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Autore: Martina_Porcello    19/07/2014    0 recensioni
Rachel è una bambina con uno strano dono ma questo non le permette di vivere la sua vita a pieno. Non si sente accettata dalla sua famiglia ma un modo per sistemare le cose c'è.
Scopritelo leggendo.
TRATTO DAL TESTO
La bambina salutò con la manina mentre la signora e il signor Hudson uscivano con lei da quell’enorme edificio. Attraversarono il vialetto che divideva il giardino fino ad uscire dal portone con la scritta Orfanotrofio.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Mamma, mamma… dove sei? >>
Quella furia bionda era una bambina solitamente tranquilla che non andava in giro per quell’enorme casa provocando tutto quel disordine, anzi stava seduta tranquilla nella sua stanza dalle pareti rosa circondata dai suoi innumerevoli giocattoli.
Quella giornata però era diversa e Dolcezza dagli occhi azzurri , così la chiamavano tutti coloro che lavoravano in quella tenuta, si aggirava irrequieta tra le stanze urlando a squarciagola cercando la madre.
Per prima cosa entrò in un enorme salone ben illuminato dalle porte-finestre che si aprivano nel giardino dove erano disposti diverse poltrone di pelle beige davanti ad un po’ strano.
Quella stanza aveva le pareti bianche, così come tutte le altre stanze ad eccezione delle camere da letto, decorate al massimo con alcune cornici dalle figure poco recenti, ma la bambina non ci faceva più caso sia perché ormai conosceva la casa come il palmo della sua mano sia perché era intenta a cercare invano tra le poltrone sua madre.
<< Mamma, mamma? >>
<< Tesoro, mamma non è qui >>.
Una donna le sbucò alle spalle facendola quasi spaventare, ma lei non si curò di lei e scappò via verso un altro salone dai tanti tavolini piccoli e non.
Era una delle sue stanze preferite perché le ricordava il momento dei pasti che lei adorava. Lì si cucinava davvero bene.
Anche lì, di sua madre, nemmeno l’ombra.
<< Mamma… eccoti >>
La trovò seduta al pianoforte della sala adiacente, quella dei giochi.
Altre bambine erano in quella stessa stanza ma la maggior parte di loro non la considerava nemmeno.
Rachel era una bambina di quattro anni sola ma non si preoccupava perché sua madre era con lei.
<< Rachel, tesoro mio, non dovresti essere qui. Darla ti stava cercando. Sono arrivati i signori Hudson, Marie e Robert. Sono due persone perbene e tu non gli vai nemmeno in contro a salutarli? Non vorrai fare la figura della maleducata spero. >>
La donna che le parlava aveva i medesimi occhi azzurri della bambina e gli stessi lineamenti. L’aveva presa per mano e la stava portando all’ingresso dove Darla, la donna che pochi minuti prima aveva incontrato Rachel nel salone, stava parlando con due signori.
<< Mamma, ma loro vogliono portarti via da te >>
<< No tesoro, io starò sempre con te. Non dubitarne mai. Intesi? >>
La bambina annuì debolmente.
<< Adesso va da loro. >>
<< Dovrò chiamarli mamma e papà? >>
<< Solo se te la sentirai, piccola mia >>
La bambina annuì.
<< Ciao tesoro >>
La bambina salutò con la manina mentre la signora e il signor Hudson uscivano con lei da quell’enorme edificio. Attraversarono il vialetto che divideva il giardino fino ad uscire dal portone con la scritta Orfanotrofio.
 
Rachel ricordava quella mattina del 12 dicembre 1995 come se fosse successo il giorno precedente.
Ma c’era solo un ricordo ancora più vivido: quello del 15 gennaio 1994, quando aveva visto sua madre distesa sul pavimento della cucina della loro vecchia casa in riva al lago.
Rachel pensava si fosse addormentata per terra così le era andata vicino e le aveva posato le sue manine sulle sue spalle.
<< Mamma svegliati >>
Ma dopo averla chiamata in tutti i modi possibili si era accorta che lei non si muoveva.
Credendo di essere lei incapace di svegliarla chiamò la vicina di casa, Diana.
Spaventata, la vicina chiamò l’ambulanza non appena si accorse che la donna non respirava e da quel momento Rachel entrò in una sorta di limbo.
Non sapeva che cosa stesse succedendo intorno a lei.
Era come se tutto girasse attorno a lei come una trottola.
In poco tempo si trovò sballottata prima in ospedale e poi in un orfanotrofio.
Perché un orfanotrofio? Rachel non aveva parenti stretti e non aveva padre: lui le aveva abbandonate e non meritava di essere avvisato di nulla.
Rachel era costantemente circondata da persone che non conosceva nemmeno e che le mostravano compassione, un sentimento di cui non aveva bisogno.
Era felice e non trovava il motivo per il quale quelle persone dovevano preoccuparsi per lei.
Sua madre era costantemente accanto a lei.
 
Era la mattina del 13 dicembre 2008 e Rachel aveva dormito molto poco ma era ora di prepararsi per andare a scuola.
Aveva appena finito di vestirsi quando Marie la chiamò:
<< Rachel, Rachel? E’ pronta la colazione >>
<< Ora scendo >>
Erano passati ormai tredici lunghi anni da quando Marie e Robert Hudson avevano scelto proprio Rachel tra tutte le bambina dell’orfanotrofio. Era stato difficile per la bambina ambientarsi almeno quanto lo era per i signori Hudson.
Dopo aver perso la loro unica figlia, Maya, in un tragico incidente, era stato difficile prendere in mano la loro vita e adottare un'altra bambina. Anche abituarsi ad averla in giro per casa con era una cosa facile nonostante Rachel passasse la maggior parte del tempo in camera parlando da sola.
Avrebbero giurato di averla sentita parlare di Maya ed era per quel motivo che le avevano diagnosticato una malattia mentale ma Rachel non aveva nulla di tutto questo.
<< Hai preso le medicine? >>
<< Si, Marie >>
<< Ti ho preparato le frittelle che ti piacciono tanto >>
<< Grazie >>
Dopo aver mangiato di corsa le disse che stava facendo tardi e che doveva scappare a scuola. Nulla di tutto questo era vero: si era stancata di vivere in quella casa che ormai le stava stretta ed era stanca di prendere quelle medicine che non erano altro che caramelle.
Aveva cominciato a sostituirle all’età di dieci anni quando aveva capito che il problema che aveva non era una malattia ma un dono.
Lei vedeva i morti e poteva parlare con loro. Poteva aiutarli a passare oltre.
Una volta uscita dal portone di casa si diresse verso la scuola.
Era ancora presto e non c’era nessuno per le strade di New Orleans, almeno nessun’ anima viva.
<< Rachel >>
<< Maya! >>
<< Ho visto mamma oggi. E’ distrutta dal tuo comportamento freddo e la stai facendo soffrire. So che non è tua madre e che vorresti prendere le distanze ma… >>
<< Maya, siamo migliori amiche da un bel po’ di tempo. Credi che sia un argomento di cui parlare alle sette e mezzo del mattino? >>
<< Rachel! È una cosa seria, dannazione >>
Maya è una ragazza mora più grande dell’amica di qualche anno e non era mai stata così diretta con lei fino a quel momento. Aveva bisogno di sapere che Rachel sarebbe stata accanto alla sua famiglia.
<< Lo so. Per questo non voglio parlarne ora. Senti Maya…  lo so che ti preoccupi per loro e che ti senti in colpa per quello che ti è successo. Gli sono grata per essersi presa cura di me ma io non glielo avevo chiesto e in cambio mi hanno creduto pazza. Mi hanno considerato una tua sostituta e niente più. Ho chiuso i battenti. Gli ho detto che me ne sarei andata di casa per questo motivo, ma loro vogliono quasi trattenermi con la forza >>
<< Ho un idea! Voglio parlargli e tu farai da tramite. Così ti crederanno e io… >>
<< Ti perderò per sempre! >>
<< Devi crescere, Rachel… non puoi far passare oltre solo coloro a cui non sei legata >>
Rachel annuì: << D’accordo ti farò parlare con loro >>
La giornata passò velocemente e come le aveva promesso, una volta tornata a casa, chiamò Maya e convocò i coniugi Hudson in salotto.
<< Marie, Robert… io non prendo le medicine da sette anni >> Rachel non aspettò che reagissero alla notizia.
<< Non ne ho bisogno. Io vedo i morti… è una specie di dono. Ve lo sto dicendo perché Maya vuole parlarvi. Mi è stata accanto per tutto questo tempo e pensa sia il momento di dirvi quanto le dispiaccia avervi lasciati soli. Prima di dire che sto mentendo vi dimostro che non lo sto facendo: so che Maya aveva un nascondiglio segreto nella casetta delle bambole  che si trova nella sua stanza e questa non viene aperta da quando è morta >>
Robert e Marie rimasero a bocca aperta.
<< Io sono stata fredda con voi perché non avevo bisogno di voi ma attraverso me Maya vi è stata accanto e ha vissuto comunque la vita che avrebbe voluto anche se da fantasma e io… chiedo scusa per come mi sono comportata. Avrei dovuto organizzare questa riunione prima ma… non ero pronta e non volevo perdere Maya e farmi credere pazza ancora una volta >>
Rachel pianse. Per la prima volta la paura di perdere un’amica e una figlia li avrebbe uniti proprio come famiglia, una famiglia legati da una stessa paura.
Da quel momento tutto sarebbe cambiato.
 
   
 
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