Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Tynuccia    21/07/2014    3 recensioni
Gli occhi di Rohan si riempirono di lacrime ed il suo respiro si fece affannoso. Di sicuro le cose erano andate male. [Rohan x Reimi]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dimenticare
 
***
 
Parte I
 
*
 
 Reimi Sugimoto raggiunse il tavolo e vi posò il piatto con la merenda. “Cosa stai disegnando, Rohan-chan?” domandò, incuriosita dal gran furore con cui il bambino muoveva i pastelli a cera sul foglio.
 Lui sollevò a malapena lo sguardo. “Un personaggio di mia invenzione.”
 La ragazza si sedette vicino a lui, osservandolo. Per avere solo quattro anni doveva ammettere che gli venivano delle idee interessanti. “Ah, è davvero molto carino con quel cappello!”
 “Non deve essere carino,” borbottò Rohan. “È l’eroe di un fumetto per i maschi.”
 Reimi appoggiò il mento al palmo aperto della mano, in contemplazione. Con quegli occhioni e la statura striminzita non aveva proprio l’aria di essere un bruto combattente. “Come si chiama?” chiese invece.
 Questa volta Rohan alzò il capo, preso alla sprovvista. Decise di lasciar perdere il pastello momentaneamente per mangiare il pane con la marmellata che la sua baby-sitter gli aveva portato. “Non posso dirtelo.”
 Reimi aggrottò la fronte. “Come mai? Mi auguro per te che non sia un nome sconcio, signorino!” Come si aspettava, il bambino avvampò e scosse la testa con veemenza. Sorrise, tranquillizzata, e gli passò una mano tra i capelli, dolcemente. “Allora che ne dici se troviamo un altro nome? Uno che saprò anche io. È troppo bello per non poterlo identificare propriamente.”
 Rohan annuì, a disagio per le dita della ragazza tra le sue ciocche verdastre. Non poteva di certo dirle che l’aveva chiamato Pink Dark Boy perché il giorno prima aveva visto che così si chiamava la tonalità di smalto con cui lei si pitturava le unghie. Sarebbe stato troppo imbarazzante.
 Mangiucchiò distrattamente il suo panino, spiandola mentre si spremeva le meningi per pensare a qualcosa. “Reimi Onee-chan?”
 Lei uscì dalla sua trance e lo guardò, segretamente deliziata come ogni volta che si rivolgeva a lei in quel modo così carino. “Ti è venuto in mente qualcosa?”
 “Questa canzone è molto bella,” disse, tornando a colorare d’oro il papillon del suo Pink Dark Boy.
 Reimi sollevò un sopracciglio e si girò verso la radio accesa. “Knockin’ On Heaven’s Door?” ridacchiò. Di sicuro il bambino era il genio che tutti lodavano per interessarsi ad una canzone country del genere. “Non è un po’ troppo lungo da dire?”
 Rohan si strinse nelle spalle. “Heaven’s Door?”
 “Heaven’s Door,” ripeté Reimi, battendosi l’indice sul mento. Non era di certo il nome che si era aspettata per un personaggio così fanciullesco, ma la storia dietro – per quanto breve – era di sicuro affascinante. “Sì, mi piace.”
 Rohan non riuscì a nascondere un sorrisetto. “Anche a me.”
 
*
 
 Erano passate solo poche settimane da quando lui e Reimi avevano scelto il nome alternativo per il suo Pink Dark Boy. Quella sera i suoi genitori erano dovuti andare ad un banchetto e l’avevano lasciato nuovamente dai Sugimoto. Non che la cosa gli pesasse.
 Ora, sdraiato nel letto della stanza degli ospiti, stava pensando che forse avrebbe potuto mostrarglielo davvero, Heaven’s Door. Nell’oscurità sentì il proprio cuore palpitare più forte perché chissà, magari l’avrebbe scambiato per un pazzo. Sua madre e suo padre non sembravano vederlo, e neanche gli altri bambini all’asilo si accorgevano mai di nulla; però Reimi gli piaceva tanto e probabilmente dipendeva da quello, la buona riuscita della cosa.
 “Rohan-chan!”
 Il piccolo Kishibe si mise a sedere non appena la ragazza irruppe nella camera, chiudendosi violentemente la porta alle spalle. Essa vacillò come se scossa da un terremoto.
 “Rohan-chan facciamo un gioco,” ansimò Reimi, gli occhi colmi di autentico orrore. “Adesso tu esci dalla finestra ed io ti raggiungo subito, va bene?”
 Rohan rabbrividì, ma non esitò a saltare giù dal letto. “Ti aspetto in giardino, Onee-chan?”
 “Sì, ma adesso va’, presto.” Reimi gli concesse un ultimo sorriso, per quanto tremolante, ed annuì come era solita fare. Rohan la guardò, spaventato e sicuro che qualcosa sarebbe andato storto, ma non poteva disubbidirle. Scavalcò il davanzale e si lasciò cadere sull’erba morbida che circondava la villetta dei Sugimoto. Alzò gli occhi verso la finestra e fu felice di vedere ancora il bel viso della sua babysitter, ma solo per pochi secondi.
 Due braccia apparvero da dietro e la trascinarono lontano dallo sguardo del bambino. Fu in grado però di sentire le sue urla di dolore e disperazione squarciare l’altrimenti tranquilla notte di Morioh.
 
*
 
 Rohan si risvegliò soltanto la mattina dopo, nel suo letto. Le voci dei suoi genitori gli giungevano confuse dal pian terreno e gli ci vollero pochi secondi per ricordare quanto successo la notte precedente.
 Reimi.
 Le urla di Reimi.
 Si alzò e si portò vicino alla finestra. La casa dove aveva trascorso tanto tempo, la casa di Reimi, era circondata da un nastro giallo e parecchi poliziotti si aggiravano nei dintorni.
 Gli occhi di Rohan si riempirono di lacrime ed il suo respiro si fece affannoso. Di sicuro le cose erano andate male. Di sicuro lei non era più lì, e non avrebbe potuto vedere il suo Pink Dark Boy.
 Prese un pennino dalla scrivania e, tra i singhiozzi, mosse rapidamente il braccio nell’aria, tracciando i contorni buffi del suo personaggio. “Heaven’s Door!”
 Aveva scoperto tempo prima che la sua abilità nascondeva parecchi segreti. Poteva trasformare i volti delle persone in libri, e frugare tra i loro ricordi; poteva perfino rimuoverli – e ancora si sentiva in colpa per aver strappato una pagina del viso della sua maestra d’asilo – oltre che usare la penna per scrivere comandi su quella surreale carta ricavata dalla sua bizzarra specialità.
 Ma ora sapeva cosa doveva fare. Si toccò la fronte con la punta del pennino e subito udì il frusciare delle pagine lì, sulla sua stessa faccia. Non osò guardarsi allo specchio, ma non esitò a scrivere sullo spazio solitamente coperto dalla fascetta verde che lei gli aveva regalato.
 Io, Rohan Kishibe, dimenticherò gli eventi della notte del 13 agosto 1983. E dimenticherò Reimi Sugimoto.
 Heaven’s Door fu rapido, e indolore. Non appena ebbe finito di imprimere l’ultima, cara parola sulla carta sparì ed il viso del bambino tornò normale.
 Il piccolo sbattè gli occhi, confuso, e si guardò attorno. Era nella sua cameretta e da fuori giungeva un sacco di rumore. Gli sembrava di aver subito chissà quale trauma e si sentiva davvero molto, molto stanco.
 Tornò a letto, rintanandosi sotto il lenzuolo leggero. Abbassò le palpebre e sorrise fra sé. Per qualche strano motivo sentiva una voglia pazzesca di continuare a disegnare Pink Dark Boy, il suo unico e vero amico. Ci avrebbe pensato lui a vegliare sul suo sonno, ne era certo, di lì all’eternità.
 
 
 
 
Parte II
 
 Reimi trattenne il fiato, stringendo sovrappensiero i lembi del vestito. Non poteva immaginare che Rohan si sarebbe preso la briga di indagare. Certo, era stato uno shock trovarselo di fronte, cresciuto, e non ricevere alcun tipo di reazione da parte sua; d’altro canto, però, l’età e la gravità degli eventi erano di sicuro i peggiori nemici per la psiche di un bambino tanto introverso quanto lo era stato il piccolo Kishibe.
 Quel pomeriggio, invece, il fumettista si era presentato da solo nel vicolo fantasma. Contrariamente al solito, il suo modo di porsi non era l’impenetrabile maschera di un genio bello e indifferente alla vita, ma al contrario le era parso estremamente agitato.
 “Mi hanno detto chi sei. O meglio, chi eri”.
 Era un’egoista se, dentro di sé, si era rallegrata?
 “Devo aver utilizzato il mio Stand per dimenticare tutto. È assurdo che io, Rohan Kishibe, dimentichi qualcosa.”
 Il solito esagerato.
 Poi, prima che potesse impedirglielo, lui aveva evocato dal nulla lo stesso disegno che le aveva mostrato anni addietro. Aveva scoperto così che era il suo potere speciale, quello che avrebbe stanato il suo assassino.
 Il piccoletto, dai bordi dorati e le fattezze trasparenti, aveva tracciato una riga su una lunga frase comparsa sulla fronte del suo portatore, girato di spalle, per poi dissolversi rapidamente. Ora il fantasma osservava in silenzio il giovane, sentendosi impotente. Per lei rimaneva il bambino che doveva proteggere a tutti i costi. Il suo caro Rohan.
 “Non immaginavo,” fu quel che riuscì a sussurrare lui dopo un po’.
 Reimi lo conosceva, non avrebbe parlato; non avrebbe manifestato alcun tipo di emozione esteriore. Gli andò davanti e sul suo volto individuò solamente un’evanescente traccia di tristezza, circondata da un mare di finta indifferenza.
 Sorrise suo malgrado. Il suo caro Rohan… “Va tutto bene.” Alzò le braccia e le cinse intorno al suo torace. “Sono qui”. L’ultima volta che l’aveva stretto aveva dovuto accucciarsi, ora invece non riusciva neppure a tenerlo per bene, da tanto era diventato grande. Quel pensiero le scaldò il cuore.
 Rohan si irrigidì dapprima, affatto abituato al contatto fisico, ma dopo aver ricordato tutto, dopo aver cancellato una frase così importante e vecchia quindici anni, decise di gettare la spugna. Ricambiò l’abbraccio e concesse ai propri occhi di inumidirsi un poco. Reimi Onee-chan. Non riuscì a dirlo, ma dentro di sé lo gridò, disperato e sollevato al contempo.
 L’aveva ritrovata, le aveva mostrato Heaven’s Door.
 E, insieme, avrebbero cancellato per sempre il male che aveva deturpato il loro rapporto e la serenità della piccola città di Morioh.

***
Eccomi con la prima storia su JoJo. L'ho pubblicata con un po' di riserve, probabilmente dovute all'aver scelto una coppia di nicchia. E anche perché sono sempre troppo autocritica su quello che scrivo, specie se si tratta di un fandom nuovo. Comunque! Piccola rivisitazione in merito agli eventi del 13 agosto 1983. Mi sembra davvero sospetto che Rohan non ricordasse proprio nulla, così ci ho ricamato sopra XD E per questioni di anni, la Knockin' on Heaven's Door che cito è quella originale di Bob Dylan (e la Wiki di JoJo sembra confermare che è quella la versione a cui si è ispirato anche Araki).
  
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