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Autore: chocco    22/07/2014    1 recensioni
“Io non sono una buona persona. Io sono così: sono io Lord Voldemort.”
Capitoli privati di storia vissuta di Lord Voldemort, che si ritrova ad un passo dalla morte a rivivere i propri passi e ricordi.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Più contesti
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"Ah, Tom: tu sei meglio di così"





La morte è soltanto il principio.
Chi disse questa frase era solamente uno stupido che voleva alleviare il dolore e la paura di morire di lui e di altri stolti come lui.
La mia vita non è stato altro che una corsa contro il tempo che passava, contro la morte che, secondo dopo secondo, si avvicinava, imperterrita.
Le buone persone dicono che quando qualcuno sta per morire, lo sente, ripensa a quello che ha fatto e si pente per paura dell’aldilà.
Io non credo in un dopo, o non avrei cercato ossessivamente di restare in vita.
Ripenso a quello che ho fatto e non mi pento. Sono felice di avere ucciso tutti coloro che erano indegni di chiamarsi maghi.
Io non sono una buona persona.
Io sono così: sono io Lord Voldemort.

 

“E’ stato Matt!” stava dicendo il bambino piangente alla maestra.
La scampava sempre, Tom, quando si vendicava con i suoi compagni: bambini stupidi, inferiori.
Tom Riddle era un ragazzino strano, asociale, ma per niente timido. Preferiva essere temuto dagli altri, piuttosto che essere loro amico. Non era però un ragazzo normale, affatto, non agli occhi di tutto l’orfanotrofio almeno.
I ragazzi più grandi gli portavano rispetto; le maestre avevano timore di domandare lui qualsiasi cosa; i coetanei avevano paura di lui.
Mingherlino, bianco di pelle, nero nei capelli. Nei suoi occhi, neri e profondi, si poteva intravedere un velo di conoscenza.
Tom Riddle sapeva di essere speciale, da sempre, e sfruttava questa sua particolarità: lui sapeva fare delle cose quando era arrabbiato con gli altri bambini.
I suoi veri amici erano gli animali.
Il suo migliore amico si chiamava Zac, una lucertola veramente simpatica che si sentiva sola, come lui. Quando però Ted l’aveva calpestata, dopo averla maltrattata, Tom era rimasto solo e aveva deciso di vendicarsi bruciandogli i capelli.
Ted piangeva, incolpando Matthew, ma, mentre parlava con la maestra, guardava terrorizzato Tom.
Tom Riddle era potente all’orfanotrofio: gli piaceva sentirsi al di sopra degli altri; gli piaceva essere temuto; amava essere superiore e speciale.
Speciale.
Diverso.
Tom aveva solo pensato di bruciare la testa di Ted e ci sarebbe riuscito se la maestra non avesse avuto la prontezza di prendere un secchio d’acqua.
L’avrebbe ucciso.
E avrebbe riso di lui.

 

Quando il professor Silente venne all’orfanotrofio per dirgli che era un mago, Tom aveva perso parte della fiducia in sé stesso: non era speciale; era un comune mago senza famiglia; c’erano altre persone come lui.
Sul treno diretto a Hogwarts, Tom capì che Silente si era sbagliato: lui era più potente di tutti quegli stupidi ragazzini eccitati accanto a lui. Stare nel loro stesso scompartimento lo rendeva nervoso, gli creava un senso di soffocamento.
Al suo fianco un ragazzino stava spiegando di come suo padre avesse fatto punire il suoElfo Domestico perché aveva rovesciato la credenza con la cristalleria.
Di certo se lo meritava pensava Tom.
Gli altri ragazzi ridevano mentre Tom cercava di capire che cosa fosse il Quidditch, di cui palava tanto una ragazzina.
Questa ignoranza continua che lo seguiva lo faceva sentire stupido, fuori posto, solo.

 

La Sala Grande era riccamente addobbata, gremita di studenti, calda e accogliente: la cosa che lui associava alla parola casa.
Il professor Silente stava spiegando le regole dello Smistamento, lasciando poi parlare, o meglio cantare, quello che tutti chiamavano Cappello Parlante; ma Tom non stava ascoltando: il suo sguardo era catturato dal soffitto, dove un cielo al crepuscolo sovrastava magicamente la sua testa.

“Lestrange, Rodolphus” “SERPEVERDE!”

“Margareth, Thomas” “TASSOROSSO!”

“Prince, Eileen” “SERPEVERDE!”

Ogni volta che il Cappello smistava, la tavolata di studenti della Casa a cui questo si riferiva, scoppiava di gioia e in grandi applausi.

“Riddle, Tom”

Tom venne chiamato: il suo respiro accelerò, eccitato, spaventato e, quando si sedette sullo sgabello, il professor Silente gli mise il Cappello Parlante in testa.
“Ah Tom: tu sei meglio di così”, gli disse il vecchio e pesante Cappello.
“Io sono così”, gli rispose il ragazzino.
“SERPEVERDE!”
Un lungo applauso lo accolse dalla tavolata della sua nuova Casata, ma lui non sorrise: si sedette, lontano da loro, in disparte.
Di colpo però, alcuni dei ragazzini seduti nel suo stesso scompartimento si sedettero al suo fianco.
“Mi chiamo Rodolphus, e tu?
“..Tom.”
“Beh, benvenuto nel Mondo Magico, Tom”, gli disse una  ragazzina di nome Eileen.
E Tom sentì dentro di sé che Hogwarts era davvero casa, e un pezzetto della solitudine che attanagliava il suo cuore, scomparve.

 

Tom Orvoloson Riddle era uno studente eccezionale, amato dai professori e rispettato dalla cerchia di studenti che si consideravano suoi amici.
In realtà Tom Riddle non aveva amici. La sua cerchia di seguaci, come lui li definiva in segreto, non erano altro che studenti di Serpeverde che lo amavano per la sua bravura nelle materie in cui andavano male, per il suo carattere riservato e taciturno e per la sua capacità di parlare come un Purosangue.
Solo pochi eletti sapevano anche di una sua peculiarità: sapeva parlare con i rettili.
Al contrario di quanto gli aveva detto il professor Silente, anni prima, non erano molti i Rettilofoni, e per questo aveva cominciato a nutrire per il suo professore una certa avversità.
Perchè non voleva farlo sentire diverso? Migliore?
Tom era ossessionato dal sapere e dalla consapevolezza che, quando sarebbe morto, nessuno si sarebbe ricordato di lui.
Cominciò quindi, al suo quinto anno di scuola, a fare delle ricerche sulla vita.
Con il suo grande carisma riusciva a farsi fare permessi dai professori, grazie ai quali estendeva la sua ricerca nel Reparto Proibito, interdetto alla maggior parte degli studenti.

 

La mia vita cambiò radicalmente grazie al libro La vita eterna. Vi trovai informazioni sull’Elisir di Lunga Vita, che disprezzavo perché il corpo non poteva fare a meno della Pozione per poter sopravvivere. Vi trovai informazioni su ricerche continue di grandi maghi. Vi trovai la parola Horcrux.
Grazie a quello stolto del mio professore di Pozioni, riuscii a sapere che un grande mago avrebbe potuto dividere in due, tre, sei pezzi la sua anima.
E io ho sempre saputo di essere un Grande Mago. Fin da quando Silente mi trovò,sapevo di essere superiore.
Sono riuscito a scampare alla morte otto volte e più ormai, ma perchè ora sono qui, davanti alla persona che odio di più al mondo, a combattere per la mia vita?
Non riesco a provare amore, pietà, compassione. Anche la felicità mi è sconosciuta.
L’unico sentimento che ho sempre provato nella mia vita è stata la solitudine.
Non mi fa paura, è la mia compagna d’avventure, la solitudine. Non sono da compatire, ho fatto solo quello che era giusto fare, per me ovviamente, e non me ne pento.
“Avada Kedavra”
“Expelliarmus”
E mentre, al rallentatore, riesco a vedere che la morte si sta avvicinando con il suo mantello nero, mi domando che cosa volesse dire il Cappello Parlante, anni fa.
Il senso di solitudine scompare, finalmente, e riesco a provare il vuoto che solo i morti possono provare.
La mia anima è squarciata e il dolore mi attraversa, lancinante, mentre il sollievo di un nuovo doloroso, eterno, dannato, sentimento mi prende.
E le ultime parole che ricordo sono: “Ah, Tom: tu sei meglio di così”.




Winga's corner
Beh, ecco qui anche un pezzetto di Lord Voldemort. Mi piace molto questa FF: pensare e parlare come Lord Voldemort è stata un'emozione, spero di avervi fatto provare qualcosa.. Magari non proprio la voglia di tirarmi pomodori in faccia! 
Spero in una recensione, buona o meno che sia! 

 

   
 
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