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Autore: uchihagirl    04/09/2008    5 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il doppio tag br.
Rinoa81, assistente amministratrice.

{Questa Fiction si è classificata Quinta al contest a tema floreale indetto da Sweet Audy}
Sakura fece scorrere le mani sulla cornice dorata e accarezzò leggera la tela: la scena rappresentava uno scorcio di campagna. In primo piano c’erano una donna con un vestito indaco e suo figlio che passeggiavano calmi per un campo delimitato da un viale alberato. Più indietro si notavano altre due figure, una signora e un bimbo, mentre seguivano la prima coppia. Tutto era ambientato in prossimità di una cascina, disegnata sullo sfondo. L’abilità dell’artista stava nel tratto deciso eppure quasi distratto, che rendeva tutto il quadro più armonioso; il prato era costellato di papaveri rossi e questi animavano la scena, rendendola più vivace senza modificare, neppure di poco, la serenità regnante nel dipinto.
Dedicato a mia cugina Marta, che con il suo entusiasmo mi ha reso felice.Grazie, ti voglio bene.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Credits: I personaggi e il quadro appartengo al rispettivo autore, ovvero Kishimoto-sama e Monet-sama

Credits: I personaggi e il quadro appartengo al rispettivo autore, ovvero Kishimoto-sama e Monet-sama. Inoltre questa storia è stata scritta senza scopi di lucro.



 

 

 

 

Poppy Blooming

 

Era molto presto: una flebile luce filtrava dalle imposte accostate e illuminava parte del letto posto vicino alla finestra. Le tende bianche fremevano, mosse da una leggera brezza, mentre un gatto nero girovagava pigro per la stanza, strusciandosi contro ogni angolo. Il gatto si fermò di fronte al letto, si accoccolò e raggiunse il comodino con un agile balzo.

Sakura aprì gli occhi di scatto, svegliata dall’improvviso rumore, vide il micio miagolare e sbuffò, irritata.

Si sistemò meglio sotto le lenzuola e si girò su un fianco, ma, quando sentì il letto vuoto, scattò all'istante a sedere. Si guardò intorno, allarmata, poi nella penombra riconobbe la figura di un uomo e sorrise. Era un sorriso strano, triste, grave, eppure sollevato.

“Allora non te ne sei andato.” Sussurrò.

“Non ancora.”

“Non puoi…” Non era una domanda.

“Lo sai che la Gendarmerie mi sta cercando per tutta Francia. Qualcuno mi ha visto passare la Manica. Devo andarmene al più presto.”

La speranza e il sollievo, prima presenti negli occhi della ragazza, si spensero e il suo sorriso si fece più triste. Lo guardò intensamente mentre si avvicinava al letto, trovandolo bello, – occhi neri magnetici e lineamenti perfetti - bello e dannato. Ma, dopotutto, pensò Sakura, Itachi non era il primo inglese che passava per strada: era il rampollo di una famiglia nobile vicinissima alla regina e aveva ereditato dai suoi genitori un certo fascino e la capacità di mettere in soggezione chiunque. Era un peccato che li avesse uccisi e che fosse inseguito da tutta Scotland Yard.

Sospirò e chiese, sorpresa:

“Perché eri lì?”

“Da quel punto si gode di una buona visuale.”

“Non mi hai riposto. Che ci facevi lì nell’ombra?”

“Ti guardavo dormire. Eri così delicata.

Lei aggrottò le sopracciglia e dichiarò: “Sono cresciuta in strada e sono riuscita a tirarmi fuori da sola da quell’ambiente: ora gestisco un ambulatorio e ne vedo di tutti i colori. Non sono delicata.”

“No? Ieri sera mi parevi molto delicata, mi sono dovuto contenere per non farti male.” disse lui, e sorrise sardonico.

Lei lo guardò a lungo negli occhi, con biasimo. Poi, d’improvviso, avvicinò le labbra a quelle di lui e lo baciò con foga, cingendolo con le braccia. Itachi fece scorrere le sue mani lungo la schiena della ragazza, avvicinandola a sé, poi passò a esplorare con le labbra il suo collo. Baciava, mordeva e leccava, e intanto Sakura sospirava smarrita, come se quelli fossero per lei gli ultimi respiri.

“Sei delicata, è un dato di fatto.” disse lui, guadagnandosi un’occhiataccia.

Poi, senza dire una parola, attraversò la stanza e si fermò di fronte a un quadro; con delicatezza lo staccò dal muro.

Si sedette di fianco alla ragazza e le mise il dipinto in grembo, facendole segno di osservare: il sorriso malizioso di poco prima era scomparso.

Sakura fece scorrere le mani sulla cornice dorata e accarezzò leggera la tela: la scena rappresentava uno scorcio di campagna. In primo piano c’erano una donna con un vestito indaco e suo figlio che passeggiavano calmi per un campo delimitato da un viale alberato. Più indietro si notavano altre due figure, una signora e un bimbo, mentre seguivano la prima coppia. Tutto era ambientato in prossimità di una cascina, disegnata sullo sfondo. L’abilità dell’artista stava nel tratto deciso eppure quasi distratto, che rendeva tutto il quadro più armonioso; il prato era costellato di papaveri rossi e questi animavano la scena, rendendola più vivace senza modificare, neppure di poco, la serenità regnante nel dipinto.

Sakura sorrise, pensando come un giorno – molto tempo prima - Itachi si fosse presentato alla sua porta con quel quadro sotto braccio. Era di Claude Monet -uno dei massimi esponenti dell’impressionismo- e certamente valeva una fortuna.

Eppure non capiva cosa volesse dirle lui.

Il suo sguardo vagò ancora sul dipinto, soffermandosi di tanto in tanto sui particolari, quando poi sovrappensiero ne pronunciò il titolo ad alta voce.

“I papaveri.”

Itachi annuì.

“I papaveri.” Ripeté. “Fin dall’antichità il papavero è considerato il fiore dell’oblio per via delle sue proprietà narcotizzanti: viene usato tutt’ora come antidolorifico. I suoi petali color rosso sangue rendono incredibilmente vivaci i campi dove crescono; purtroppo il papavero è dannoso per il frumento e alla lunga finisce per sopprimerne il seme. Nonostante questo, esso è molto fragile: muore poche ore dopo che è stato spiccato dal terreno.”

Sakura fissò ancora un momento il quadro, riflettendo, poi disse:

“Intendi farmi capire qualcosa?”

L’uomo non rispose.

Lei corrucciò la fronte bianca, rimuginando sulle parole di Itachi. A un certo punto qualcosa scattò nella sua mente e comprese.

“Ah, d’accordo. Quindi io sarei il grano e tu il papavero?”

Sorrise dubbiosa al suo cenno positivo.

“Non siamo delle piante, Itachi. Il nostro futuro è diverso dal loro.”

“Io non ne sono sicuro. Anzi, per me è esattamente così.”

“Immagino tu stia scherzando. Non puoi riferirti a noi.” commentò nervosa.

Quando vide lo sguardo serio dell’altro, rabbrividì.

“E dai! Non sono così delicata e ingenua da crederti.” Si morsicò un labbro, cercando di scaricare l’agitazione.

Eppure lui rimaneva immobile, la sua espressione era dura come la pietra: non era uno scherzo.

“Ma… Ma se le cose stanno così, secondo te non c’è futuro per noi!” esclamò, smarrita e turbata.

“Insomma, lo hai detto tu! Tutta la storia del nocivo e del papavero fragile!”

“Proprio così. Non c’è più un futuro per noi. E, a questo punto, si tratta di scegliere tra la mia vita e la tua, nulla più. Ma non devi preoccuparti,” disse scompigliandole i capelli sulla nuca, “questa scelta è già stata fatta.”

“Ma cosa stai dicendo?” Sakura si alzò in piedi di botto, facendo quasi cadere il quadro.

“Saremo felici insieme! Scapperemo!”

Lui alzò un sopracciglio e la guardò ironico: “Sicura?”

“Io… Sì, ne sono sicura” ripeté caparbia.

“Sei sicura di riuscire a sopportare la menzogna, lo stress, l’angoscia, il senso di colpa, la paura costante? Sei disposta a lasciare la tua vita, i tuoi amici, il tuo ambulatorio, tutto quello che hai costruito in questi anni? Pensi che ne valga la pena?”

I suoi occhi incontrarono quelli dubbiosi ed esitanti della ragazza.

“No, non ne vale la pena, fidati di me. Non resta che una soluzione.”

Sakura serrò i pugni, desiderando sfogare il suo dolore nelle lacrime, che, puntuali, non arrivarono.

“E te l’ho detto, Sakura, io ho già preso una decisione.”

Continuando a fissarla, Itachi si alzò, la prese tra le braccia e le baciò il collo, lasciando affondare le sue labbra tra la carne morbida della ragazza e aspirando forte l’odore della sua pelle. Sospirò lieve e le sussurrò all’orecchio: “Addio.” Nulla più.

Poi prese la giacca, si ficcò il cappello in testa e afferrò la borsa contenente tutti i suoi averi; con decisione girò la maniglia e uscì dalla porta.

Lui non si girò e lei non lo chiamò; si lasciarono così, in silenzio.

Mentre il gatto nero si strusciava ai piedi della sua padrona, reclamando coccole, Sakura restava immobile, silenziosa.

Le sembrava che tutto il colore fosse scomparso dalla sua vita, lasciandola sola e grigia.

Finalmente le tanto reclamate lacrime scivolavano sul suo viso, tracciando una linea invisibile oltre la quale il dolore non esisteva.

Ma con esse scivolava via anche qualcosa d’altro, qualcosa del tutto inaspettato, un peso sullo stomaco che non si era mai resa conto di avere, un macigno che trascinava da anni senza saperlo: il suo amore.

Ora lui se ne era andato e la sua vita era grigia, ma lei era sana e forte come una spiga di grano.

Sorrise amara, pensando che, infine, Itachi aveva ragione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

_______________________________

 

È molto difficile per me realizzare che sono arrivata quinta, gareggiando con autrici bravissime: non nego di aver investito molto tempo su questa storia, e averla riletta fino alla nausea, ma la mia posizione mi ha sinceramente stupita. Sono felicissima!! XD

 

Detto questo vorrei ringraziare:

©      Tikei-chan, Kaho-chan, Mikichan17, bambi88 per avermi supportata e tirato su il morale nei momenti bui (vi voglio bene!);

©      Ayumi Yoshida, per aver creduto in me;

©      Audy, per aver letto la mia storia, averla giudicata con attenzione e professionalità;

©      Voi che state leggendo, per essere arrivati fin qui e anche chi recensirà, perché mi farete sinceramente felice;

©      La mamma, perché mi ha sorpresa a fissare con ostinazione il quadro di Monet e si è messa a ridere;

©      E infine Marta, perché è la persona più entusiasta che io abbia mai visto, nonché la prima in famiglia a sapere che scrivo. È dedicata a te.

 

Detto questo, vi lascio la motivazione della mia scelta, che ho inviato ad Audy.

Un bacione

Elena

 

Fiore scelto e motivazione: Papavero Comune, chiamato anche Rosolaccio, per l’ambiguità e le contraddizioni di questo fiore. Esso infatti ha un colore vivace ed è inodore, il che farebbe pensare a un innocuo fiore di campo. Eppure dalla sua linfa vengono estratti l’oppio e la morfina; inoltre cresce tra il grano ma lo danneggia. Per me rispecchia le contraddizioni di Itachi e giustifica in parte la sua enigmaticità. 

 



 

   
 
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