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Autore: Rin_Chan64    20/07/2014    0 recensioni
{[Chibi/Normale relativo][Cambio di colori]}
"Era il beniamino di quella casa, era quello più coccolato e voluto bene, fino ad un po' di tempo prima. O, forse, era tantissimo. Per lui eran passati anni, ma potevano essere giorni, fatto stà che la sua memoria se ne andava via sempre di più.
Non sapeva, in effetti, se avrebbe voluto tenere quei ricordi. Ma valeva la pena tentare, o forse non più di tanto."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE!!
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Himaruya Hidekazu; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Per poter capire un po' di più sulla storia, consiglio la lettura di "Un incarico troppo grande", sempre una storia mia.
Qui non viene specificato se Russia è Chibi o no. Dipende dai punti di vista, quindi potete deciderlo voi!
Recensite~
 
Castello di Neve~...

-Buongiorno!- disse Russia dopo essere uscito completamente dalla porta.
La neve lo salutò in anticipo, quando era ancora sulla soglia. Russia fu colpito da tanta maleducazione e, deluso, tornò dentro.
Ogni santo girno, doveva rispondere alla porta, perchè era quello il suo ruolo nel Castello di Neve. Lo faceva solo per trovare della neve, ed anche maleducata. A Russia non piaceva tanta maleducazione e ignoranza. No, non gli piaceva. Ma era il suo compito accogliere le persone alla porta, nel suo Castello di Neve.
Sarebbe stato scortese dire esplicitamente a quella neve, che lui odiava e trovava bella allo stesso tempo, che portava sfortuna facendo così, quindi si limitava a tornare dentro al Castello.
Lì doveva fare tutto lui, doveva svolgere tutti i compiti, ed in un certo senso si sentiva una persona importante. L'unica volta che si sentiva una persona importante. L'unica persona importante nel suo Castello di Neve. L'unica persona in quel Castello di Neve.
Era il beniamino di quella casa, era quello più coccolato e voluto bene, fino ad un po' di tempo prima. O, forse, era tantissimo. Per lui eran passati anni, ma potevano essere giorni, fatto stà che la sua memoria se ne andava    via    sempre di più. R  o  m  p  e  n  d  o  s  i    i  n    m  i  l  l  e    p  e  z  z  i.   S   f   o   c   a   n   d   o   s  i.    S    v    a    n    e    n    d    o...
Non sapeva, in effetti, se avrebbe voluto tenere quei ricordi. Portavano più dolore di quanto ne avesse già, ma forse ricordandoli in un momento non esattamente felice gli avrebbe fatto pensare che momenti che esistono e sono esistiti sono più tristi del momento che stava vivendo, e questo forse lo avrebbe convinto a guardare tutto in modo più positivo, o forse lo avrebbe fatto diventare ancora più triste, e deprimersi. Ma valeva la pena tentare, o forse non più di tanto.
Si affacciò dal balcone e vide la sua parte di neve preferita. Era lì, ancora lì, e gli faceva tornare alla mente alcune cose. Era un momento triste; si ricordava di un girasole che appassiva piano piano, dei riflessi del sole che continuavano a svanire a poco a poco, ma soprattutto tanta, tanta neve e tanta, tanta tristezza.
La neve lo guardava, con quel suo sorriso. Ogni fiocco, lo salutava.
-ciao russia- dicevano con la loro voce carina e lieve lieve. Ma Russia pensava di essere osservato, di essere odiato, di essere solo e minacciato. E tutti i fiocchi lo guardavano, gli sorridevano, continuavano a fissarlo, e la terra si era presto riempita di faccie inquietanti che si incurvavano, si deformavano, si fondevano alle altre, e gli rubavano l'anima buona e innocente con i loro occhi profondi e le loro voci piccole e lente.
ciaciarusciarussiciaoaoruaossia
Le voci si mescolavano, e soffocavano i lamenti di morte del girasole in mano al piccolo assassino. Non era stato congelato dalla neve, l'aveva strangolato lui. Preso dall'ira, e dalla tristezza.
Pensava così. Era colpa sua. Di tutto.
Era colpa sua se le persone che lo abitavano erano deluse, abbattute o morte. Era colpa sua se perdeva le guerre e faceva ammazzare la gente del suo Paese. Tutta colpa sua.
Guardava l'orizzonte. C'erano dei villaggi, e più lontano le città. Tutto pieno di gente, di gente nata e morta lì, di gente che vive solo per la patria, di gente che muore solo per la patria, di gente sottratta con l'inganno dal proprio Paese e che non vedeva l'ora di tornare alla sua terra, se mai ci fosse stato ritorno per loro. E lui, Russia, continuava a deluderli tutti così? Continuava a condannarli alla morte certa? Restava a guardare?
Russia continuava a cercare una scusa, ma non ne trovava perchè la colpa di tutto era sua. Solo sua. Senza di lui, suo padre non sarebbe morto. Senza di lui, anche quel Girasole avrebbe continuato a vivere. Stava solo deludendo tutti.
Era un bambino, non c'era bisogno di essere crudele con se stesso. Quel bambino, un po' impacciato, su un piedistallo, davanti a quel microfono troppo alto, con dietro la sua bandiera, ed era così piccolo che salutava tutti con un semplice "Ciao". Ma si dava già la colpa di tutto. Quanto soffrivano i suoi abitanti, quanto soffrivano gli altri per colpa sua! Erano solo dei poveri innocenti, e Russia continuava a trattarli con crudeltà!
Quel sorriso, sempre stampato sulla sua faccia, era la sua ragione per continuare. La vita aveva una parte felice anche per lui, si voleva convincere. Con la scusa di una parata per cercare amici, con un sorriso più grande del solito, uscì dal suo Castello di Neve per trovare nuove vittime da sottoporre a quel gioco di fiducia che si trasformava sempre di più in una tortura.
  
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