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Autore: RandomWriter    20/07/2014    6 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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CAPITOLO 17: LA RAGAZZA DI JASON
 
Varcando la soglia dell’appartamento, Erin venne investita da un’invitante profumo. Sorpresa per ciò che il suo naso le stava comunicando, fece capolino in cucina dove vide Pam intenta ad estrarre dal forno una teglia fumante:
“ti sei messa ai fornelli?” commentò sbigottita in direzione della cuoca. Raramente aveva visto la zia impegnata in pietanze più complicate di una pasta al pomodoro o un’insalata condita.  
“oh sei già tornata? E io che stavo per telefonarti per chiederti se volevi invitare Castiel a pranzo”
“Castiel?” ripetè Erin inorridendo.
“perché no? È stato così gentile a offrirsi di allenarti” replicò Pam sistemando la teglia di lasagne al ragù sul piano di cottura.
“appunto per questo non è carino da parte tua tentare di avvelenarlo con la tua cucina” precisò Erin versandosi un bicchiere d’acqua.
“esagerata! Solo perché qualche volta ho confuso il sale con lo zucchero” minimizzò la donna.
“e sbagliato completamente la cottura della pasta” aggiunse la nipote sorridendo.
“io volevo solo essere gentile” si giustificò quasi mortificata.
“e te ne sono grata. Ma prima dovresti imparare a cucinare. Anche Jason mi aveva detto che ti farebbe bene fare un corso” la informò Erin.
“Jason? Ma se lui non ha mai assaggiato niente di mio!” protestò Pam disponendo due piatti sulla tavola.
“sì ma lui l’ha suggerito così, come idea per farti uscire un po’… per frequentare gente nuova…”
Pam rimase in silenzio, riflettendo su quella proposta. Si sentiva lusingata dal fatto che il suo vicino si fosse interessato alla sua vita sociale tanto da parlarne con Erin ma avrebbe preferito avere l’occasione per conversare direttamente con lui. Da pochi giorni infatti aveva cominciato a vederlo con occhi diversi e aveva bisogno di relazionarsi con lui, di conoscerlo meglio per capire cosa provasse realmente per lui.
Poi però un pensiero scomodo ma razionale le attraversò la mente: Jason era già impegnato sentimentalmente e anziché preoccuparsi di far luce nel suo cuore, lei avrebbe dovuto accantonare alla svelta qualsiasi pensiero romantico nei suoi confronti.
“comunque oggi la sua ragazza pranza da lui” commentò Pam mentre era impegnata a ricavare due porzioni di lasagne.
“non c’è nulla di male” osservò Erin, intuendo però quali fossero i reali pensieri della zia.
“no, lo dicevo così tanto per” si giustificò Pam, come se la cosa non la interessasse.
Erin prese il suo piatto e cominciò ad assaporare il cibo. Sua zia aveva ancora molta strada da fare come casalinga e l’idea di Jason di frequentare un corso di cucina era più che indovinata.
“comunque Castiel arriverà verso le tre. Tu non è che potresti…”
“lasciare libera la casa? D’accordo. Fino a che ora?” completò Pam.
“boh, facciamo fino alle sette nel dubbio”
“vi serve tutto quel tempo?” indagò la donna, maliziosamente sorpresa.
“dobbiamo fare la ricerca zia. Ci vuole tempo. Conoscendo Castiel, probabilmente si romperà dopo mezz’ora, ma voglio farla bene a costo di lavorarci da sola” giurò Erin. Quel progetto le era stato affidato da Miss Joplin, la sua insegnante preferita e per nulla al mondo le avrebbe consegnato un lavoro insoddisfacente.
Dopo un silenzio durato un paio di minuti, Pam commentò:
“basta che vi concentriate sullo studio”
“non c’è pericolo” replicò seccamente Erin. Colse il doppio senso di quella frase che la infastidì parecchio. Lei e Castiel erano diventati amici, vederlo in un’ottica diversa non solo le risultava difficile ma persino imbarazzante e la metteva a disagio.
Pam però non era intenzionata a lasciar cadere l’argomento:
“alla tua età era pericoloso lasciarmi da sola con un ragazzo” commentò divertita.
“infatti guarda come ti sei ridotta”
Nella stanza cadde un pesante silenzio.
Erin si pentì all’istante della sua battutina acida. Involontariamente in quelle parole era trasparita una forma di disprezzo verso la situazione sentimentale della zia, che era arrivata a vent’otto anni sola e senza ambizioni.
Pam poteva sorvolare sulle occhiate di biasimo della sua vicina bigotta, sui giudizi superficiali di chi non la conoscesse a fondo, ma non poteva sopportare che anche sua nipote avesse una così bassa opinione di lei.
Sapeva di essere stata un’inguaribile romantica, troppo ingenua e talvolta stupida, da non accorgersi degli uomini che si approfittavano di lei. Ma l’etichetta della donna facile e immatura proprio non le andava giù.
Masticò in silenzio, senza staccare gli occhi dal piatto mentre Erin la guardava mortificata.
Si sentiva un verme. In fondo viveva a scrocco dalla zia che le aveva offerto un tetto e soprattutto un ambiente tranquillo e sereno in cui affrontare un momento difficile della sua vita. E poi erano proprio la spensieratezza, e talvolta la frivolezza, di Pam a distrarla dal suoi problemi.
 “scusa zia, io non-“
Pam le fece cenno di tacere. Si alzò dal tavolo anche se il contenuto del suo piatto non era stato completamene svuotato. La nipote capì che l’unica cosa da fare era starsene in silenzio e scusarsi in un secondo momento.
La donna gettò nel tritatutto quanto rimaneva delle sue lasagne e, sempre senza dire una parola, abbandonò la cucina per dirigersi nella sua stanza.
 
Quando Erin uscì dal bagno, docciata e profumata, scoprì che Pam aveva già lasciato l’appartamento. La desolazione e il silenzio acuirono il senso di colpa della nipote. Era chiaro che voleva evitarla, almeno finché non le fosse tornato il buon umore. A questo proposito, Erin poteva fare qualcosa. Aveva ancora tempo prima che Castiel arrivasse, così frugò nella dispensa alla ricerca degli ingredienti necessari a dare forma alla sua idea: le avrebbe preparato una torta farcita al cioccolato, di quelle che Pam adorava.
Si mise subito all’opera ma mentre pesava la farina, pensò bene di raddoppiare le dosi, in modo da farne una anche per l’ospite che nell’arco di un paio d’ore avrebbe varcato la soglia.
Sperò che il risultato fosse buono visto che Castiel non le avrebbe risparmiato eventuali critiche. Infornò i due impasti e nell’attesa ripensò con calma agli eventi di quella mattina. In appena mezza giornata aveva ottenuto due grandi conquiste: aveva finalmente scoperto il perché della lite tra Castiel e Nathaniel e aveva parlato un po’ di Sophia quando fino ad un paio di settimane prima anche solo ricordare il suo nome le faceva venire un nodo alla gola.
torna presto Sophia” pensò la ragazza.
 
Una volta che le torte erano state cotte e farcite, sistemò quella per Castiel sulla penisola della cucina, coprendola con un coperchio a cupola.
Osservò attentamente la torta della zia: quella andava resa speciale, così, con la glassa al cioccolato, aggiunse la scritta I LOVE YOU.
Non le aveva mai detto di volerle bene ed era arrivato il momento di esternare tutta la sua gratitudine. Un “mi dispiace” sarebbe stato più appropriato viste le circostanze, ma erano parole che le avrebbe detto di persona, assumendosi la responsabilità di quell’uscita antipatica.
Terminata l’opera, contemplò con soddisfazione l’eleganza della scritta: nonostante Erin avesse una brutta calligrafia, le lettere erano venute straordinariamente bene, forse perché le aveva tracciate con il cuore.
Controllò l’orologio e calcolò che mancava ancora mezz’ora all’arrivo dell’amico. Si accomodò quindi sul divano e per ingannare l’attesa guardò la TV. Il sonno arretrato però non tardò a presentarle il conto e nell’arco di pochi minuti, Erin si addormentò.
 
DIN DON.
Rintronata, si alzò pigramente dal divano e andò al citofono dimenticandosi che aspettava ospiti.
“chi è?” biascicò.
“chi vuoi che sia. Apri” borbottò Castiel.
Erin rimase per un attimo interdetta. Ancora con la mente annebbiata dal sonno, faticò qualche secondo prima di ricordare il perché di quella visita.
Mentre aspettava che il ragazzo salisse, si diede un’occhiata fugace allo specchio: dopo la doccia aveva indossato dei comodi pantaloni della tuta, così da nascondere le ginocchia sbucciate dall’allenamento della mattina e aveva i capelli in disordine. Cercò di sistemarseli con le dita ma il risultato le sembrò peggiorare così ci rinunciò.
Attese Castiel sulla soglia della porta e lo vide risalire le scale:
“potevi prendere l’ascensore” commentò Erin trattenendo uno sbadiglio.
“tzè, figurati. Vecchio com’è ‘sto posto, non mi sono fidato”
Erin, ormai abituata ai commenti acidi dell’amico, lo ignorò e lo fece accomodare all’interno.
Il ragazzo entrò nel soggiorno e indugiò qualche secondo, guardandosi attorno leggermente sorpreso.
“a dispetto della zona è un bel appartamento”
“anche a me non dispiace” ammise Erin soddisfatta.
Dopo essersi sistemati sul tavolo del soggiorno, la ragazza accese il pc portatile:
“dunque dobbiamo fare una ricerca sugli effetti del fumo giusto?”
Castiel si grattò la testa, visibilmente poco interessato ma Erin continuò imperterrita. Avrebbero fatto una ricerca esemplare, a costo di comportarsi da tiranna.
“scrivi tu che io sono lenta a battere al pc. Apri internet e cominciamo a cercare”
 
Dopo un’ora erano già a metà dell’opera.
Dopo le iniziali resistenze, il suo compagno di lavoro si era rivelato molto più collaborativo di quanto Erin osasse sperare. L’argomento cominciava ad interessarlo, tanto che in diverse occasioni era stato proprio Castiel a suggerire le modifiche più opportune. Inoltre, ricercando informazioni sugli effetti dannosi della nicotina, il rosso era rimasto sconvolto dalle conseguenze della deposizione di catrame a livello polmonare.
L’alterazione anatomica di un polmone di un fumatore, rispetto a quello di una persona sana l’aveva colpito profondamente.
“del resto è proprio perché la Joplin ti ha visto rotolare la sigaretta che ti ha assegnato questo lavoro” commentò Erin, allegando l’immagine al documento.
Erano già passate due settimane da quell’episodio, avvenuto il primo giorno di scuola della ragazza.
Continuarono per un’altra mezz’ora poi la concentrazione del rosso cominciò a vacillare:
“aahhh che palle! Non abbiamo finito?” si lamentò, dondolandosi sulla sedia.
“quasi. Bisogna solo trovare qualche grafico che correli l’incidenza del tumore ai polmoni con il fumo… aspetta… forse ho qualcosa del genere in un giornale che ho in camera”
Erin si alzò per dirigersi nella sua stanza ma, prima di sparire si bloccò. Si voltò verso il suo ospite ed esclamò:
“scusa se non te l’ho ancora chiesto, ma hai fame? Ti ho preparato una torta… è in cucina, serviti pure” e si fiondò in camera, sperando che il disordine che regnava sovrano non rallentasse troppo la sua ricerca della rivista.
Castiel nel frattempo si era spostato in cucina, tenendo lo sguardo fisso sul fornello e ignorando completamente l’esemplare di torta che giaceva nascosto sotto il coperchio sull’isola centrale.
Sollevò delicatamente il tovagliolo messo a protezione del dolce e avvampò diventando un tutt’uno con i suoi capelli.
 
Intanto Erin era riuscita a trovare subito ciò che cercava, così tornò in cucina, ansiosa di sapere cosa Castiel ne pensasse delle sue doti culinarie. La torta che gli aveva preparato giaceva immacolata sull’isola centrale e del ragazzo non c’era traccia. Spostandosi, notò che era impalato davanti al piano cottura. Fissava impietrito la scritta che campeggiava sulla torta e che giustificava il colore porpora delle sue guance in quel momento. Di fronte a quell’imbarazzante equivoco Erin esclamò:
“NON È QUELLA LA TUA TORTA!”
Era talmente in imbarazzo chela voce le uscì più acuta di tre ottavi.
Castiel distolse lo sguardo dal dolce, e assumendo un’espressione più neutra, farfugliò:
“mi pareva strano”
La ragazza gli si avvicinò e tornò a coprire quell’imbarazzante messaggio che, indirizzato ad un ragazzo come Castiel, aveva un significato completamente diverso da quello rivolto alla zia.
“e per chi è allora? Per Nathaniel?” la schernì il rosso, seguendo Erin che era impegnata a ricavare due fette della vera torta.
 “no” replicò arrossendo “è per mia zia. Abbiamo litigato e devo farmi perdonare” spiegò mentre il ragazzo la seguiva in salotto.
Tornarono ai loro posti e dopo un breve silenzio, Erin osò chiedere:
“secondo te… sono il suo tipo?”
Era talmente a disagio nel fargli una simile domanda che, assieme alla torta, si masticò anche le parole.
Castiel tuttavia capì sia la domanda che il soggetto e, dopo aver inghiottito un grosso pezzo di dolce rispose laconico:
 “penso di sì”
“sul serio?” si stupì Erin.
Castile scrollò le spalle, poco interessato all’argomento. Notando però la trepidazione che quella notizia aveva suscitato nell’amica così le chiese:
“e lui? È il tuo tipo?”
Erin, dapprima lo fissò, sorpresa da quella domanda, poi sospirò, accasciandosi pesantemente sulla sedia.
“posso essere sincera?” disse dopo una breve esitazione.
“no, ti prego prendimi per il culo” replicò Castiel, strappando un sorriso divertito all’amica
la verità è che non lo so. Quando siamo soli sento che tra di noi c’è intesa, capisci? Lui è così…perfetto. Però appena comincio a cercare di fare chiarezza nella mia testa prevale il buon senso che mi indica che sto correndo troppo… voglio dire… lo conosco da due settimane e non è che ci siamo visti tutti i giorni… non ho avuto abbastanza tempo per…capire” farfugliò la ragazza, consapevole di aver espresso i suoi pensieri in modo piuttosto sbrigativo. Dentro di lei le emozioni erano molto più intense di quanto fosse riuscita ad esternare a parole.
“sono d’accordo” concluse Castiel, mentre scorreva una pagina web “ci rimettiamo all’opera?”
 
Una volta finita la ricerca, Erin annuì soddisfatta. Nonostante le premesse poco lusinghiere, avrebbero presentato un lavoro completo ben fatto in cui il contributo di Castiel era stato fondamentale.
Convinta che a quel punto il ragazzo si sarebbe congedato per tornarsene a casa, si alzò dalla sedia. Il rosso però non era dello stesso avviso:
“senti ci ho pensato… la Robinson non crederà mai che il disegno di Violet l’abbia fatto io. Tra l’altro è in formato A3 e invece lei lo voleva in A4…”
Sorpresa per quell’uscita, Erin incalzò:
“e quindi?”
“visto che ti ho a portata di mano lo rifaccio” concluse Castiel con un sorrisetto angelico che si stampò anche sul viso della sua modella.
“ok, così ne approfitto per rifare il mio. Ma con quello di Violet che ci fai? Potresti darlo a me”
“mi dispiace ma l’ho già buttato”
“l’hai buttato?” ripetè Erin sconvolta.
“e che ci dovevo fare? Ma tu non glielo dire sennò ci rimane male” la ammonì Castiel frugando nell’astuccio alla ricerca di una matita.
L’amica lo guardò delusa ed arrabbiata:
“a volte sei proprio un insensibile Castiel!...a me piaceva sul serio, avresti dovuto darlo a me” e si alzò per recuperare il materiale per il disegno. Il rosso, meravigliato per quella reazione la osservò e meditò un diversivo per allentare la tensione:
“mettiamo un po’ di musica?” propose quando Erin tornò in soggiorno con due fogli in mano.
“ok, clicca sulla cartella Music lì sul desktop e scegli quello che vuoi” borbottò Erin ancora irritata.
“mhm… Linkin Park, Skuns Anansies, Radiohead, QOTSA, Nirvana, Skillet, Perfect Circle, Nickelback…oddio, non dirmi che ascolti gli Imagine Dragons”
“mi piacciono solo due canzoni”
“ok, allora sei perdonata… ah, bene, vedo che ci sono anche i Tool” approvò il chitarrista.
“in realtà devo ancora quelli non li ho mai ascoltati. Quello che stai guardando è il repertorio musicale di Sophia”
Castiel la guardò con la coda dell’occhio e poi commentò:
“non sarebbe meglio che tornassi ad ascoltare quello che ti piaceva prima?”
“ascoltare le canzoni che piacciono a Sophia me la fa sentire più vicina però così facendo ho scoperto che il rock piace anche a me… oltre alle canzoni che ho sempre ascoltato”
“quindi? Dove lo trovo il tuo repertorio originale?”
Erin si sporse verso il PC, portando la mano sul mouse che in quel momento era impugnato da Castiel. Il ragazzo ritrasse la propria, mordendosi il labbro mentre Erin arrossì leggermente.
Aprì un paio di cartelle virtuali ed esclamò:
“ecco qua”
Castiel spostò la testa di lato ed elencò a voce alta:
“Adele, Norah Jones, Lana del Rey… ti piace la gente depressa” sorrise ironico.
“allora cosa vuoi sentire? Non possiamo stare tutto il giorno a passare in rassegna le canzoni”
“visto che queste qua non sono il mio genere, facciamo un 50 e 50: scegliamo una canzone a testa. Ecco questa è perfetta”
“quale?” chiese Erin seguendo il tragitto del cursore sullo schermo.
“Leave Out All the Rest”
Erin sorrise.
“direi che è dopo le rivelazioni di oggi, ci calza a pennello”
 
Tenere la musica come sottofondo era un abile escamotage per lavorare concentrati sul proprio lavoro, senza lasciarsi distrarre troppo da un’eventuale conversazione. Castiel era talmente di buon umore che Erin lo sentì canticchiare:
 
♪ ♫Help me leave behind some 
Reasons to be missed
♪ ♫


Il ragazzo era talmente preso dalla canzone che sembrava essersi dimenticato che doveva osservare la sua vicina per poter eseguire un ritratto il più fedele possibile. Questo però giocò a favore della ragazza, che si sentì più libera di scrutare ogni singolo tratto del ragazzo. Il rosso aveva dei lineamenti molto belli, una mascella mascolina e un naso dritto e regolare. In quella posizione china, i ciuffi di capelli gli nascondevano in parte gli occhi, tanto che la ragazza dovette resistere alla tentazione di scostarglieli. Non tanto per un’esigenza estetica del ritratto, quanto perché c’era qualcosa di estremamente misterioso e affascinante in quegli occhi.
 
L’atmosfera che si era creata in quella stanza era così tranquilla e rilassante che Erin si concentrò sui propri pensieri e riflettè su quanto la compagnia del ragazzo si fosse rivelata preziosa. Come diceva la canzone in quel momento…
 
♪ ♫ Leave out all the rest 
Leave out all the rest
 ♪ ♫


…pian piano Erin sentiva che si stava lasciando alle spalle il fardello che si portava dentro da mesi. Forse non proprio alle spalle, ma il carico si era alleggerito e questo perché aveva trovato un amico che le stava dando una mano a trasportarlo.

♪ ♫ I'm strong on the surface 
Not all the way through 
I've never been perfect 
But neither have you
 ♪ ♫
Quella mattina Castiel le aveva detto che lei era forte ma la sua era tutta apparenza e ora il ragazzo lo sapeva. Con lui non doveva più recitare la parte della persona spensierata, poteva parlargli di Sophia, di quanto desiderasse parlare con lei ancora una volta.

♪ ♫ Forgetting 
All the hurt inside 
You've learned to hide so well
 
Pretending 
Someone else can come and save me from myself 
I can't be who you are
♪ ♫

“non posso essere quello che tu sei, Sophia” pensò Erin. Non aveva senso perpetuare quell’illusione: fingere di essere Sophia solo per vedere l’immagine di sua sorella allo specchio non l’avrebbe riportata indietro. Ora finalmente si sentiva abbastanza forte da tornare ad essere se stessa. Doveva tornare ad essere Erin.
 
La musica finì e Castiel commentò:
“tocca a te Rapunzel. Stupiscimi”
“oh, so già che non ti piacerà, ma visto che devo cominciare a recuperare i miei vecchi interessi…” disse Erin andando su e giù con il mouse.
Nel frattempo Castiel buttò l’occhio sul disegno che la ragazza stava eseguendo.
“è meglio di quello dell’altra volta. Sono passato da Nelson a Secco Jones”
Erin scoppiò a ridere:
“beh, almeno è migliorato. E tu come sei preso?”
Si allungò verso il foglio del ragazzo che però era praticamente bianco.
“mi sono fatto prendere dalla canzone, adesso mi ci metto” promise.
“beh, non credo che la prossima ti piacerà… è di Adele” commentò Erin premendo play.
Le note di Don’t you remember si diffusero nella stanza e la ragazza tornò al suo disegno. Castiel, prevedibilmente, storse il naso e si concentrò sul suo lavoro.
 
♪ ♫I know I have a fickle heart 
and a bitterness
And a wandering eye, 
and a heaviness in my head
♪ ♫
 
Debrah. Ora che quel capitolo della sua vita era stato riportato alla luce, ora che ne aveva parlato con una persona completamente estranea ai fatti, il ragazzo riconsiderò la situazione da un’altra prospettiva: non era una tragedia.  Nessuna ragazza l’aveva mai ferito quanto lei ma ormai non aveva più ferite da leccare, erano completamente rimarginate. L’unica cosa che ancora non gli dava pace era il fatto di non capire. Se ne era andata senza spiegargli come i suoi sentimenti per lui fossero cambiati senza che lui se ne accorgesse:
 
♪ ♫ But don't you remember, 
don't you remember?
The reason you loved me before,
Baby please remember me once more
♪ ♫
♫The reason you loved me before♫”
Castiel sollevò lo sguardo verso Erin. Ecco che c’era ricascata. Senza pudore e percezione di ciò che la circondava, la ragazza aveva cominciato a cantare. La sua voce si fondeva con quella spettacolare di Adele eppure Castiel riusciva a distinguere le due e si concentrò su quella che stava ascoltando dal vivo. Erin cantava con le palpebre abbassate, posa che enfatizzava le lunghe ciglia. La bocca socchiusa che talvolta si allargava per pronunciare le note più alte. Come gli aveva fatto notare la Robinson, Erin aveva dei lineamenti regolari e il ragazzo si adoperò per trasferirli sul foglio.
Aveva una pelle uniforme, ma all’occhio attento dell’osservatore non sfuggì un brufoletto che faceva capolino sul mento. Mentre disegnava, la ragazza si mordicchiava le labbra, morbide e voluminose, rendendo più arduo il compito dell’artista.
Erin sembrava non essersi accorta dell’interesse che su di sè e continuava a disegnare senza alzare lo sguardo. Probabilmente aveva davvero una memoria fotografica, ma da quello che vide Castiel, lei non era realmente concentrata sul disegno. Muoveva la matita quasi a caso, intenta a tracciare il profilo dei capelli, operazione che non le imponeva nessuno sforzo di osservazione del soggetto.
Il rosso sorrise vedendola così assorta e presa dalla musica. Non che avesse una voce spettacolare, ma il suo modo di cantare, languido e quasi sensuale, lo rapivano ogni volta che aveva l’occasione di sentirla.
Verso la fine della canzone Erin si spostò i capelli, raggruppandoli e lasciandoseli cadere su una spalla, piegando di lato il collo affusolato. Castiel storse il naso contrariato e cercò di cancellare i capelli che, nel suo disegno, glielo nascondevano. Nel tentativo sbuffò, ed Erin si ricordò in quel momento della sua presenza.
“scusami, non mi ero accorta che stavo cantando”
“non è quello è che ti sarei grato se non spostassi i capelli a destra e a sinistra” borbottò il ragazzo.
“oh, hai ragione, allora li rimetto come erano prima”
“no, stai benissimo così!”
Erin lo guardò interrogativa, arrossendo lievemente mentre il ragazzo riabbassò il capo sul foglio.
Non voleva che la ragazza notasse la sua reazione.
 
Quando la canzone finì, Castiel protestò:
“adesso basta con le lagne. Mettiamo della buona musica” e scelse i Tool.
 
♪ ♫I know the pieces fit
‘Cause I watched them fall away

No fault, none to blame
It doesn’t mean I don’t desire to
Point the finger, blame the other
♪ ♫
Il testo della canzone richiamò nella mente di Castiel l’immagine del suo ex- migliore amico. Aveva scaricato addosso a lui la colpa di ogni cosa, senza lasciargli l’occasione per giustificarsi.  
 
♪ ♫Cold silence has
A tendency to
Atrophy any
Sense of compassion
♪ ♫
La rabbia gli aveva offuscato la ragione, anche se Lysandre aveva provato più volte a tentare di instaurare un dialogo tra i due. Dopo lo scisma, erano arrivate le vacanze estive e il rosso si era limitato a sparire dalla circolazione. Non aveva dato notizie di sé, se non a Lysandre che aveva mantenuto la bocca chiusa sugli spostamenti del ragazzo.
A settembre, un mese prima che Erin entrasse nelle loro vite, Castiel si era limitato ad un freddo silenzio che l’aveva reso insensibile a qualsiasi cedimento. Nathaniel non aveva più tentato una riappacificazione e, sotto gli occhi dell’intera scuola, apparì lampante che quello che era stato uno dei gruppi più uniti si era disintegrato in mille pezzi.
Il rosso non aveva più voluto avere notizie di Debrah, per quello che ne sapeva, lei e Nathaniel potevano ancora essere in contatto, non aveva motivo per escludere una simile ipotesi.
Erin sembrava così affascinata dal biondo che nonostante le sue titubanze, Castiel era certo che alla fine se ne sarebbe innamorata. Per anni era stato spettatore di quel genere di dinamiche: saltava fuori una nuova tipa, conosceva Castiel ma si innamorava di Nathaniel.
Del resto era inevitabile dal momento che il biondo era affascinante, educato, ricco e premuroso.
La sua amicizia con un simile dio l’aveva relegato al ruolo di Cupido, a cui il rosso aveva sempre cercato di sottrarsi. Debrah invece si era comportata diversamente dalle altre ragazze: si era avvicinata a lui, a Castiel, assolutamente disinteressata alla perfezione del suo amico. Quando Castiel gliel’aveva fatto notare lei gli aveva risposto:
“io amo le persone per i loro difetti… e Nathaniel non ne ha”
Come un allocco, lui aveva creduto a quelle parole e aveva abbassato le difese. Non sopportava di essere stato così debole e in balia dei suoi sentimenti per la ragazza, ma solo quando era con lei sentiva di aver trovato finalmente il suo posto nel mondo. Posto per poi però Debrah aveva occupato accanto a Nathaniel, lasciando Castiel seduto da solo.
 
Il ragazzo stava ormai per finire il suo disegno. Per la prima volta non era così dispiaciuto dal risultato. Anche se rispetto alla versione di Violet il suo sembrava eseguito da un ragazzino delle medie, l’opera era sicuramente più accettabile del suo primo tentativo.
Eppure, più lo guardava e più si sentiva inquieto. Non riusciva a spiegarsi il perché di quella spiacevole sensazione. Non era bello né particolarmente somigliante ad Erin anche se gli sembrava di aver colto alcuni dei suoi tratti più caratteristici come le lunghe ciglia e il viso tondo. Nonostante le palpebre abbassate, era riuscito a rendere una certa dolcezza nel modo in cui gli occhi della ragazza fissavano il basso. Più guardava quel disegno e più sentiva il battito accelerare. L’inquietudine dilagante cominciò a perfondere ogni organo vitale senza che lui potesse fare nulla per arginarla.
“l’hai finito? Posso vederlo?” chiese Erin sporgendosi.
Istintivamente Castiel coprì la sua opera. Non seppe mai perché reagì in quel modo ma la sua indole gli suggeriva di non mostrarlo. Per lo meno non in quel momento e non a lei.
“perché no scusa?” chiese Erin al contempo offesa e perplessa.
“troveresti senz’altro qualcosa da ridire” borbottò Castiel riponendo il foglio nello zaino, di fatto nascondendolo.
“quello che critica sempre sei tu. Comunque se la metti così, non ti mostrerò il mio” annunciò Erin.
“nessuno te l’ha chiesto” convenne secco Castiel.
La ragazza sbuffò mentre il rosso si alzava, sgranchendosi le gambe.
 “guardiamo un po’ di TV?”      
Quella proposta sorprese Erin. Incredibile a dirsi, ma il suo ospite si trovava a suo agio in quell’appartamento e non aveva nessuna fretta di lasciarlo.


Dal repertorio di film scaricati di Erin, scelsero Fight Club. Il film calamitò la loro attenzione al punto che non si accorsero che si stavano facendo le sette.
Sentirono il rumore di una chiave inserita nella serratura e, dopo qualche scricchiolio, fece il suo ingresso Pam, meravigliosa come sempre.
I due ragazzi erano comodamente distesi sul divano e Castiel, dimostrando un minimo di rispetto per la padrona di casa, tolse immediatamente i piedi dal tavolino.
Rimase talmente impressionato dalla bellezza della donna che si dimenticò di salutarla. Erin rise sotto i baffi per quell’espressione inebetita che per la prima volta gli vedeva stampata in faccia.
“tu devi essere Castiel. Piacere sono la zia di Erin” disse la donna porgendogli la mano. La nipote avvertì un’ondata di profumo di Gucci, lo stesso che la zia aveva mandato in frantumi il giorno prima. Evidentemente aveva rimediato all’inconveniente acquistando un’altra confezione.
Questo non sorprese Erin: era tipico della zia cercare consolazione alle sue pene emotive con i prodotti di lusso.
Castiel aveva la gola secca e biascicò un lamento simile a “piacere”.
Dopo un imbarazzante silenzio aggiunse:
“sarà meglio che vada, si è fatto tardi” disse il ragazzo recuperando a pieno le sue facoltà mentali e fonetiche.
Erin lo accompagnò alla porta e lo stesso fece Pam, a cui il ragazzo lanciò un’ultima occhiata, ancora impressionato dalla sua bellezza.
In quel momento anche la porta dell’appartamento di Jason si aprì e ne uscì una donna. Pam cercò di assumere un’aria indifferente quando in realtà avrebbe voluto incenerirla. La ragazza di Jason si voltò verso il trio e sgranò gli occhi. Prima che potesse aggiungere altro, i due studenti esclamarono in coro:
“professoressa!”
Miss Joplin, alquanto stupefatta, si avvicinò loro e indagò:
“e voi che ci fate qui?”
“io ci abito. Castiel è venuto per la ricerca che lei ci ha assegnato” spiegò Erin, un po’ disorientata nell’incontrare la donna al di fuori delle mura scolastiche.
“avevo letto infatti il cognome Travis sul campanello, ma ho pensato ad un caso” ammise la donna, portandosi la mano sotto il mento.
Scoprire che la sua insegnante preferita fosse anche la ragazza di Jason, lasciò senza parole Erin. Questo significava che l’avrebbe vista con una certa regolarità. Poi però ricordò il cognome di Jason e una smorfia sbigottita le distese le labbra. 
“spero che la ricerca ti sia stata illuminante Castiel” commentò la professoressa con un sorriso astuto.
“Beck, con chi stai parlando?”
Jason, interrompendo la conversazione, fece capolino e si trovò davanti il quartetto:
“vai a letto tu, che sei ancora febbricitante” tagliò corto Miss Joplin in direzione del nuovo arrivato.
“non sto così male” si giustificò il ragazzo tossendo.
“senta signorina” disse Miss Joplin rivolgendosi a Pam che rimase di stucco “le dispiacerebbe assicurarsi che mio fratello prenda l’antibiotico che ha prescritto il medico? Pur essendo anche lui un dottore è pessimo nel rispettare le scadenze”
“è tua sorella?!” quasi urlò Pam, confermando l’ipotesi a cui era giunta Erin.  
“sì” tossì nuovamente Jason, iniettando inconsapevolmente una dose di felicità nella sua vicina “comunque non darle retta Pam, non ho bisogno della balia” aggiunse, incurvando le spalle.
“ah tu sei Pam” commentò Miss Joplin annuendo compiaciuta. Il fratello le lanciò un’occhiata fulminante che sfuggì alla diretta interessata e alla sua vicina. La reciproca conoscenza tra le due donne aveva acceso in entrambe dell’interesse verso l’altra parte.
Erin spostava lo sguardo alternativamente tra l’insegnate e la zia, percependo come superflua la sua presenza e quella dell’amico. Così, dopo aver salutato sbrigativamente gli adulti, tirò via Castiel, prendendolo per un braccio.
 
Una volta all’esterno, Castiel si diresse verso la strada:
“ok Rapunzel, grazie per l’ospitalità”
“grazie a te per avermi ascoltata stamattina. Ma ha fatto bene parlarne con qualcuno” gli confidò Erin, sorridendogli con gratitudine.
Castiel sorrise a sua volta, scuotendo il capo come a voler allontanare un pensiero che si era formato nella sua testa:
“che c’è?” gli chiese Erin incuriosita.
“naa, niente… stavo solo pensando al nome di tua sorella… lo sai che Sophia era il nome del mio primo amore?”
“maddai!...non ti facevo così sentimentale” lo schernì Erin divertita.
Castiel scrollò le spalle e si grattò la testa, leggermente in imbarazzo.
“sfotti pure sai. Avevo nove anni ed ero in montagna con i miei a Rockville. Mio padre stava pescando in riva al lago ed io mi ero allontanato per esplorare un po’ i dintorni. Mentre stavo cercando di catturare una lucertola, arriva questa bambina in lacrime”
“una bambina in lacrime?” ripetè Erin.
“sì, non la finiva più. Una vera lagna. Mi pare ancora di vederla: due trecce, lentiggini e vestito giallo. Appena mi ha visto, mi è venuta incontro e senza smettere di frignare mi ha fatto una domanda. Era talmente scossa che all’inizio non ho capito cosa mi stava chiedendo così le ho chiesto di ripetere”
 
“u-un b-braccialetto. L’hai visto in giro? È mio, o meglio di mia sorella… e io gliel’ho perso” spiegò la bambina senza smettere di piangere.
Castiel dapprima la guardò un po’ sorpreso per quella reazione così esagerata ma poi si frugò nelle tasche. La bambina smise di singhiozzare e, asciugandosi gli occhi lo fissò. Quando Castiel dischiuse la manina paffuta, teneva in mano un braccialetto color arancione.
“l’ho trovato per terra prima, vicino a quel tronco laggiù” spiegò indicando un punto alle sue spalle.
Gli occhi della bambina si illuminarono di gioia. Gli lanciò le braccia al collo, sbilanciandolo.
“grazie” esclamò e gli stampò un bacio sulla guancia.
Castiel rimase di sasso, diventando dello stesso colore che avrebbero assunto i suoi capelli a diciassette anni.
SOPHIA!”
Da lontano la voce di un’altra bambina stava chiamando la sua nuova conoscenza.
Sophia si allontanò immediatamente dal suo piccolo principe e, dopo avergli lanciato un ultimo tenero sorriso, sparì nel bosco come un folletto.
 
“e ti è bastato questo per innamorarti?” scherzò Erin. Da quando Castiel aveva cominciato a raccontare quell’aneddoto, non riusciva a smettere di sorridere.
“sì ero un sempliciotto” ammise Castiel scrollando le spalle.
 
Quando Erin tornò in appartamento, sua zia e Miss Joplin si stavano salutando mentre Jason era sparito dalla circolazione:
“oddio Beck, ti prego la prossima volta che vieni a trovare tuo fratello fa’ un salto da me! Voglio sentirne altri di questi racconti. Non pensavo che Jason fosse così maldestro da piccolo!” rise.
Beck? Ripetè Erin con orrore prima di rifugiarsi nell’appartamento della zia.
In cuor suo però era felice che Pam avesse ritrovato la serenità.
Non appena la donna rientrò, Erin stava per andare in bagno. 
“zia! ti ho preparato una torta. È al cioccolato e crema”
Pam guardò in direzione del fornello e vide il dolce coperto dal tovagliolo.
Eccitata e trepidante per la conversazione appena conclusa con Miss Joplin, alias Beck, la donna afferrò la pietanza e uscì dall’appartamento.
Erin si affacciò in cucina, aspettandosi un commento per la sua iniziativa ma la trovò deserta.
 
Pam era di fronte all’appartamento di Jason e bussò con energia.
“Jason sono io”
Dopo qualche secondo il ragazzo venne ad aprirle e, un po’ sorpreso, spostò lo sguardo verso la forma rotondeggiante che si celava sotto il tovagliolo.
“ti ho fatto una torta” mentì Pam. Sua nipote l’avrebbe perdonata per quella piccola bugia.
Jason rimase senza parole e recuperò quella tenerezza e goffaggine che l’avevano sempre distinto:
“ah, ma io… cioè… grazie, non serviva”
“l’ho fatto volentieri. È il minimo dopo quello che hai fatto la settimana scorsa… per me” enfatizzò Pam arrossendo.
“mica devi sentirti debitrice a vita” ridacchiò Jason “ma la accetto volentieri” e prese la torta dalle mani di Pam, invitandola ad entrare.
“Ti posso offrire…” e il ragazzo si grattò la nuca in difficoltà “niente di più sofisticato di una coca aromatizzata al limone”
“non disturbarti” disse Pam con un sorriso dolce.
Le era mancato.
Quella sua aria un po’ naif e gentile che però coesisteva con una personalità matura e virile. In meno di una settimana aveva sviluppato per l’uomo dei sentimenti così profondi che solo ora che se lo vedeva davanti era sicura della loro autenticità.
Jason nel frattempo scoperchiò la torta per ammirarne l’aspetto ma ebbe la stessa reazione di Castiel: rimase senza parole e arrossì come un pomodoro.
Pam lo guardò senza capire e si sporse a guardare il dolce che tanto l’aveva sconvolto. Sbarrò gli occhi ed ebbe una reazione analoga al ragazzo.
“p-posso spiegare!”
Jason non riusciva a staccare gli occhi da quelle lettere.
In realtà non l’ho fatta io. Me l’ha fatta Erin e ho pensato di portartela visto che lei è un’ottima cuoca” farfugliò Pam in preda all’ansia “non sapevo avesse scritto quella frase!”
Sentiva il cuore galopparle in petto e il viso andarle in fiamme come non le succedeva da tempo.
 “ah, capisco. Mi sembrava strano” rise Jason “così ti ho beccata, ehehe…posso offrirtene una fetta?”
Pam ringraziò ma in realtà era sovrappensiero. Quella sera aveva capito che l’atteggiamento scostante di Jason della settimana prima era dettato semplicemente dalle sue condizioni di salute, compromesse da un’infezione che l’aveva debilitato. Mentre il ragazzo si gustava placidamente la sua fetta di torta, Pam era tormentata dai dubbi. Si chiedeva se non fosse il caso di approfittare di quell’equivoco per rivelare all’uomo i suoi sentimenti ma era combattuta dalla paura di essere ferita un’altra volta. Anche se Jason sembrava un bravo ragazzo, troppe volte si era sbagliata sul conto delle persone. Doveva imporre a se stessa di aspettare ancora.
 
Mentre era impegnata a preparare la tavola, Erin non poteva fare a meno di sorridere ripensando all’ultima rivelazione di Castiel. Da piccolo aveva conosciuto una bambina che aveva lo stesso nome di sua sorella, pensando ad una coincidenza.
Per quanto potesse essere assurdo, a distanza di otto anni Erin avrebbe saputo dirgli chi fosse quella bambina. Conosceva anche lei quella storia ma non aveva voluto dirglielo.
Se avesse voluto essere sincera fino in fondo, c’era un dettaglio che non avrebbe potuto omettere: quando lei e Sophia andavano in vacanza avevano un’abitudine bizzarra: si divertivano a scambiarsi i nomi.
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
 
Innanzitutto: SCUSATE. Ho fatto proprio fatica a scrivere questo capitolo perché più lo continuavo e meno mi piaceva… e non so neanche perché, visto che di solito quando c’è Castiel poi mi diverto a scrivere. Questo capitolo non mi sembra molto diverso dagli altri, eppure ha qualcosa che proprio mi ha rallentato: ogni volta che lo prendevo in mano non riuscivo ad aggiungere più di mezza pagina.
Questo per giustificare il ritardo nella pubblicazione.
Ho infatti aspettato un po’ per metterlo su EFP in modo da modificarlo e rivederlo ma non c’è stato verso di migliorarlo. Non sono molto loquace oggi, quindi piuttosto che perpetuare una lagna sul fatto che sono proprio delusa da come mi è venuto, vi saluto e spero di essere più ispirata nel prossimo capitolo -.-‘’

 
  
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