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Autore: InnomineMamie    19/07/2014    8 recensioni
Carissimi amici del fandom del Capitano,
osiamo presentarvi questo nostro lavoro “a quattro mani”, sperando di divertirvi e di emozionarvi.
Ci siamo sempre chieste l’origine della cicatrice sul volto di Harlock, ebbene, ci è venuta in mente questa idea un po’ folle. Abbiamo cercato di immaginare la prima giovinezza di Harlock, quale cadetto dell’Accademia Militare su Marte, insieme al suo grande amico Tochiro Oyama: consideratelo, quindi, un tentativo di prequel alle serie anime e manga che tutti noi ricordiamo ed amiamo.
Non abbiamo la presunzione di credere di esservi riuscite, ma confidiamo nella vostra benevolenza.
Con affetto e riverenza, dedichiamo questa fanfic, redatta non a scopo di lucro e nel pieno rispetto dei diritti d’autore, al sommo Maestro Leiji Matsumoto.
Buona lettura!
Mamie ed Innominetuo
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harlock, Nuovo personaggio, Tochiro
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Alla fine il giorno del diploma era arrivato.

Harlock non era stato sbattuto fuori dopo la lite con Heinrich come si era aspettato. Forse perché era bravo e anche loro avevano bisogno di gente in gamba.

Una volta attribuitogli il titolo di sotto tenente, gli Illumidas non gli avevano affidato, tuttavia, incarichi di grande responsabilità: per esempio, lo avevano aggregato alle operazioni che servivano ad evacuare i profughi: gente di cui, in fondo, non importava niente a nessuno.

Nel corso degli anni, Harlock era salito nella graduatoria dell’aeronautica spaziale sino a diventare uno dei capitani più giovani e capaci, tanto che poi gli venne affidata l’imponente astronave di evacuazione profughi meglio nota con il nome di Death Shadow.

Tochiro invece venne assegnato ad un team di scienziati che studiavano nuovi prototipi di astronavi e di navette da guerra. I due amici non riuscivano più a vedersi molto.

Tutte le mattine, guardandosi allo specchio mentre si faceva la barba, Harlock era costretto a vedere la cicatrice che aveva sulla faccia e in quei momenti la nostalgia di quel tempo, quando il massimo che dovevano affrontare era un bulletto borioso, lo mordeva acutamente. Quell’ultima sera si erano ritrovati in un bar, nell’angolo più buio e tranquillo di un locale anonimo, con una bottiglia di sakè… due vecchi amici che parlavano del più e del meno, almeno questa era l’impressione che potevano dare visti dal di fuori.

‒ Che cosa farai adesso? Tochiro era preoccupato. Aveva saputo dell’ultima bravata del suo amico: distruggere la Death Shadow in fase di atterraggio senza che nessuno si facesse male… solo lui era in grado di fare una cosa simile. Ma ora si era forse scoperto troppo. D’altra parte nessuno di loro era più al sicuro, ormai.

‒ Voglio andare a trovare Maya – aveva sussurrato Harlock - e poi vedremo. Non credo di poter restare ancora per molto.

‒ Stai pensando di disertare? – esclamò l’amico, con un tono di voce un po’ troppo alto, tappandosi poi subito la bocca per la sua stessa sorpresa.

‒ Shhhhhh! Zitto!... In ogni caso non ho intenzione di passare la vita al servizio degli Illumidas. Quello che potevo fare l’ho fatto, ma adesso basta.

Tochiro rimase per un po’ fermo a guardare il suo amico, con uno strano luccichio negli occhi. ‒ E se ti dicessi che c’è una nave pronta per salpare al tuo comando?

Harlock trasecolò. ‒ Cosa?

‒ Nemmeno io voglio passare la vita al servizio degli Illumidas. Il lavoro nel laboratorio mi ha permesso di mettere le mani su un bel po’ di roba.

‒ Ma… com’è possibile? Come hai fatto? Tochiro sorrise, malizioso.

‒ Chi mai fa caso ad uno come me? Nessuno si chiede mai dove vado quando ho finito il mio turno e nessuno si offre mai di accompagnarmi. Io sono il tappetto ingenuo da prendere in giro. Lo sono sempre stato, ti ricordi? Usciamo, dai, stasera è tutto tranquillo, ti faccio vedere!

***

Harlock era rimasto letteralmente a bocca aperta. Davanti a lui si stendeva l’imponente chiglia di una corazzata dalle linee micidiali ed eleganti.

‒ Come diavolo hai fatto a costruire una cosa del genere? Da solo, poi?

‒ Beh, qualche amico mi ha dato una mano. Sai, c’è molta più gente di quanto tu creda che non è molto contenta di stare al servizio di quelli. Anche Esmeralda mi ha aiutato.

‒ Chi? Quella fuorilegge che è ricercata da tutta la flotta illumida? Tochiro era leggermente arrossito nel nominare la bella piratessa e Harlock l’aveva guardato con curiosità, ma sul momento aveva preferito tacere. ‒ Hai corso molti rischi senza dirmi niente! – aveva invece risposto, leggermente risentito.

‒ Ma no! Lo sai che sono un tipo prudente. Nessuno ha mai sospettato niente, te lo garantisco! È questo il bello, faremo loro una magnifica sorpresa! E tu sarai il nostro capitano!

Harlock aveva sorriso alla prospettiva come un bambino cui avessero offerto un dolcetto particolarmente goloso. ‒ Perché io? – aveva chiesto senza smettere di sorridere.

‒ E chi altri? – aveva risposto Tochiro ridendo. Quella notte i due amici si erano separati col cuore più leggero.

***

Poi erano successe tante cose.

Troppe e troppo dolorose.

Harlock e Tochiro avevano preso la strada che pareva loro più giusta. Ci credevano: credevano nella libertà, nel coraggio, nella giustizia...

Erano pronti a sacrificare la loro stessa vita per quei meravigliosi ideali, ma non erano ancora pronti a pagare il prezzo più alto, quello costituito dal sacrificio delle persone più amate.

I due giovani se n’erano resi conto troppo tardi.

Harlock stesso se ne era reso conto troppo tardi, perché quello che gli rimaneva ora era un bellissimo e struggente ricordo di ciò che avrebbe potuto essere e che ormai era perduto per sempre. Un ricordo che gli avrebbe dato le ali per volare ancora più lontano, ed un dolore che non l’avrebbe abbandonato, mai più.
   
 
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