Serie TV > Violetta
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Autore: GretaHorses    23/07/2014    13 recensioni
"L'intera aula viene invasa da una risata generale e sì, la battuta pessima arriva proprio dal vicino di banco di Andrès, dal deficiente. Se c'è qualcuno che odio più di Ludmilla in questa classe è proprio lui. E' arrogante, viziato, ignorante e pure troglodita! Mi domando come possa una persona essere così tanto sfaticata perché essere bocciati due volte è proprio da somari e soprattutto ad aver avuto così tante ragazze a soli diciassette anni! Da quando cavernicolo è bello?"
E' la mia prima fanfic su Violetta, per favore non aggreditemi D:
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                            CAPITOLO 19

 

 

 

Mi passo una mano sul viso e strizzo gli occhi, ho come l'impressione di avere dei pesetti di piombo che cercano di richiudere le palpebre ancora e ancora. Si può dire tutto di me, tranne che sia una mattiniera. Sbadiglio e scuoto il capo come se servisse a svegliarmi rigirando il cucchiaio all'interno della tazza con latte e cereali, stamattina siamo tutti zombie. Gli unici rumori avvertibili nella veranda di casa Pònce sono il tintinnio delle posate, i cereali scricchiolanti nelle nostre bocche e qualche sbadiglio di tanto. Papà me lo dice sempre da quando son piccola: alla sera leoni e alla mattina coglioni. Sarà poco fine, ma arriva dritta al punto: alla sera si è belli carichi tanto da stare svegli fino a tardi, il mattino seguente però si è ridotti peggio di uno straccio. “Che ore sono?”, mugugna Cami con gli occhi semiaperti. “Faccio io...”, risponde con voce impastata dal sonno Maxi. Avvicina al cellulare a pochi centimetri dal viso per mettere a fuoco proprio come gli anziani, poi lo riposa accanto alla ciotola. “Meno cinque alle dieci”. Leon è l'unico che ha voluto bere solamente un bicchiere di caffè nero senza aggiungerci dello zucchero, non so come faccia. Non solo per il sapore amaro, ma anche per il fatto che appena sveglia avevo lo stomaco che gridava dalla fame. “Porca miseria, che mal di testa...”, si lamenta Broad. “Per forza, con la balla che hai fatto ieri sera!”. Marco ha ragione e, ad essere sincera, non vedevo l'ora che si tirassero in ballo l'argomento festa. “Ho fatto qualcosa di cui in questo momento potrei pentirmene? Ho un ricordo ben definito della prima metà della festa, dell'altra solo immagini ma se devo dirla tutta non ricordo niente”. “Hai solo fatto una lap dance assieme alle spogliarelliste, rotto un paio di bicchieri da chupito, pomiciato con Anastasia e sei inciampato sulle scale per salire fino alla mansarda...ma niente di che”, gli dice Fran facendoci ridacchiare. Il diretto interessato si massaggia una tempia con espressione preoccupata, si sarà di sicuro pentito. “Ed io? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Perché anch'io ho i ricordi sfocati e confusi”. Maxi ha una faccia quasi spaventata e Nata abbassa lo sguardo sotto il tavolo, vuole di sicuro volatilizzarsi. “Hai cantato per Nata sopra il bancone del bar, ti sei scolato una bottiglia di rum da solo ed hai rischiato di prenderle dal buttafuori per la tua impertinenza...ma niente di che”. Camilla ha usato volutamente la stessa espressione finale di Francesca, devo dire che è di gran effetto. “Amico, alla prossima festa non toccheremo nemmeno un aperitivo”, dice rivolto a Broadway. “Ci puoi giurare”. “Tanto non vi crede nessuno”, sbotta Marco scherzoso suscitando la nostra ironia. “Però è stato un bellissimo compleanno infondo, grazie a voi”. Accanto a me Leon si rigira il bicchiere vuoto fra le mani fissando l'esterno della vetrata, chissà a cosa sta pensando. Praticamente è stato assente per tutta la colazione e non credo abbia ascoltato nessuno dei discorsi, io vi ho prestato attenzione senza parteciparvici. Mi rendo conto di aver giocherellato fino ad ora con il cucchiaio e i rimasugli sul fondo della tazza, un atteggiamento da disinteressati. “Terra chiama Vilu e Leon!”, esclama Nata. Io mi limito ad alzare lo sguardo perché tanto li stavo già ascoltando, mentre Leon si volta lentamente anche se, dal balzo che ha fatto nel sentire il proprio nome, era assorto in altro. “Qualcosa non va?”, chiede quasi in modo scorbutico. “No, niente. E' solo che non siete partecipi alla conversazione, ecco tutto”. “Il sonno mi rende un vegetale”, le rispondo accennando un sorriso. “Eppure dev'essere stato facile per voi dormire, eravate nel sacco a pelo insieme...”. Fulmino Maxi. “...accoccolati...”. Cami, non dovevi farlo. “...stretti a tal punto da sentire i vostri cuori...”, aggiunge Fran. “...i vostri cuori scalpitanti d'amore...”, continua Broad. “Okay, che ne dite se ci diamo un taglio?”. Assumo un'espressione a dir poco infastidita, anche se dal mio volto trapela solo disagio. “Eccola che diventa rossa come quella volta ai grandi magazzini”. Sgrano gli occhi e scuoto il capo guardando Camilla, ti prego stai zitta. Ti prego non dire una parola. “Devi sapere, Leon, che ogni volta che uscivamo io, lei e Fran era terrorizzata dall'idea di incontrarti. Un giorno eravamo ai grandi magazzini, hai presente quelli ad ovest del centro?”. Annuisce. “Ecco, quel giorno ci aveva fatto una testa enorme con la storia che eri insopportabile, egocentrico, stronzo...però non si rendeva conto di aver praticamente parlato solo di te per tutto il tempo, allora noi le abbiamo detto che se avesse continuato probabilmente saresti apparso da qualche parte. Salto la parte in cui ci ha insultate pesantemente per dire che, quando siamo entrate nel negozio di elettronica, lei ha deciso di andare nel reparto dei cd mentre noi eravamo poco distanti in quello dei tablet. Ad un certo punto è arrivata di corsa quasi andando addosso ad un commesso per dirci che mentre stava ascoltando un disco con le cuffie, si è voltata e ti ha visto intento a curiosare fra gli album nella sua stessa scansia. La vedi la tovaglia? Era rossa come questa, se non di più. Violetta è proprio insgamabile in quanto a sentimenti!”. Bene, grazie dell'aneddoto divertente. Potrei mimetizzarmi con la tovaglia in questo preciso istante, con la coda dell'occhio guardo Leon e vedo che sta sorridendo dolcemente come se trovasse tenera questa vicenda. Io la trovo da psicopatica, più che altro. “Io mi ricordo come ha reagito quando le hai rivolto la parola per la prima volta”. Nata, pure tu adesso! “All'inizio della prima io e Vilu eravamo abbastanza legate, quindi stavamo sempre assieme. Così era anche durante l'ora di motoria e ricordo che eravamo in periodo di campestre, quindi a ottobre o novembre. Stavamo aspettando la Saenz mentre chiacchieravamo del più e del meno, tu stavi facendo il giro di tutta la palestra per vedere chi avrebbe fatto la corsa campestre probabilmente perché non la voleva far quasi nessuno ed eri intenzionato a sapere chi ci sarebbe venuto con te. Ti sei avviato verso di noi e le hai chiesto: “Tu fai la campestre?”. Impietrita. Ricordo ancora la sua bocca semiaperta e lo sguardo vacuo, le ho dato un lieve pizzicotto senza farmi vedere così ti ha risposto che non ci sarebbe andata. Dopodiché l'hai chiesto a me, poi sei passato ad altri. Però lei ha continuato ad avere la stessa espressione persa per cinque minuti buoni, per non parlare del fatto che per tutto il resto della lezione non si è azzardata a fiatare. Sapevo che ti reputava carino perché me l'aveva detto, ma non credevo le piacessi così tanto”. “Ed io che credevo fosse perché era timida e non sapeva interagire con le persone”. Si sbatte una mano sulla fronte ridendo, poi aggiunge: “Sono arrivato anche a pensare che glielo avessi chiesto in modo troppo diretto, di averla intimorita, che avrei dovuto essere più gentile o addirittura che avessi qualcosa di strano sulla faccia...in quei cinque secondi ho provato un imbarazzo incredibile, mi chiedevo se andarmene o cercare di farla parlare poi, per fortuna, ha risposto”. Abbasso lo sguardo sulla ciotola, non che lo avessi tenuto alzato per molto a lungo. “Poi, col passare dei mesi, ho cominciato ad essere convinto del fatto di starle sul cazzo”. Marco scuote il capo ridendo, per poi dire: “Era quello che voleva far passare, diceva di non sopportarti ma l'abbiamo scoperta più volte a guardare il tuo profilo Facebook di nascosto”. Amici, conoscono i migliori modi per sputtanarti. “Bene, che ne dite di chiudere la parentesi 'Sputtaniamo Vilu assieme'?”. Scoppiano tutti in una fragorosa risata, cosa ci sarà mai di divertente? Ammetto che ero un 'pochino' fissata con lui, ma non ci trovo nulla di così spiritoso nella cosa. Improvvisamente sento la sua mano posarsi sulla mia, alzo lo sguardo e mi sorride timidamente. Almeno non ha reagito male come pensavo, così contraccambio. “Andiamo a prendere le nostre cose in camera?”, chiede Fran. Ci lanciamo delle occhiate complici ed usciamo dalla veranda, prendiamo le scale salendo verso la mansarda. Non ha ancora lasciato la mia mano.

 

 

I miei occhi guizzano da una parte all'altra della camera ed un tremolio mi attraversa il corpo da cima a fondo, mi sfrego nervosamente le mani. Mi do una rapida annusata, almeno non puzzo. Serro le palpebre e sospiro profondamente, perché ci mette così tanto? Passo i palmi sul copriletto color notte, è così morbido e piacevole al tatto. Accavallo le gambe ed osservo la stanza: nella sedia è posato lo zaino scolastico alla bell'e meglio e sopra la scrivania c'è un portatile e dei libri di testo accatastati in pile. Non so se rendo, dei libri! Mi alzo in piedi e mi avvicino al tavolo, aiuta a smorzare un po' la tensione. Curioso fra le sue cose e mi sfugge un sorriso nel vedere dei pupazzetti dei diversi uccellini di Angry Birds disposti accuratamente vicino ad un portapenne, poco distante invece c'è un quaderno aperto con degli appunti di letteratura. Sono felice nel constatare che si stia impegnando con lo studio, in parte mi sento coinvolta in questo suo cambiamento. Nella mensola sovrastante ci sono due cornici: una con la foto di classe e l'altra con lui, Andrès e Moises nell'entrata di un parco divertimenti. Mi fa tenerezza perché è accucciato accanto alla sedia a rotelle dell'amico, mi fa piacere sapere che pure Andrès condivide queste esperienze assieme a loro. Fra i due portafoto ci sono un mazzetto di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto con all'interno un accendino ed una boccetta di profumo. Mi volto a destra e fisso la sua chitarra elettrica posata su un piedistallo, mentre la tastiera la nasconde gelosamente sopra all'armadio dall'altra parte della stanza dove ovviamente nessuno ci può arrivare all'infuori di lui. A sinistra della scrivania c'è un porta cd colmo di album di un sacco di artisti, mentre accanto ad esso c'è un grande stereo posizionato in obliquo per potere riempire l'angolo. Torno ad osservare i libri quando improvvisamente sento delle mani posarsi sui fianchi, al contatto il mio corpo s'irrigidisce. “Do-dove sei stato?”, chiedo con un filo di voce. Avvicina la bocca al mio orecchio e, con il respiro caldo che s'infrange sul collo, mi sussurra: “Mi sono fatto una doccia veloce, spero non ti dispiaccia”. Sento delle gocce scorrermi lungo il dorso del collo e rabbrividisco, inizia a posarmi dei baci lungo di esso ed il mio respiro si fa pesante. Credevo di essermi preparata psicologicamente in queste settimane...mi sbagliavo. Le sue mani scivolano sotto la mia maglietta accarezzandomi il ventre, mi sfugge una risatina per il solletico. Mi lascia un bacio sulla guancia e, con un movimento fluido, mi fa ruotare in modo da trovarci l'uno di fronte all'altro. Indossa una canottiera bianca abbastanza aderente e dei jeans, i capelli bagnati gli ricadono sulla fronte. Fino a pochi giorni fa ero io la dominatrice, ora sono una bambola a cui può fare ciò che vuole liberamente. Mi attira a sé facendo combaciare le nostre labbra con passione, mi aveva baciata altre volte in questo modo però non con tale trasporto. Fa alcuni passi all'indietro facendomi di conseguenza avanzare e, con le braccia avvolte attorno alla parte bassa della schiena, si stacca per riprender fiato. “Che c'è, bimba? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”. Boccheggio affannosamente e sul mio viso si estende un sorrisetto da scema. “Non mi sembra vero”. Mi scosta una ciocca per portarla dietro ad un orecchio. “E' vero e sta succedendo proprio ora”. Cogliendomi di sorpresa mi afferra per farmi cadere di schiena sopra il letto, in un primo momento urlo spaventata poi scoppio a ridere. “Non riesci a trattenerti dal fare il cretino neanche in questi casi”. “E' la mia specialità”. Si stende sopra di me e l'agitazione torna a farsi sentire così come se n'è andata per un frazione di secondo. “Hey, rilassati...”. Mi accarezza una guancia col dorso della mano. “Svuota la mente da tutte le preoccupazioni e lasciati andare, concentrati su ciò che stiamo facendo e cerca di essere meno rigida”. Sospiro, non devo mandare tutto a monte! “Per te è facile parlare, cosa posso fare?”. Scuote il capo sorridendo. “Magari puoi cominciare col metterti in una posizione più comoda”. Abbasso lo sguardo sui nostri corpi, effettivamente ho le gambe strette fra loro e a lui tocca tenerle un po' divaricate per potermi stare sopra. Arrossisco imbarazzata, sono proprio un disastro. “Quindi dovrei aprire...”. Annuisce. “Sarebbe un buon inizio”. Si scosta leggermente per permettermi di farlo, dopodiché si posiziona comodamente tornando a poggiarsi su di me. “Leon, io...”. “Shh...”, mi posa un dito sulle labbra facendomi zittire all'istante. “Finché non ti sarai lasciata andare, limitati a chiudere gli occhi e a non pensare a nulla”. Faccio quanto mi indica, non devo pensare. Non devo pensare. Mi concentrerò su ciò che sento senza darci troppo peso, farò così. Mi sfila la maglietta lentamente per poi gettarla chissà dove, serro ancora di più le palpebre nel sentire il mio addome contro la superficie ruvida della sua canotta. Torna a lasciarmi una scia di baci partendo da dietro l'orecchio sinistro, proseguendo lungo il collo ed arrivando fino allo sterno. Trattengo il respiro, la sua bocca si trova proprio fra i miei seni. Mi impongo di non pensare a quanto sia in preda all'ansia ed espiro tutta l'aria in eccesso per poi provare a respirare regolarmente anche se mi è praticamente impossibile perché mi si spezza il fiato ogni volta che sento qualcosa di diverso. Come ora che mi sta sganciando il reggiseno, inarco leggermente la schiena per poterglielo permettere e pure quest'indumento se ne va. Di tanto in tanto un goccia d'acqua scivola dai suoi capelli per scontrarsi con la mia pelle rovente, mentre ora sono gli stessi a solleticarmi il collo mentre lui è intento a posarmi le labbra lungo i seni. Mi viene la pelle d'oca ed una specie di tremarella, il calore mi avvolge quasi fosse una coperta e, pur non pensando a nulla, inizio a boccheggiare. Intanto la sua bocca esperta scende lungo l'addome passando per l'ombelico e raggiungendo i pantaloni. I miei polmoni chiedono disperatamente ossigeno ed il tremore diventa sempre più forte, una sensazione simile l'avevo provata solo a casa mia la settimana scorsa. Sono eccitata. Oh Dio mio, sta succedendo ancora. Con un movimento deciso rimuove i miei pantaloni lasciandomi solo in in mutande, lui però è ancora vestito. Cos'ha intenzione di fare? Nel frattempo sento la sua erezione premere contro la mia coscia, ma non ho tempo nemmeno di rendermene conto che il suo corpo si stacca dal mio. Se è uno scherzo, non è per niente divertente! Sento un formicolio là sotto, ma non ci faccio molto caso perché ormai ho capito che è normale. Mi sfila pure gli slip, ora sono completamente nuda sotto ai suoi occhi. Mi piacerebbe aprire i miei per vedere la sua reazione e soprattutto cosa sta facendo, ma non posso per cui li serro ancora di più. Non devo pensare all'imbarazzo che mi procura la mia nudità, devo sforzarmi di non farlo. Perché mi ha rimosso l'ultimo indumento intimo avendo ancora gli abiti in dosso ed essendosi tolto da sopra di me? Improvvisamente sento qualcosa insinuarsi all'interno di me, reagisco stringendo con in pugni il copriletto e soffocando un gemito. Non capisco cosa sia, è una cosa ruvida ma al contempo liscia. Muovo nervosamente il piede destro come fosse un tic nervoso, mentre il formicolio diventa sempre più insistente. Sento questa cosa muoversi, ma non mi infastidisce anzi mi fa piacere. Anche troppo, direi. Questa volta mi scappano alcuni versi, ne ho trattenuti abbastanza fino ad ora. Tutto ad un tratto quel qualcosa esce lasciandomi una sensazione di vuoto, come se non ne avessi avuto abbastanza. Sbarro gli occhi ed abbasso lo sguardo, mi fissa col capo poco più su della mia intimità. Allora era la sua ling... “Ti avevo detto di non aprire gli occhi”. Roteo gli occhi e lo afferro per le spalle facendolo tornare col viso di fronte al mio. “Sai che l'ottanta per cento delle volte non ti ascolto, per cui sono stata brava a tenerli chiusi finora”. Rapidamente tolgo la sua canottiera e per alcuni secondi mi fermo a guardare il suo petto scrutandone ogni dettaglio, scuoto il capo e gli stampo un bacio per poi stuzzicargli con le labbra il retro dell'orecchio e i lobi. Dopodiché passo al collo e, mentre ho il volto infossato nel suo incavo, inizia a ridacchiare. “Anche tu soffri il solletico?”. Sorridendo mi risponde: “Avresti dovuto capirlo con tutte le volte che ti ho fermata quando volevi baciarmi il collo”. Assumo un'espressione beffarda e comincio ad affondare la faccia su di esso facendolo ridere quasi fosse in preda a delle convulsioni, cade a peso morto su di me. “Basta! Vilu, smettila!”, urla con le lacrime agli occhi. Faccio come mi dice e gli lascio un tenero bacio sulla guancia, per poi far combaciare le nostre labbra in un bacio passionale quanto il primo. Faccio scivolare le mani dal suo volto alla sua cintura slacciandola e facendola cadere a lato del letto. Finalmente mi sono lasciata andare, faccio il tutto senza pensare. Slaccio il bottone e ad abbasso la zip, posa una mano sopra la mia. “Lascia che questo lo faccia io”. Agilmente se li toglie, effettivamente se l'avessi fatto io da sotto di lui sarebbe stato un po' più difficoltoso. Ora a separarci sono solo i suoi boxer grigi, riesco ad intravedere 'soldato' e sorrido. “Questa volta non dovrai dire al tuo amico di trattenersi”. “Direi di no, a meno che tu non voglia cambiare idea ora. Sai che sei ancora in tempo per rimediare, semmai ti rendessi conto di potertene pentire”. Con il cuore in gola, per tutta risposta allungo le braccia e sfilo le sue mutande lasciandolo totalmente nudo. Ha il corpo più bello che avessi mai visto, il migliore che potessi desiderare. Non è troppo pompato, ma si vede che va in palestra due volte a settimana per mantenersi in forma. Preme con forza la bocca contro la mia fronte per poi mormorarmi con voce roca: “Aspettami un secondo sotto le coperte”. Annuisco deglutendo, mentre lo osservo alzarsi per andare accanto alla scrivania. Sembra una di quelle statue greche che ci ha fatto studiare zia Angie l'anno scorso in storia dell'arte, ossia ha un fisico perfetto e ben proporzionato. Mentre è intento ad infilarsi il preservativo, io scivolo sotto le lenzuola attendendolo. Dopo pochi secondi mi raggiunge posizionandosi sopra di me come prima, prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi per poi riaprirli subito. “Farà tanto male?”, chiedo preoccupata. “Sono un uomo, quindi non posso saperlo con precisione...farà un po' male sì, ma solo in un primo momento”. Mi mordo il labbro in inferiore e sospiro. “Ripeto: puoi sempre cambia...”. “Fallo. Tolto il dente, via il dolore”. E' più forte di me, devo serrare le palpebre. Dopo un po' di attesa lo sento entrare dentro di me, una scossa di dolore si irradia in tutto il corpo arrivando al viso che si contrae in una smorfia e alle corde vocali che se ne escono con un: “Porca troia! Cos'hai, un bastone lungo tre metri per uno e mezzo? Dio, che male!”. “Certo che capisco tutto, ma sei di una delicatezza Vilu...”. “Continua”. Un'altra spinta meno dolorosa, dico solamente: “Ahi”. Un'altra ancora, ora provo solamente fastidio. Apro gli occhi per guardarlo dritto nei suoi, mi sorride insinuandosi ancora in me. Avvicina il suo viso al mio baciandomi dolcemente mente le spinte continuano ad aumentare sempre più frequenti e veloci, adesso è tutto diverso: sembra la sensazione più bella del mondo. Stacchiamo le nostre labbra non appena la mia bocca emette un gemito che a poco a poco diventa più di uno. Anche lui emette dei versi piuttosto gutturali, mentre io sembro più che altro una gallina. Inizio ad essere ricoperta di sudore e pure lui lo è, ora capisco perché ha preferito farsi prima la doccia. In un tripudio di gemiti, trova la forza di avvicinarsi un po' di più e sussurrarmi: “Ti amo”. Cercando di trovare il fiato, rispondo affannosamente: “Anch'io ti amo”. Non faccio neanche in tempo a dirlo che un grido disumano mi esce dal profondo della gola, lo stringo a me conficcandogli i polpastrelli nella schiena e posando la testa sul suo petto. Le spinte si fanno sempre più deboli fino a cessare del tutto. Non so di preciso cosa sia stato, so solo che è come se un uragano mi avesse travolto alla sprovvista però in modo positivo. Nel senso che è probabilmente una delle cose più belle che avessi provato, come se fosse l'apogeo di tutto il piacere che mi ha donato. Lentamente si sfila da dentro me e si stende al mio fianco, mi ci vuole un po' per metabolizzare ciò che è appena accaduto. Mi accoccolo al suo corpo caldo e chiudo gli occhi inspirando il suo profumo a pieni polmoni, un profumo che ormai mi appartiene. “Oggi ho capito una cosa”. “Cosa?”, chiedo. “E' stato come riscrivere tutto da capo, come se tutto il sesso fatto in questi due anni e mezzo non fosse servito a nulla. L'ho fatto per la prima volta proprio come te: stesse emozioni, più sentimento e meno lussuria. Ora capisco a cosa si riferiscono quando parlano di differenza fra fare sesso e fare l'amore”. Alzo il capo e, con le mani posate sul suo petto, allungo il collo per lasciargli un bacio a fior di labbra. “Sei l'unica ragazza che abbia mai amato”. “Lo stesso vale per me”. “Non lasciarmi mai, non voglio più essere solo”. Inarco le sopracciglia sorpresa, mai mi era capitato che fosse lui ad implorarmi di non abbandonarlo. “Come potrei, amore? Voglio stare solo con te”. Faccio una breve pausa, poi con la bocca tremante aggiungo: “E' una promessa”. Annuisce. “E' una promessa”. Riappoggio la testa sopra di lui, in questo momento potrebbe anche finire il mondo e non mi importerebbe. Almeno sono sicura di aver passato gli ultimi istanti con lui, con Leon, con il ragazzo che amo alla follia. Ed ora ho la certezza che anche per lui è così, mi ha sussurrato 'Ti amo' con decisione e non ha detto di credere di amarmi come quelle volta sul palazzo. Lui mi ama ed io lo amo. La mia vita, un tempo priva di senso e aspirazioni, ora è completa. Sono tornata integra dopo anni e anni ed è stato lui a rimettere insieme i cocci, è per merito suo se mi sto aprendo di più verso le persone ed ho scoperto che non tutti vogliono il mio male. Gli sono devota per tutto, mi ha cambiata completamente e no, non me lo lascerò scappare per nulla nell'intero universo. E' una promessa.

 

 

Riapro gli occhi lentamente, non sono in camera mia. Sbadiglio e decido di mettermi a sedere. Il freddo mi coglie alla sprovvista e constato di non aver indosso nulla, per cui porto il lenzuolo appena sopra il seno. Giusto, oggi è domenica pomeriggio. Ho fatto l'amore con Leon. Volto lo sguardo verso sinistra e lo osservo dormire con l'espressione innocente di un bimbo, è così bello. Involontariamente mi sfugge un sorriso che svanisce in un solo istante quando lo vedo rigirarsi sotto le coperte, ora ha il viso contratto in una smorfia. “Ti prego, basta”, mugugna con voce cavernosa quasi in un lamento. Sono preoccupata, cosa starà sognando? E' uno degli incubi che spesso lo tormentano? Ha la fronte costellata di sudore e continua a dimenarsi agitato, mi arriva pure un calcio. “Ahi”. Allungo il braccio per poterlo tranquillizzare posandogli una mano sulla spalla. Spalanca le palpebre e si mette rapidamente seduto gridando: “Mamma!”. Si gira a destra con gli occhi fuori dalle orbite e vede la mia mano, l'afferra e la leva con forza dalla sua spalla. “Non mi toccare! Non mi toccare!”, urla sgolandosi. Ritraggo il braccio spaventata con la bocca semiaperta, mai l'avevo visto in questo modo. Il suo respiro torna a farsi regolare e scuote il capo come per scrollarsi il tutto di dosso. “Scusami, scusami...”. Deglutisce. “Subito ho visto solamente la mano e non ho connesso...perdonami, per favore”. Rimango a fissare il suo volto affranto per alcuni secondi per poi gettarmi fra le sue braccia, chi se ne frega del lenzuolo! Con le dita gli accarezzo i capelli della nuca e gli sussurro: “Non preoccuparti, capita anche a me”. “Ti ho trattata male...”. “Se ci si sveglia così brutalmente da un brutto sogno è normale”. Il suo battito cardiaco torna ad essere normale, significa che si è tranquillizzato. Non si decide però a sciogliere l'abbraccio e non sarò di certo io la prima a farlo. “Grazie, almeno la tua mano mi ha svegliato”, dice ridendo. “Prego”. Mi lascia un bacio sulla fronte e mi guarda negli occhi. “Hai degli occhi bellissimi”. Arrossisco, perché dopo tutto i suoi complimenti continuano a farmi questo effetto? “E i tuoi, scusa? Da quando li incrociati per la prima volta mi hanno catturata”. Chiude le palpebre e si avvicina alle mie labbra, quando improvvisamente sentiamo rumori provenienti dall'entrata. Basta solo sentire la chiave nella serratura per farci scattare, mi volto verso la sveglia sul comodino. “Sono le sei e ventisette. Quanto cazzo abbiamo dormito?”, chiedo allarmata. “Non c'è tempo per pensarci, vestiti!”. Ci alziamo rapidamente dal letto e ci rimettiamo i vestiti alla velocità della luce, non sto nemmeno guardando cosa sto indossando. “Ragazzi?”. Ci precipitiamo in salotto di corsa e armandoci del sorriso più convincente possibile raggiungiamo la cucina. “Mamma, sei tornata!”. Le va incontro e la abbraccia. “Scusa se non ti abbiamo sentito subito, eravamo in camera a guardare dei video su Youtube con le cuffiette”. La sua abilità nel mentire su due piedi mi sorprende ogni giorno di più. “Oh, fa niente”. Poggia le borse della spesa sopra il bancone, poi si volta per guardarmi. “Violetta, vieni qua che ti saluto come si deve”. Titubante vado verso di lei e mi abbraccia, subito si stacca e mi osserva con la fronte corrugata. “Tesoro, hai la maglietta storta”. “Oh...ehm...”. “Tranquilla, so già tutto”, mormora al mio orecchio facendomi avvampare. “Grande!”, esclamo con finto entusiasmo. “Che ne dite di andare in salotto mentre vi preparo la cena?”. “Okay, Vilu andiamo?”. “Sì”. Esco dalla cucina accompagnata da Leon, ci accomodiamo sul divano e mi tolgo la maglietta per potermela rimettere correttamente. “Sono una deficiente...”. Gli lancio un'occhiata rabbiosa. “Che hai da guardare?”. Alza le mani a mezz'aria. “Io non vorrei dire, ma ti sei tolta la maglietta e sei la mia ragazza...ho da guardare eccome!”. Mi infilo la t-shirt e gli sorrido. “Accontentati per un mese, adesso”. Ovviamente sto scherzando, ma mi piace provocarlo. “Co-cosa? Un mese non lo accetto, no”. Scuote il capo con vigore. “Ebbene sì, siccome l'entrata del tempio è mia posso vietare benissimo l'accesso”. Rotea gli occhi sbuffando. “Non puoi rigirare tutto come vuoi te”. Dico 'no' con l'indice destro ed un sorrisetto beffardo. “Senti, ho aspettato un tempo infinito rispetto ai miei standard. Direi che merito tutto questo, no?”. Nego con la testa. “Come minimo due o tre volte a settimana”. Sembra serio da come lo dice, mentre io stavo solamente scherzando. E' ovvio che lo voglio anch'io, ma due o tre volte a settimana? Peggio dei conigli. “Ma sei scemo? Mi vuoi sfinire?”. “Okay, allora facciamo una nel weekend”. Scoppio a ridere per la serietà con cui sta prendendo questo discorso. “Va bene, dai”. “Oh, grazie a Dio...”. “Ma...”. Lo blocco subito. “...sappi che se ti comporti male, salta il sesso di fine settimana”. Allarga le braccia esasperato. “Dimmi una volta in cui ti ho fatto qualcosa di male!”. Scrollo le spalle. “Finora niente, in futuro chi lo sa? Nel dubbio ti impongo questa regola”. Si mette a guardare dalla parte opposta. “Ti sei offeso?”. “No, guarda! Mi parli come se sapessi già che più avanti mi comporterò male con te e mi imponi questa stronzata solo perché ti fa comodo. E' da quasi un mese che ti sto dietro ed è dalla studentesca che avrei voluto portarti a letto, ma non l'ho fatto perché ci tenevo che non buttassi via la tua verginità a caso e da ubriaca”. Non si è nemmeno voltato per dirmelo, senza pensarci mi allungo verso di lui e lo circondo con le braccia da dietro posando il capo sulla spalla. “Detesto vederti arrabbiato”. Non risponde. “Sai che stavo scherzando, permalosone”. Sospira. “Okay, tolgo la regola se ti fa sentire meglio”. Si volta sorridendo sornione e si mette composto. “Potrei fare l'attore melodrammatico, sai?”. Spalanco la bocca incredula. “Che stronzo!”. “Si chiama 'recitazione', cercalo sul vocabolario”. “Il vocabolario lo consulto più di te, imbecille!”. Annuisce. “Su questo hai ragione”. Gli do una cuscinata sull'addome facendolo piegare, rapidamente rialza la testa per lanciarmi uno sguardo di sfida. “E' questo che vuoi? Che guerra sia”. Prende un cuscino alla sua destra e mi colpisce talmente forte da farmi cadere all'indietro, si mette a cavalcioni sopra di me e riesce a strapparmi di mano il mio gettandolo a terra. “Hai qualcos'altro da dire, signorina?”. Afferro il suo viso fra le mani e lo bacio dolcemente, appena mi stacco ci specchiamo l'uno negli occhi dell'altro e gli do un buffetto sulla guancia. “Sabato o domenica prossima salti l'appuntamento, carino”. “Sei sleale!”. “Perché quello che si è finto arrabbiato per raggiungere i suoi scopi ne sa molto di lealtà!”. “Ragazzi, la cena è pro...oh, ho interrotto qualcosa?”. Ci voltiamo di scatto verso l'arcata. “Ehm, mamma...non fraintendere, stavamo solamente giocando a colpirci con i cuscini”. Si toglie da sopra di me in un batter d'occhio, mentre io mi metto seduta. “Okay, sono venuta per dirvi che la cena è già sui vostri piatti”. Ci alziamo dal divano per dirigerci verso la cucina, quando sento una mano toccarmi in fondo la schiena. “Che stai facendo?”, sbotto. “Niente, ti stavo solamente abbassando la maglietta dal momento che ce l'avevi alzata”. “Ti tengo d'occhio”. “Senti, carissima: devo ricordarti ciò che abbiamo fatto oggi pomeriggio? No, perché se ti scandalizzi perché ti sfioro il culo per sistemarti la maglia è proprio il colmo”. Gli do una pacca sul braccio. “E poi adesso sei solo mia, per cui ho i miei diritti da esercitare. Hai il marchio Vargas nel collo, sei dei nostri”. “Che?”, aggrotto la fronte. “Non l'hai visto? Hai due o tre succhiotti nel collo”. Sgrano gli occhi. “Quando pensavi di dirmelo? Davanti a papà col collo bello in mostra?”. “Credevo te ne fossi resa conto, scusa”. Mi mordo il labbro inferiore. “Okay, per una settimana farò finta di avere mal di gola così sarò costretta a portare sempre una sciarpa o un foulard...”. “Potresti usare il correttore o il fondotinta anziché fingerti malata”. Sorrido piacevolmente sorpresa. “Bella idea”. “Vilu, Leon: il cibo si sta raffreddando”. Entriamo nella stanza e troviamo la tavola imbandita accuratamente e colma di un sacco di pietanze tutte rigorosamente messicane, Lucia ci sorride seduta dal proprio posto. “Mamma, non serviva ti scomodassi così tanto”. “Suvvia, Leon! Cosa vuoi che sia? E' un occasione speciale, Vilu è la prima ragazza che hai portato da noi in tutta la tua vita”. Visibilmente in imbarazzo, risponde a denti stretti: “Grazie, mamma...”. “Oh, sedetevi. Violetta, fa come se fosse casa tua e serviti pure quanto ti pare e piace!”. Ci accomodiamo vicini ed osservo cos'ho dentro il piatto: paella. “Ma la paella non è un piatto spagnolo?”. “Sì, ma questa è paella alla messicana. Guarda che se vuoi prima di mangiarla, ci sono le tortillas: ho preparato salsa di avocado, piccante e al formaggio in cui intingerle. Quelli là in mezzo sono dei nachos ricoperti di formaggio con peperoncino verde, stai attenta perché beccano molto. Ho fatto anche dei burritos al pollo e alle verdure, poi basta credo...”. “Wow, comincio con le tortillas”. Allungo la mano verso il centro del tavolo, ne afferro una e la intingo sulla salsa piccante. “Hai fatto tutto questo in così poco tempo?”. “Ma va, è da ieri sera che è rinchiusa in cucina”. Mando giù un boccone. “Non credo di aver visto così tanto cibo messicano in vita mia”, commento ridendo. “Cenate sempre così?”. “Ogni tanto mamma sente il richiamo della sua terra d'origine”, dice masticando un burrito. “E tu?”. “Io cosa?”. “Non senti mai il richiamo del Messico?”. Scrolla le spalle. “Non ci sono mai stato, non mi può mancare qualcosa che non ho mai avuto”. Inarco le sopracciglia. “Mai?”. “Mai”. Prendo un'altra tortilla in silenzio, che cosa strana. “Violetta, credo proprio ti debba ringraziare per aver indirizzato Leon verso lo studio”. Le sorrido. “Prego, ma ha fatto tutto lui”. “Tu gli dai man forte e questo per me è già tanto”. Con la coda dell'occhio lo vedo roteare gli occhi. “Ho scoperto che vuole fare pure l'architetto, incredibile no? Non l'avrei mai detto qualche mese fa”, dice portandosi una forchettata di paella in bocca. “Già, incredibile...”. Devo ancora digerire del tutto il fatto che abbiamo preso strade diverse, ho ancora l'amaro in bocca per la sua scelta. “L'ho sempre visto come un artista figurativo perché è sempre col blocco in mano, ma adesso mi rendo conto che l'indirizzo deciso rispecchia il suo carattere: progettista, calcolatore, preciso. Nonostante sia molto impulsivo, pensa anche troppo per un ragazzo della sua età”. “Mamma, ma che dici?”. “Quello che penso”. Inizio a mangiare ciò che ho sul piatto e anche lui. “Tu che indirizzo hai scelto?”. “Arti figurative”. “E' bravissima a disegnare, te lo posso assicurare”. “Cosa dici? Tu sei più bravo di me!”. “Taci, quella brava qua sei tu”. “Ma sei pazzo?”. “Ehm...la smettete con questa modestia da artisti?”, si intromette Lucia facendoci scoppiare a ridere. “Aggiungerei falsa modestia solo per mio figlio”. “Hey!”. “Concordo”. “Doppio hey!”. Siamo piegate in due dalle risate mentre lui ci fissa attonito. “E' sempre stato egocentrico fin da piccolo, adesso che è un po' più grandicello si trattiene”. “Ma non è vero!”. “Perché? Cosa faceva da piccolo?”, le domando con le lacrime agli occhi. “Mamma, non...”. “Alla recita scolastica dell'asilo si è rifiutato di partecipare perché non l'avevano preso nel ruolo principale, ad esempio”. “Davvero?”, mi volto incredula. “Per me contava molto essere il Principe degli Ortaggi, voi non potete capire”. Inutile dire che il modo serio con cui lo dice suscita la nostra ironia. “Gli avevano assegnato la parte del Peperone Brontolone ed è arrivato a casa piangendo”. “Grazie per l'informazione, mamma”. “Prego, caro”. Curiosa chiedo: “Ci sono stati altri episodi del genere?”. “Oh sì, moltissimi. Il caso estremo però l'ha raggiunto in terza elementare, quando ha dato un pugno ad un suo compagno di classe perché continuava a toccargli i capelli”. “L'hai davvero fatto?”. Visibilmente a disagio, risponde: “Vorrei vedervi se uno vi tocca la testa in continuazione come reagireste”. Subito dopo sorride beatamente. “La mia prima nota...ah, che tempi d'oro”. Lucia gli punta la forchetta contro. “Vanne fiero sai? Se vieni bocciato anche quest'anno ti mando a lavorare, tanto l'età ce l'hai ed è ora che muovi le chiappe”. Leon sbuffa come se queste affermazioni fossero pane quotidiano. “Mi ha detto che mercoledì siamo invitati a casa tua”. “Sì, non siete obbligati a venire”. Scuote il capo. “No, no! Ci vengo più che volentieri, sarà bello conoscere la tua famiglia”. “Anche per noi, ho messo una buona parola su di te”. “Che ragazza carina! Leon, te la sei scelta proprio bene”. “Ovvio, ho un fiuto per le scelte che solo pochi hanno”, afferma poggiando la posata con nonchalance sul piatto vuoto. Il mio è ancora a metà, ma è un orso! “Ecco, l'ha fatto di nuovo”. “Che ho detto di male?”. “Non se ne rende nemmeno conto!”. Assieme sono davvero uno spasso, si comportano più come amici che come madre e figlio. “Però infondo anche tu te lo sei scelto bene, Vilu. E' un gran tenerone anche se si nasconde sotto quella scorza da duro, fa tanto il macho quando in realtà è un micio”. Annuisco. “Lo so, gli piacciono i grattini dietro l'orecchio”. “Sì, ogni tanto quando guardiamo la tv assieme sul divano si fa ancora coccolare ed i grattini sono la cosa che lo rilassa di più”. Arrossisce ed abbassa lo sguardo imbarazzato. “E' successo tanto tempo fa”. “Due settimane, Leon”. Rido, ma non per scherno. Rido perché la trovo una cosa estremamente dolce. “Se gli passi una mano fra i capelli accarezzandogli la testa invece si addormenta come un sasso, finalmente ho trovato qualcuno che può coccolarlo al posto mio”. “Userò la mossa dei capelli quando mi sarà utile”. Mi arriva una gomitata. “Sai che scherzo, amore”. Ops, ho detto amore? Davanti a sua madre? “Volevo dire...Leon”. Lucia dal suo canto sorride intenerita, le brillano quasi gli occhi. Credo sia contenta nel vedere che suo figlio ha messo la testa a posto e si sia...innamorato? Suona strano. Leon Vargas è innamorato di Violetta Castillo. Leon Vargas e Violetta Castillo, i nomi almeno sono belli da sentire assieme. La serata passa fra risate, aneddoti sull'infanzia di Leon e progetti per la settimana negli Stati Uniti. Sua mamma sembra ben disposta a farci da accompagnatrice e anche a venire alla cena di mercoledì, so già che sarà in grado di conquistare tutti i miei parenti. Ricapitolando: ho dormito per la prima volta assieme a tutti i miei migliori amici, ho fatto l'amore col ragazzo che amo e quest'estate molto probabilmente andrò in vacanza con lui e vedrò due delle mie band preferite live. E' stato un weekend da ricordare, la mia vita non potrebbe andare meglio di così.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Ciao plebei (amo questa parola!) come va? Eccomi con un nuovo capitolo dove succedono tante cose belle u.u Vilu ha passato il weekend più bello della sua vita e...oddio, ma i nostri eroi (?) finalmente ce l'hanno fatta! Hanno inzuppato il biscotto! Quanto siete contenti da uno a dieci?:') Io mi sento alquanto a disagio eh? Ho paura che quella scena sia venuta da cani, per cui attenderò con ansia il vostro giudizio che spero non sia diffamante. Cosa importante: mancano solo quattro o cinque capitoli alla fine della fanfiction. Bilancio finale? Come vi è sembrata? Spero sarete in molti a seguire il sequel, vi avverto già che dopo il capitolo finale mi ibernerò (?) per due settimane dopodiché tornerò a pubblicare. Ringrazio chi recensisce, chi mette la storia fra i preferiti e le seguite!
Un beso muy grande,

Gre
P.S. Chi non ha ancora ricevuto la trama del sequel e vuole leggerla, è pregato di contattarmi in privato e gliela invierò :3

  
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