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Autore: Brooke Davis24    21/07/2014    4 recensioni
Emma Swan e Killian Jones. I ruoli sono invertiti, gli animi diversi. Emma è il capitano della nave pirata più temuta che abbia mai toccato le coste di Thrain, la città in cui Killian è tenente al servizio della Corona, ed Emma ha una missione da compiere, una missione che si porrà in netto contrasto con quella di Killian. E se fosse difficile essere nemici ma non potessero essere altro? E se i sentieri di Emma Swan e Killian Jones si fossero incontrati nella vita sbagliata? E se, invece, non ci fossero tempo, luogo, motivo più esatto?
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VI
Liam
 
“Un brindisi per Capitan Swan!” “A Capitan Swan!”

Emma rise, quando la locanda risuonò ripetutamente del suo nome, e alzò a sua volta il bicchierone in vetro che stringeva tra le mani in segno di ringraziamento, scuotendo appena il capo con fare divertito. Amava quel genere di serate, quando l’alcool annegava qualunque pensiero e i visi rubicondi di uomini e donne si mescolavano gli uni agli altri senza distinzioni di classe e opinioni politiche. Per qualche ora, quell’ambiente si riempiva di alleati e nemici e il desiderio di farsi la pelle l’un l’altro lasciava il posto alla consapevolezza che tutti necessitavano di un momento per buttarsi alle spalle il peso che le circostanze e la società avevano imposto loro. E, se il suo animo fosse stato completamente sgombro da qualsiasi preoccupazione, Emma avrebbe potuto ritenersi davvero felice.

Per quanto le fosse stato tolto, la giovane sapeva che la vita le avesse dato molto di più di quanto non si fosse mai aspettata quando non era che una contadinella. Al di là del fatto che avesse acquistato un’autorità nella quale non aveva mai avuto l’ardire di sperare, ciò che più le era mancato e del quale poteva finalmente vantare il possesso era una famiglia. La sua ciurma, benché sgangherata e poco convenzionale e tutta rigorosamente maschile, era quanto di più vicino ad un nucleo familiare avesse mai avuto. Poteva contare sul loro sostegno, sulla loro solidarietà, sulla loro compagnia e affezione e, salvo il fatto che esistesse un più marcato sistema gerarchico tra loro, del quale non avrebbe potuto fare a meno se intendeva mantenerla unita, Emma si fidava fermamente di ognuno dei sui componenti. Era grazie ai suoi uomini che aveva superato sfide impervie senza piegarsi e grazie alla loro furbizia e coesione che aveva fatto bottino e poteva permettersi di spendere qualche moneta per il semplice gusto di giocare d’azzardo.

«Allora, signori,» fece, spingendosi in avanti sulla superficie del tavolo finché non fu così vicina al viso dell’unico estraneo presente tra loro da poter sentire il tanfo di rum che fuoriusciva dalle sue labbra, un sorriso ad inclinarle la bocca nella maniera più deliziosa che molti di loro avessero mai visto. «siete pronti per un altro giro?»

Killian, seduto al suo fianco, vicino come non le era mai stato in una circostanza tanto rilassata, ridacchiò ed Emma tornò a poggiare la schiena contro le assi di legno dietro di loro, lanciandogli uno sguardo furtivo. Quando avevano preso posto nella locanda, lei e una manciata dei suoi uomini tra cui Killian, Julio e Stecco,  la ventata di buonumore che li aveva accolti era stata così sopraffacente che era bastata un’occhiata al loro capitano, perché il gruppo di pirati capisse che la giovane aveva intenzione di divertirsi. Il tenente era rimasto perplesso, inconsapevole di cosa potesse significare l’espressione impertinente di lei, ma non aveva impiegato molto ad entrare nel giro.

Quella sera, Emma aveva giocato d’azzardo per la prima mezz’ora e, qualunque gioco fosse stato scelto e qualunque fosse stata la posta il palio, nulla era servito a scalfire la buona sorte che pareva muovere ogni sua decisione, ogni sua mano, ogni suo tiro. Dopo qualche tempo, negli occhi ancora quel bagliore sbarazzino che le restituiva parte della giovinezza che doveva aver perduto precocemente negli anni da capitano della Nostos, Emma lo aveva invitato ad accomodarsi al suo fianco e, con voce gentile e vagamente autoritaria, lo aveva guidato fino a che, a sua volta, non si era trovato nella stessa posizione  vincente che aveva ricoperto lei pochi istanti prima. I suggerimenti della giovane erano melliflui, sottili, impossibili da carpire per chi non le fosse stato vicino com’era Killian. La fiancata sinistra di lei aderiva perfettamente a quella destra dell’uomo, al punto tale che qualunque movenza venisse prodotta dall’uno si ripercuoteva inevitabilmente sull’altro; e il tenente avrebbe potuto fingere di non essere toccato da quella situazione quanto voleva, ma non sarebbe riuscito a dissuadere Emma dalla consapevolezza che aveva acquisito in merito.

Col passare del tempo, delle vincite e dei bicchieri di alcool, l’atmosfera si era fatta più rilassata e tesa al contempo. L’intera locanda risuonava di risate più chiassose, di reazioni più impetuose, di chiacchiere alte più di quanto non fosse necessario e il tavolo della ciurma della Nostos non faceva alcuna eccezione. L’aria era più calda, sferzata appena dagli aliti di vento che si intrufolavano attraverso le finestre e la porta, e ognuno dei presenti sembrava vivere i minuti con animo più giocondo a mano a mano che il tempo passava. Emma e i suoi uomini avevano riso, discusso, raccontato aneddoti, intonato brevi filastrocche e il tenente era stato sorprendentemente partecipe.

Di tanto in tanto, accostandosi all’orecchio della giovane, le aveva sussurrato di osservare quella o quell’altra scena ed ella aveva riso o lo aveva osservato con espressione maliziosa a seconda delle occasioni. L’iniziale tensione che si era instaurata tra loro, dettata dalla consapevolezza che non vi fosse mai stata una simile intimità da che si conoscevano e che con ottime probabilità non avrebbe mai dovuto esserci, si era trasformata in qualcosa di più suadente, morbido ma corposo come il velluto, ed ambedue ne erano pienamente consapevoli da tempo ormai. C’erano tra loro una sintonia ed una complicità che nessuno si sarebbe aspettato di vedere, né gli uomini di Emma, né Emma e Killian in prima persona. Ed erano quella stessa sintonia e complicità ad aver reso possibile lo scopo di svuotare le tasche del coraggioso avventuriero che aveva fatto una capatina al loro tavolo e, a quel punto, sedeva più leggero sulle assi della panca.

«Voi barate!» la accusò per l’ennesima volta l’attempato fabbro che sedeva in loro compagnia da più di un’ora. «Non può esserci altra spiegazione.»

Emma sbuffò con fare esasperatamente teatrale, incrociando le braccia a petto ed inclinando appena il capo a mo’ di sfida. «Non è la prima volta che lo dite, signore, ma non siete ancora stato in grado di provarlo. Non vorrete mica accusarmi di avervi offerto qualche bicchiere di troppo? Perché le mie intenzioni erano di assoluta cortesia.» disse e il suo tono fu fermo quanto bastava da rendere sempre presente agli altri con chi stessero parlando, ma morbido abbastanza da far pensare che potesse essere rimasta male delle parole dell’altro.

L’uomo si mosse inquieto sulla sedia, stringendo le mani tra loro in uno stato di evidente imbarazzo. «Oh, non era certo quello che intendevo! No, assolutamente no.» bofonchiò, i fumi dell’alcool tutto fuorché d’aiuto al tentativo che stava facendo di articolare una frase di senso compiuto. «Siete stata molto gentile e io ve ne sono grato, sul serio.»

«Non sembrerebbe, a dire il vero.» lo incalzò lei e Killian dovette chinare lo sguardo ed osservarsi le ginocchia per più di un istante per impedirsi di ridere e rovinare ogni cosa. Era una dannata peste, quella donna! «Vi ho trattato, forse, in modo tale da far dubitare delle mie intenzioni? Ho dato l’impressione di volervi ubriacare per vincere i vostri danari?»

«Oh, no, no, no, no, no! No di certo.» si affrettò a rispondere lui, posando lo sguardo ora qua ora là sulla superficie del tavolo, prima di tornare al viso di Emma. Se possibile, in quell’istante, dubitò ancor di più delle sue ragioni e parte della convinzione che aveva avuto quando aveva lanciato l’accusa scivolò via poco dopo. «E’ solo che… Bah, lasciatemi stare! Sono un vecchio brontolone che non sa perdere.» si scusò, grattandosi la nuca con le manine tozze e regalandole un sorriso dai denti ingialliti. Era la terza volta che quella scena si ripeteva con un canovaccio di poco dissimile e Killian si chiese come fosse possibile che quell’uomo ci cascasse ogni singola volta. «Proviamo con un altro giro. Magari, la fortuna mi arriderà!»

Detto questo, prese tra le mani i dadi che Emma gli porse e fece per inserirli nel contenitore in legno che gli avrebbe permesso di mescolarli, quando l’altra lo fermò, poggiando le proprie mani su quelle dell’uomo. Killian non poté impedirsi di notare quanto poco gradito alla vista fosse l’accostamento della delicatezza di lei con la rozzezza di lui. «Fermiamoci per un po’, signore, e ditemi una cosa, piuttosto.» L’uomo parve perplesso e sbatté ripetutamente le palpebre, nell’attesa che la situazione gli si facesse più chiara. «Non ho potuto fare a meno di notare che quella donna in fondo alla stanza vi abbia osservato più di una volta.» Questi seguì con lo sguardo la direzione di quello di Emma e i suoi occhi si posarono sulle abbondanti forme di una prostituta del molo, le cui dolcezze aveva più di una volta saggiato con piacere. Le pupille dilatate dell’uomo, quando costui tornò a guardare il capitano della Nostos, resero abbastanza palese a Killian e ai restanti membri dell’equipaggio che, qualunque fosse l’intento di Emma, avesse centrato nel segno. «Avete abbastanza monete nelle tasche o sono responsabile di aver depredato voi e quella donna di qualche piacevole ora insieme?»

Prontamente, le mani tozze del fabbro affondarono nelle tasche, cercandovi fin quando non vi ebbe trovato ciò che cercava. Quando ebbe finito, ne estrasse due monete tintinnanti ed Emma ve ne aggiunse una terza. «Ma…» fece lui, confuso come neppure il rum e le birre erano stati in grado di renderlo.

«Vi regalo un’ora in più di divertimento, signore. Che non si dica che Capitan Swan tratti male i propri amici!» fece lei e Killian avrebbe voluto rivolgerle quell’espressione di reprimenda che tanto spesso ella pareva meritarsi, ma dovette saggiamente trattenersi dinanzi alla gratitudine e allo sgomento dell’altro.

«Mio capitano,» proruppe quello, prendendole una mano tra le sue. Una strana sensazione infiammò appena il petto del tenente, ma questi non fu in grado di darvi una spiegazione. «siete la persona più generosa che abbia mai avuto l’onore di conoscere.» Le posò un rozzo bacio sul dorso della mano candida, prima di tornare a guardarla negli occhi. «Sono stato sciocco a non capirlo, a non capire che la fortuna mi ha sorriso sin dal momento in cui ho fatto ingresso in questa locanda.» Emma dovette stringere le labbra in due sottili fessure per impedirsi di ridere e prendere l’uomo sul serio, ma le costò immane fatica, tanto che dovette pizzicarsi ripetutamente la porzione interna della coscia con la mano libera per darsi un contegno. «E vorrei dirvi che-»

«Signore,» lo interruppe la giovane senza mezzi termini. «le vostre parole sono fonte di compiacimento per la sottoscritta, ma vorrei invitarvi a considerare che, se non vi affrettate a raggiungere la signora, qualcun altro potrebbe essere più rapido di voi e rubarvela da sotto al naso.» Piano, sfilò la mano dalla presa di lui, finché non l’ebbe liberata. «Quindi, vi ringrazio tanto e vi congedo al contempo. Andate incontro al vostro piacere senza alcuna remora!» disse e, nel farlo, sollevò il calice e lo indicò, come se stesse brindando in suo onore. Stecco ridacchiò appena e, nascosto dietro Julio, riuscì nell’impresa di non essere visto.

L’uomo si alzò e con andatura traballante si sfilò dalla panca ove aveva sostato per quell’ora abbondante, non prima di rivolgere ad Emma un’ultima espressione di ammirazione. «Siete meravigliosa, Capitan Swan! La più incantevole creatura che questi miei occhi abbiano mai visto. Che gli Dei vi benedicano!»

Quelle furono le sue ultime parole, prima di voltare le spalle al gruppo di pirati e muoversi all’indirizzo della donna che Emma aveva usato come diversivo per scrollarsi di dosso l’ennesimo peso umano che aveva incrociato il suo cammino. La sua mano afferrò distrattamente il piccolo bicchiere ove giacevano i dadi e, versandone il contenuto sul palmo, li prese tra le dita e li mosse con noncuranza, il sorriso ancora dipinto sulla bocca.

«Vi siete fatta più di un amico questa sera, capitano. Notevole!» commentò Stecco, che oramai si era abbandonato all’ilarità, spingendo gli altri a fare altrettanto. Il suo sguardo incontrò quello di Emma ed entrambi si scambiarono un’occhiata significativa che nessun altro avrebbe potuto cogliere all’infuori dei due interessati.

«Ne dubitavi forse?» chiese lei, l’espressione di chi la sa lunga.

«No di certo!» rispose Stecco, scimmiottando in malo modo le parole e movenze del fabbro, e tutti risero di quel tentativo, Emma compresa. «Ma mi chiedevo una cosa...»

«Sarebbe?» domandò lei di rimando, avendo l’impressione – neppure troppo latente – che quel quesito le si sarebbe ritorto contro.

«Credete che penserà a voi, mentre si scoperà quella povera donna?» A quelle parole, due dadi veloci come dardi infuocati planarono sul viso dell’esile pirata, uno colpendogli la punta del naso, l’altro infierendo sui denti socchiusi, a tratti rancidi. Killian e Julio scoppiarono in una fragorosa risata e Stecco prese a massaggiarsi la bocca e l’appendice nasale con gli occhi ancora brillanti di malizia. «Andiamo, capitano! Una buona metà degli uomini che vi incontra finisce per farlo. Vi stupirebbe tanto che quel tipo facesse altrettanto, dopo tutte le moine che vi ha fatto?»

«Per quel che mi riguarda, può fare quello che gli pare,» disse, sul volto un’espressione tanto divertita quanto disgustata. «ma ciò non toglie che non voglia avere quell’immagine nella mente, Stecco.»

«Non vi facevo un tipo tanto sensibile.» s’intromise Killian, attirando su di sé gli sguardi degli altri, soprattutto quello di Emma. Sistemandosi sulla panca, il tenente posizionò il braccio destro sullo schienale con fare da spaccone e non si rese neppure conto dell’impressione che avrebbe potuto dare il suo gesto, ma la giovane non vi prestò attenzione e si limitò a puntare gli occhi in quelli dell’altro con atteggiamento di sfida. «Credevo ci volesse molto di più per scalfire il famigerato Capitan Swan.» la stuzzicò ancora e, distogliendo un attimo lo sguardo, incrociò quello di Stecco, che ammiccò in segno d’apprezzamento.

«Suppongo che ci siamo sorpresi a vicenda, allora.» ribatté lei, un’espressione da canaglia sul bel viso femmineo. Killian inarcò le sopracciglia, sulla bocca ancora quel sorriso pieno e divertito che aveva faticato a reprimere per l’intera serata. Emma gli si fece di poco più vicina, quel tanto che bastava a rendere più drammatica la sua uscita senza, tuttavia, impedire ai membri della sua ciurma di udire la risposta. «Vi facevo un uomo più...» iniziò e s’interruppe un attimo, mentre la sua attenzione scendeva volutamente sul fisico vigoroso dell’altro, passandolo al setaccio come per trovare la definizione più confacente. «… sanguigno, direi.» Gli occhi verdi di lei tornarono ad incontrare quelli blu del tenente e fu lieta di trovarvi acceso il medesimo sentimento di sfida che ardeva nei propri. «E, invece, vengo a sapere che avete rifiutato le avance di una bellissima ragazza senza alcuna ragione apparente.» Stecco si soffocò quasi col boccone di birra che aveva tentato di ingurgitare e sia Emma che Killian si limitarono ad osservarlo e ridacchiare, mentre l’esile pirata tossiva nel tentativo di non morire soffocato.

«Ben ti sta!» disse Emma, beccandosi un’occhiata torva dell’altro che, paonazzo in viso, aveva ripreso a respirare. «Così, la prossima volta,» proseguì, allungandosi sul tavolo e puntando l’indice in direzione di Stecco. «ci penserai due volte prima di fare il gradasso con il tuo capitano.»

«Siete una megera, capitano, una dannatissima strega.» ribatté lui e, contro ogni aspettativa, Emma non se la prese, ma rise e scosse il capo. C’era qualcosa di infinitamente contraddittorio in lei, si disse Killian, qualcosa che la rendeva odiosa un momento e incommensurabilmente bella quello dopo. «Siete sicura di non essere figlia di qualche mago o chissà quale demonio?»

«Sarebbe un bel risvolto, non trovi?!» fece lei, muovendo le sopracciglia con fare ammiccante.

«Un mago dalla lingua tagliente, direi.» aggiunse Killian, attirando nuovamente su di sé l’attenzione della donna, ma si trattò di un fugace istante perché, nel frangente in cui Julio e Stecco si alzarono, ella non poté che tornare a soffermarsi sul duo. Non fu necessario che avanzasse alcuna domanda, tuttavia, in quanto le risposte arrivarono poco dopo.

«Vado a prendere qualcosa da bere, capitano. Posso stare tranquillo o rischierò di rimetterci la pelle ancora una volta?» Emma gli sorrise ampiamente, poi fece spallucce, lasciando irrisolto il quesito che le era stato rivolto. Stecco mosse la mano nell’aria, sussurrando un “Bha” che fece ridere sia lei che Killian; infine, si avviò verso il bancone con il giovane pirata al seguito. Per quello, non c’era bisogno di alcuna spiegazione: Julio provava ancora nei suoi confronti  una deferenza tale che si sarebbe stupita di un comportamento differente da quello che aveva assunto. Era il piccolo della ciurma, benché avesse due anni più di Emma e fosse un uomo bell’e fatto, ma le circostanze in cui lo avevano preso nel loro equipaggio la dicevano lunga sul perché fosse tanto timoroso nei riguardi del suo capitano.

«Dunque,» cominciò Killian. «vi aspettavate qualcosa di diverso da me, suppongo.» Emma tornò ad osservarlo e il suo sguardo fu abbastanza eloquente, al punto tale che il tenente non poté trattenere una breve risata.

Era sorprendente e strano allo stesso tempo, il modo in cui ella riuscisse a farlo sorridere e divertirlo con la più assoluta semplicità, soprattutto considerati gli standard cui egli era abituato. Killian Jones era un uomo tendenzialmente serioso, un po’ per l’educazione che gli era stata impartita, un po’ per il ruolo che aveva ricoperto nella marina reale, e suo fratello, così diverso da lui, si era sempre divertito a prenderlo in giro per quel suo modo d’essere così poco spensierato. Un po’ come faceva Emma. Ripensandoci, i suoi lineamenti si addolcirono.

«A cosa state pensando?» Alle parole di Emma, Killian sollevò il capo come scottato e la trovò ad osservarlo con espressione intenta. Fu sul punto di smentirne l’intuizione e tornare al discorso di prima, ma la sua interlocutrice non glielo concesse. «Vi prego di non mentirmi. Se proprio non desiderate parlarne, basta dirlo.»

Il tenente sospirò e le si fece volutamente più vicino, quel tanto che bastava perché i loro occhi fossero esattamente gli uni di fronte agli altri. Come si aspettava, Emma mantenne il contatto con l’usuale fierezza di cui l’aveva vista capace. «Non potete fare a meno di dettare regole, eh?» la canzonò e, mentre percepiva il fiato di lei sfiorargli il mento a causa della risata che le aveva suscitato, una parte di lui gli consigliò di allontanarsi, che quello era il primo passo per perdere di vista l’obiettivo.

«Deformazione professionale, dovreste saperlo.» ribatté lei e, contro ogni spiegazione logica, i suoi battiti accelerarono improvvisamente. Qualcosa le suggeriva che avrebbe dovuto ritrarsi, che avrebbe dovuto lasciar cadere quella conversazione e ristabilire le distanze, ma la più indomita e avventurosa porzione del suo animo le disse di vedere fin dove poteva spingersi, fino a che punto sarebbe potuta arrivare senza rimanerne scottata.

Gli occhi di lui scesero sulle sue labbra per una frazione di secondo ed Emma maledisse la sensazione che colse impreparato il suo stomaco. Intimamente, maledisse anche Killian Jones. «Stavo pensando a mio fratello.» spiegò e le sue parole avrebbero dovuto allentare la tensione che c’era tra loro, ma non fu così. «Non è più tornato dopo uno scontro con la Nostos.»

A quel punto, la voce di Killian fu così funerea e altrettanto lo fu la sua affermazione che Emma non poté impedirsi di aggrottare la fronte; le sue labbra si schiusero nel tentativo di formulare un quesito, nel tentativo di comprendere, ma Killian era evidentemente sulla difensiva e le informazioni in suo possesso erano troppo poche e troppo sommarie, perché potesse ottenere un qualunque risultato.

«Tre anni fa all’incirca, la sua nave s’imbatté nella vostra e l’unico superstite che lasciaste andare portò la notizia che nessuno era sopravvissuto allo scontro e che mio fratello era stato preso sulla Nostos, il che rendeva altrettanto scarse le probabilità che fosse sopravvissuto.» La voce di Killian vibrò di un’intensità ed una tensione diverse da quelle che avevano riempito l’aria fino a pochi minuti prima, ed Emma trovò quasi buffo tanto il modo in cui rapidamente potessero modificarsi le circostanze, quanto il fatto che il tenente avesse fatto la stessa fine del caro fratello, entrambi prigionieri dell’identico capitan pirata. «Del resto, non è mai tornato e suppongo di aver avuto la mia risposta.»

«Vostro fratello era un semplice marinaio?» azzardò e, al pari del suo interlocutore, il timbro di voce di cui si servì fu fermo e profondo, come a rendere evidente che non stesse più parlando con Emma, bensì con Capitan Swan.

«No, era il capitano della nave.» disse lui. «E, vedete, per molto tempo non ho fatto altro che odiarvi, che aspettare il giorno in cui vi avrei messo le mani addosso e vendicato la morte di mio fratello.» Le pulsazioni del pirata accelerarono, mentre l’adrenalina prendeva a scorrerle nelle vene ed uno strano formicolio le si diffondeva sui polpastrelli. Il primo uomo della Nostos non era abituato a ricevere simili minacce, non da chi conosceva il suo nome, la sua fama, non da un suo prigioniero. «Poi, mi avete preso sulla vostra nave e ho scoperto che date una scelta ai vostri prigionieri, una scelta tra la vita e la morte, e, allora, mi sono chiesto se fosse possibile che a mio fratello aveste dato la medesima opportunità, o se vi foste divertita a torturarlo fino alla morte.» La voce di lui era carica d’odio, rabbia e disperazione quando pronunciò quelle parole ed ognuna di esse gli diede l’apparenza di un uomo diverso da quello che le aveva seduto accanto per l’intera serata, un uomo iracondo e carico di risentimento che non brillava della stessa luce del tenente che aveva conosciuto fino ad allora. Un uomo che, sotto molti aspetti, assomigliava ad un pirata esso stesso. «E, come se non bastasse, ho scoperto che siete una donna e-» Le pulsazioni di Emma, a quel punto, non avrebbero potuto tenere un ritmo più frenetico e la sua espressione dovette renderlo piuttosto evidente, perché Killian le prese la mano e la strinse in una delle sue. Il respiro di lei era corto e i suoi occhi più scuri, come la volta in cui lo aveva pugnalato nelle segrete del castello. «Non vi sto sottovalutando!» disse lui e la sua voce fu d’un tratto, quasi incoerentemente, morbida, carezzevole.

«Non posso fornirvi alcuna certezza circa la sorte di vostro fratello.» Le parole di lei furono caustiche, fiele allo stato puro, e la sua mano tremò così prepotentemente nella stretta in cui Killian l’aveva serrata che il tenente comprese di essere ad un passo dall’assaggiare nuovamente la ferocia di Capitan Swan.  E, ancora più di ciò, realizzò di non potersi permettere di suscitarne la collera in un luogo simile, perché le percentuali di sopravvivenza e di ottenere la vendetta nella quale sperava giorno e notte si sarebbero drasticamente abbassate. Per quanto poco lo desiderasse, dovette modulare il suo stato d’amino, rendendolo più condiscendente di quanto non fosse in realtà. «Potrei averlo ucciso con le mie mani, come potrei aver lasciato il compito ad uno dei miei uomini.» Nonostante la prudenza che si era intimato di usare, la mascella di Killian vibrò a quelle parole. «L’unica vaga informazione che posso darvi è che, se era il capitano della nave, il trattamento è stato migliore di quel che potreste pensare.»

«Che intendete?» domandò il tenente.

Lentamente, il tremore alla mano di lei cominciò ad affievolirsi. «Che uccidere non è un’attività che mi aggrada, a dispetto della mia fama.» rispose e, sebbene una parte di Killian lo trovasse difficile da credere, l’altra non poté che ripensare a quanto effetto avesse avuto su di lei la morte di quel mozzo che si era trovata costretta ad uccidere. Qualcosa si era spento nei suoi occhi e aveva combattuto una battaglia contro l’oscurità che aveva minacciato di divorarla. «E’ per questa ragione che ho accolto positivamente la vostra scelta tra la possibilità di percorrere l’asse e rimanere a bordo della Nostos: perché, salvo i casi in cui sono costretta a farlo, non voglio che corra sulle mie mani più sangue del necessario.» Benché fossero fisicamente a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, Emma seppe che non fossero mai stati tanto distanti come in quel momento. «Ma c’è anche un’altra ragione,» disse e le sue labbra s’inclinarono in un sorriso che non raggiunse i suoi occhi. «ed è che il piano che ho per voi è di traviare tutti i vostri ideali fino a rendervi un vero pirata, un membro della Nostos, un mio collaboratore, fino a farvi dimenticare le vostre amate insegne militari e aiutarmi a distruggerle quando arriverà l’occasione.»

Mentre pronunciava quel discorso, Emma realizzò che Diego non avrebbe mai approvato la sua decisione di confessare al tenente quale fossero le sue mire, perché questo ne avrebbe reso più difficile la realizzazione. Ma, a quel punto, se avesse vinto e fosse riuscita a raggiungere i suoi scopi nonostante una tale rivelazione, l’appagamento che avrebbe potuto trarvi sarebbe stato di gran lunga superiore a qualsiasi aspettativa. Killian le sorrise nella stessa, identica maniera, di un riso che non aveva nulla di divertito e la presa attorno alla mano di lei si allentò finché Emma non riuscì a liberarsi. Non era più chiaro, a quel punto, chi dei due volesse mettere maggiore distanza dall’altro, in un gioco di avvicinamenti e respingimenti che non avrebbe potuto far altro che logorarli. Era una lotta per la supremazia, una sfida a chi era il più scaltro, una battaglia volta a neutralizzare non solo le difese avversarie ma le intere fondamenta dell’esistenza altrui.

«Avete degli obiettivi ambiziosi.» si limitò a commentare, ma lo fece in modo superficiale. Finalmente, il tassello che a lungo aveva cercato per completare una piccola porzione del quadro era a sua disposizione; finalmente, sapeva quale fosse la ragione della sua presenza sulla Nostos.

«Non siete il progetto più ambizioso che abbia perseguito.» fece lei e Killian seppe di aver devastato gli equilibri che era riuscito a creare. Il prezzo di quella nuova consapevolezza era stato caro e sperava potesse valerne la pena, perché, per quanti passi avanti avesse compiuto con quella scoperta, era stato costretto ad indietreggiare di altrettanti con la confessione su suo fratello e la sua sete di vendetta. Entrambi, a modo loro, avevano scoperto le carte in tavola e avevano smesso di nascondersi e giocare. Ma ne era valsa la pena? «Siete una distrazione, un sollievo da ciò che realmente mi preme.»

«Conto che sia davvero così!» si limitò a dirle, ma Emma non mosse un muscolo. Non era curiosa, non era indispettita, non era interessata. Si trovava nella stessa condizione di piena indifferenza che aveva dominato il suo animo la prima volta che si erano incontrati, quando ai suoi occhi non era stato nulla di più che uno sciocco, presuntuoso ufficiale col petto troppo gonfio per vantare una discreta capacità di discernimento. «Perché, se siete distratta, sono più alte le probabilità di avere la meglio su di voi.»

Emma rise di un riso basso e continuo e gettò il capo all’indietro. I lunghi capelli dorati ne seguirono il movimento, in una cascata di fili aurei che impreziosirono la stanza di qualcosa di nuovo, inedito. Il collo di Emma si arcuò sotto lo sguardo vigile di Killian e, quando ella tornò ad osservarlo, l’uomo lo scorse ancora, Capitan Swan, impassibile ed intoccabile come le storie dei superstiti narravano fosse.

«E’ questo che vi hanno insegnato, non è così? A colpire alle spalle il nemico senza assumervi la responsabilità delle vostre azioni, senza guardare la vita che abbandona il suo corpo e si agita nei suoi occhi per l’ultima volta.» S’interruppe un attimo, quel tanto che bastava per osservare la rabbia montare il petto dell’altro, accendendo la miccia dell’orgoglio fino a farla esplodere. «Devo ammettere che mi sarei aspettata di più da voi.»

«Non vi ucciderei.» le disse a denti stretti.

«E pensate sul serio che io vi permetterei di sbattermi in gattabuia? Oh, Killian, mi spiace deludervi, ma, se volete sconfiggermi, non avrete altra scelta che togliermi la vita.»

*

Emma aveva appreso molte lezioni nel corso degli ultimi anni, lezioni preziose che l’avevano resa la donna che era e avevano rinsaldato la sua posizione come capitano della Nostos, lezioni i cui insegnamenti aveva saggiamente serbato per modellare la propria condotta. E fu sulla base di quei moniti che la giovane temperò la reazione che il recente colloquio con uno dei suoi informatori aveva suscitato in lei. Chiudendo la porta della stanza alle proprie spalle, sospirò e si guardò intorno.

Era al primo piano di una delle locande che davano sul molo di Durin, una costruzione in pietra in cui le assi del pavimento scricchiolavano sotto il peso di quello o di quell’altro avventuriero. Emma e i suoi uomini l’avevano scelta per un motivo ben preciso, per incontrare una persona specifica e, benché il loro comportamento non fosse apparso diverso da quello di un gruppo di pirati che si godevano la vita alla giornata, nulla era stato lasciato al caso. Il capitano dell’imponente veliero, la cui nomea la diceva lunga sulle gesta dei suoi abitanti, si era assicurata tempo addietro di essere presente a quell’incontro, fissato con largo anticipo, e vi era riuscita con successo; e, con un pizzico di aiuto da parte di Stecco e Julio, era perfino riuscita a non destare i sospetti del tenente ficcanaso che si era recentemente unito al loro equipaggio. Pensando a Killian Jones, le labbra di Emma s’inclinarono impercettibilmente verso l’alto.

I suoi occhi percorsero il piano, in essi il brillio di un entusiasmo e di un’aspettativa alle quali non concedeva spesso il lusso di padroneggiare nel suo animo, non con quell’intensità. Eppure, quella sera, le informazioni che aveva ricevuto si erano dimostrate un’arma sufficiente a pungolare il suo io, spesso così controllato sotto uno specifico versante, perché rispondesse positivamente. Emma era una donna estremamente ambiziosa ma, ancor più di ciò, era una persona indiscutibilmente caparbia ed aveva una missione da portare a compimento, una missione alla quale aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita, per la quale non prevedeva margini di errore e che era più che intenzionata a realizzare nel migliore dei modi. Aveva impiegato sudore, armi, tempo e fatica per ottenere dei risultati e, quel giorno, aveva avuto l’opportunità di compiere il passo in avanti che troppo a lungo le era stato negato: finalmente, sapeva come arrivare alla persona che aveva cercato così strenuamente da darle l’impressione di non aver vissuto che in funzione di quell’unico obiettivo.

A quella consapevolezza, il suo cuore accelerò la propria corsa e l’adrenalina prese a scorrere, per l’ennesima volta quella sera, nelle sue vene, dandole una carica che le avrebbe consentito di sfoltire e dare del filo da torcere ad una buona dozzina di uomini contemporaneamente, se ne avesse avuto modo. Non c’era più nulla nella sua mente, nessuno spazio per la stizza o il divertimento che aveva provato al tavolo con i suoi uomini poche ore prima. Scuotendo il capo e stringendo i pugni lungo i fianchi, Emma mosse i propri passi lungo il corridoio che l’avrebbe immessa nell’andito successivo, consentendole di raggiungere la scalinata con la quale sarebbe tornata nel salone principale. Il pavimento crepitò al contatto con il tacco degli stivali in pelle nera che indossava e fu sul punto di svoltare l’angolo, quando s’imbatté nel tenente Jones e per poco non si scontrarono l’uno con l’altra. 

«Scusatemi,» fece lui d’istinto, prima di realizzare chi fosse la persona dinanzi a lui. «Siete voi...»

«Brillante osservazione!» lo pungolò lei e il suo umore era talmente positivo che si trovò persino nella disposizione d’animo di sorridergli genuinamente, come dimentica dello scambio di battute avuto al tavolo. Contro ogni aspettativa, Killian ricambiò, ma non ci volle molto per realizzare che, se la condiscendenza di lei aveva una natura prettamente emotiva, quella di lui non avrebbe potuto che essere imputata al consumo d’alcool. Copioso, oltretutto.

«Dovreste tenere a freno quella vostra linguaccia, capitano.» ribatté il tenente, guardandola e parlandole con molto più calore e molta più confidenza di quanto non avesse fatto nell’occasione precedente. La loro era un’altalena di sentimenti e reazioni così contrastanti e confusionari che chiunque li avesse visti non avrebbe potuto trarre che un’unica conclusione: uno dei due si sarebbe fatto male presto o tardi, e tanto.

«Siete il tipo d’uomo che preferisce le donne silenti e mansuete, capisco.» Eccola lì, l’espressione di rimprovero che si era aspettata di ricevere. Emma rise. «Anche se, anche se,» fece, muovendo un passo a destra e, dopo, un altro ancora, il sorriso dipinto in volto. «mi pare di aver capito che avete rifiutato quella giovane donna giù al molo.» Killian sospirò, ma era divertito e la giovane lo comprese. «Devo dedurre che non amate neppure un briciolo d’intraprendenza e preferite fare sempre la prima mossa?»

«Sono tutte conclusioni vostre, Emma.» subentrò lui, prima che l’altra potesse continuare, e quasi sospirò nel pronunciare quelle parole. Gli occhi verdi di lei tornarono ad osservarlo e Killian non poté fare a meno di notare che ci fosse qualcosa di diverso in lei, qualcosa che la rendeva radiosa come mai prima d’allora. «Non ho mai detto nulla di tutto ciò.»

«Neppure io. E’ stato il vostro comportamento a suggerirlo e non ho mai preteso di ritenere che le mie fossero verità assolute.» Il modo in cui pronunciò quelle parole fu pieno di una tale ovvietà che il tenente non poté impedirsi di ridacchiare, perché Emma sapeva essere impertinente anche quando gli si chiedeva un comportamento meno dispettoso, meno indisponente e non ne temeva le conseguenze. «E’ solo che siete sempre così controllato che mi chiedo se siate in grado di lasciarvi andare all’impulso del momento, anche solo per una volta.»

«Vi do tanta preoccupazione?» chiese lui, i denti scoperti a mostrare un sorriso che l’alcool aveva reso meno rigido, un sorriso che, si disse Emma, doveva aver conquistato i cuori di parecchie fanciulle svenevoli di quella o quell’altra corte.

Emma scosse il capo in un modo di fare che le apparteneva in maniera caratteristica: ogni qualvolta lo faceva, i capelli si muovevano attorno al suo viso in tanti, sottili fili d’oro che le accarezzavano le guance appena arrossate ora dalle brezza serale, ora dall’alcool, ora dalla forte emozione del momento, e il contrasto con il corpetto nero appariva d’improvviso più evidente. Killian aveva ammesso a se stesso, da un po’ oramai, che apprezzava quei momenti come poche altre cose da qualche tempo a quella parte.

«No, niente del genere.» fece e una parte di lei si sentì sollevata nel constatare la leggerezza nel tenore della loro conversazione. Avrebbe odiato che un colloquio con il tenente potesse guastarle l’umore quando, finalmente dopo anni, poteva permettersi di gioire della conquista ottenuta. «Mi incuriosite, piuttosto! Non mi capita sovente di avere attorno un esemplare come voi.»

«Esemplare, eh?» le fece notare, un tono di palese reprimenda tanto nella voce quanto in viso. Emma sorrise più ampiamente, ma non aggiunse altro. «Controllare gli impulsi è ciò che ci distingue dalle bestie, ma» E alzò una mano per fermarla dall’aggiungere qualunque osservazione stesse per fare. «non è questa la ragione per cui mi sono fermato.» Emma lo squadrò con sguardo curioso e si morse il labbro inferiore con espressione intenta, come se stesse tentando di arrivare alla conclusione corretta prima che l’altro gliela comunicasse. «Mi sono fermato perché è tutto ciò che, al momento, mi rimane della mia identità, una prova tangibile che non sono come voi, un pirata che salta di porto in porto, di fanciulla in fanciulla.»

«Le locande e i postriboli pullulano spesso di uomini in divisa, tenente.» gli fece notare lei, per un attimo dimentica dell’inappropriatezza di usare quell’appellativo in un luogo simile, e Killian annuì in segno di condiscendenza.

«Avete ragione, ma io non sono quel tipo d’uomo.» rispose semplicemente. «Con ciò non intendo dire di non essere saltato da un letto ad un altro senza farmi alcuno scrupolo, ma non ho mai pagato una donna per farmi entrare nelle sue grazie, né ho intenzione di farlo.» disse e le sue parole furono franche e il loro tenore irremovibile.

«Ce ne sono molte di quelle donne nella vostra società, non è così?» domandò Emma e le sue labbra si curvarono a riproduzione di un sentimento che aveva i contorni dell’amarezza. Le sopracciglia di Killian si inarcarono in un tacito quesito che trovò presto soddisfacimento. «Donne che si sciolgono per un sorriso, per un complimento, per l’autorità della divisa, per la promessa di una vita agiata e più che dignitosa.»

Il tenente annuì, sulla bocca una smorfia sardonica. «Ma, per rispondere alle vostre domande di prima, non è quello il genere di donna che gradisco frequentare. Ne ho conosciute alcune approfonditamente, diciamo,» aggiunse prima che Emma potesse mettere in dubbio le sue parole e, invero, l’altra parve apprezzare, perché gli sorrise. «ma non ho mai pensato di andare oltre, con nessuna di loro.»

«In questo modo state avvalorando la mia tesi sul fatto che le donne del vostro ceto siano sciocche, frivole, di modi melliflui.» gli fece notare e Killian le restituì il sorriso.

«Non ho detto questo. Ce ne sono alcune, come ce ne sono delle altre di temperamento completamente differente e diverse dalla vostra descrizione.» ribatté ed Emma parve, se possibile, ancora più curiosa.

«Come mai non siete sposato, allora?» Killian la guardò intensamente, chiedendole se quella fosse un’altra delle sue intuizioni. «Non portate la fede.» rispose lei. «E vi siete gettato al mio inseguimento con così poca cura per la vostra incolumità, soprattutto dopo aver appreso chi fossi, da far pensare che non ci fosse nessuno ad aspettarvi, una moglie o un figlio.»

«Mi avete osservato parecchio, eh?!» fece lui, incrociando le braccia, l’espressione di chi stenta a credere alle proprie orecchie.

Emma ammiccò con quel fare da canaglia che le apparteneva. «Non è possibile avere la meglio su un nemico di cui non si sa nulla. Tentavo di capire se aveste altri punti deboli, all’infuori dell’orgoglio ovviamente.»

A quelle parole, Killian rise, ma seppe di doverle ancora delle spiegazioni, seppe, soprattutto, di volergliele dare. «Non sono sposato perché non ho mai trovato la donna in grado di farmelo desiderare, nessuna in grado di prendere l’iniziativa, per rispondere ad un altro vostro quesito.»

«Tranne la ragazza del molo.» lo stuzzicò lei.

«Tranne la ragazza del molo.» confermò lui.

«Dobbiamo cercarla, allora.» sindacò Emma, battendo un pugno sul palmo della mano. «Non vorrete farvi scappare la vostra futura moglie.»

«Così non potreste ottenere la vostra vendetta e trasformarmi in un pirata.» le fece notare, più sorridente di quanto non fosse mai stato, mentre lei ponderava il significato delle sue parole con espressione meditabonda.

«Dannazione, avete ragione!» esclamò infine, gli occhi di un verde intenso fissi in quelli blu del tenente. C’era una sfumatura nuova nelle iridi di lei, una venatura che Killian non seppe leggere perché aveva dei contorni meno nitidi e genuini rispetto a qualunque altra espressione o sguardo Emma avesse avuto fino a quel momento. «Quello è un obiettivo che conto di raggiungere a qualunque costo, con qualunque mezzo.»

A quelle parole, entrambi si guardarono e, per un lungo momento, tacquero, senza avere alcunché da dirsi, confessarsi, comunicarsi. Poi, d’improvviso, in un gesto che l’altro non si sarebbe aspettato, Emma avanzò verso di lui, ne invase lo spazio personale e, aggrappandosi al colletto di una camicia straordinariamente ben tenuta per i luoghi che il tenente aveva frequentato negli ultimi tempi, poggiò la sua bocca su quella di Killian. Fu un tocco deciso, pienamente consapevole, come di chi sa quello che vuole e non ha timore di prenderselo.

La risposta dell’uomo fu, contro ogni aspettativa, pronta e altrettanto limpida nel suo significato. Le braccia di lui cinsero la vita di Emma cosicché ella fosse più vicina e, quando i loro corpi aderirono l’uno all’altro in una maniera tale da soddisfarlo, le sue mani si posizionarono saldamente sui fianchi di lei. Il pirata mosse la sua bocca su quella del tenente in una carezza suadente, femminea, quasi autoritaria; la lingua di lei si insinuò tra le labbra dell’uomo finché non le cedettero il passo e, in una mossa che era frutto di una mera improvvisazione, lo sedusse come solo Capitan Swan avrebbe saputo fare. I suoi baci furono mutevoli come mutevole era la persona che li stava impartendo: erano tocchi a tratti lascivi e peccaminosi, a tratti dolci ed innocenti. E, nel corridoio di quella locanda di Durin, col frastuono che saliva su per le scale fino al corridoio deserto del primo piano in cui si trovavano, Killian cedette alle sue lusinghe e ricambiò con rinnovato ardore.

Avrebbe potuto mentire, avrebbe potuto fingere e respingerla, avrebbe potuto tenere molteplici comportamenti ligi al dovere cui si era dichiarato devoto, ma non mise in atto alcuna di quelle opzioni. Sarebbe stata una farsa, una stupida menzogna che avrebbe snaturato l’animo di uomo sincero che lo aveva sempre contraddistinto: la desiderava e, se non fosse stato sufficiente a giustificare la sua pronta risposta, c’era da dire che non avrebbe dovuto pagarla quando si fossero separati. Per quella ragione – e per molte altre ancora che nessuno dei due era pronto ad accettare – il tenente Jones seguì le movenze di lei e, indietreggiando di qualche passo, si lasciò guidare finché non si trovò costretto contro una parete; e godete del momento senza alcuna remora, senza pregiudizi, senza nessuno dei perbenismi che avrebbero potuto guastargli l’animo, perché non affiorarono nella sua mente  al contatto con la bocca di lei. Piuttosto, qualcosa, nel baciare e nell’essere baciato da Capitan Swan, lo rese prigioniero della consapevolezza più grande che avesse avuto da tre mesi a quella parte: quel bacio non gli sarebbe bastato, né avrebbe saziato la fame di lei che aveva sopito, trasformato, respinto per tutto quel tempo. In quel frangente, ebbe la consapevolezza che non aveva voluto redimerla per mero spirito di giustizia e misericordia; il suo desiderio di redimerla altri non era che la mutilazione del bisogno che aveva di farla sua.

Era caduto vittima di una trappola infernale a causa della quale quanto più si muoveva nel tentativo di districarsi dai nodi che lo attanagliavano e tenevano prigioniero, tanto più vigorosa si serrava la morsa attorno a lui. Era rimasto vittima di ciò che aveva più intensamente deprecato in passato, quando aveva appreso dei tradimenti ai danni delle mogli di alcuni suoi amici, o quando aveva trovato alcuni dei suoi mozzi giacere nello stesso letto con una puttana. Aveva compreso cosa ci fosse di irresistibile nello stringere un patto col diavolo, quanto inaspettatamente una battaglia potesse trasformarsi in una danza di seduzione che irretiva i sensi e offuscava la mente. 

La mano di Killian si mosse fino a raggiungere la nuca di lei e si immerse nei lunghi capelli serici. Quando egli inclinò il capo per approfondire il contatto, Emma sorrise sulle labbra dell’altro, prima di dargli quello che voleva ed accoglierne le umide carezze con arrendevolezza. Le dita della giovane, ancora strette attorno al cotone della camicia, allentarono la presa per un istante, quel tanto che bastava per illuderlo di aver avuto la meglio; infine, lo strattonò ancora con lo stesso fare possessivo ed intransigente di un cavaliere col suo destriero capriccioso e, a quel punto, furono le labbra di lui a piegarsi in un sorriso, poco prima che Killian stringesse il labbro superiore di Emma tra i denti, tirandola leggermente verso di sé.

La bocca di lui si lanciò in una spasmodica ricerca di quella dell’altra, consumandone ogni porzione con una bramosia che non aveva saputo di avere, non per lei, non per il suo più acerrimo nemico, non per la donna che lo aveva ingannato, ferito, umiliato e si era presa la persona più cara che avesse mai avuto al mondo. Ed Emma non fu da meno, perché quanti erano i momenti in cui gli consentiva di condurre il gioco, tante erano le occasioni in cui prendeva il sopravvento, braccandolo non soltanto contro la parete in pietra del corridoio ma, soprattutto, contro la parete di menzogne che si era ripetuto per negare o ridimensionare l’attrazione che provava per lei.

Quando furono costretti a rallentare il ritmo e le labbra di lei interruppero il contatto, la mano destra di Killian si spostò dalla nuca al viso di lei e, piano, le carezzò la guancia imporporata dai baci che si erano scambiati. Con l’altro braccio ancora stretto attorno alla vita di Emma, il tenente si accostò nuovamente alla bocca della giovane e premette su di essa in una carezza carica di indugi. Era tutto sbagliato, tutto indiscutibilmente fuori controllo e Killian avrebbe dovuto pensare che ci fosse qualcosa sotto, perché non poteva essere una coincidenza il fatto che il capitano della Nostos gli avesse promesso di traviarlo con qualunque mezzo pochi istanti prima di baciarlo, ma, in cuor suo, non la trovò una ragione sufficiente per staccarsi da lei. Ed Emma non fu d’aiuto quando, allontanando nuovamente il proprio volto da quello dell’altro, sfregò il proprio naso contro quello del tenente, dolcemente, lentamente, prima di inclinare il capo in direzione opposta e baciarlo ancora.

Fu la voce di Julio che urlava a pieni polmoni il nome di Capitan Swan ad infrangere quel labile, precario equilibrio. Lo sguardo di lei corse al corridoio che dava sulle scale, i suoi occhi si fecero improvvisamente scuri, impenetrabili e, prima che potessero dire qualunque cosa, la presa delle mani di lei sulla camicia si sciolse e Killian la vide scomparire oltre l’angolo.

*

Le urla di Julio avevano avuto una motivazione ben precisa. Stecco si era infilato in una situazione decisamente sconveniente, nel momento in cui un gruppo di uomini ben piazzati cui aveva vinto un buon gruzzolo aveva scoperto il suo trucco con le carte e aveva minacciato di fracassargli tutte le ossa del corpo, collo compreso. L’intervento di Emma era stato a dir poco risolutivo: con fredda calma aveva invitato i tre sconosciuti a lasciar stare il suo uomo e, quando essi erano parsi divertiti dall’idea che quella donna fosse Capitan Swan e stesse minacciando degli individui della loro mole, era bastata una serie di gesti repentini che avevano chiarito quali ire avessero suscitato. Con una rapidità che nessuno aveva creduto possibile, Emma si era protesa ad afferrare il boccale di birra posto sul tavolo alla sua destra e, compiendo un passo in avanti, lo aveva fracassato sul viso dell’energumeno più vicino a lei; approfittando del momento di distrazione, Julio era corso in suo aiuto e aveva assestato un pugno sulla mascella di uno dei due rimasti. Libero per metà, Stecco si era occupato del terzo e, in breve tempo, la rissa era stata sedata senza ulteriori ripercussioni. Qualcosa, nell’espressione mortifera ed oscura di Emma, aveva instillato il dubbio che quella donna fosse davvero Capitan Swan anche in coloro i quali avevano fortemente riso della sola ipotesi.

Nel frangente in cui Killian aveva abbandonato la locanda, in differita rispetto al trio di pirati nel tentativo di origliare le conversazioni altrui e comprendere se qualcuno dei presenti avesse intenzione di vendicare il gesto in qualche modo, aveva trovato Emma nello stesso punto in cui si erano parlati la sera prima, quando le aveva chiesto che significato avesse la candela ed ella aveva risposto alle sue domande. Senza rimuginarci troppo su, la raggiunse e la affiancò. Una folata di vento gelido spirò da nord-ovest, muovendole i capelli e sfiorandole la pelle nuda delle spalle; Killian la vide intirizzire, ma l’espressione di Emma rimase fissa sull’orizzonte lontano, impassibile.

«Volevate convincermi a sposarvi con quel bacio?» le chiese e inaspettatamente il piglio di lei parve rilassarsi ed un sorriso affiorò sulle sue labbra vermiglie, quando si voltò a guardarlo.

«Volevo farvi conoscere una donna che prende davvero l’iniziativa.» rispose e, in cambio, la bocca dell’uomo le regalò la stessa smorfia divertita.

Scandagliandone rapidamente le emozioni, Killian non trovò in lei alcuna ripercussione dello scambio nel quale erano stati impegnati poco tempo prima. Non c’erano aspettativa o imbarazzo sul quel bel viso arrossato dal freddo; era la stessa Emma di sempre, spavalda, quieta, controllata, le guance purpuree l’unico segno che avesse provato un’emozione forte, un sentimento che il tenente sapeva fosse stato contaminato – se non completamente sopraffatto e sostituito – dalla rissa di pochi minuti addietro.

«Nessuno sembra avere intenzione di assaltare la Nostos, stanotte.» le comunicò e il pirata parve incuriosito.

«E’  per questo che siete rimasto indietro?» inquisì lei e Killian annuì. «Sapete essere sorprendente, Killian Jon-» L’espressione di lei si fece improvvisamente confusa e i suoi occhi abbandonarono quelli del tenente, dando l’impressione che fosse alla ricerca di qualcosa. E così era, perché, nella sua mente, Emma tentò disperatamente di afferrare quel dettaglio che il cognome dell’altro aveva richiamato alla sua mente. «Jones!» fece infine, tornando ad osservarlo con espressione incredula, quasi basita.

«Emma?» tentò lui, confuso.

«Vostro fratello… Qual era il nome della nave di cui era capitano e che si è scontrata con la Nostos?» domandò e, nel farlo, avanzò verso di lui, lo sguardo carico di un’aspettativa cui Killian non avrebbe saputo dare collocazione nel rango delle emozioni, considerato il tenore della loro conversazione.

«Il Gioiello del Reame. Perché?» la incalzò lui, protendendosi verso di lei come se potesse essere d’aiuto.

«Oh mio Dio!» Il viso di Emma divenne terreo – e quello di Killian non fu da meno, quando pronunciò queste ultime parole: «Voi siete il fratello di Liam.»
 
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Spazio dell'autrice:


Ho superato la maledizione del quinto capitolo e, anche se ho impiegato più tempo del previsto ad aggiornare, spero che il capitolo possa ripagarvi dell'attesa. :]
Ringrazio chi ha letto, chi legge, chi commenta e chi si appassiona alla mia storia, nonché chi aspetta [im]pazientemente gli aggiornamenti. Senza di voi e il vostro sostegno, questa storia non avrebbe nessuna chance di vita. Quindi, grazie di cuore!
Buona lettura! ;] P.S. Scusatemi per gli eventuali errori, ma, come al solito, vado di frettissima. Correggerò quanto prima.
  
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