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Autore: Hitsuki    21/07/2014    3 recensioni
{ Evil Saga | Rin/Len incest, no lime/lemon; Rin Kagamine centric | introspettivo; angst; malinconico/nostalgico; triste | tuutta tutta dedicata ai Kagamine Twins, piccoli Peccatori della Evil Saga, dalla prima parola all'ultima ♥ }
— E lei la disperazione voleva eliminarla trasmettendola agli altri, ma comportandosi così non faceva altro che farla diventare ancora più sua. Non voleva la sua compagnia, ma ogni notte arrivava e insieme ad essa sogni inquieti […] Era come vivere ogni volta in un cimitero e sentire la terra pizzicarle gli occhi, era come essere sotterrata viva ed annegare nell'humus dimenticata da tutto e tutti - e la speranza in un giardino di margherite non arrivava, mai. ×
In questa valle di lacrime non c'è nulla, neppure una margherita; solo una rosa gialla che finge di non vivere in un'Illusione decretando di essere la Regina della Disperazione germogliata fra le sue spine.
Era solo una povera rosa illusa di poter raggiungere una margherita fra i monocromatici fili d'erba.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Osservando la lama lucida della ghigliottina ;

non ho molto da scrivere, il testo parla da solo. O almeno spero faccia tale effetto, che le parole della fanfiction vi vengano sussurrate all'orecchio. Perché sì, vado molto fiera di questa piccola one-shot e noto miglioramenti nel mio stile. È stata una "sfida con me stessa", poiché m'ero ripromessa di scriverla prima del mio compleanno (il ventotto luglio); doveva essere una piccola drabble, nulla di eclatante, poiché scrivere per me è come un dono caduto dal Cielo (dunque, qual miglior modo per passare il tempo?). Ma s'è trasormata in una piccola one-shot (ma a me sembra più flash, tutta sparaflesciata di robe angsty) che mi piace molto, sulla meravigliosa Evil Saga e che tratta dell'amore che Rin finge di avere nei confronti di Kaito e Len in quelli di Miku - anche se, da brava amante anche della LenMiku, adoro pensare a una specie di triangolo fra loro due e Rin. È molto molto angst, perché il fluff a confronto con l'angst per me è… fuffa o che so io, e non c'è nessuna scena incest: ho inserito l'avviso solo perché è, appunto, una Rin/Len incest, ma nulla - neppure un bacio, solo tanto angst e una tremenda dose di crudeltà. E sì, so che nella Saga è Len che viene ghigliottinato, ma senza di lui Rin cosa sarebbe? Le hanno usurpato il trono e la sua vita è appena morta davanti a lei. Ho deciso infine di usare "impiccata" e non "ghigliottinata" come riferimento a un plausibile sucidio piscologico. E il mio personaggio preferito nella saga è proprio lei, con la sua malizia e il suo terrore; Rin non è la mia Vocaloid preferita - sia di voce, che ritengo troppo acuta, sia in generale - ma la amo tanto, e nella Evil Saga s'è dimostrato il personaggio più degno di essere amato. Con tutto il rispetto per quei gran figaccioni di Len e Gakupo, s'intende. La dedico alla Kagaminecest con i suoi gemellini incestuosi (), essendo loro una delle mie OTP in assoluto, che mi fa emozionare sempre in ogni loro canzone o serie. Perché non riesco ad attendere il loro compleanno, gh.
Me ne vado, soddisfatta di aver scritto questa fanfiction - che avevo finito prima di oggi, ma che ho atteso di pubblicare - e sperando vi dia una gradevole lettura.

 

 

 

La rosa cinerea impiccata nel giardino delle tombe.
( il  sangue dei Condannati scivola via facendo scorgere troppo tardi quello fraterno e il grido di una Regina che non vivrà più )

«Signorina, vuole davvero uccidere quella ragazza?».
   La tazza di porcellana impugnata delicatamente dalle dita nivee della fanciulla si fermò a mezz'aria, mentre la condensa s'inseguiva disperdendosi nell'aria ed emanando un profumo di acido té al limone. Fumo che annebbiava la sua mente cinica, fumo che oscurava il volto del suo servo e non era più piacevole da inspirare - ormai le sembrava veleno e le ricordava tristi complotti. Per evitare di far cadere la tazza versandone il contenuto sulle pregiate piastrelle di marmo, la Rosa Gialla della Gelosia la poggiò sul bel tavolo in ebano contornato da dolci; infantili vizi, nonché l'unica cosa che non la abbandonò mai e le fece compagnia in quella stanza troppo enorme per la sua debole conformazione - e che la rendeva solo maggiormente confusa -, troppo cangiante e luminosa sicché accendeva maggiormente d'incendiaria ira la sua mente. Troppo sfarzosa per la Regina dello Sfarzo stessa. Accennò un sorriso ipocrita. Un ciuffo dorato, un raggio rubato al freddo sole invernale si dimenò per uscire dalla crocchia regale della ragazza poggiandosi sulla fronte che sudava silenziosamente.
   «Sì, lo amo. Lo amo con tutto il cuore. Non permetterò a nessuno di avvicinarsi a Lui».
   Il giovane servo sorrise comprensivo alla sorella, prendendo la tazza e poggiandola su un vassoio avorio raffigurante in rilievo delle meravigliose e delicate rose - il suo fiore preferito, contrapposto alla margherita del servo. S'alzò, falsamente calmo e s'avvicinò alla porta.
   «… È sicura di amare proprio Lui?».
   La Principessa cinse le braccia sotto il seno coperto dal corpetto nero pece e giallo sabbia - sabbia che veniva sostituita da altra sabbia, per mano di quel ragazzo che tanto la ignorava e rinnegava - e puntò le iridi sulla finestra. Sul vetro vide il riflesso di due bambini che giocavano pungendosi con le rose, e lì la sua vita ebbe l'ostinatezza di non avere un senso. I bimbi risero e si fecero beffe di lei, poiché erano solo una sua Illusione; e illusa lei lo era sempre stata.
   «Certo. Io sono sempre sicura!». Sicura, che parola da illusa. La sicurezza non esiste, neppure la speranza e perciò neanche la disperazione; ma essendo lei segretamente innamorata della speranza che adesso stava per aprire la porta, possedeva anche la disperazione. E lei la disperazione voleva eliminarla trasmettendola agli altri, ma comportandosi così non faceva altro che farla diventare ancora più sua. Non voleva la sua compagnia, ma ogni notte arrivava e insieme ad essa sogni inquieti e una rosa gialla che s'intreccia a una margherita intinte nel loro stesso sangue - il loro sangue era sì il medesimo, come quello fra due fratelli. Era come vivere ogni volta in un cimitero e sentire la terra pizzicarle gli occhi, era come essere sotterrata viva ed annegare nell'humus dimenticata da tutto e tutti - e la speranza in un giardino di margherite non arrivava, mai. Perché lei, essendo per natura inutile e illusa, poteva apparire solo in un modo; provocando dolore agli altri e rendersi donna di fama grazie al terrore.
Il fanciullo aprì la porta. Uno scatto, la sorella perse un battito. Un commento più pungente di ogni altra cosa, ma con una dolcezza tanto ingenua che il battito mancato per lei non contava - per un attimo il suo cuore si riscaldò, ma solo per poco. Un altro scatto per chiudere la porta, l'azzurro celeste come i suoi occhi s'intinse di tristezza per solcare le colline che altro non erano se non delle guance rosee. E rimase sola, la Rosa che intanto appassiva nonostante il fiore degli anni. Una giovinezza perduta, spinosa, che non ammiccava più.
   «Signorina, lei ama nel modo sbagliato». 
  
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