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Autore: Iaiasdream    23/07/2014    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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9° capitolo: INVITI MINACCIOSI
 




<< Non ci posso credere! >> esclamo per la quarta volta, rileggendo per la decima il messaggio appena ricevuto.
“Questo è un vero e proprio ricatto! Quel bastardo mi sta ricattando!... è diventato più diabolico di quanto non lo fosse già!”.
Sono adirata, irritata e incazzata fino alla cima dei capelli. Questa è una vera e propria sfida rivolta alla mia pazienza. Da dove cazzo se n’è uscito con una cosa del genere?
Riporto istintivamente il dito sul numero che indica il messaggio arrivato e lo apro per rileggere ancora una volta il contenuto, che appare sfacciato e provocatorio davanti alle mie pupille: “Se tra un quarto d’ora non ritorni a scuola, riferisco al maritino cosa è successo nel nostro ufficio”. Non so per quale motivo ma mentre leggo, sento che quelle parole risuonano nelle mie orecchie sotto-forma di voce, la sua voce, e non c’è bisogno di dire che è alquanto sfacciata e beffarda. Immagino anche il suo viso mentre lo dice, sfoggiando quel sorriso strafottente. Anzi non un sorriso, un ghigno.
“Questo ragazzo ha proprio deciso di fare la guerra? Figuriamoci se Armin dovesse crederci”. Quest’ultimo pensiero mi ha pietrificato il corpo e la mente. Non so darmi una risposta.
<< Mamma? >> mi chiama Etienne tirandomi un lembo della maglia, facendomi ritornare alla realtà. Volgo lo sguardo verso il basso << Cosa c’è? >> chiedo smarrita ancora da quei pensieri.
<< Andiamo? Altrimenti ritorno a giocare. Ti sei imbambolata qui, e mi hai fatto interrompere il gioco >>
<< S-sì, possiamo andare >> rispondo senza dare peso a ciò che ha detto.
<< Ma’, è successo qualcosa? >>
<< Niente di cui tu debba preoccuparti >> rispondo sorridendo, e afferratogli la mano ci dirigiamo all’auto.
A casa, trovo l’auto di Armin, e sento una specie di fastidio solleticarmi il cuore. Subito mi ritorna in mente la minaccia, guardo l’orario, sono solo passati dieci minuti dal suo avvertimento. “Ma che diavolacci sto facendo? Non devo preoccuparmi per niente! Può essere bastardo e pervertito al punto giusto, ma non può arrivare a tanto!” mi dico scuotendo la testa. Ma il pensiero e l’ansia, che forse l’abbia avvisato, continuano a pervadere la mente.
Scendiamo dall’auto: Etienne corre velocemente dentro casa, chiamando il padre e dicendo che vuole assolutamente giocare all’x-box con lui.
<< Papà, però chiedi tu a mamma se posso… dice sempre di no! >> esclama senza rendersi conto che ho sentito tutto; ma so già che l’ha fatto apposta.
Entro titubante, e trovo Armin seduto sul divano, con la sua amante: la famosissima psp. Anche se siamo cresciuti, alcune cose del passato ci hanno seguiti fino ad ora.
<< Ciao >> mormoro cercando di capire se è successo qualcosa.
<< Ciao >> risponde lui senza alzare lo sguardo e continuando a imprecare contro la console. Sospiro sollevata. “Menomale” mi dico.
<< Ah, papà… sei un pappamolla! Non è così che devi sconfiggerlo. Adesso ti faccio vedere io >> esclama Etienne, strappandogli quasi dalle mani l’oggetto e sedendosi sulle gambe del padre che lo guarda allibito.
Mi scappa un sorriso, nel guardare quella scena. Istintivamente porto gli occhi sull’orologio a muro. È passato più di un quarto d’ora, e non è successo niente. Faccio una smorfia sollevata “Ma chi se ne frega!”. Manco l’avessi pensato!
Squilla il cellulare, ed è quello di Armin. Il cuore entra nell’ascensore fermandosi in gola e palpitando violento. È come se quel suono è scattato nel momento più silenzioso che ci potesse essere in quella camera, e mi abbia preso alla sprovvista.
Come un tornado, ne approfitto della posizione di Armin che, avendo in braccio Etienne, non può alzarsi subito, così mi dirigo al mobiletto, sul quale lo smartphone continua a squillare e a muoversi per la vibrazione.
<< Rispondo io! >> esclamo. Prima di accettare la chiamata guardo chi è. Un numero. Rispondo senza pensare alle cifre << Pronto? >> chiedo con voce tremante.
Sento sbuffare un sorriso dall’altra parte del telefono e poi una voce, la sua voce profonda e sensuale, dire: << Ciao Rea >>
Mi sento ghiacciare, immaginandomi di stare sul set ( se non nella realtà ) del film Scream, manca solo il: ti ricordi di me?
Sentendo che Armin e Etienne sono concentrati nel gioco, mi allontano salendo le scale e chiudendomi in bagno.
<< Che cavolo vuoi? >> chiedo sotto voce e irritata.
<< Lo sai bene… è passata mezz’ora e non ti sei fatta viva >>
<< Va al diavolo Castiel! >> rispondo tutto d’un fiato.
Ride, e lo fa di gusto << Per quale motivo hai risposto tu? >>
<< Perché so cosa hai in mente! >> ribatto tremando dall’irritazione.
<< Ah-ah! E allora se lo sai, perché non sei venuta? >>
<< Castiel, smettila… questo gioco è durato fin troppo per i miei gusti… >>
<< Ma io non sto giocando >> m’interrompe con voce seria. Troppo seria << Cosa non ti è chiaro delle mie parole? Non sto giocando. Con te non ho mai giocato >>
Quest’ultima frase mi ha fatto mancare un battito, e riempito gli occhi di brucianti e malinconiche lacrime.
<< Che cosa vuoi? >> chiedo con voce soffocata.
<< Mhm, vediamo… per riparare al ritardo di oggi… non lo so, devo pensarci. Ti manderò un messaggio. E ti consiglio di fare ciò che ti dirò, questa volta >> risponde lui tranquillo.
<< Tzè… Castiel, mi stai minacciando? >> ribatto prima con un sorriso e poi con un mezzo gemito di pianto.
<< Non è una minaccia Rea e non è neanche un avvertimento >>
<< E allora cos’è? >>
<< è un invito >>
Sorrido chiudendo gli occhi per prosciugare le lacrime. << Perché non lo vuoi capire che è tutto finito? Io ho un bam… >>
<< Ah-ah! Mia piccola Rea >> mi interrompe << Guarda che questo è solo l’inizio >>. Chiude la chiamata.
Io rimango allibita, trattenendo ancora il cellulare attaccato all’orecchio. Sbuffo quello che doveva essere un gemito di pianto, ma che si è trasformato in un respiro soffocato dall’angoscia. Scivolo per terra, appoggiando la spalla alla porta. Piango, lo sto facendo un’altra volta. Piango, non solo per il dolore che mi sta riportando il suo atteggiamento ma anche perché non riesco ad essere pienamente addolorata dalle sue parole. Il mio corpo non combacia con il mio stato d’animo. E non riesco a credere e ad ammettere che cerca disperatamente le sue carezze, il suoi baci, il suo stesso corpo.
Raccolgo le ginocchia al petto e affondo la fronte su di esse, stringendo gli occhi.
Sussulto sentendo bussare alla porta.
<< Rea, se lì? >> chiede Armin. Mi alzo di scatto, dirigendomi verso il lavandino e aprendo a il rubinetto, mi lavo il viso.
<< S-sì, ho… ho quasi finito >>
<< Chi era al telefono? >>
<< Oh, solo Rosalya, mi ha detto che non riusciva a contattarmi >>. Mi guardo allo specchio vedere se è tutto a posto, poi mi dirigo alla porta e l’apro preparando il sorriso più falso che possa possedere.
Non mi importa di essere meschina, ma in questo momento è il mio stesso corpo che dirige la situazione, e non posso fare mosse false, non devo rovinare tutto, ché sono convinta che riuscirò ad aggiustare questa maledetta situazione senza far soffrire nessuno.
Ma a chi voglio darla a bere. Una a soffrirne, per il momento, sarò io; e se non seguo i miei istinti, sono sicura che trascinerò in questo assurdo baratro, qualcun altro.
<< Va tutto bene, Rea? >> chiede Armin guardandomi titubante.
<< Sì, perché? >> ribatto, sicura.
<< Sorridi troppo >>
“Sono davvero un’idiota”, ritiro lentamente le labbra << Senti Armin, puoi badare a Etienne per qualche oretta? >>
<< Certo, perché? >>
<< Devo incontrarmi con Rosalya, deve dirmi qualcosa a proposito del matrimonio >>
<< Non dirmi che ha cambiato idea su qualcosa? il matrimonio è ormai alle porte >>
<< No, non so di cosa si tratti. Comunque, ci vediamo dopo >> dico in fretta e in furia, recandomi in camera mia. Mi vesto velocemente, poi scendo, saluto Etienne con un bacio sulla fronte e mi incammino a piedi verso la casa di Rosalya. Dato che è vicina non voglio consumare nafta inutilmente.
Devo essere sincera: durante il tragitto, mi sento ansiosa. La mano destra stringe forte lo smartphone, e gli occhi si poggiano ad intermittenza su di esso come se stessero aspettando quel fatidico messaggio.
“Maledizione!” mi dico, tirandomi un pugnetto sulla tempia “Smettila di fare l’adolescente a contatto con i primi calori primaverili! Castiel ora è il tuo nemico, e devi trattarlo come tale! Qualsiasi messaggio che ti manderà, non sarà altro che una minaccia dalla quale ti vedrai bene dal soccomberci!”
Quei pensieri non mi hanno fatto rendere conto che mi trovo da ormai cinque minuti, di fronte il cancello di casa di Rosa. Tiro un profondo respiro e lo getto via in tal modo.
Suono al campanello, dopo pochi secondi Rosalya viene a rispondermi.
<< Sono io Rosa >>
Il cancello si apre, entro, percorro il piccolo e stretto vialetto e spingo la porta di entrata che è aperta. << Si può? >> chiedo a voce alta.
<< Vieni, entra >> risponde la bambolina argentata uscendo da una camera con in dosso solo una vestaglia trasparente con tanti merletti “Sempre molto easy” penso sbuffando un sorriso.
<< Accomodati Rea >> mi dice indicandomi la poltrona del soggiorno. Mi siedo senza farmelo ripetere.
<< Sei sola? >> chiedo.
<< Sì, Lysandro è andato al negozio di cospaly >> risponde sedendosi di fronte a me << Vuoi qualcosa da bere? >> chiede.
<< No grazie… allora, cosa dovevi dirmi di tanto urgente? >>. Mi accorgo che la sua espressione si sta facendo alquanto imbarazzante << Cosa c’è Rosa? >>
<< Beh… vedi Rea… cavoli, non so come dirtelo… >>
<< Dillo e basta >>
<< Ricordi quando ti chiesi di farmi da testimone alle nozze? >>
<< Allora? >>
<< Ecco… anche Lysandro, ha scelto il suo testimone… >>

<< è Castiel, Rea >> dice dopo qualche secondo di pausa. Sembrerebbe strano se dicessi che me l’aspettavo? “Ma io lo sapevo! Anche un feto in procinto di formarsi nella pancia dell’animale più idiota del mondo l’avrebbe capito!”. Abbasso lo sguardo, prima sorridendo leggermente, poi scoppiando in una risata che non ha aggettivi, perché neanche io so il motivo di questa.
<< Va tutto bene? >> chiede Rosa, preoccupata. Smetto di ridere all’istante, cade qualche lacrima, che la mia amica intende a causa della esilarante risata.
<< Adesso sì che ho bisogno di qualcosa da bere >> rispondo allegra. Se potessi vedermi e sentirmi da un’altra posizione, mi sarei data subito dell’accannata! E il bello è che non ho mai fumato!
<< Per favore Rosa, un bicchiere d’acqua >>
<< Vado subito! >> esclama alzandosi e recandosi nella cucina senza perdere tempo.
Io invece non aspetto. Mi alzò e senza farmi sentire me ne vado. Mi ritrovo in strada agitata e con profondi e spaventosi ansimi. Alzo lo sguardo verso il cielo e guardo il tramonto. Rido, rido, rido… senza alcun motivo. << Rea… sei davvero una stupida illusa! >> mormoro a denti stretti, fra le risate che lentamente si tramutano in pianti.
No, non devo assolutamente piangere. Basta farlo! Sono grande, e devo affrontare la mia vita come viene. E poi, che problemi devo farmi? Lysandro ha scelto Castiel come suo testimone. Non posso impedirglielo, è suo amico, come Rosa è mia amica. Dovremo solo stare per qualche minuto sotto gli occhi di tutti, cos’altro potrebbe andare peggio?
Mentre sto pensando a questo, squilla il cellulare. Un messaggio. Per un momento me ne ero dimenticata. Apro l’SMS tremante, tiro un profondo respiro per poi trattenerlo, il tempo di finire di leggere.
“Passa da casa”, Castiel.
Il peggio è appena giunto. Manca solo agire.
   
 
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