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Autore: Rin_Chan64    19/07/2014    0 recensioni
{[Suicidio][Descrizione non dettagliata di suicidio]}
Fiducia:
"Madotsuki pensò che l’amica fosse confusa o sotto shock per la recente rottura con il fidanzato, quindi tentò di farla ragionare. Non c’era verso, però, Poniko rimaneva ferma sul suo obbiettivo. Piangeva e piangeva, quasi da diventare fastidiosa, e l’amica riprovava a farla ragionare ancora."
Insicurezza:
"L'altra rispondeva sempre e puntualmente, ma stavolta si sentirono solo gli strombazzamenti delle auto. Quindi, Madotsuki ci pensò bene.
-Ma certo!- rise ad un tratto, cosa completamente fuori dal suo carattere, -Gli hikikomori non devono mettere piede fuori di casa! E non devono andare neppure in balcone... Di certo ne sa più di me!"
Pazzia:
"L'interesse di Madotsuki sfociò in una rabbia tremenda. La ragazza si sfogava lanciando insulti a destra e a manca e dando grossi pugni, calci e testate al muro. Ma non riusciva ad arrabbiarsi seriemente. Avrebbe voluto, ma la sua ira era falsa e si strasformava in un penoso pianto.
Le sue parole furono soffocate dai singhiozzi. Come succede quando una persona ride tantissimo, o dalla felicità non sa esprimersi, solo che lei stava piangendo."
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Madotsuki
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La vita di una Hikikomori
---Pazzia---

I giorni successivi, Madotsuki continuava a sentire le voci dal palazzo vicino. La ragazza non si sentiva tanto bene in qul periodo, ed aveva cominciato a pensare davvero in negativo. Ormai, non usciva neppure in balcone, si sentiva confinata e voleva andarsene via a tutti i costi, ma al tempo stesso non voleva. La sua era una promessa, ci teneva a mantenerla. Voleva bene a Poniko, non poteva tradirla in questo modo, lei si sarebbe sentita abbandonata e; come Madotsuki si sentiva in sua compagnia in quel viaggio distaccato dal resto del mondo, di sicuro anche Poniko sentiva la stessa cosa. Probabilmente. Forse.
Un giorno, però, Madotsuki decise di ascoltare ancora quelle voci.
Si sentirono alcuni passi, poi ancora le voci; come la volta prima.
-Ragazze, vi devo proprio dire una cosa...- disse una voce femminile familiare.
-Spara!- la incitò un'altra voce femminile visibilmente felice.
-Sentite qui...- continuava la prima voce, poi si sentì bisbigliare. Madotsuki capì solo il suo nome.
Chiamata in causa, la ragazza si appiccicò ancora di più al muro, come se potesse aiutare a sentire meglio.
Un coro di voci ed esclamazioni incredule si alzò, ed attraversò il muro senza problemi. Ancora, la prima voce disse:-Sì, è stata proprio un'allocca! Crede davvero che io sia diventata un'hikikomori... Ed è cascata perfettamente nella trappola!
L'interesse di Madotsuki sfociò in una rabbia tremenda. La ragazza si sfogava lanciando insulti a destra e a manca e dando grossi pugni, calci e testate al muro. Ma non riusciva ad arrabbiarsi seriemente. Avrebbe voluto, ma la sua ira era falsa e si strasformava in un penoso pianto.
-Poniko, ti odio! TI ODIO!- urlò Madotsuki in direzione del palazzo, scendendo dal letto ed avvicinandosi al balcone.
-Mi hai sentito? TI ODIO! Brutta TR...
Non riuscì a finire la frase che le sue parole furono soffocate dai singhiozzi. Come succede quando una persona ride tantissimo, o dalla felicità non sa esprimersi, solo che lei stava piangendo.
-TI...- provò di nuovo, non riuscendo a dire nulla.
-Ti... Ti ho sentito, sai?- disse mentre rientrava in casa.
Si asciugò le lacrime con un lato della maglietta, perchè voleva sembrare forte. Voleva arrabbiarsi, sfogarsi, mostrarle che non era solo una debole bambina che casca ad ogni tranello. Con falsa convinsione, poi, riuscì a dire:-Guarda che ne faccio della nostra promessa...
A passi veloci, camminò verso la porta e afferrò la maniglia. Improvvisamente, la mano le si gelò. Non riusciva a muoversi.
La sua era una promessa, ma ormai non ci teneva più a mantenerla. Non voleva più bene a Poniko, avrebbe con piacere ricambiato a ciò che aveva fatto lei, ma era una promessa.
Si allontanò dalla porta. Doveva mantenerla, la promessa, anche se ormai Poniko l'aveva sciolta da un pezzo alle sue spalle.
Non trovò un'altra soluzione, che dormirci su. Andata sotto le coperte, si arrese a quest'idea e si addormentò.

Il cielo era particolarmente nuvoloso quella mattina, con una strana sfumatura viola. Non si vedeva anima viva.
Madotsuki si sentiva strana. Non vedeva tanto bene, e si sentiva debole. Le girava la testa.
Era già in balcone. Sentiva che sarebbe potuta cadere da un momento all'altro, quindi si tenne alla ringhiera. Ma sapeva che non avrebbe aiutato tanto.
La sua vista era annebbiata e le fischiavano le orecchie. Si guardò intorno: le case, le strade, erano tutte vuote e scure.
Girandosi completamente a sinistra, vide che Poniko era uscita in balcone, ed a quel punto Madotsuki non riuscì a formulare un pensiero sensato. Che le doveva dire? Che la odiava? Le avrebbe chiesto che stava facendo lì? O le avrebbe chiesto scusa?
Poniko brillava di colori sgargianti, ed a grande distanza si riuscivano ad intravedere i suoi occhi azzurri, che tutti le invidiavano.
Madotsuki aprì la bocca per parlare, ma notò che la sua "amica" aveva una corda in mano.
La bionda legò la corda ben stretta ad una trave che si trovava piuttosto in altro, aiutandosi con uno sgabello.
Madotsuki capì. Capì che forse Poniko l'aveva sentita, e Madotsuki aveva ascoltato la persona sbagliata! La ragazza dalle trecce bionde cercò di farsi sentire, scusandosi. Non voleva che la sua amica continuasse.
Ma quella non ascoltava. Stava perdendo colore, mentre lentamente si avvolgeva intorno al collo l'altra estremità della corda.
-Poniko! PONIKO NON LO FARE! MI DISPIACE...!- cercava di urlare la ragazza nell'altro balcone, ma invano.
La bionda lanciò un'occhiata all'amica, forse abbozzando un sorriso. I suoi occhi perdevano colore.
-NO, PONIKO...!
La bionda calciò via lo sgabello, provocando un grande rumore che si ripeteva all'infinito.
-NO!
La bionda si divincolava. Stava continuando a perdere colore sempre di più, sempre di più, poi rimase si immobilizzò.
La ragazza dai capelli castani si gelò. Tendeva la mano fuori dal balcone. Aveva gli occhi lucidi. Per lei si era tutto fermato.
Tentò di dire dei soffocati "No", ma non le usciva niente dalla bocca. Si inginocchiò sul balcone, e si tenne la faccia con entrambe le mani. Anche lei era completamente in bianco e nero.
Aveva un gran mal di testa, e le usciva sangue dal naso. Sangue.
L'unica cosa colorata che restava, che non perdeva colore nella mente compromessa di quella ragazza. Niente, le strade, il cielo, lei stessa, la sua amica, era tutto in bianco e nero. Ma il sangue, quello le rimase bene in testa, stimolando la sua voglia di altri colori, altro rosso, e facendole capire che l'unico modo per ottenerli era... UCCIDERE.
  
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