a Tris, ma erano i tuoi occhi quelli che aveva
cercato. Voleva forse leggere la verità nelle tue iridi,
scoprire cosa pensassi
di lui? La verità era che neanche tu sapevi più
cosa pensare. Avevi distolto lo
sguardo, sentendo le lacrime che tornavano a farsi strada
prepotentemente.
-
Sì. – aveva decretato Tris.
-
Te lo concedo. –
Le
tre pistole ai tuoi piedi vennero prese da Quattro, che le
caricò e le
porse agli altri due capi fazione al suo fianco.
-
Ho una richiesta. –
Quelle
tre parole furono sufficienti a farti capire cosa avesse in mente.
C’era
solo una persona dalla quale Eric avrebbe accettato di farsi privare
della
vita.
-
Cioè? –
-
Voglio che sia Quattro a sparare. –
La
richiesta venne accordata e mentre l’esecuzione veniva
preparata nei
minimi dettagli, i vostri sguardi s’incontrarono di nuovo.
Eric indugiò per un
attimo sul tuo ventre, nascosto dagli strati della divisa degli
Intrepidi.
-
Sii coraggioso, Eric. –
Le
ultime parole di Quattro.
I
suoi occhi, prima che il colpo venga sparato, ti dicono la stessa cosa.
“Sii
coraggiosa, affronta tutto questo anche senza di me.”
*
-
È un maschietto. –
Sono
queste le parole dell’infermiera, ma tu lo
sapevi già. Lo avevi sentito fin dal primo istante che
sarebbe stato un
bambino.
Lo
guardi mentre te lo mettono tra le braccia. È un
fagottino dalla carnagione chiara, corti capelli scuri e il viso un
po’ meno
paffuto di quanto sia solito per i neonati. Tuttavia sono gli occhi a
lasciarti
senza respiro.
Occhi
grigi, color acciaio, che si aprono sul mondo
per la prima volta e incrociano i tuoi.
Sono
gli occhi di Eric, l’esatta sfumatura che
avevano i suoi. Quattro è lì vicino, insieme a
Zeke e Nicole, e tutti e tre
sembrano capire all’istante cosa ti passa per la testa. Hai
tra le braccia l’esatta
copia dell’unico ragazzo che tu abbia mai amato,
dell’unico che amerai per il
resto della tua vita.
-
Gabriel. –
È
un nome forte, perché per crescere senza un
genitore bisogna esserlo per forza, specie se sei un bambino e tuo
padre è
stato giustiziato come traditore prima che venissi al mondo.
Chiedi
di rimanere da sola e vieni accontentata. Ti
sdrai, tenendolo tra le braccia, e lo baci sulla fronte.
-
Sii sempre forte, amore, perché il mondo lì fuori
è tutt’altro che rose e fiori. –
*
Sembrano
essere passati pochi istanti da quando è
nato, eppure Gabriel ha già sedici anni e assomiglia a Eric
così tanto da farle
male. Ha il suo stesso aspetto, parla come lui, si muove persino allo
stesso
modo. È quasi inquietante, tanto che a volte pensi che non
sia altro che la sua
reincarnazione.
Poi
però scacci quel pensiero perché sai di essere
completamente ridicola.
Gabriel
non si perderà. È forte e coraggioso come
suo padre, leale e testardo come te. Possiede anche una vena di
curiosità
accesa, qualcosa che è solo suo e non ha di certo ereditato
da te o da Eric. E
c’è quell’istinto protettivo che ha nei
tuoi confronti, soprattutto quando vede
qualcuno ronzarti troppo intorno. Sai che si è affezionato
molto a Quattro, li
vedi sempre insieme, e quando gli hai raccontato che lui e suo padre
non si
sopportavano non ne è sembrato molto sorpreso.
“Qualche
volta ci scontriamo anche noi, dice che gli
assomiglio molto per certi versi, ma sono meglio per altri”
ti ha detto, una
volta, e tu non hai potuto fare altro che sorridere e annuire.
Gabriel
è migliore di entrambi i suoi genitori, di
questo ne sei sicura. È tutto ciò che tu ed Eric
avevate sempre sognato.
[1.743
parole]
Spazio
autrice:
Questa
OS mi frullava in testa da un po’ e
finalmente questa mattina mi sono decisa a scriverla. È un
po’ uno spoiler
della prossima long “I will love you until my last
breath”, però ero ispirata e
ho voluto scriverla comunque. Spero che vi sia piaciuta e sia riuscita
a
toccarvi almeno un po’ (personalmente mi sono commossa, ma
forse è solo perché sono
un prodotto della mia mente e sono tremendamente affezionata a loro
come
coppia). Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt