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Autore: Fenicella    20/07/2014    1 recensioni
"So close
But so far away
Can you hear me?"
Vorrebbero essere vicini, loro due, ma esserlo per davvero. Eppure non sanno quanto si conoscono, e le loro certezze sono fragili, proprio perché non sono realmente vicini. E ci sono pezzi di loro tra le luci cittadine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Accanto a te'
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     Così vicini, ma così lontani
     

       Calum e Margherita
                       
Camminava spedita, Margherita, mentre sotto braccio aveva gli spartiti con gli esercizi di pianoforte, nelle tasche pochi spicci che avrebbe volentieri usato per prendere una cioccolata. Pioveva a dirotto, quel pomeriggio, mentre proseguiva veloce sul marciapiede, e sentiva il freddo entrarle nelle ossa. C'era quella luce che le piaceva, quel pomeriggio, che derivava dal sole oscurato da quei grigi nuvoloni, e creava un riverbero magico. Sembrava che tutto fosse messo in pausa, in una condizione incerta e minacciosa. Come se lasciasse aperta la possibilità di una fine del mondo immediata, senza dichiararla.Tirava un sospiro di sollievo, quella ragazza, quando sentiva la pioggia diminuire e si rifugiava sotto il portico, diretta a casa. Ripensava alla lezione di piano appena finita, e canticchiava nella sua testa la melodia che aveva appena imparato. Era soddisfatta, e soprattutto felice, riempita di quella tranquillità che solo la musica sapeva darle. Era bella, Margherita, mentre le vetrine dei negozi riflettevano la sua immagine esile, con le gambe fasciate dai pantaloni blu, gli stivaletti eleganti. Aveva i capelli castani, fini e dai leggeri riflessi dorati, la pelle talmente chiara da avere qualche lentiggine, un paio di nei sul collo e uno, minuscolo, vicino alla bocca, sulla guancia. Aveva gli occhi tondi che guardavano in giro, e cercavano di carpire i segreti di ciò che la circondava, la voglia di divorare il mondo bruciante dentro di lei. Sarà stata la pioggia, che lei aveva sempre trovato così romantica, o magari la felicità che la rendeva più positiva, o forse saranno state le poesie che aveva letto quella mattina a scuola, a far avvenire quel giorno qualcosa che lei non credeva possibile. 

Calum era appena uscito di casa, ancora leggermente rosso in viso per la lite appena avuta con i suoi. Non capiva per quale motivo non lo volessero mai lasciare libero di fare quel che voleva. Non si era neanche pettinato, e i capelli scuri gli stavano disordinati mentre tentava di renderli migliori passandoci la mano sopra. Teneva al guinzaglio i due cani che aveva usato come pretesto per allontanarsi dai suoi genitori, e camminava lentamente. Non aveva una destinazione, ma sapeva che il posto giusto dove stare in quel momento era per strada. Aveva ancora un poco di rabbia nel suo corpo, e quel pizzico di adrenalina nel sangue derivante dalla concitazione dell'ultimo colloquio, ma si stava calmando. Dopotutto, un po' di pioggia e i suoi due cani al guinzaglio erano quello che lo rendeva meno infelice. Si calava il cappuccio dell'impermeabile leggero blu sulla testa, e prendeva a calci una lattina che gli intralciava il passaggio. Guardava le gocce cadere su ogni angolo del marciapiede, sopra ogni grumo di catrame dell'asfalto, e rendere tutto più...bagnato. Calum non sapeva ancora quale fosse il suo rapporto con i temporali, perché nonostante trovasse le lacrime del cielo così affascinanti, i tuoni lo spaventavano. Sobbalzò, infatti, appena vide la luce del lampo e il rombo che seguiva, e strinse di più i guinzagli. Procedeva, tirato dai cani, oltre la stradina della sua casa e verso le vie più trafficate. Era annoiato, ma ancora sperava nei miracoli, nel fatto che qualcosa potesse accadere e, finalmente, sconvolgere la sua vita. Qualcosa capace di cambiare tutto, di tirarlo fuori dalla stupida monotonia e renderlo più vivo. E proprio quando meno se lo aspettava, quel miracolo avvenne. 

Camminavano distanti e al contempo vicini quando Margherita si accorse di lui. Si trovavano in uno spazio riservato ai pedoni, con i portici da una parte e dall'altra una stradina che attraversava la piccola vegetazione appena piantata, la quale avrebbe dovuto sopportare il suo primo inverno in città. Lei era vicina a quella parte lastricata, in mezzo a bouganville rinsecchite e foglie fradice per il tempo di quel giorno, felice di sopportare da sotto l'ombrello qualche goccia per ammirare un poco di verde in città. Calum aveva a coprirlo solo il cappuccio della giacca, per questo era nel portico, da dove la vedeva. Non faceva altro che fissarla, mentre Nina e Olisca lo tiravano bruscamente, e quando più volevano si fermavano ad annusare, e lui non ci badava perché la guardava in ogni piccolo particolare. Dalle gambe magre nei pantaloni blu scuro, dagli stivaletti scuri che le rinchiudevano i piedini e slanciavano la figura, per procedere ad ammirare i polpacci poco sviluppati e le cosce, quella parte sempre così femminile. Vedeva il fondoschiena gelosamente coperto dalle maglie, ma che c'era e non si poteva nascondere. La schiena che si ergeva magra, tanto magra, come quella di un piccolo animale ancora cucciolo, e voleva poter scorgere le ossa della spina dorsale, lui. Le guardava le spalle, e la nuca, e scorgeva i lineamenti: la mascella segnata ma magra, gli zigomi e la pelle chiarissima. Diversa da quella di lui, scura. Le scorgeva un neo sul collo, o forse erano due, ma non il viso, né gli occhi. Sobbalzò Calum quando Nina abbaiò furiosa ad un altro animale, tanto da far girare la ragazza misteriosa. E ammirò il suo viso, il neo sulla guancia vicino alla bocca, unica imperfezione in una pelle perfettamente bianca e uniforme. Capì di non poter permettersi di lasciarla andare. Margherita si era girata, e si era finalmente accorta di lui. Della sua pelle scura, ambrata e olivastra, dei suoi occhi sormontati dalle sopracciglia scure e folte, dei suoi capelli neri come il carbone e delle sue labbra bellissime. Credeva di non averne mai viste di così belle: così carnose, rosa e buone. I loro sguardi si unirono per un secondo, tanto quanto bastò a lui per decidere di seguirla e a lei per averne paura. Si era girata di scatto, ed era leggermente arrossita, prima di andare avanti come nulla fosse. Bastava qualche altro latrato dei cani, però, perché lui li richiamasse all'ordine e lei gli rivolgesse di nuovo gli occhi, sicura di non essere vista. Intanto procedevano in quella danza, con Calum che si teneva vicino alla ragazza ma non tanto da camminarle affianco, e la guardava camminare decisa, spedita come una locomotiva, e lui tirato da Nina e Olisca come un carro dai buoi. Affrettava leggermente il passo, e lasciava che fosse lei a fissare lui, adesso. E Margherita lo faceva, rispondeva, senza più paura di quel tipo, ma sicura della sua indifferenza verso di lei. Ammirava le sue belle  gambe magre, fasciate dai pantaloni,  la giacca che prendeva il suo busto, altrettanto esile, e le sue braccia che tenevano i guinzagli. La sua mano sui capelli, nel tentativo di renderli migliori, e quella sua figura. Non credeva ce ne fossero molti, di ragazzi con un corpo così magro. Ma Calum non faceva nessun passo avanti, non la fermava né si decideva, rimaneva a danzare, ma cominciava ad aver paura che lei la smettesse con quel ballo di corteggiamento, e che, di conseguenza, l'avrebbe persa. Non la voleva mollare, non voleva che quel qualcosa che stava nascendo si distruggesse prima di aver vissuto. Si mise più avanti di lei, e girò bruscamente in una via quasi deserta, dove c'erano solo i depositi dei supermercati e qualche parcheggio. Portava a vie più grandi, ma era una scorciatoia, di quelle che quasi nessuno prende più. Voleva vedere se l'avrebbe seguito, se anche lei voleva lasciar nascere quel qualcosa di speciale. Margherita rimase delusa, infatti, ed interdetta quando lo vide prendere quella piccola via. Credeva di poter stare più tempo con lui, di poter guardarlo di più. Voleva che ciò accadesse. Perciò, sentendosi un po' in colpa, lo seguì. Girò l'angolo e si trovò in quella minuscola stradina, cercando di capire dove fosse quel ragazzo misterioso. Fece alcuni passi avanti e indietro, sentendosi una stupida per aver sperato di poter stare con lui almeno fino a casa. Come se lui l'accompagnasse senza volerlo. Calum si era nascosto in un piazzale che era il retro di un supermercato, dove le commesse scaricavano le casse e i prodotti che arrivavano dai camion. La vide aggirarsi come se fosse si persa, e sorrise, finalmente felice. Sollevato. Quasi...innamorato. "Se mi stai cercando sono qui" disse alla ragazza, facendo un respiro di sollievo quando lei si girò, e facendone un altro quando osservò la sua bocca sollevarsi impercettibilmente, gli occhi ingrandirsi, verdi e chiari. Si, Calum si stava decisamente innamorando. Lei invece rimase stupita da quel contatto inaspettato, con uno sconosciuto che insinua spudoratamente che lo stai seguendo, e si sentì in dovere di difendere la propria dignità. Perciò fece un piccolo grugnito dei suoi, si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e rispose "Io non ti stavo seguendo..." Lasciò la frase in sospeso perché lui la interruppe con una risata. Una bella risata, forte e quasi indisponente se non fosse stato per il suo suono, gioiosa e calda. Una risata simpatica, di quei ragazzi talmente liberi che non se ne trovano più così. "Sono Calum, ma se vuoi puoi chiamarmi Cal" le disse guardandola, ancora gioioso. Lei sorrise a sua volta, felice di sapere qual era il  suo nome "Margherita" rispose lei. Si guardarono negli occhi per un tempo che sembrò loro interminabile, mentre i secondi scorrevano e sembrava allo stesso tempo che ci fosse continuamente qualcosa di nuovo da scoprire, l'uno dell'altra. Erano distanti e li separavano più di due metri, con una fioriera, ormai svuotata e dimenticata perfino dal comune, a fare da muro di divisione. "Bene...felice di averti conosciuto, Calum..." Cominciò lei, mormorando ma facendo per andarsene, quando sentì lui "Aspetta, non ti va di prendere una cioccolata calda?" Lei rise di nuovo, e i ruoli si erano invertiti: ora era lei quella incerta, quella che procedeva tirata dall'inerzia dei cani, e l'altro quello ostinato e che andava dritto al punto. "Non so...dovrei essere a casa tra poco...."sorrise la ragazza, mentre lo guardava negli occhi. E se siete stati attenti, vi ricorderete che mentre camminava spedita lei aveva voglia di berla davvero, quella bevanda calda, nonostante fosse giugno e facesse abbastanza caldo, perché ne sentiva la mancanza, dall'inverno prima. "Da dove vengo io, quando un ragazzo dal quale sembri sembri attratta ti offre qualcosa, di solito non ci pensi due volte a dire di sì" rispose lui, mentre scoppiavano entrambi in una risata, che era ormai diventata protagonista di quel breve colloquio "E da dove vieni- disse Margherita- dalla fine del mondo?" Ma Calum non rise più "Sono australiano" fu la sua risposta, mentre la guardava negli occhi. Lei perse un battito, con quell'incredibile sguardo nero che la scrutava, che sembrava volerla mettere di fronte ad una scelta, volerle comunicare un punto di non ritorno, nella loro storia. "Va bene" furono le uniche parole di quell'incredula ragazza, mentre sosteneva lo sguardo e gli comunicava di volerlo superare, quel punto di non ritorno. 

Bevendo la a bevanda scura, guardandolo negli occhi e sentendo il calore del suo corpo vicino, Margherita poteva quasi giurare di udire i suoi pensieri. Erano seduti vicini, in un bar piccolo a pochi passi dalla via di prima, uno di quelli all'antica. C'era un lungo bancone col ripiano lucido e scuro, dove stavano prendendo la cioccolata, sopra degli alti sgabelli con le sedute coperte dai cuscini rossi. Stavano ridendo, Margherita e Calum, mentre si raccontavano aneddoti sulle loro esperienze, e contemporaneamente scoprivano sempre più cose l'una dell'altro. "E così io e i miei amici abbiamo creato questa specie di band" raccontava lui, gesticolando e sentendola prendere un altro sorso. Era come se in quella locanda, con le luci al neon e il pavimento di linoleum, le loro anime fossero talmente vicine da unirsi. Era come se si conoscessero da tempo, nonostante fossero sconosciuti. E, come spesso accade nelle favole romantiche, a Margherita sembrava di non vedere il mondo esterno, da lì dentro, come se tutto si fosse limitato a quel locale e a quella compagnia, da tanto si sentiva a casa. Era come se quella connessione che avevano sentito mentre camminavano, la quale li aveva spinti a cercare di conoscersi meglio, si stesse adesso consolidando, e stesse diventando un vero e proprio filo. Stavano di nuovo giocando, si stavano rincorrendo impazienti come due animali, senza mai lasciare che l'uno di accostasse all'altra. Sembravano due stambecchi, che veloci vanno insieme verso una meta comune, ma rimanendo distanti, in modo da coprire in una frenetica danza le insidiose montagne dove vivono. Amavano arrivare ad assaporare l'odore dell'altro per poi distaccarsi e stare lontani. 

Ma il tempo passava, e lei se ne doveva andare. Quando il timer del microonde sul bancone squillò, la ragazza alzò lo sguardo verso l'orologio, e vide la lancetta piccola sul sei. Tanto le bastò, per alzarsi e avviarsi verso la porta, mentre Calum la seguiva. E anche se non parlavano mentre camminavano di nuovo sotto il portico, anche se stavano vicino senza toccarsi, percepivano i pensieri l'uno dell'altra. Sapevano che si sarebbero addormentati distanti, quella notte, ma guardando il soffitto delle proprie stanze si sarebbero rivisti. E mentre il mondo avrebbe continuato la sua corsa frenetica verso la perfezione, avrebbero rivisto le immagini e i ricordi e i pezzi della loro storia sotto le luci dei lampioni della città. 
Sarebbero stati così vicini, ma così lontani. 

Buonaserina a tutte! Davvero, io non so che dire.E' passata una vita da quando ho pubblicato, e io ero stra preoccupata di non farcela, e mi pesava, perché volevo assolutamente pubblicare in estate, più di qualcosa. Alla fine é venuta questa cacchetta qui...non so proprio se darle ungiudizio positivo o negativo...fate voi, che è meglio. Vi prego di non giudicare tutto subito, perché è una raccolta di one shot e c'è molto da scoprire. Come avrete capito, si ispira alla canzone "Beside you", e a chi non l'avesse letta(e che di conseguenza non avrà notato il collegamento con la storia) consiglio di ascoltarla! Poi...ci sarà una one shot per ogni componente della band. Spero che l'idea vipiaccia, perché vorrei mostrare diversi aspetti della frase-titolo in base a differenti storie. Speriamo di farcelaaa! Grazie veramente a tutte, specialmente a chi ha letto e anche recensitol'altra mia one shot, "fa freddo alla fermata" e a tutti coloro che l'hanno messa tra le seguite/ricordate eccetera, insomma a tutti! Grazie anche a te, che sei arrivata fino a questo punto nella storia. Un grazie speciale a WeisGirl98, Yeli e silenzispezzati, che l'hanno recensita. 
A presto, Fenix. 
E me la lasciate una recensione piccolina? Ina-ina-ina? Per favore *fa gli occhi dolci*
  
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