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Autore: fioredaparete    18/07/2014    1 recensioni
Un nuovo esperimento scientifico, svolto da una squadra di medici specializzati in psicologia, porta ad una modernizzazione degli ordinari riformatori nello stato dell’Oregon. Ma il prototipo di questo nuovo, modernissimo, tipo di struttura non è altro che una prigione: un edificio buio, anonimo, privo di finestre e di qualunque via d’uscita. Un gruppo di ragazzi, ognuno con dei precedenti più o meno gravi, vengono selezionati per fungere da “cavie”, ma il trattamento riservatogli non servirà da pena riabilitativa, finirà bensì per farli impazzire del tutto. Scattato il coprifuoco, ogni notte i ragazzi si abbandonano ai loro istinti e desideri più reconditi, scatenando il caos e lasciando venir fuori l’animale che giace dentro di loro.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Il Ronald Carter Juvie, chiamato così in onore di colui a cui era stata dovuta la sua costruzione, e situato a pochi chilometri a SUD di Portland, era un edificio angusto: un cubo realizzato in cemento armato, le cui uniche vie di comunicazione con l’esterno erano la porta d’ingresso, una porta anti incendio, ideata per bloccarsi ed impedire che chiunque entrasse o uscisse dal palazzo,  e alcune prese d’aria situate qua e là sulle mura, dipinte con una vernice bianca che ormai cominciava ad ingrigirsi, niente finestre. 

Il Dottor Carter, noto psicologo inglese, di origini norvegesi, aveva svolto alcune ricerche sul comportamento adolescenziale, e si era soffermato soprattutto su quei soggetti meno trattabili, quelli che di solito finivano nei comuni riformatori, e aveva deciso di dedicarsi a qualcosa di più complesso di un furto in un negozio o di una scazzottata, voleva dei veri e propri teppisti, degli artisti del crimine, dei degenerati, il peggio del peggio insomma, e voleva “guarirli”. Voleva eliminare dalla loro mente ogni traccia di malignità, ogni anomalia, ogni piccolo disturbo, e trasformarli in giovani modello.

E così erano stati selezionati alcuni ragazzi, la cui fedina penale non era certo immacolata, per testare il trattamento che il Ronald Carter aveva da offrire.
 
-Fateli entrare. – ordinò Carter.

Ed ecco che un hummer nero fece il suo ingresso nel vialetto che portava all’Istutito e si andò a parcheggiare proprio di fronte a questo.
Gli sportelli si spalancarono e ne scesero sette ragazzi, più o meno sui diciassette anni.

Il custode dell’Istututo, un omone calvo, tutto muscoli e con l’aria seria e allo stesso tempo aggressiva di una guardia carceraria, teneva in mano un taccuino, su cui erano annotati i nomi dei ragazzi.

Cominciò a chiamarli con voce ferma, uno per uno, in ordine sparso.

- Ransie Nolan.

Si fece avanti una ragazza snella e alta, all’incirca sul metro e settanta, con lunghi capelli neri e una spessa frangia che le ricadeva sugli occhi. Teneva lo sguardo fisso sull’asfalto.

- Marcus Reed.

Un ragazzo minuto, magro come un chiodo e con una zazzera di capelli scuri in testa fece per battere il cinque alla guardia, ma quello lo degnò a malapena di uno sguardo, e lo esortò a proseguire come se niente fosse.

- Trent Barnes.

Il tipico adolescente anonimo, di quelli che, ovunque si trovino, passano inosservati. Corporatura robusta ma non troppo, il tipo che fa sport un paio di volte alla settimana e mantiene uno stile di vita sano, capelli castani e vestiti da discount. Chi l’avrebbe mai che uno del genere aveva dei precedenti?

Carter se ne stava in piedi accanto alla guardia e scrutava con sguardo indagatore i suoi piccoli “topi da laboratorio”.

- Lucy Velasquez.

Finta bionda e tutta curve. Il colore chiaro dei capelli contrastava con la sfumatura dorata che l’origine sud-americana aveva conferito alla sua pelle. Portava un brillantino al naso, che luccicò mentre si muoveva sinuosamente verso la guardia.

- Manuel Santiago.

Si avvicinò un bel giovane, anche lui latino probabilmente, non troppo altro, capelli e occhi neri e fisico scolpito, sembrava disinvolto.

- Mckenzie Howard.

Se Lucy era bionda, questa era biondissima. Piccola, delicata, dalla pelle anche più chiara dei capelli. Il tutto contrastava con i vestiti da motociclista che indossava.

- E… Christopher Lambert. – disse infine l’uomo, appoggiando la penna sul taccuino e alzando finalmente lo sguardo.

Un ragazzo alto, dai capelli biondo cenere, con uno zuccotto grigio topo calcato in testa e un giaccone di jeans si fermò accanto a lui.

Carter strabuzzò gli occhi, sembrava turbato ed esaltato allo stesso tempo.

Era il tipico modaiolo che trabocca di autostima: lineamenti perfetti, sorrisetto malizioso e l’aria di essere a casa propria ovunque si trovasse.

Di colpo, come se niente fosse, Christopher sollevò un braccio e tirò una sberla al blocco che il custode teneva in mano, facendolo volare e ricadere rumorosamente a terra. Dopo di che, sollevò lo sguardo sul palazzo che si ergeva di fronte a lui, due occhi di ghiaccio, quasi trasparenti, un sorriso da angelo vendicatore, gli occhi di tutti erano su di lui, la sua voce fu un sussurro agghiacciante nel silenzio che si era creato.

-Adesso si balla.
  
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