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Autore: Robcia    22/07/2014    3 recensioni
«Si chiama viale delle anime infrante, si trova nella strada fra il paradiso e l'inferno.
Qui ci sono i pensieri non scritti delle persone, avvenimenti che le hanno segnate profondamente e che hanno cambiato il corso delle loro vite, che hanno infranto le loro anime.» Dice il ragazzo, osservando il lungo viale cosparso di piccoli bigliettini colorati, alcuni consumati dal tempo, altri limpidi e puliti.
«E io cosa c'entro con tutto questo?» Lo guardo aggrottando le sopracciglia in un'espressione confusa.
«Tu sarai il loro angelo custode, salva le loro vite e potrai salvare la tua.» Harry mi sorride, un sorriso caldo e rassicurante.
Sono finita in qualcosa di molto più grande di me, io non ne sono capace.
Io non so far stare bene le persone.
Io non posso essere un angelo custode.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Boulevard of Broken Souls
Prefazione.


 
 
Muovo appena le dita della mano, sono indolenzite e sembrano non voler rispondere ai miei comandi. Sono stesa su qualcosa di duro e freddo, sembra liscio al tatto. Sforzo le mie palpebre ad alzarsi, la vista è appannata ed ho il fiato corto. Le tempie mi pulsano e sento dolore ovunque.
Mi guardo attorno confusa e tutto ciò che vedo è una vasta distesa di bianco. Un bianco nitido ed uniforme, non c’è soffitto, non c’è pavimento. Non c’è strada e nemmeno cielo. Bianco, solo bianco.
Per un momento credo che sia un brutto scherzo di quegli idioti dei miei amici, anzi, è così per forza.
Mi alzo traballante, le gambe non ne vogliono sapere di reggere il mio peso e scariche di dolore attraversano il mio corpo esile facendomi uscire un verso di lamento dalle labbra.
Immagini confuse lontanamente simili a ricordi vagano nella mia mente: ci sono delle luci colorate, dei corpi sudati e tanto fumo con della musica assordante di sottofondo. Una festa.
Mi sforzo per ricordare qualcos’altro ma a quanto pare è un tentativo inutile.
Sbatto varie volte le palpebre sperando di veder comparire qualcosa attorno a me, ho sempre odiato il bianco, la luce. E questo posto è fin troppo bianco e luminoso.
Faccio un passo nel vuoto, ma la pianta del mio piede poggia su qualcosa di solido. Sembra un pavimento, ma qualcosa mi dice che è solo un’illusione. Come diavolo ci sono finita qui?
All’improvviso vedo un corpo spuntare dal nulla: è una donna, probabilmente un’ottantenne. Cammina lenta e si guarda attorno con un sorriso stampato sul volto, non sembra accorgersi di me. Perché sta sorridendo? Cosa ci trova di bello in questo posto?
Decido di seguirla, magari potrebbe darmi qualche risposta.
Faccio un altro passo, incerta, assicurandomi che i miei piedi poggino davvero su qualcosa di solido. Uno sbuffo esasperato lascia le mie labbra e mi affretto a seguire l’anziana donna, che continua a guardarsi attorno e a sorridere. Sembra che stia parlando con qualcuno, ma io non vedo nessun altro.
Dopo qualche minuto di camminata nel vuoto riesco a scorgere un alto cancello di ottone in lontananza, e il mio cuore esulta nel mio petto. Finalmente sono giunta alla fine di questo scherzo di cattivo gusto.
Quando sono abbastanza vicina da poter vedere i disegni eleganti sul cancello di ottone, vedo l’anziana avvicinarsi ad un uomo seduto dietro una scrivania. E’ vestito tutto di bianco, è tutto così dannatamente bianco in questo posto.
Li vedo scambiarsi qualche parola e l’uomo si alza per poi aprire il cancello, lasciando libero accesso alla donna. L’anziana varca la soglia del cancello e scompare davanti ai miei occhi.
Credo che in questo momento la mia mascella potrebbe toccare il pavimento.
«Ehi, lei! Mi scusi!» Urlo per attirare l’attenzione dell’uomo che è tornato a sedersi dietro la sua scrivania.
«Mi scusi!» Ripeto avvicinandomi all’uomo, che finalmente sembra essersi accorto della mia presenza e alza lo sguardo sul mio viso.
«Sa dirmi dove mi trovo?» Chiedo con voce insicura, passandomi una mano fra i miei capelli tinti di bianco e mordendo nervosamente il piercing nero al lato del mio labbro inferiore.
«Queste sono le porte del paradiso, signorina.» Mi risponde gentilmente l’uomo, guardando attentamente il mio viso e io sgrano gli occhi per poi scoppiare in una sonora risata.
«Okay, questo scherzo è durato fin troppo. Mi dica dove si trova l’uscita.» Continuo a ridere poggiandomi con una mano alla scrivania e l’ennesima fitta di dolore attraversa le mie gambe. Sono costretta a stringere i denti per non far uscire un altro mugolio di lamento.
«Non c’è uscita da qui, signorina. Potrebbe gentilmente ripetermi il suo nome?» Mi chiede l’uomo che non sembra affatto disturbato dalle mie risate di scherno.
«Jillian, Jillian Lennon Carter.» L’uomo apre un grande libro e lo sfoglia fino ad arrivare alla lettera “J”.
«Mi dispiace signorina, lei non può entrare qui.» Mi dice l’uomo e ogni traccia di gentilezza scompare dalla sua voce. Che significa che non posso entrare?
«Che significa che non posso entrare?» Do’ voce ai miei pensieri, guardandolo con espressione infastidita. Voglio solo tornare a casa e passare la giornata sdraiata sul letto a guardare il soffitto e dimenticarmi di questo posto orribile.
«Qualche problema, Damian?» Una voce alle mie spalle mi fa sussultare dallo spavento. Mi giro e mi ritrovo davanti un ragazzo che potrebbe avere la mia stessa età. I capelli ricci e di un castano chiaro gli ricadono disordinatamente sulla fronte, incorniciando due occhi di un verde smeraldo. E’ alto e muscoloso, la sua pelle è esageratamente pallida.
«Un’altra anima dannata.» Risponde l’uomo di prima, mostrando il grande libro al ragazzo riccio. Lo guardo alzando un sopracciglio, poggiandomi una mano sul fianco.
«Anima dannata? E’ serio?» Guardo l’uomo per poi roteare gli occhi al cielo e il ragazzo riccio sospira silenziosamente scuotendo lievemente il capo.
«Tu non sai dove ti trovi, vero?» Mi chiede il ragazzo, affiancando l’uomo dietro la scrivania.
«Quest’idiota ha voglia di prendermi per il culo e dice che “queste sono le porte del paradiso”.» Lo schernisco alterando il tono della mia voce per poterlo imitare, per poi sbuffare spazientita.
«Esattamente, e questo comportamento non ti aiuterà di certo a varcare quelle porte.» Il ragazzo mi guarda e posso scorgere una leggera irritazione dietro i suoi occhi verdi.
«Tu chi sei?» Gli chiedo piegando le labbra in una smorfia infastidita, incrociando le braccia sotto il seno.
«Harry Styles, l’angelo della morte. Sono stato io a portarti qui.»
Lo guardo sgranando gli occhi e improvvisamente i ricordi sfocati nella mia mente diventano nitidi, concreti.
Sì, ero ad una festa. Mi ero divertita come al solito, avevo bevuto parecchio e avevo ingerito qualche sostanza pericolosa. Poi qualcuno mi ha messo qualcosa nell’ennesimo drink, ho sentito una forte scossa di dolore lungo tutto il corpo ed ora eccomi qui.
Sono morta e questa volta le porte del paradiso non si apriranno, non per me.
   
 
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