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Autore: Mak_Virgy    21/07/2014    1 recensioni
Midorima sfortunatamente non riesce ad ascoltare l'oroscopo giornaliero di Oha-Asa, così si rivolge a Takao per farsi portare l'oggetto fortunato. E resterà sorpreso dal risultato.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shintarou Midorima, Takao Kazunari
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Takao!”
“Sì, Shin-chan?”
Gli occhi di Kazunari erano tondi e innocenti come biglie.

Doveva prevederlo. Doveva prevederlo che una catastrofe simile potesse capitare. Perché aveva fidato nel solo potere della corrente elettrica? Perché non aveva ascoltato l’oroscopo di Oha-Asa su un apparecchio a pile? E perché mai aveva chiesto aiuto a Takao? 
Shintarou Midorima non si dava pace per essere stato tanto sprovveduto. 

Quando la corrente mancò all’improvviso mentre Oha-Asa leggeva le previsioni per la giornata dell’Ariete, come prima cosa Shintarou rimproverò se stesso. Come seconda cosa imprecò. Sua madre arrivò all’istante. “Cosa succede, Shin-chin? Ti sei fatto male?” 
La madre di Shintarou aveva la noiosa abitudine di chiamarlo ancora Shin-chin, e per quanto provasse a dissuaderla non c’era verso di farle cambiare idea. Essendo sua madre, c’era da aspettarselo. Aveva anche il sacro terrore che il suo piccolo potesse farsi male.
Da quando, a sette anni, Shintarou era scivolato su una seppia durante un festival di paese e si era incrinato una costola, Midorima-san viveva temendo che qualche nuovo incidente potesse minacciare la sua integrità fisica.
Era stata lei a instillargli l’ossessione per l’oroscopo di Oha-Asa, e sempre lei a incoraggiarlo nella ricerca quotidiana degli oggetti fortunati. Con amorevole cura raccoglieva tutta quella paccottiglia – castori impagliati, orologi di antiquariato, collane di noccioli, pinguini di peluche – in scatole numerate, certa che gettare via anche una sola statuina avrebbe scatenato su di lei e i suoi figli piaghe senza fine.
“No, mamma, non mi sono fatto niente. Ma è saltata la corrente durante l’oroscopo.”
Midorima-san rimase impietrita, con lo straccio per la polvere in una mano e la crema nutriente per legno nell’altra.
“Quindi… quindi vuoi dire che non hai sentito le previsioni di Oha-Asa per il Cancro?” chiese alla fine, con quello che sembrava il suo ultimo respiro.
“Sì” rispose lapidario Shintarou. Se c’era qualcuno in grado di comprendere la portata del dramma, quel qualcuno era sua madre.
Rimasero a guardarsi per qualche secondo, prima che un cenno d’intesa passasse dal giallo degli occhi dell’una al verde di quelli dell’altro: “Zia Yuriko”. Yuriko era la sorella di Midorima-san, e con lei condivideva il taglio di capelli, l’amore per l’ordine e la devozione verso Oha-Asa. 
Chiamarono a casa. Yuriko non rispondeva. Chiamarono al cellulare. Nessuna risposta. Iniziarono a lasciarsi cogliere da un panico sottile.
“Non credo dovresti andare a scuola senza conoscere il tuo oggetto fortunato, Shin-chin” disse la madre fissando costernata Shintarou, che nel frattempo aveva preso a camminare in cerchio per la stanza. Cerchi perfetti, uno dietro l’altro.
“Non posso saltare le lezioni, mamma” rispose lui.
“Ma non puoi neppure uscire di casa, così… così!” ribatté lei, agitando una mano in direzione del figlio come se stesse proponendo di presentarsi in pubblico nudo.
Shintarou rimase in silenzio per qualche secondo, stringendo nel frattempo il nodo alla cravatta, prima di pronunciare una sola parola: “Takao”.
“Takao-kun! Ma certo, Takao-kun!” esclamò Midorima-san, interrompendo l’opera di lucidatura minuziosa della scrivania che aveva intrapreso soprappensiero. 

Dopo quasi un anno di frequentazione con Shintarou, Kazunari Takao aveva smesso di considerare l’oroscopo di Oha-Asa come una stronzata. O meglio, che fosse una stronzata gli era chiaro, ma aveva capito che, se davvero intendeva fare breccia nel cuore (e in altre parti) del suo amato Shin-chan, doveva iniziare a prendere quella roba sul serio. Così da alcuni mesi ogni mattina accendeva la sua brava radio e ascoltava le previsioni di Oha-Asa, e una volta a scuola discuteva con grande serietà della cosa con Shintarou. Quest’ultimo aveva accolto la novità con una certa diffidenza, dapprincipio, e poi con sempre maggiore soddisfazione. In qualche occasione aveva persino coinvolto Kazunari nella ricerca di oggetti fortunati particolarmente strani. Ovvio quindi che, nell’incresciosa situazione nella quale si trovava, Shintarou pensasse di telefonare al compagno.
Kazunari rispose al primo squillo. Sì, naturalmente aveva ascoltato Oha-Asa, e no, non era stupito di sentire Shintarou così presto. Anzi, a dire il vero se lo aspettava, l’oggetto fortunato del giorno era un po’ imbarazzante da trovare, sicuramente Shintarou avrebbe avuto bisogno di lui. Come? Era mancata la corrente? Shin-chan non aveva ascoltato l’oroscopo per il cancro? Shin-chan non SAPEVA QUALE FOSSE L’OGGETTO FORTUNATO?
Alla tremenda risata che ne seguì, Shintarou iniziò a sudare freddo. 
“Quindi, Takao? Di cosa si tratta? Non c’è molto tempo prima della scuola” lo pressò.
Kazunari riuscì in qualche modo a riprendersi prima di rispondere: “Casualmente ho qui l’oggetto fortunato che ti serve, Shin-chan, e se me lo permetti vorrei farti una sorpresa e portartelo. Ora, anche subito.”
Il sollievo prese il posto della tensione, tanto che Shintarou accettò la proposta senza stare troppo a pensarci. “D’accordo, ti aspetto, non tardare” rispose. “E… grazie.”
“Piacere mio, Shin-chan, piacere mio!” gridò Kazunari all’altro capo del telefono, riattaccando. Shintarou riuscì a sentire l’eco di una nuova risata prima che la comunicazione si interrompesse.

“È tutto a posto mamma” riferì quindi alla madre, che lo fissava dallo specchio che stava lucidando. “Takao-kun ha ascoltato l’oroscopo e possiede l’oggetto fortunato. Sta venendo a portarmelo.”
“Meraviglioso, tesoro! E cos’è?” chiese lei.
“A dire la verità non me l’ha detto” rispose Shintarou. “Ma ho l’impressione che si tratti di qualcosa di imbarazzante. Spero solo non sia troppo grande, la scorsa settimana l’insegnante si è lamentato per il montone gonfiabile in aula.”
“A volte anche gli insegnanti difettano delle più elementari capacità di comprensione” commentò Midorima-san con un sospiro. “Comunque sono felice che Takao-kun possa venirti in aiuto. È un amico affidabile.” 
“Sì, affidabile” disse Shintarou.
E gentile. E paziente. E un ottimo giocatore, pensò, mentre la madre usciva dalla stanza. E intelligente. E sexy… no, aspetta, no.
Voltando la testa di scatto, come a voler evitare un insetto particolarmente fastidioso, Shintarou scacciò quell’idea. Capitava sempre più spesso che l’immagine di Kazunari gli si presentasse alla mente senza preavviso, accompagnata da aggettivi impropri come “sexy”, e che a quell’immagine ne facessero seguito altre di un Kazunari poco vestito, di un Kazunari per nulla vestito, di un Kazunari possibilmente inginocchiato, gli occhi sottili spalancati, le mani intente a slacciare la cintura dei suoi pantaloni…
Erano immagini che lo confondevano, e a Shintarou la confusione non piaceva.
Così raccolse la borsa, indossò la giacca e si mise a sfogliare un libro, nell’attesa che un Kazunari convenientemente abbigliato gli portasse ciò di cui aveva bisogno.
Non dovette aspettare molto: il campanello suonò poco più di dieci minuti dopo.
“Takao-kun, che piacere vederti!” lo accolse Midorima-san con un gran sorriso e uno straccio per la polvere. “Shin-chin è di sopra nella sua stanza. Sali pure!”
Takao si inchinò rispettosamente, quindi si avviò al piano superiore.
“Shin-chan, sono qui!” cinguettò davanti alla porta.
“Entra pure” rispose la voce di Shintarou, non proprio gentile, ma curiosamente meno brusca del solito.
Kazunari lo trovò seduto alla scrivania, con Vita anfibia nella Foresta Amazzonica aperto davanti a sé. 
“Grazie di essere venuto, Takao” disse. “Ti sono grato per aver risolto questo fastidioso contrattempo.” Poi, fissando Kazunari, che restava in piedi sorridendo, chiese: “Ebbene, qual è l’oggetto fortunato? Dov’è?”
Il sorriso sulla faccia di Kazunari si allargò. “Ecco, vedi Shin-chan…” iniziò, avvicinandosi a Shintarou, “l’oggetto fortunato di oggi è qualcosa di piuttosto curioso. A dirti la verità no so nemmeno come mi sia trovato ad averne uno per casa, dal momento che non è certo una cosa che un uomo usi spesso…”
“Cosa vorresti dire?” chiese Shintarou.
Il sorriso si allargò ancora di più. “Beh, vedi, il fatto è che si tratta di… un reggicalze. Un reggicalze da donna.”
Se avesse potuto, in quel momento Kazunari avrebbe fotografato Shintarou e avrebbe conservato lo scatto tra i suoi tesori. Mr IceCold-ThreePoints-Midorima con le guance accese per l’imbarazzo era uno spettacolo raro.
“Co-come sarebbe a dire un reggicalze?” balbettò.
“Proprio così, Shin-chan. Un reggicalze. Sai, una di quelle cose che le ragazze indossano sopra la biancheria, con gli elastici ai lati, che servono per impedire alle calze di sciv-“
“Sono a conoscenza del significato del termine reggicalze, grazie, Takao” lo interruppe Shintarou, risistemandosi gli occhiali.
Kazunari represse una risatina, mentre Shintarou proseguiva, con la massima serietà: “Ero solo piuttosto stupito dalla scelta dell’oggetto, tutto qui. Ma se Oha-Asa ritiene che uno di questi dubbi coadiuvanti della seduzione femminile possa garantire una giornata fortunata ai nati sotto il segno del cancro, ripongo in lui la massima fiducia. Forza, consegnami questo reggicalze.”
A quel punto il sorriso di Kazunari si trasformò in un ghigno. “Ecco, Shin-chan. A dirti la verità non è così facile. Il reggicalze ce l’ho, in effetti, però non in tasca o nella borsa…”
Shintarou iniziò a sudare freddo un’altra volta. “E dove, allora?” chiese, intuendo, in un qualche punto remoto fra lo stomaco e l’inguine, quale fosse la risposta.
“Ecco, Shin-chan. Diciamo che per praticità l’ho indossato” concluse Kazunari, senza scomporsi. “Quindi se lo vuoi” aggiunse, avvicinandosi ancora a Shintarou, fino a che tra loro non rimasero che pochi centimetri e molto imbarazzo, “temo dovrai recuperarlo da te.”
Shintarou rimase a fissarlo. Non credeva a quanto aveva appena sentito, e al contempo non solo ci credeva, ma si rese conto di averci sperato. Beh, non in quella storia del reggicalze in particolare, ma in una situazione che potesse portarlo a tu per tu con le sue fantasie più disonorevoli.
“Allora?” chiede Kazunari, poggiandogli sulla spalla.
Shintarou non rispose. Non avrebbe saputo quali parole usare. Per sua fortuna – o sfortuna – le parole non parvero necessarie. Perché al tocco lieve di Kazunari un’altra parte del suo corpo decise di partecipare alla conversazione. Una parte cui Shintarou dedicava attenzioni limitate e alquanto private, e che certo non avrebbe voluto coinvolgere proprio in quel momento.
Cercando di sistemarsi meglio sulla sedia in modo da occultare quanto stava avvenendo nei suoi pantaloni, che per somma disgrazia erano ben tesi proprio sulla parte in oggetto, Shintarou non ottenne altro che l’effetto contrario: Kazunari abbassò lo sguardo, e non poté che registrare l’evento.
“Oh, Shin-chan, c’è qualcosa che non va?” chiese con vocina di miele, facendo scendere la mano dalla spalla lungo il bavero della giacca.
“N-no, va tutto benissimo” rispose Shintarou, alzandosi.
“Ne sono felice” proseguì l’altro, avvicinandosi tanto da poter sentire vibrare l’aria tra sé e l’oggetto delle sue attenzioni. Quasi gli dispiaceva di tormentare così il suo Shin-chan, ma l’occasione era troppo golosa per sprecarla. “Perché il tempo passa e quello che cerchi non è ancora fra le tue mani”. 
Sentendo la lucidità venirgli meno, Sintarou tentò di valutare in fretta le alternative.
La più semplice, e corretta, sarebbe stata quella di spingere via Kazunari, rimproverandolo per la puerilità del suo scherzo, e costringerlo a consegnare l’ambito oggetto dopo esserselo tolto, DA SOLO, nel bagno. Sì, era la cosa giusta da fare.
E poco importava che il solo pensiero di Kazunari con indosso un reggicalze, magari di pizzo (un fetish per il pizzo? da quando coltivava pensieri del genere?), facesse pulsare sezioni del suo corpo in modo doloroso. Poco importava che l’averlo così vicino gli provocasse capogiri e secchezza delle fauci. Poco importava soprattutto che Kazunari stesse abbassando le mani sui propri pantaloni, li stesse sbottonando e stesse procedendo a calarli su fianchi perfettamente stretti e cosce perfettamente bianche decorate da due elastici neri… un momento. Stava facendo cosa? 
“Takao!” 
“Sì, Shin-chan?” Gli occhi di Kazunari erano tondi e innocenti come biglie.

   
 
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