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Autore: Ben_hellis    22/07/2014    2 recensioni
Lui, comparso all'improvviso dal buio, aveva sussurrato nel suo orecchio che l'avrebbe uccisa; lei cercò di scappare ma l'uomo, ridendo, le aveva afferrato un piede facendola cadere a terra.
Comincia sempre così l'incubo di Sarah ed è l'unica cosa che ricorda della notte in cui i suoi genitori sono morti. Per scoprire il mistero che c'è dietro la loro morte dovrà tornare a quella notte, l'unico modo per contrastarlo e salvare le sue vittime.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. La strega di ghiaccio
Il passato diviene presente

 

 

Fuori dalla finestra le gocce di pioggia cadevano incessanti. I fulmini illuminavano il soffitto della sala, sotto il tavolo una bambina ansimava.

Lui, comparso all'improvviso dal buio, aveva sussurrato nel suo orecchio che l'avrebbe uccisa; lei cercò di scappare ma l'uomo, ridendo, le aveva afferrato un piede facendola cadere a terra. La sua mano era fredda come il ghiaccio, eppure faceva molto caldo in quel periodo. Nella penombra dell'abat-jour la bambina guardò verso di lui, era alto e portava un cappello da cui gocciolava del liquido, i suoi occhi rossi la scrutavano nel profondo, mostrò i suoi denti gialli e lei gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Le prime lacrime le solcarono il viso, si mise in piedi di scatto e uscì dalla camera. Non poteva pensare che la stava lasciando andare apposta.
Nel corridoio buio aveva paura, una paura che mai aveva provato. Una luce intensa venne dalla finestra, poco dopo un boato assordante fece vibrare i vetri. Saette cadevano veloci, i loro bagliori le illuminavano la via che sperava essere della salvezza.

Buio, luce, buio, luce, scale.

Le percorse con tutta la velocità che poteva sostenere, non sapeva dove andare, ma voleva uscire da quella casa.

Buio, luce, buio, luce, Porta.

Afferrò la maniglia e tirò verso di lei.

Buio, luce, buio, luce, mano

L'uomo bloccò la porta.
Come aveva fatto? Non l'aveva rincorsa, come poteva essere di fianco a lei?

Lui mostrò i denti in una specie di sorriso, prese dal lungo cappotto nero un coltello argentato. Lei gridò così forte da sentire la gola bruciare, concentrò tutte le sue forze e lo spinse per terra.
I fulmini si fermarono il tempo necessario perché la bambina scappasse, quando una saetta illuminò l'ingresso era lontana, sotto il tavolo della sala da pranzo.

Il cuore le pulsava a mille, era nascosta sotto quel vecchio tavolo ormai da diversi minuti. Sentiva la sua presenza, quell'uomo voleva farle del male.
«Perché la mamma e il papà non vengono e salvarmi?» Pensò.
Piccole lacrime le rigarono la faccia, si strinse le ginocchia con le braccia e guardò il braccialetto che le aveva dato sua madre, sembrava emettesse una piccola luce dal suo interno.
Fece un grosso respiro e pensò a quando la mamma glielo aveva regalato, era una notte tempestosa come questa e non riusciva a dormire per colpa dei fulmini. La madre con la sua dolce voce le aveva detto che se aveva paura doveva stringere il braccialetto, pensare a loro e ripetere una semplice frase.
Aprì la bocca per ripetere quelle parole, ma prima che ne potesse uscire un qualsiasi suono il tavolo venne rivoltato dall'uomo. Stringeva il coltello e rideva, rideva. La lama scese veloce verso la testa della bambina.

Luce, buio, luce, sangue.


Sarah si svegliò mentre urlava con tutto il fiato che aveva. Era sudata e stringeva forte le lenzuola del suo letto, ansimava e il cuore sembrava che le dovesse scoppiare da un momento all'altro. Si guardò intorno, vide il letto di fronte al suo: vuoto. Alyson non era ancora tornata dalle vacanze, anche se la sua compagna di stanza ci fosse stata non le avrebbe certo chiesto perché urlava nel mezzo della notte, anzi avrebbe avuto da ridire sul perché l'avesse svegliata senza un buon motivo. non le mancava per niente quella ragazza piena di sé. Ma presto sarebbe arrivata e avrebbe dovuto dividere di nuovo la stanza.
Accese la lampada sul suo comodino. La luce illuminò la stanza ricordandole quanto fosse piccola per due ragazze di sedici anni.
Sì, sono al collegio, va tutto bene, era solo un incubo.” Pensò cercando di calmarsi.
Portandosi le ginocchia sul petto fece un paio di respiri profondi. Alla fine decise di alzarsi e si diresse lentamente verso la porta del bagno, accese la luce dello specchio e strizzò gli occhi. Sospirando girò la testa verso la finestra, fuori stava quasi per albeggiare e tra poche ore sarebbe cominciato il nuovo anno scolastico, un anno come tutti gli altri.
Si appoggiò al lavandino, aprì l'acqua e si diede una sciacquata alla faccia, si passò l'asciugamano sul viso e si guardò alla specchio, i suoi capelli bianchi a caschetto riflettevano la luce come se fossero di argento.
"Piccole ciocche argentate" disse a bassa voce ripetendo quello che suo zio le aveva detto quando i suoi capelli erano cambiati di colore per quella terribile notte. Erano ormai passati dieci anni, ma non aveva scordato la morte dei suoi genitori. I suoi ricordi finivano come nell'incubo ma i suoi zii, che l'avevano presa in adozione, le avevano raccontato che i genitori erano stati uccisi per salvarla da quell'uomo che sparì nel nulla in quella stessa notte.
Strinse forte il lavandino e guardò intensamente nello specchio i suoi occhi azzurri erano pieni di rabbia e costernazione.
«Perché quell'uomo ce l’aveva con me? Perché ha ucciso i miei genitori?» Disse tra i denti mentre piccole lacrime le solcavano il viso.
Nella sua mente si affollavano tante domande, anche se le risposte non avrebbero fatto tornare i suoi genitori non poteva fare a meno di chiedersi il perché di tutto questo.
Si sentiva persa senza i suoi genitori, i suoi zii erano gentili con lei ma erano sempre assenti per lavoro. La scuola media fu il suo incubo peggiore, tutti la prendevano in giro perché aveva i capelli bianchi e perché era attratta dalla parapsicologia e dal misticismo, passione che le avevano passato i suoi genitori. Nel primo anno delle superiori non era andata meglio, ma finito l'anno i suoi zii avevano avuto un'occasione imperdibile di lavoro all'estero, così l'avevo mandata in collegio in Inghilterra. Uno dei migliori avevano detto.
«Pieno di boriosi e di figli di papà, il meglio del peggio.» Disse ad alta voce.
Guardò il braccialetto di sua madre sospirò e spegnendo la luce decise di tornare a letto. Prese dal cassetto la foto dei suoi genitori e la strinse a se. Si addormentò.


La sveglia non ebbe pietà, alle sette precise squillò. Sarah si girò di scatto a spegnerla. Scese dal letto e dopo essere passata dal bagno indossò la divisa della scuola.
Usci dalla sua camera, nel corridoio le altre ragazze parlavano tra di loro delle vacanze, dei ragazzi conosciuti e di quanto fosse noioso tornare a scuola dopo due mesi di vacanza.
«Pensa quanto è noioso farsi anche tutte le vacanze qui.» Pensò sbuffando.
Nella foresteria il volume delle voci era terribilmente alto, Sarah beveva il suo tè cercando di dimenticare l'incubo della sera prima.
«Eccoti, finalmente ti ho trovata!» Disse una voce femminile.
La ragazza si sedette di fianco a lei, stava per toccarle la spalla ma si fermò.
Sarah sorrise.
«Ciao Elly, ti vedo in gran forma stamattina, pronta per il nuovo anno?»
«Io sono sempre pronta. Ho letto tre volte il regolamento scolastico e, come ogni giorno, ho fatto i miei cinquanta passi per arrivare sino alla foresteria. Per fortuna ti ho trovata, altrimenti mi sarei dovuta fermare prima.» Rispose guardandola negli occhi.
«Tre volte? Non avevi deciso di leggerlo solo più una volta?» Disse prendendola in giro.
«Molto spiritosa signorina Frost, per questo mi sentirà ripetere tutte e quaranta le regole della scuola finché non avrai finito la sua colazione.» Disse accarezzandosi la lunga coda bionda che si faceva ogni mattina.
«No Elly, ti prego, so che li sai a memoria, come qualsiasi altra cosa tu legga per più di due volte.»
Mentre Sarah finiva la sua colazione Elly le elencò tutte le regole di comportamento della scuola con diversi suoi commenti aggiuntivi. Come ogni mattina Sarah pensava ad altro finché la sua amica non avesse finito il suo comportamento ripetitivo.
Quando la campanella suonò si alzarono tutte e due dal tavolo, Elly si teneva a distanza di qualche passo da lei e parlavo del più e del meno. Davanti a loro passarono diversi nuovi ragazzi.
«Hai visto Sarah? Sono i nuovi alunni della scuola. Ce ne sono una cinquantina, vuoi sapere il loro nomi e cognomi?» Disse Elly.
«No, grazie. Saranno come i miei compagni di classe: odiosi e come se tutto fosse di loro proprietà.»
«Quanto hai ragione, meno male che abbiamo il nostro piccolo posto al BlackHorse Herald. Cosa farebbe il giornale senza di noi?»
«Senza i tuoi articoli sarebbe un giornale più serio, ogni volta che leggo i tuoi articoli mi viene la nausea.» Disse ad alta voce un ragazzo alle loro spalle.
Si girarono tutte e due, davanti a loro un ragazzo della loro età le guardava sorridendo con superiorità. Si passò una mano tra i capelli corvini. «Dovresti proprio fare a meno di scrivere, tanto nessuno li legge i tuoi stupidi articoli sul paranormale e sui misteri di questa scuola.»
«Jasper, piccolo verme, come mai non sei a leccare i piedi ai professori per farti promuovere di nuovo?» Sarah avrebbe voluto rispondere così, ma si trattenne e salutò educatamente.
«Buongiorno anche a te Jasper. Se i miei articoli non ti piacciono puoi anche non leggerli.» Dicendo questo si girò di scatto e andò verso la sua classe.
«Te ne vai già? Quanta freddezza nelle tue parole, mi aspettavo un saluto più caloroso dopo le vacanze. Non mi stupisce che ti chiamino tutti la strega di ghiaccio.»
A quel soprannome Sarah si girò di scatto, i suoi occhi azzurri erano pieni di odio e stringeva i pugni, si era formata una piccola folla.
«Lascia stare questo signorino, che senza suo padre non si sa allacciare neppure le scarpe.» Disse Elly improvvisamente sorridendo al suo solito. Lui divenne scuro in viso.
«Hey “honky” vedi di farti i fatti tuoi.» Disse avvicinandosi, la strinse forte le spalle con le mani e la guardò fissa negli occhi.
Elly divenne paonazza, si divincolò e si appoggiò al muro chinandosi piano a terra.
«Non toccarmi, non toccarmi, non toccarmi.» Aveva le mani che tremavano e stava per piangere.
Jasper si stava avvicinando, Sarah si mise in mezzo pronta a tirargli un pugno.
«Lasciala stare, brutto ido...» Non finì la frase che un professore intervenne e la folla sparì di corsa.
«Cosa succede qua? Non dovreste essere in classe?»
«Mi stavo recando in questo preciso momento, ma questa ragazza ha avuto una crisi e volevo aiutarla.»
«Ci penso io signor White, lei vada in classe e pure lei signorina Frost, non voglio altri problemi per oggi.»
Sarah si chinò verso l'amica.
«Ci vediamo dopo Elly.»
Non aspettò la risposta, in quel momento era a in un altro mondo. Si allontanò, tutti si scostavano al suo passaggio, sentiva voci che parlavano alle sue spalle e vedeva quei sorrisini altezzosi formarsi sulle persone su cui posava lo sguardo, era piena di rabbia.
Alzò gli occhi dal pavimento, un ragazzo le stava sorridendo sinceramente, portava una borsa a tracolla come quelle dei fotografi. Non l'aveva mai visto prima. Stava per accennare un sorriso, ma si fermò di colpo.
«Sarà come tutti gli altri.» Pensò mentre si dirigeva verso il secondo piano.
Prese le scale secondarie dove non avrebbe incrociato nessuno, mentre saliva il silenzio l'avvolse, poteva sentire solo i suoi passi. Improvvisamente un brivido le trafisse il corpo come una lama, d'istinto si strofinò le braccia. Si guardò intorno cercando di capire da dove arrivasse, si avvicinò al corrimano, un secondo brivido la percorse, deglutì.
Stava cominciando a sudare, prese con entrambe le mani il corrimano e si sporse per la tromba delle scale, sotto di lei il buio. Guardò meglio, sembrava allargarsi verso di lei; no, la stava attirando. Sarah strinse le mani intorno al corrimano, ma il suo corpo si stava piegando in avanti, i suoi piedi si sollevarono di qualche centimetro da terra, gocce di sudore cadevano dalla sua fronte. In fondo, una piccola cosa attirò la sua attenzione e con il passare dei secondi la piccola cosa prendeva forma, era una mano. Sarah provò ad urlare ma il buio attutiva ogni suono, si stava avvicinando, stava per afferrarla, Sarah con tutte le sue forze si staccò dal corrimano e andò a sbattere contro il muro dietro di lei. Ansimava forte e tremava. Il freddo e il buio erano spariti, si mise in piedi e guardò verso le scale più in basso, era tutto illuminato come al solito.
In quel preciso momento la campanella suonò.
Sarah presa dal panico di arrivare in ritardo dimenticò l'affannamento e corse in classe.

 

   
 
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