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Autore: scrivodiricordi    18/07/2014    5 recensioni
Julie, brillante e perspicace studentessa, ha come unica preoccupazione l’ultimo esame di matematica, che decreterà il suo futuro.
Sotto le vesti di Isabel, una madre quarantacinquenne , si nasconde un adolescente che ama godersi i piaceri della vita e tra questi Cameron, il suo nuovo fidanzato.
Cameron, oltre ad avere solo ventuno anni, è il solito prototipo del ragazzo stronzo e pieno di sé.
Julie si accorgerà di come la matematica abbia anche a che fare con il mondo “reale”; Cameron sarà per lei una grande incognita e dovrà risolverla.
Estratto dal primo capitolo : “Non riesco a concepire come tu possa essere attratto sessualmente da una donna che potrebbe essere tua madre”
“Non credo di doverti dare spiegazioni ragazzina”
Sbuffai pesantemente.
“Ragazzina? Ma se abbiamo tre anni di differenza”
Alzò gli occhi al cielo, come se stesse supplicando qualcuno di farmi sparire non solo da quella casa, ma anche dalla faccia della Terra, poi mi guardò e disse “Per te è solo una questione di numeri vero?”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Questione di numeri



***



Capitolo uno

 


Avete presente quando vedete il ragazzo che vi piace e il cuore sembra uscirvi dal petto?

Io ho la stessa sensazione quando il professor Evans distribuisce i compiti di matematica corretti.

Potrebbe ingannare il suo sguardo, simile a quello di un cucciolo abbandonato, o la sua barba di un candore abbagliante, ma quell’uomo non ha la minima idea di cosa sia la pietà.

Un’interrogazione con lui equivale a dire, un mese di studio continuato, e il massimo voto che puoi aspettarti è un misero sei e mezzo. O almeno solo se il tuo nome non è Ginevra Thompson, l’unica ragazza della mia classe che riesce a tenere una media dell’otto.

“Ginevra, compito perfetto” disse Evans, appoggiandole il compito sul banco. Quella quasi pianse dalla gioia. Otto e mezzo.

“Jeremiah mancano solo quattro banchi e poi ci siamo noi, non riesco a guardare” mi nascosi dietro una mano, in preda a quasi un attacco di panico.

“Tranquilla finirà presto” mi diede una pacca sulla spalla.

Jeremiah Fisher è il mio migliore amico dall’età di sei anni. E’ uno tra i ragazzi più belli della classe, nonché di tutta la scuola. Ormai sono perfino abituata alle occhiatacce che mi mandano le ragazze quando sono al suo fianco, o alle minacce di morte che trovo incise sul mio banco.

“Non sei di aiuto”

Eccolo che si avvicinava. Sorrideva a tutti, consegnando compiti completamente marchiati dalla sua penna rossa.

“Morgan avresti potuto fare di più” lasciò il compito sul banco, mentre a Jeremiah rivolse solo un espressione piena di disgusto.

Girai il foglio, e vidi un cinque cerchiato.

Cinque meno.

Mi voltai verso il mio compagno di banco che al contrario di me, era rilassato e teneva le braccia incrociate dietro la testa.

“Quanto hai preso?”

“Quattro e mezzo” mi sorrise facendo spuntare delle fossette ai lati della bocca.

Spalancai gli occhi, e gli colpì il braccio “Sei un immaturo e irresponsabile”

“E tu sei troppo seria” disse prima di scompigliarmi i capelli.

“Ecco ora stai meglio” rise e io lo incenerì con lo sguardo.

Ero un vizio che aveva, ogni volta che mi arrabbiavo con lui mi scompigliava i capelli, come se potesse spazzare via la rabbia.

“Fisher vedremo se riderai ancora quando dirò a tua madre dell’ennesima insufficienza” disse con voce spietata Evans mentre ci osservava dalle spesse lenti dei suoi occhiali.

“Professore credo che potremmo arrivare ad un accordo ragionevole essendo due uomini abbastanza razionali”

Le ragazze si erano lasciate andare in sospiri e commenti davanti al tono formale che aveva assunto Jeremiah.

“Oh lo penso anche io Fisher” si mise una mano sul mento e poi mi guardò “penso che però la colpa non sia solo tua, vero signorina Morgan?”

Annuì.

“Ebbene….” si schiarì la voce “Vi darò una sola possibilità”

Sentì la bocca asciutta, tutto a un tratto.

“Se nel compito finale di giugno non prenderete almeno la sufficienza, vi lascerò la mia materia” sorrise per poi aprire la sua agenda e scriverci qualcosa dentro.

Mi lascerà la sua materia? Non può. No.

“Scusa Julie” l’unica cosa che salvò Jeremiah da una mia sfuriata fu il suono della campanella.


 

 

***

 

 

 

Aprì la porta della mia stanza ormai esausta, chiusi gli occhi e lascia andare lo zaino. Il sonoro tonfo fece urlare qualcuno.

“Ciao Julie”

Era un ragazzo. Che ci faceva un ragazzo in camera mia? Un ragazzo carino, era in piedi davanti a me, e io il meglio che sapevo fare era stare lì in piedi con la bocca spalancata.

Aveva un giubbotto di pelle nera, e i pantaloni del medesimo colore. La pelle era abbronzata e faceva risaltare i limpidi occhi azzurri, e teneva in mano una mia foto di quando avevo dodici anni.

Un attimo.

Perché tiene una foto di quando avevo dodici anni in mano? E poi perché proprio quella?

“Non sei cambiata per niente…” rise, e io invece diventai dello stesso colore della cornice della foto, rossa.

Gliela strappai di mano, e la nascosi dietro la schiena. Era la foto del mio compleanno, in cui c’era una Julie con le guanciotte paffute, i capelli a caschetto (taglio che a quei tempi andava di moda, orribile) gli occhi nascosti da una frangia e da degli occhiali rosa, che si ingozzava di torta.

“Mi stai insultando forse?” strinsi il braccialetto che avevo al polso.

“No nel senso che sembri felice” si avvicinò di qualche passo, mi prese una guancia e la strizzò “Queste sono rimaste uguali però”

Mi ritrassi, e lo guardai male.

“Non mi guardare così” scoppiò a ridere.

“Quindi….” Mi schiarì la voce, pronta ad assumere il mio tono autoritario “ non dovrei guardare male uno sconosciuto, che guarda le mie foto – in un periodo oscuro- e mi insulta?”

Si sdraiò sul mio letto, e prendendo il cellulare disse “Punto numero uno: io non sono uno sconosciuto, ma sono il fidanzato di tua madre” ruppi il braccialetto, per quanto forte lo avevo tirato, e le perline si sparsero sul pavimento “punto numero due: non ti stavo insultando” chiuse il cellulare e lo rimise in tasca “ vedo che ti ho scioccata”.

Mi ero fermata alla parola fidanzato. Mia madre era da un mese che mi ripeteva in continuazione che aveva un nuovo fidanzato, e dei suoi problemi amorosi, ma io non la ascoltavo perché avevo già molti problemi per conto mio, e si chiamavano matematica.

 “Tu sei il suo nuovo fidanzato?”

“Sì” disse con strafottenza e si alzò dal mio letto.

“Ma non puoi!” quasi strillai.

“E tu chi saresti per dirmi cosa posso fare?” aveva dipinto in volto un ghigno.

“La figlia della donna che ti scopi” sputai velenosa.

Mia madre forse attirata dalle mie urla entrò nella mia stanza dicendo mielosa “Vedo che hai conosciuto Cameron, tesoro”

Incrociai le braccia, ignorandola.

“Non riesco a concepire come tu possa essere attratto sessualmente da una donna che potrebbe essere tua madre”

“Non credo di doverti dare spiegazioni ragazzina

Sbuffai pesantemente.

“Ragazzina? Ma se abbiamo tre anni di differenza”
Alzò gli occhi al cielo, come se stesse supplicando qualcuno di farmi sparire non solo da quella casa, ma anche dalla faccia della Terra, poi mi guardò e disse “Per te è solo una questione di numeri vero?”

“Dovresti tacere” sibilai furiosa.

“Ora basta Julie!” mia madre era piuttosto stizzita e amareggiata dal mio comportamento, quando doveva essere il contrario.

Era tutto sbagliato. Non potevo accettare una cosa simile.

“Dì al tuo ragazzo che è meglio che se ne vada da questa casa” alzai il mento fiera, per non essere ceduta a mia madre.

“Non può.” Si voltò verso Cameron, e poi gli sorrise dolcemente lui ricambiò.

Per poco non vomitai “Da oggi vivrà con noi” annunciò radiosa la donna che mi aveva messa al mondo e che ora si comportava come una teenager con gli ormoni in subbuglio.

L’ultima cosa che sentì fu mia madre che chiamava il mio nome, ma io avevo già sbattuto la porta d’ingresso.

 



 

***

 



 

 

“Chi è?” la voce metallica che usciva dal citofono era parecchio assonnata.

“Una tua spasimante” lo sentì armeggiare e poi il cancelletto si aprì.

“Sali Julie.”

In ascensore cercai di pulirmi il viso con la manica della felpa, per non assumere non completamente l’aspetto di un panda, ma il mascara non se ne andava, e anzi avevo peggiorato la situazione.

“Perché hai pianto?” queste furono le sue prime parole appena le porte dell’ascensore si aprirono.

Mi ricordai quando avevamo sei anni; ogni volta che mi prendeva in giro lasciandomi sola per stare con i suoi amichetti, io lo rincorrevo  piangendo e poi una volta sfinita mi sedevo e giocavo sola con le biglie.

 Poi lui mi raggiungeva e mi diceva “Perché hai pianto? Solo le femminucce piangono” e mi scompigliava i capelli.

“Non ho pianto. Mi sono truccata così oggi” sorrisi, vedendo la smorfia di disappunto che aveva fatto.

“Dai Julie…. Parla al vecchio Jaremiah” mi mise un braccio intorno alle spalle ed entrammo in casa.

Prese il the che aveva lasciato sul bollitore e lo versò in due tazzine di ceramica.

“Allora vuoi sapere veramente perché ho pianto?” lui annuì sorseggiando il the.

“Innanzitutto per il signor Evans, poi per il cinque meno.” Avevo preso già a singhiozzare “ e poi perché mia madre è fidanzata con un ragazzo di ventuno anni che è proprio antipatico, e che si trasferirà nella mia casa.”

Gli occhi di Jeremiah si spalancarono così tanto, che per un attimo pensai che gli cadessero dentro la tazzina.

“Tua madre? Ma stiamo parlando della stessa donna?” annuì, asciugandomi il naso con un fazzoletto che mi aveva dato.

“E lui ha osato pure prendermi in giro” lui rise, credendo la cosa divertente. Ma non lo era, per niente.

Non volevo trattarlo male così mi sforzai di fingere un sorriso.

Per tirarmi su di morale disse “Andiamo a guardare un film”

Mise Twilight perché sapeva che, anche se la storia d’amore tra vampiro e umana era trita e ritrita, io lo adoravo.

“Io so cosa sei…” disse Bella.

“Dillo” ripetemmo all’unisono io ed Edward.

“Un vam…..” il campanello interruppe la povera Bella che aveva fatto la scoperta colossale del secolo.

Jeremiah andò ad aprire scosso dalle risate per le mie imprecazioni abbastanza fantasiose.

“Julie credo sia per te” mi alzai ancora più seccata.

“Che ci fai qui?” lui guardò sospettoso prima me e poi Jeremiah.

Assunse un’espressione tediata e poi disse “Devi venire a casa, tua madre è preoccupata”.

“Verrò quando voglio. Non puoi decidere tu” assunsi un tono lagnoso ma subito dopo me ne vergognai, non è quello il comportamento di una ragazza matura.

“Non fare la mocciosa e andiamo”

Mocciosa? Ma gli sembra che ho cinque anni?

“No.” Sbuffò per poi avvicinarsi velocemente e caricarmi su una spalla.

Strillai implorando Jeremiah ma lui alzò le spalle forse intimidito da Cameron “E’ stato un piacere conoscerti” disse quest’ultimo prima di uscire con me in spalla.

 



 

Spazio Autrice:

 

Eccomi qui con una nuova storia. Questa era un'idea che avevo da tempo, scusate per gli eventuali errori di ortografia.
Spero che a qualcuno di voi piaccia e mi faccia sapere cosa ne pensa perchè ho davvero bisogno dei vostri pareri per migliorarmi e perfezionarmi ^-^. Prometto che finirò questa storia perchè tutte quelle che ho iniziato non le ho mai concluse.
Ora vado perchè non posso dilungarmi troppo, Ciao c:
 
  
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