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Autore: Reyvnolds    21/07/2014    2 recensioni
Di nuovo lui. E' qui per rovinarmi la vita, di sicuro. Ma me l'ha già rovinata, Non può farlo due volte, nemmeno l'uomo peggiore al mondo lo farebbe. "Ricorda Alaska, gli uragani passano anche due volte nello stesso punto"
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii il libro di storia, nella prima pagina che il signor Hank ci aveva dato da studiare. Pagina 186. "Venerdì sera ed io sono qui a studiare" sbuffai, diciamo che era dalla quinta elementare che al posto di fare pigiama party con le amichette stavo ad avvantaggiarmi con i compiti, e adesso sono in quarta superiore e niente, sempre la stessa solfa. 
Dopo essermi studiata quelle pagine per il test di martedì, scesi, erano le sette in punto e ancora nessuno mi aveva contattato per chiedermi di uscire, era così tutti i giorni, non solo il venerdì o il sabato, ed ora mai mi ero rassegnata. 
Fatto l'ultimo gradino trovai mia madre che apparecchiava la tavola. Cinque posti, mentre noi in famiglia siamo solo in quattro. Probabilmente assunsi un'espressione curiosa, che mia madre notò. "Chi abbiamo come ospite stasera?" le chiesi con un sorriso. Mia madre era radiosa, da pochi giorni era tornata felice dalla morte di mio padre, ed io, fino a pochi giorni fa, avevo dovuto fare da madre all'intera famiglia, compresa lei. Si era spenta, non usciva più, parlava di rado, non cucinava e non faceva alcun tipo di lavoro, eccetto il suo. Diciamo che fare l'assistente finanziaria non ti costringe ad avere un sorriso dipinto in faccia per tutto il tempo, quindi era sopportabile, ma almeno un po' di buon senso ce l'aveva. Io non mi ero rabbuiata affatto, a parte lo shock iniziale, la sua perdita non mi aveva cambiata affatto. Non sentivo alcun tipo di legame con lui. "Viene un amico di tuo fratello, si chiama Niall". A quel nome, mi lasciai cadere sul divano, con gli occhi spalancati e il cuore, quel fottuto cuore, che stava per uscirmi dal petto, da quanto forte batteva. Non potevo vedere quell'essere ripugnante ancora una volta. Non capivo come Julian potesse essere suo amico. "Lo conosci tesoro?" mi voltai al suono della voce di mia madre e un semplice "No" biascicai, tornandomi a girare verso la televisione, di cui vedevo solo figure sfocate, da quando la mia vista si era annebbiata dalla paura. Silenzio. Non udivo più gli schiamazzi della televisione, l'imprecare di mio fratello di sopra o il tintinnio delle forchette e dei piatti, che mia mamma stava lavando. Erano lì da ieri sera. 
Dopo dieci lunghissimi e snervanti minuti d'attesa, il campanello suonò. Una volta. Due volte e "bimba, puoi andare ad aprire tu? Intanto io chiamo Julian". Ecco, l'unica cosa che non volevo sentire, era quella. Rimasi pochi secondi a fissare la porta, prima che mia madre mi incitasse. Tolto il dente, tolto il dolore no? Aprii, ed ecco la sua figura, più alta della mia, non eccesivamente troppo, i capelli biondi, con qualche sfumatura sul moro chiaro, gli occhi blu, come l'oceano, che tanto avevo bramato mesi fa, e poi il suo sorriso. Quelle labbra rosee, che molte ragazze nella mia scuola desiderano, ma se solo sapessero chi è il vero Niall Horan. Questa volta, sul viso, aveva un sorriso uno beffardo e al contempo malizioso. Sperava che venissi io ad aprirgli. Teneva le mani congiunte all'altezza del cavallo dei pantaloni. Era cambiato. Era peggiorato. "Alaska" mi colse di sorpresa, ero ancora inteta ad osservarlo. Deglutii. "Finalmente rivedo il tuo bel faccino" disse, percorrendo il contorno del mio volto. Indietreggiai, facendolo entrare, totalmente sottomessa. In quel momento mia madre scese sorridente dalle scale, con dietro Julian altrettanto contento. Horan distolse subito lo sguardo dai miei occhi colmi di terrore e si illuminò in un grande sorriso. "Signora Kennedy! Quanto è bella oggi" se l'arrufianò. Mia madre si lasciò abbindolare dal bacio sul dorso della mano che Niall, falsamente cortese le diede.
Saltando gli onori di casa e l'imbarazzante e straziante cena, la serata fu risollevante quando, dopo aver insistito, mia madre mi lasciò andare a fare una doccia. In teoria doveva darmi l'amnesia che non fosse accaduto nulla e che quel bastardo non fosse tornato in città. Porca puttana.
"Smettila ti prego" urlai in preda alla disperazione.
Era da ormai un'ora che mi stava picchiando, ero accucciata a terra, 
appoggiata al muro, convinta che quello potesse servire
a proteggermi. 
Provavo ad urlare, ma avevo perso la voce. Andava ogni sabato sera così.
Lui si ubriacava.
Mi diceva che voleva tornare a casa.
E appena raggiungevamo una strada deserta si sfogava su di me. Mi costringeva ad uscire con lui quelle sere, non potevo ribellarmi.
Calci, pugni, insulti.
"Devi stare zitta ho detto!".
Ancora con quella bottiglia di birra in mano.
Me la lanciò addosso. Fu la cosa più dolorosa. I frammenti di vetro mi 
si conficcarono nella pelle. 
"Sei solo una puttana! Continua ad andare a letto con Jimmy Foster, avanti". Un altro calcio.
Non so da quale persona abbia sentito quella stronzata, ma sicuramente è un gran bugiardo.

Uscii dalla doccia, il pavimento era freddo, quindi sgattaiolai in camera il più velocemente possibile. Avevo i capelli bagnati e le goccioline prodotte da essi, ricadevano senza alcun rumore sul pavimento. Avevo solo un'asciugamano bianco a coprirmi dal busto fino a metà coscia. Morbido. Profumato. Entrai in camera e scelsi della biancheria intima da indossare. "Il verde non risalta i tuoi occhi, Alaska". La sua voce. Quella voce bassa, roca, che sempre mi metteva i brividi. Non volevo girarmi, non volevo incontrare i suoi occhi. Ma lo feci ugualmente. Era disteso sulla soffice coperta viola che mi avevano regalato anni fa, con le spalle appoggiate alla testiera del letto. "Esci" dissi con un filo di voce. Probabilmente andata via per colpa della paura, probabilmente andata via ricordando tutti gli urli che quel ragazzo biondo aveva fatto uscire dalla mia bocca. "Ero solo venuto a salutarti" disse con appena un sorriso d'innocenza. Si alzò e si mise sull'uscio della porta, mentre io, non curante della sua presenza avevo cominciato a camminare lentamente verso il letto. Mi sedetti, ancora con il respiro sottile, come se non volessi farmi sentire da lui, che puntualmente mi stava osservando. Alzai lo sguardo, intimorita. Si stava di nuovo avvicinando. Appoggiando una mano sul letto, vicino alla mia coscia, ormai nuda, si sbilanciò verso la mia guancia, su cui lasciò un leggero bacio. Stronzo. Avrei voluto urlargli in faccia. "Ci vediamo domani alle otto, fatti trovare pronta" sussurrò al mio orecchio. Ora la rabbia stava ribollendo in me. Come diavolo faceva ad essere così disinvolto? Come se stasse flirtando con una qualunque dopo quello che era successo. Ma forse per lui sono "una qualunque", magari non sono stata l'unica. Dopo quella frase ci furono dei secondi di silenzio, in cui solo i nostri respiri regnavano nella stanza. In quel momento, mi morse il lobo dell'orecchio con tale delicatezza, che quello non poteva essere lui. Tirò leggermente verso di sè. Sussultai e lui se ne andò.



NOTE DELL'AUTRICE
Ciao ragazze! Allora, mi presento, sono Cristina, ma potete chiamarmi Cris. Era da tanto che volevo postare una fanfiction in questo splendido sito in cui io passo la maggior parte della serata ahah questo primo capitolo è un po' cortino, ma mi rifarò, promesso. 
Se volete seguirmi su twitter, io mi chiamo @Reyvnolds. Mi piacerebbe avere qualche recensione dato che è la prima volta che pubblico qua e non so se è all'altezza o meno quindi :-)

Ci vediamo <3
  
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