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Autore: CrudEle    21/07/2014    0 recensioni
Sapeva tutto a memoria (...) Il suo numero sguardo occhi mani nei lineamenti naso sorriso come si copriva gli occhi e come invece li spalancava le sfumature delle sue iridi i capelli la frangetta il modo in cui si tirava indietro la frangetta il modo in cui la stringeva il modo in cui la guardava e le parlava gli Ehi e gli urli e come si arrabbia e come piange e come tutto.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In fondo la vita è questo, pensò, tenendo il libro tra le mani. Non riusciva a crederci, vedersi, leggersi, trovarsi tra le pagine di un libro così squallido ma poi squallida è la vita, forse.
Piegò la testa all’indietro, guardò il soffitto sopra di lei
incredibile
era così terribilmente sola, che neanche persona cose eventi vacanze compiti studio l’avrebbero potuta salvare.
Sei sola annoiata, le ripeteva la madre, esci e distraiti. E lei fissava le iridi scure della donna troppo superficiale e distratta per capirla, se solo avessi qualcuno con cui distrarmi pensava.
In realtà non era così sola, sicuramente a chiamarla la sua amica del liceo l’avrebbe raggiunta senza se, ma, forse. Eppure sapeva che, anche con lei, si sarebbe sentita a disagio. Lei con quei bei capelli bei occhi bel fisico bella vita università dei sogni fidanzato amore gatto.
Le aveva parlato,
sai a volte mi sento fuori dal mondo lontana anni luce da tutti.
L’amica l’aveva guardata negli occhi e aveva solamente sospirato, per quanto ci provasse proprio non capiva.
Com’è possibile sentirsi così tristi e stanchi di qualcosa come la vita? Una bella vita comunque, se contiamo che quello che voleva l’aveva raggiunto. Pochi giorni e si sarebbe laureata in Medicina, un 110 e lode in tasca e un futuro radioso, oh sì, ma a che costo.
Non è quello che hai sempre cercato?, le chiedevano gli amici, diventare medico, specializzarti, crearti una vita. Eppure la sera, stanca da cinque sei sette ore sui libri, aveva voglia di un abbraccio o un bacio, un mi manchi, un cibo pronto e cucinato con la dolcezza di chi magari brucia il sugo ma non importa. Invece erano cereali in scatola, latte freddo, al meglio una pizza presa al volo tornando dalla stazione.
Non se l’era cercato? Forse sì, pensava, guardando ancora il soffitto.
Oggi di pensare alla tesi proprio no, di pensare al cuore ai polmoni e basta studiare. Aveva dato anima e corpo a tutto, e ora si trovava sola. Un corpicino di poco più di 40 kg accucciato in un divano troppo scomodo e piccolo per stare in due ma grande per stare in uno.
A quattordici, quindici anni diceva sempre che non le serviva nessuno vicino, perché sarebbe riuscita a provvedere da sé. Rideva. Abbracciava il fidanzato di allora.
Andrea, non mi servirai mai, sarò grande, bella e forte con il bisturi in mano e tu mi aspetterai in casa. E forse Andrea ci aveva creduto
così se ne era andato.
Così, dal niente, di punto in bianco era andato scomparso e dio solo sa che fine aveva fatto se aveva iniziato una nuova vita e se invece non era riuscito a dimenticare e rivedeva i lineamenti di lei in quelli di tutte le ragazze che passavano nel suo letto ma no, non avrebbero lasciato la loro forma sul materasso perché troppo poco durature troppo poco importanti.
Tu mi aspetterai in casa, aveva detto lei, e invece era lei che lo aspettava
ancora
dopo più di dieci anni, dopo più di qualche ragazzo dai lineamenti marcati e gli occhi mai dolci come i suoi e i gesti non più impacciati (solo Andrea era impacciato e sicuro allo stesso tempo), dopo prime volte non con Andrea, dopo seconde volte e anche terze dopo una vita.
Chissà come sei diventato, chiedeva al soffitto.
Com’è possibile essere così soli in una vita cercata? Aveva cercato occhi blu azzurri neri marroni (verdi no, che poi non erano come quelli di Andrea), aveva cercato mani forti in grado di sostenerla, aveva cercato la laurea, aveva cercato una vita all’insegna di un lavoro voluto. Eppure niente le apparteneva
niente.
Vivi una vita non tua, aveva detto al soffitto e chi sa se era una domanda o un’affermazione. Ma quel che è certo è che era tutto ciò che si era creata e tutto ciò che era rimasto di quello che aveva selettivamente rimosso perché distrazioni non sono ammesse a chi deve far tutto da sola.
Poi lo sguardo le cadde sul telefono. Un telefono vecchio, nero, rovinato dal tempo e dalle botte che dentro aveva frammenti di vita, e numeri di telefono (e sì, certo anche Andrea, come poteva eliminarlo dalla rubrica)
come lei.
Lui era lì, come era dentro di lei forte e prepotente e egoista e cattivo.
Ma gli anni erano passati, l’odio andato, la maturità o l’amore o chi sa era lì e quindi
quindi
3-3-8 e lo sapeva ancora tutto a memoria quel numero.
Sapeva tutto a memoria in realtà, pensò. Il suo numero sguardo occhi mani nei lineamenti naso sorriso come si copriva gli occhi e come invece li spalancava le sfumature delle sue iridi i capelli la frangetta il modo in cui si tirava indietro la frangetta il modo in cui la stringeva il modo in cui la guardava e le parlava gli Ehi e gli urli e come si arrabbia e come piange e come tutto.
Chiamo o no, chiamo o no chiamo o no e il cuore le batteva forte e lei, da quasi medico, sapeva che maledizione le emozioni condizionano troppo la frequenza cardiaca e un ECG avrebbe mostrato un infarto in corso.
 
“Pronto?”
“Andrea…”
   
 
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