Donna Noble si torturava la manica del pullover azzurro, tesa e pallida. Aveva gli occhi gonfi di chi ha pianto molto, ma in quel momento il suo sguardo era fermo e determinato. Non avrebbe mai pianto davanti a nessuno, nossignore.
Si accomodò sulla sedia di legno lucido e puntò gli occhi sul suo interlocutore, che pacatamente attendeva.
Donna tirò su con il naso, si morse con delicatezza il labbro inferiore e parlò:
«Innanzitutto volevo ringraziarla per questo... ascolto che mi fornisce. Non sono una che si lamenta, sa, né una che frigna in continuazione. Ma a volte capita di doversi sfogare con qualcuno. E la ringrazio per essere qui ora». Fece una pausa e sgranò leggermente gli occhi, come se si aspettasse un discorso di risposta da parte dell'uomo che la guardava. Ma egli taceva, mostrando attezione e curiosità per ciò che Donna stava dicendo. La serenità dello sguardo dell'uomo infuse un po' più di coraggio alla donna più importante dell'universo, che, reprimendo un singhiozzo, riprese:
«Sono un fallimento. Tutto qui. Non c'è nulla che io di preciso sappia fare. Non so cucinare, non so disegnare, non so... fare fotografie. Non saprei mandare avanti una casa, figuriamoci una famiglia. Del resto non sono neppure capace di trovare un lavoro. Ti verrebbe da pensare che una, per giustificare un'incapacità cronica, un fallimento in tutti fronti, dovrebbe almeno essere bella. Ma sì, una di quelle belle ragazze, stupende, alte, con un fisico perfetto e desiderabile. Inutili, ma belle e più sono inutili, più qualsiasi cosa facciano fa notizia e le rende famose. Per me non è mai stato così. Sono solo una ragazzina inetta nel corpo poco attraente di una donna ormai adulta. Tutto qui. E mi sento veramente un fallimento. Capisce cosa intendo? Non mi sento più "Donna Noble che non sa fare tutte queste cose", mi sento proprio "L'incapacità di fare tutte queste cose". Mi identifico con i miei limiti e mi sento così... poco umana. Non saprei come meglio spiegarmi».
E tacque. Strinse le labbra in una piega amara, ingoiando i singulti. Gli occhi si fecero più lucidi e una lacrima iniziò una lenta discesa sul suo viso non appena lei ebbe battuto le palpebre. Seguì ancora un istante di silenzio, in cui l'interlocutore sciolse le mani dalle dita sottili dallo stretto intreccio in cui le aveva giunte poco prima. I suoi occhi azzurri fiammeggiavano commossi dietro le lenti degli occhiali a mezzaluna poggiati su un naso adunco che sembrava essere stato rotto almeno due volte. Alla fine, Albus Silente parlò:
«Donna Noble, meravigliosa ragazza. Coraggiosa, coraggiosa Donna. Tu hai scelto di viaggiare con il Dottore, hai scelto di fare compagnia a un uomo più che solo, hai scelto di abbandonare la tua vita per vedere l'universo e hai scelto di mettere a repentaglio la tua incolumità per salvare vite innocenti. E ti senti ancora un fallimento, Donna? Ma non lo vedi? Non sono le nostre capacità che dimostrano chi siamo veramente, sono le nostre scelte! E tu hai scelto ogni giorno di essere la donna più importante dell'universo».




Angolo dell'autrice:
Questa ce l'avevo in testa da un sacco di tempo, quasi un anno a dirla tutta. Stavo guardando Doctor Who e Donna aveva fatto un discorso spiegando quanto si sentisse un fallimento perché non sapeva fare nulla. E, da brava potterhead incallita, io mi sono sentita subito la voce di Silente dire "non sono le nostre capacità...". Spero che whovian e potterhead gradiscano. Se la storia vi è piaciuta, lasciate pure una recensione :)