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Autore: Black Phoenix    04/09/2008    5 recensioni
Questa non è una storia comune.
Questa è la mia confessione.
Quindi se siete qui per sparare sentenze, allora potete tapparvi le orecchie e non ascoltare.
NB: fanfic scritta insieme ad __Aiko__. Il nuovo personaggio (e alcune idee) appartengono a lei. ^^
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello, Near
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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cpt1 Questa non è una storia comune.
Questa è la mia confessione.
Quindi se siete qui per sparare sentenze, allora potete tapparvi le orecchie e non ascoltare. Io però non voglio andare avanti così, lasciando credere alle persone che lui sia sempre stato così.
Questa è la nostra storia. Mia e dei migliori amici che abbia mai avuto.
Di persone che sono state sottovalutate. Molto.
Di qualcuno che è cambiato. Di qualcuno che non è voluto cambiare.

Penso che sia di dovere cominciare da Nate River, o Near, che dir si voglia.
Potete immaginarlo estroverso e simpatico? No, penso che dovrò aiutarvi.
Near piombò nella mia vita quando avevo sette anni. Arrivò come arrivano tutti quanti, a bordo della macchina nera che tutti noi ogni volta guardavamo malinconici. Scese accompagnato da Robbie, un armadio a due ante di solido mogano, che lo strattonava per il braccio sinistro.
-Ahio, lasciami andare, brutto antipatico! Mi stai spezzando un braccio!-
Quel moccioso si dimenava e tirava calci all'aria come non avevo mai visto fare a nessuno, non con Robbie, per il quale tutti quelli con un po' di sale in zucca nutrivano un certo timore. Era chiaro che quello non ne aveva per niente.
Sono sicuro, come lo ero allora, che tutti avevano notato i suoi capelli bizzarri. Bianchi.
Robbie lo sbattè dentro l'istituto senza tante cerimonie, sicuramente diretti all'ufficio di Roger. Quello continuava a strillare come un invasato.
-Accidenti- sussurrò Matt -ne ha di fegato, quello! Tu che ne dici, Mihael? Potremmo... Non saprei... Chiedergli di giocare! - sorrise. Era ancora il tempo in cui ci chiamavamo per nome, e in cui sorridevamo.
Non ebbi il tempo di rispondere.
-Esco, esco! Non sono mica una macchina da corsa, eh! Un po' di pazienza!- il ragazzino di prima uscì, tirando un calcio al portone per chiuderlo. Camminò a grandi passi, grandi quanto possono esserlo i passi di un bimbo di cinque anni, verso una panchina e ci si sedette. Ebbi la vaga impressione che se mi avesse guardato avrei preso fuoco. 
-Ehi, Yuichi, tu che ne pensi di quello?- chiesi al ragazzino che aveva in mano il pallone con cui stavamo giocando.
Oh già! Yuichi. Nessuno ha mai parlato di lui, vero? Bene. Era davvero intelligente. Per rendervi chiare le cose potrei dirvi che allora, all'orfanotrofio, lui occupava il posto che poi sarebbe diventato di Near. Allora non mi importava davvero essere il successore di L. Yuichi era molto più adatto di me. Io ero secondo.
Era stato il primo a rivolgermi la parola al mio arrivo. Mi sembrava di conoscerlo da sempre, eppure certe cose di lui non mi sono ancora chiare. Cosa facesse, per esempio, quando si rinchiudeva nella sua camera per ore senza uscire mai, per poi tornare fuori, fingendo che niente fosse successo. Dopo un po' io e Matt ci eravamo abituati a quel comportamento, fino a considerarlo normale. Near si ostinava ad andarlo a cercare ogni volta,
nonostante ogni volta fosse preso a insulti e ignorato. Ho sempre pensato che non gli importasse davvero quello che gli veniva detto, che finchè sentiva la sua voce, Near sarebbe stato bene.
Yuichi era un ragazzo giapponese, originario di Kyoto, la città della geisha, come amava definirla lui. Sembrava l’incarnazione stessa della tormentata solitudine che attanagliava quegli occhi. Eppure un aggettivo per definirlo era "forte".
Il viso dal tratto delicato, erano gli occhi il suo punto di forza: scurissimi, meravigliosamente a mandorla, avevano un loro bellissimo effetto, parzialmente coperti da una frangia di capelli neri e liscissimi.
Eppure c’era qualcosa di inspiegabilmente inquietante in lui.
La sua pelle era troppo bianca, sembrava non aver visto mai la luce del sole. Fu questo, penso, ad avvicinarlo per la prima volta a Near (Nda: avvicinarlo a Vicino? xD).
E poi c’era quell’inspiegabile cicatrice che gli sfregiava la guancia sinistra. Ogni volta che gli chiedevamo cosa fosse cambiava versione. La mia preferita, comunque, era quella che usava più raramente, solo quando nessuno ascoltava: era la cicatrice di un combattimento contro un ninja solitario. Non era la storia in sè che mi affascinava, era il modo in cui lui la raccontava.
Eppure era un ragazzo allegro, che amava trascinare Near nei suoi giochi spesso psicopatici.
Alternava momenti allegri e infantili, con momenti di cupa depressione che sfiorava la disperazione. 
Ancora un alone oscuro aleggia attorno alla sua persona.
Non aveva paura di nulla. Tranne che di una cosa, che io avrei trovato estremamente imbarazzante, ma che a lui piaceva sbandierare a tutti. Aveva un’inspiegabile e ossessivo terrore del buio.
-Non so.- Rispose. -Penso che andrò a parlargli.- Lasciò cadere la palla e corse verso di lui. Mi sedetti, tirando Matt per i pantaloni, in modo che si sedesse anche lui. Restammo a guardare quello che sembrò un acceso dibattito. Di cosa parlarono non ci è dato saperlo. Avvicinò il suo braccio a quello di Nate, come a mostrargli la pelle, dello stesso colore della sua. Indicò la cicatrice e parlò per quello che mi parve un tempo infinito.
Fatto sta che dopo, un po', Yuichi lo prese per mano e lo portò verso di noi.
-Lui è Nate. È forte.-
Il bambino lasciò la sua mano e la porse verso di noi. Esattamente a metà tra me ed il mio rosso compagno. Matt la strinse da seduto, presentandosi con un grande sorriso.
Io mi alzai con fare formale, sperando di sembrare intelligente almeno quanto Yuichi.
-Mihael. È un piacere.-
-Mihael.- Per un secondo pensai mi stesse facendo il verso. -È uno dei miei angeli preferiti.-
Sorrise. Un sorriso che non posso dimenticare.

  
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