Anime & Manga > Lupin III
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Autore: ThiefOfVoid    23/07/2014    3 recensioni
"Cinque giorni di coma e due arresti cardiaci più tardi mi risvegliai e il mio caro zio, arrivato alla velocità della luce da Tokyo per starmi vicino, mi convinse in qualche strana maniera a lasciare la mia brillante carriera da diagnosta per arruolarmi nell’Interpol. Tre mesi dopo essere stata dimessa lasciai il camice bianco per una divisa. [...] Ho le idee chiare, devo e voglio lasciare l'Interpol"
Un'hacker alle prese con la sua prima missione sotto copertura per conto dell'ICPO. Saprà rimanere distaccata o si lascerà trasportare?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jigen Daisuke, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi stacco da lui anche se non avrei voluto farlo e salvo al volo su chiavetta quelle poche cose che ho trovato sul diamante mentre Jigen recupera il recuperabile, visto che dobbiamo lasciare questo nascondiglio. Credo che poi torneremo qui a recuperare tutto, ora le cose importanti sono il computer, la chiavetta e le munizioni. Goemon e Lupin entrano e discutono con Jigen e mentre impazzisco per mettere il pc nella borsa capisco che vogliono uscire dalla finestra per scappare dai tetti. Nel trambusto nessuno di noi presta attenzione alle parole di mio zio, ma tutti sussultiamo quando dal suo megafono urla a tutti polmoni “C’è mia nipote lì dentro, attenti a dove sparate!” Sbianco mentre mi guardano con stupore. Vorranno delle spiegazioni…e non so se riuscirò a dargliele. Quel pazzo di Zazà (così ho cominciato a soprannominarlo anche io) sta per dire di più, sta per darmi il merito per tutto questo. Tolgo velocemente la sicura e sparo un colpo che sfiora volutamente di un paio di millimetri il suo polso. Istintivamente lascia andare il megafono. Non voglio che lo scoprano da qualcun altro, devo essere io a confessare. Lupin è il primo ad uscire, seguito a ruota da Jigen che mi esorta a scappare prendendomi per un polso, come per dirmi che va tutto bene, che non è arrabbiato perché non gli ho detto niente. Goemon rimane in fondo al gruppo e devia le pallottole con la spada. Ora che ho l’adrenalina nel sangue sparo soprattutto ai motori delle auto di quelli che per la maggior parte sono miei colleghi e consumo caricatori interi ad una velocità per me insolita. Non mi capita spesso di poter dare sfogo in maniera totale al mio talento con la pistola. Ho mandato a puttane ogni singolo motore, non mi rimane altro che disarmare quei simpaticoni in divisa. Fra di loro c’è anche Jones, che potrebbe rimanere deluso dalla mia convinzione in quello che sto facendo. Forse chi mi guarda sparare in questo istante potrebbe credere che sono parte integrante della banda, l’esitazione non è alla guida delle mie azioni in questo momento. Fa un caldo impressionante e questo non mi aiuta affatto a controllare la mia paura per l’altezza ora che dovrei saltare giù. Jigen se ne rende conto, mi stringe la mano per darmi coraggio e saltiamo insieme. Quando saliamo in macchina ormai sono pochi quelli che tentano di fermarci, fra quei pochi c’è mio zio che mi sta guardando con rimprovero, visto che ho fatto di tutto per intralciare lui e la squadra che ha messo su per catturarci. Anche se non sono ancora pronta per dare le dimissioni so’ comunque cosa fare: non andrò più a fare rapporto da questo momento in poi. Mi sembra il minimo che possa fare per cercare di riscattarmi e allontanare i sensi di colpa. Non so dire come l’hanno presa gli altri e per ora poco mi interessa. La mia priorità è Jigen. Anche se lo conosco da due giorni abbondanti lo capisco già abbastanza da vedere che è contrariato e preoccupato allo stesso tempo. Una folata d’aria per poco non mi porta via il cappello, ma per fortuna lo prendo in tempo. In auto regna un silenzio quasi spettrale, nessuno dice una parola, l’unica cosa che disturba i nostri timpani è il traffico di New York. Lupin ha fatto bene a prendere la decapottabile a quattro posti, ora che stiamo andando verso il porto c’è una leggera brezza, non freschissima ma è meglio di niente. Il fatto che ci stiamo allontanando da Time Square mi rassicura un po’, è improbabile che mio zio ci faccia cercare in questa parte della città. Nessuno ha il coraggio di chiedermi niente fino a che non arriviamo al nascondiglio di riserva, in un vecchio magazzino del porto. L’interno è così ben organizzato che quasi riesce a nascondere la vera natura di questo posto. Entro e mi lascio sprofondare in una poltrona a sacco azzurra.

“E’ vero quello che ha detto Zazà?” il tono di Lupin non è arrabbiato, ma curioso

“Sì è vero…non ve l’ho detto subito per paura che avreste dubitato di me” abbasso lo sguardo e comincio a giocherellare con la cinghia della borsa, tentando di neutralizzare l’ansia.

“Non preoccuparti, non è così grave” Jigen sta aprendo un pacchetto di Pall Mall super long. Dalla mia posizione noto il suo sguardo senza troppa fatica, ed è molto comprensivo e rassicurante

“Certo non è grave, semplicemente è colpa sua se Zenigata ci ha trovati”

“Non dire stronzate Goemon, sai benissimo che Zenigata è capace di ribaltare una città intera pur di trovarci. Il fatto che sua nipote si sia unita a noi e che lui dopo due giorni ci abbia trovato è un caso, una coincidenza bastarda”

“Non è possibile, hai perso di nuovo la testa e ora ti stai facendo fregare di nuovo…ieri sera deve avergli sicuramente detto dove eravamo”

“Parla quello che non ci ha mai riemesso…che mi dici di Susan?”

“Anche se è stato un po’ duro Jigen ha ragione, è sbagliato dubitare di lei. Se avesse avuto contatti con Zazà avrebbe cercato di arrestarci già ieri notte”

“Infatti, è a questo che volevo arrivare, sarà anche parente di Zenigata ma ci si può fidare…qualcuno ha da accendere?” nella borsa del pc ho ancora un accendino che usavo quando lavoravo al Mercy per accendere il fornelletto della saletta di chirurgia, stavolta lo uso per accendere una sigaretta rigorosamente non mia, io non fumo

“Guarda tutte le altre che hai amato Jigen! Linda ti ha tradito e tu l’hai uccisa! E anche lei è del suo livello!”

“Come diavolo fai a paragonarle!? Lei è diversa, non è una traditrice”

“Bhe nemmeno tu all’inizio pensavi che Linda fosse una traditrice”

“Pensa pure quello che vuoi, ma collaborerà con noi nel colpo di settimana prossima”

Avevo capito da un po’ che la tensione stava salendo a livelli stratosferici, ma non immaginavo che si sarebbe arrivati a questo. In una manciata di secondi sento la punta della spada di Goemon sulla mia gola e altrettanto velocemente Jigen gli punta la magnum alla testa. In tutto questo casino non so come stia reagendo Lupin e nemmeno mi interessa, perché quello che sto vedendo mi mette molta ansia. La lama si sposta velocemente dalla mia gola a Jigen, per un istante mi sembra quasi che il cuore mi si fermi. Non so come, ma riesce a schivare il colpo abbastanza da non essere ucciso, Goemon è riuscito solo a ferirlo lievemente al braccio destro. D’istinto prendo il polso di Goemon e gli giro il braccio dietro la schiena, così che lasci andare la spada. Strano che ci sia riuscita senza difficoltà…non so, credevo che essendo un samurai sarebbe riuscito a fregarmi, al diavolo, è meglio così.

“Piantatela e state calmi dannazione!” dal suo tono di voce leggermente alterato deduco che è da una vita che sta parlando senza essere ascoltato

“Sono già calma!”

“Allora perché stai tremando?”

“Io non sto…tremando” mi fermo un secondo e cerco di riacquistare la mia lucidità, solo ora mi rendo conto che ho il cuore in gola e che sto tremando come una foglia. Tutto credo dal momento in cui ho creduto che Goemon avrebbe ucciso Jigen. Mi rendo anche conto che sto ancora cercando (invano) di lussare una spalla ad un samurai uscito di testa. Lo lascio quasi con disprezzo “Posso capire che tu non ti fidi di me, sono un’estranea che è parente dell’uomo che da anni cerca di arrestarvi. Ma passare dal non fidarsi di me al tentare di uccidere chi ha fiducia in me è…psicopatico. Continua a dire pure quello che vuoi, tanto ora nemmeno io mi fido di te”

“Bene, allora non dovrò fingere di essere dispiaciuto quando morirai durante il colpo”

Dopo questa sua dose di simpatia si leva dalle scatole. Non presto attenzione alle sue parole, sono molto più preoccupata per Jigen…sì, anche so che è una ferita superficiale per cui non ci vorrebbero nemmeno dei punti di sutura mi sono spaventata, e tanto anche. Se fosse solo un conoscente o solo un amico non mi sarei spaventata così tanto. Forse ho davvero perso la testa…anzi no, devo togliere il forse. E’ irrazionale innamorarsi di qualcuno in così poco tempo, conoscendolo così poco. Eppure è accaduto. Non bado a quello che dicono Lupin e Jigen, sono troppo persa nei miei pensieri. E’ accaduto tutto a causa mia…e sono una traditrice. Jigen si fida di me, e quando scoprirà la verità non vorrà saperne più niente di me…ma non voglio perderlo.

“Hey, tutto bene?” solo la sua voce preoccupata mi riporta alla realtà

“No non va bene…è tutta colpa mia”

“Che stai dicendo?”

“Se ve lo avessi detto forse l’avrebbe presa diversamente, non avreste discusso e non avrebbe cercato di ucciderti…è colpa mia”

“Invece ti sbagli, non è colpa tua…anche se ce lo avessi detto avrebbe sclerato lo stesso”

“Se lo dici tu…comunque ora non è questa la cosa importante, dovremmo prima occuparci del tuo braccio”

“Non preoccuparti, faccio da solo”

“E’ il minimo che possa fare per sdebitarmi dopo che mi hai salvato la vita”

Medicandolo mi rendo conto che ha una soglia del dolore cento volte più elevata della mia, a me il disinfettante da più che fastidio, lui invece non fa una piega. Ripenso anche a quello che ha detto a Goemon…ha detto che parteciperò settimana prossima, non ha detto niente di stasera

“Ma prima del colpo non dovevo affrontare una specie di esame?”

“Avresti dovuto, ma ti ho già visto sparare oggi…e te la cavi bene” si prende un attimo di pausa, come se dovesse ammettere qualcosa che non vuole ammettere “Non te l’ho chiesto per la fiducia, ma perché settimana prossima potrebbe essere pericoloso…voglio essere sicuro che non ti accada nulla. Comunque devo ancora valutarti un po’, stasera penseremo noi a prendere ciò che è rimasto nel vecchio nascondiglio. E’ l’occasione perfetta, questa non è una zona propriamente tranquilla, e visto che non credo che riuscirò a sparare tocca a te salvarci la pelle”

Ho il respiro troncato a metà. Sento più interesse da lui che mi conosce da due giorni circa che non da tanta altra gente che mi conosce da anni. Cambio discorso prima che io scleri completamente “Dimmelo se ti sto facendo male…”

“Nient’affatto...ma mi fa male starti lontano”

Mi sembra di avere un martello pneumatico nella cassa toracica invece del cuore. La presa sulla benda che fino a un secondo fa gli stavo stringendo al braccio si fa lenta fino a che la reggo a malapena con le dita. Si avvicina lentamente al mio viso, mentre io me ne sto li pietrificata senza reagire. Le sue labbra sono quasi sulle mie, è tutto così perfetto…se non fosse per un rompi scatole in giacca rossa e cravatta gialla che entra a caso a rompere le scatole non so bene perché.

“Jigen dobbiamo preparare…” scatto all’indietro rischiando di cadere come una pera. Poi arriva Jigen che sta lì bello tranquillo come al suo solito che semplicemente si tira giù un po’ il cappello “Ah, scusate se vi ho interrotto” quel cretino di Lupin se la ride come non so cosa…sta sicuramente insinuando, come al suo solito.

“Non…non hai interrotto proprio niente” torno a prestare attenzione alla benda e anche se ho ancora le mani leggermente deboli da quello che è stato il fangirlizzamento celato nel profondo la annodo alla ferita

“Dammi solo un paio di minuti e arrivo” qualcuno deve spiegarmi perché a questa frase ho quasi pensato male. Prende un batuffolo di cotone e lo imbeve leggermente nel disinfettante. Me lo avvicina al collo nel punto in cui la spada di Goemon ha premuto leggermente. Appena tocca la pelle scatto all’indietro per il bruciore.

“Scusa, non è colpa tua. Sono io che ho la sopportazione di una formica epilettica” mi impegno per non scattare di nuovo, perché in fondo se mi concentro un po’ di sopportazione ce l’ho, non molta ma fa niente. Mi rifiuto categoricamente di mettermi un cerotto, primo perché non starebbe attaccato manco a mazzate da quanto fa caldo e secondo perché sul collo mi dà fastidio…so, fuck off.

Si alza, tira un po’ su il cappello offrendomi una rara visione quasi completa del suo viso e mi fa l’occhiolino “La cosa della lontananza è vera quanto che sono il miglior tiratore di Tokyo”

“E di New York come minimo…” mi sto impegnando tantissimo per non sclerargli di nuovo in faccia

Lo tira di nuovo giù e le sue mani tornano nelle tasche, come sempre del resto. Se ne va a preparare non so cosa per il colpo e appena sono sicura che non possa fare caso a me comincio a saltare per tutta la stanza, fangirlizzando in silenzio. Se va avanti così morirò di infarto a causa della sua figaggine. Dopo un minuto di fangirlizzamento ininterrotto esco e riaccendo il computer, sperando di trovare qualcosa in più su quel dannato diamante. Ma niente, dovrò andare per forza in biblioteca. Così metto su canzoni a caso, fra cui Joker And The Thief dei Wolfmother.
Sono le undici e mezza ormai, è improbabile che qualcuno ci veda e ci crei problemi a quest’ora. All’andata è tutto tranquillo, non incrociamo nessuno intenzionato ad ucciderti, però parliamo.

Posso farti una domanda?”

“Tipo quale?”

“La scelta della pistola è dovuta a me? Insomma, hai scelto di usare una magnum da quando mi hai visto sparare?”

“No, c’è tutta una storia dietro la scelta della pistola” sorrido amaramente ripensandoci “Anche mio padre faceva parte dell’Interpol, lui però era in servizio a New York, mentre mio zio stava a Tokyo. Ha sempre seguito le missioni anti mafia. Mi diceva sempre che detestava la pistola di ordinanza e che avrebbe preferito usare una magnum, ma non lo faceva solo perché non era abbastanza veloce a ricaricare. Un giorno, dopo tanto tempo, è riuscito ad ottenere una missione sotto copertura nella banda di Gavez. Dopo sei lunghi mesi però lo hanno scoperto, non chiedermi come. Lo hanno ucciso, ai piedi della Statua della Libertà, in piena notte. Lo hanno crivellato di colpi. Avevo 15 anni e questo duro colpo mi aveva fatto diventare ribelle e ingestibile. Mia madre non riusciva a gestirmi anche perché distrutta dal dolore. Dopo un mese mi sono trasferita a Tokyo da mio zio e da quel giorno mia madre è sparita, credo che sia morta. Mi ha cresciuto come una figlia…per questo siamo così legati. Quella che uso oggi è la pistola di mio padre. Mi aveva promesso che a sedici anni mi avrebbe insegnato a sparare e che a diciotto mi avrebbe regalato la sua magnum. Così quando dovevo fare le valigie per andare a Tokyo ho cercato di nasconderla fra i miei vestiti, ma mia madre mi aveva scoperto. Però non si è arrabbiata, l’ha messa in un fodero e poi è uscita per farmi tutta la documentazione così che io potessi portarmela in Giappone. E’ stato il suo ultimo gesto comprensivo prima che sparisse. Alla fine mio zio a rispettare il volere di mio padre…e alla fine è anche grazie a lui che sono diventata ciò che sono oggi”

Per un attimo mi sembra quasi che si senta in colpa o che sia deluso. Dopo che gli ho nominato Gavez la sua presa sul voltante della Spider d’epoca decapottabile si è fatta più rigida “Fantastico…mio padre, che in quel periodo era il braccio destro di Gavez, potrebbe aver contribuito all’omicidio del tuo. E come se non bastasse anche io ho lavorato per lui fino a qualche anno fa”

Per me non è una novità, sapevo già tutto, visto che è da anni ormai che indago segretamente sul caso di mio padre. So che gli indiziati principali sono due: il padre di Jigen e un messicano di cui devo ancora trovare il nome “Come mai te ne sei andato?”

“Per principio uccido solo per autodifesa…e di certo la criminalità organizzata non si fa scrupoli come faccio io” si prende una lunga pausa prima di continuare il dialogo…c’è sicuramente qualcosa che non va in lui “Forse non dovrei dirtelo, ma il colpo di settimana prossima è ai danni di Gavez, ha accumulato un tesoro niente male, che ovviamente ci interessa. Per questo potrebbe essere pericoloso, forse non sa cosa fai nella vita, ma di certo sa che sei la figlia di un traditore…cioè, per me tuo padre non era un traditore, però per lui sì”

Gli stringo leggermente la mano destra, che ora è sul pomello del cambio “Lo so come la pensi, non c’è bisogno che ti giustifichi. Piuttosto, stai bene?”

“Sì…certo”

“Stai mentendo, non è vero? Ti senti in colpa perché hai lavorato per il boss che ha fatto uccidere mio padre e perché forse sei il figlio del suo assassino…ma non devi stare male per questo, non potevi saperlo, nemmeno ci conoscevamo”

Lo dice a voce bassissima, ma riesco comunque a sentirlo “Ma per fortuna ora ci conosciamo”

Continuo con il mio discorso cercando di non sclerare “Tu non c’entri con questa storia…e anche se fosse non credo che sarei in grado di odiarti”

Rimaniamo in silenzio per un po’, credo ognuno a pensare a questi due giorni che ormai sono tre. Le cose sono cambiate così velocemente…e credo che siamo entrambi confusi e stupiti del fatto che abbiamo legato così tanto in così poco tempo, perché lo so che è strano per entrambi. Per noi è addirittura insolito provare qualcosa per una persona, quando poi accade così all’improvviso non ci capiamo più niente. Avremo poi quegli alti e bassi in cui prima lasciamo trasparire ogni cosa e un momento dopo facciamo credere all’altro che ciò che ha visto o sentito non è vero, so già che succederà. A me è già successo, prima lascio che si avvicini e poi quando entra Lupin rinnego che stesse succedendo qualcosa, e mi accadrà ancora, questo è poco ma sicuro. Ritorno alla realtà solo perché sento leggermente caldo. Ovvio, siamo fermi ad un maledettissimo semaforo.

“Non mi fa più tanto male”

“Ah bene, allora mi ricordo ancora come si curano delle ferite anche se sono anni che non metto più piede in un pronto soccorso”

“Intendevo la ferita della lontananza”

“Scu…scusa?” bello, non so parlare

“Sei una delle poche persone che mi abbia spiazzato completamente. Prima di incontrarti in quel vicolo in uno dei tanti giorni in cui mi stavo salvando la pelle non mi era mai capitato che qualcuno non mi temesse. Anzi, mi hai tranquillamente sclerato in faccia per come sparo. Sei una delle poche persone che non ha mai creduto a ciò che tutta New York diceva e ancora dice di me. Ti ho visto spesso per New York…e perché? Non hai mai avuto paura di essere te stessa, ho perso il conto di quante volte ti ho visto sclerare davanti alla vetrina di una libreria o di quante volte ti ho vista tranquillamente imprecare al telefono usando insulti più che originali. E’ difficile non notare una come te, anche in una megalopoli come New York. L’ultima volta in cui ti ho vista avevi lo sguardo perso verso la Statua della Libertà, e ora capisco anche il perché. E’ passato così tanto tempo da quel giorno…avevi ancora i capelli lunghi fino alle spalle. Spesso ho avuto l’impulso di venire lì e parlarti, ma poi ho lasciato perdere ogni volta. Quando poi ho lasciato New York è stato anche peggio”

“Poi arrivo io che sono demente e in un casino di tempo ti avrò visto al massimo un paio di volte. Ma scusa…se avevi voglia di parlarmi perché non l’hai fatto e basta?”

“Perché per vivere in quella realtà dovevo mostrare solo la parte peggiore di me…e credimi, non ti sarebbe mai piaciuta. E poi in quel periodo ti avrei tirato addosso una marea di rischi, qualcosa mi dice che Gavez avrebbe fatto di tutto per eliminarti”

“L’hai detto tu che sono diversa, no? Non avrei fatto come gli altri che si fermano a quel poco che si vede di una persona…avrei preso tutta la mia pazienza e l’avrei usata per aspettare di vedere ogni parte di te. E poi son fuori di testa, mi caccio spesso nei casini”

Ho una specie di fremito, di impazienza. Mi sembra così strano che qualcuno pensi queste cose di me che quando capisco che è sincero rimango stupita. Una parte di me è sicura che ci tiene veramente a me…ma l’altra mi dice di stare attenta perché è improbabile che in così poco tempo nasca qualcosa di serio. Quando arriviamo al vecchio nascondiglio il mio cervello decide di non dare ascolto alla parte pessimista. Gli lascio a malapena il tempo di togliere le chiavi dal cruscotto poi, seguendo l’istinto piuttosto che il buon senso, lo avvicino a me tirandolo per la cravatta e lo bacio, così all’improvviso e senza un motivo apparente. All’inizio è un po’ irrigidito dallo stupore, però non gli dispiace, visto con quanto sentimento ricambia. Dopo questo ‘piccolo’ incoraggiamento ci concentriamo sul motivo per cui siamo qui. Ci assicuriamo che non ci sia nessuno e poi entriamo con i due borsoni che ci siamo portati dal nuovo rifugio. Prendiamo i miei vestiti ormai asciutti (peccato) e altro. Durante il viaggio di ritorno accende la radio su una stazione di solo jazz e così scopriamo di avere gusti musicali simili. Quando arriviamo al porto e parcheggiamo l’auto ci accorgiamo che abbastanza vicino al nascondiglio c’è un gruppo di una decina di uomini che non hanno buone intenzioni, sembra che ce l’abbiano con noi. Fra di loro Jigen riconosce uno degli uomini di Gavez che più odia, un certo Shade. Sono tutti uomini di Gavez, visto che questo tizio sembra la loro guida al momento.

“Fa assaggiare un po’ di piombo ai tipi con le pistole, io penso a quei tre con i coltelli” mi dice a bassa voce mentre ci avviciniamo con finta indifferenza

Shade mi sta già sulle scatole, ha l’aria di essere uno sbruffone stronzo e bastardo, e poi porta gli occhiali da sole in piena notte senza un cazzo di motivo. “Guarda guarda chi si rivede…chi è lei Jigen, la tua nuova sgualdrina? Le altre ti hanno stancato?”

“Sgualdrina a chi scusa!?” Con un veloce scatto porto la mano all’impugnatura della pistola e già che ci sono faccio un paio di passi in avanti

“Sai zuccherino, sembri interessante…è un peccato che debba ucciderti, il capo dice che sei la figlia di un traditore. Almeno spero che urlerai come ha urlato tuo padre quando Gavez lo ha fatto uccidere”

Fa un cenno ad uno dei tipi che ha di fianco. Ma fa a malapena tempo a prendere la pistola e già si trova una pallottola nella spalla. Anche gli alti cercano di uccidermi, ma quando i loro colpi sono partiti mi sono già spostata da tre secondi abbondanti. Sparo anche a loro, poi mi riparo un secondo per ricaricare. Quel tizio…Shade, è abbastanza veloce, mi ci vuole quasi un caricatore intero per colpirlo. Intanto Jigen ha steso i tipi con i coltelli senza difficoltà. Mi avvicino a quella sottospecie di cascamorto bastardo e gli punto la pistola alla testa.

“Stammi bene a sentire brutto figlio di puttana, di al tuo capo che se è riuscito ad uccidere mio padre è perché ha avuto fortuna, e digli anche che non avrà la stessa fortuna con me”

Mi accorgo che uno di quei tipi con i coltelli ha cercato di uccidermi solo quando mi volto e lo vedo a terra sanguinante dopo che Jigen gli ha sparato.“Forse Gavez non avrà la stessa fortuna che ha avuto con tuo padre, ma quel tizio che ora è morto stava per averne e come”

Me ne sto un attimo ferma a pensare che devo essere un’idiota per non essermi accorta di quel tipo…forse ero troppo distratta dalla rabbia che questo coso qui mi ha provocato con la battuta riguardante mio padre. Tagliamo la corda assicurandoci che non vedano dove stiamo andando. Questo è forse uno dei migliori lavori di squadra della mia vita. Mentre prendo uno dei borsoni mi viene un’idea parecchio strampalata

“Perché non ci facciamo un giro?”

“A quest’ora?”

“Sì, perché no? E’ impossibile che New York non ti manchi neanche un po’, insomma è strano se questa città non ti rimane impressa”

“Gli altri si staranno chiedendo dove siamo finiti”

“Bhe lasciamo queste mezze valigie qui e gli diciamo di non aspettarci…dai tanto so che ti va! Stai facendo di tutto per non sorridere!”

Non gli do nemmeno il tempo di rispondere, lo trascino direttamente verso l’entrata del nuovo rifugio. Avevo ragione, sta sorridendo. E’ la tenerezza, caso chiuso. Entrando rimaniamo entrambi stupiti per la presenza di Goemon, che tra l’altro mi sta lanciando delle occhiate piene di odio, a cui io non faccio caso visto che sono troppo per le mie. Visto che piega ha preso la situazione ci pensa Jigen a dire che potremmo tornare chi sa quando. Senza pensarci due volte andiamo al ponte di Brooklyn. Il paesaggio da qui è sempre bellissimo. Spesso vengo qui per starmene in pace dopo una giornata no, o per stare da sola e pensare a che cazzo fare della mia vita…però mai per stare da sola con qualcuno. Quando ancora ero un medico venivo qui dopo i turni di notte, poi andavo a bere un paio di scotch nel mio locale preferito e alle due me ne tornavo a casa. Il giorno dopo (in cui se tutto andava bene non lavoravo) lo dedicavo o allo shopping (soprattutto di libri), o al poligono di tiro o al dolce far niente…di solito dividevo il girono fra queste cose. Vi chiederete perché ho lasciato la medicina…bhe, sono stata quasi obbligata. A ventisette anni ero già caporeparto di diagnostica al Mercy, e a ventisette anni un paziente contrariato dalla simpatia con cui ottenni le informazioni per salvargli la vita mi sparò nel parcheggio dell’ospedale. Non solo stava per morire di sifilide ma era pure psicopatico…bella combinazione vero? Cinque giorni di coma e due arresti cardiaci più tardi mi risvegliai e il caro zio, arrivato alla velocità della luce da Tokyo per starmi vicino, mi convinse in qualche strana maniera a lasciare la mia brillante carriera da diagnosta per arruolarmi nell’Interpol. Tre mesi dopo essere stata dimessa lasciai il camice bianco per una divisa (indossata raramente tra l’altro). Faccio parte della scientifica, e agli inizi non avevo un’occupazione precisa, facevo da aiutante durante le analisi o durante le autopsie, però nessuno all’inizio sfruttava le mie capacità da hacker. MI sono dovuta mettere in mostra da sola, quando usai un trucco vecchio come il mondo che un povero idiota non conosceva. Da quel giorno diventai a tempo pieno un’hacker dell’Interpol, anche se ogni tanto faccio ancora qualche autopsia. Avevo appena compiuto ventisette anni quando incontrai Jigen. Ero in un ritardo mostruoso, così presi una scorciatoia che comprendeva quel vicolo. Appena lo imboccai vidi sei uomini armati, di spalle rispetto a me. Jigen era di fronte a me con la sua solita aria indifferente e impassibile. Mi appoggiai ad un palo per vedere la scena, fregandomene altamente del fatto che ero in ritardo…anche perché se fossi passata forse mi avrebbero sparato, non potevo fare altro. Quei sei disgraziati provarono a sparagli fallendo miseramente, non lo presero nemmeno di striscio. Gli lasciò appena il tempo di sparare due colpi a testa, ferì quattro di loro alla spalla. Ne uccise solo due, che nonostante la ferita alla spalla continuarono a sparargli…se la sono cercata insomma. Si accorse di me mentre gli altri tagliavano la corda e per poco uno di loro non mi venne addosso. Mentre rimetteva la pistola nel fodero mi guardava fisso, come se stesse cercando di capire se ero spaventata o sorpresa…in realtà stavo cercando di non fangirlizzargli in faccia, e fallii miseramente. Dopo una manciata di secondi sono andata fuori di testa, ricordo ancora quello che ho detto mentre mi avvicinavo a lui.

“E’ stato mitico! Ti sarai liberato di loro in tre secondi scarsi e con una precisione impressionante…per non parlare del fatto che usi una magnum. Dannazione quanto vorrei saper sparare come te…sei un mito vivente!” fui malamente interrotta dal cerca persone che cominciò ad impazzirmi nella tasca interna della giacca di pelle. “E ora questo perché ha anche le convulsioni!? Non ha alcun senso! Scusa ma la gente muore…forse sarà difficile ma ci ritroveremo in città prima o poi no? Ci vediamo!”

Cominciai a correre come una povera disperata per andare a riprendere la mia moto, lasciata parcheggiata sulla 24esima.

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Angolo autrice

Lo so,nel primo capitolo non c'era l'angolo autrice,non avevo voglia di pensare a cosa dire. Comunque...spero di essere stata abbastanza capace di rendere al meglio il personaggio di Jigen,ho sempre paura di non cogliere e trasmettere in maniera perfetta i caratteri dei personaggi delle opere originali su sui scrivo delle fanfiction...lo so,è leggermente assurdo (?). Nonostante questo mio dubbio atroce spero che vi sia piaciuto anche il secondo capitolo e che le mie trovate riguardo al passato dei personaggi e le giustificazioni (per cosiì dire) di alcuni comportamenti siano di vostro gradimento. Cvindi (?)...alla prossima c: 
  
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