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Autore: mis_sfortune    23/07/2014    2 recensioni
In seguito all'assassinio di Seymour, Yuna e i suoi guardiani sono stati giudicati colpevoli di tradimento, condannati e hanno trovato la morte nella Via Purificatio. L'evento ha gettato Spira nel caos, ma Bevelle si è liberata di una spina nel fianco. Dall'altra parte del mondo, però, altre forze si stanno muovendo. Questa è la storia dei quattro eroi che hanno sconfitto il clero e poi Sin.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Seymour
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Change is what the world awaits
Could that be peace or war?
The answer no one knows
Trusting the break of dawn
The blue bird flies away

“Dicono... Dicono che hanno trovato il cadavere della traditrice in fondo alla Via Purificatio. Sangue ovunque. E la sua combriccola di guardiani... due a galleggiare sulle acque del canale, altri tre sbranati da Efrey Oltana, li ho visti coi miei occhi al teleschermo. Nessuno ha trovato sir Auron, in compenso. Bah, guarda, una tragedia, ma in fondo se lo meritavano! Arrivare a uccidere il maestro Kinoc... C'erano fin troppe aspettative sulla figlia del grande invocatore Braska, magari la fama le ha dato alla testa. Spero quantomeno che qualcuno porti il Bonacciale, e in fretta. Sin ci sta portando via tutto... Ho sentito di una ragazza di Luka che ha deciso di partire dopo il casino dell'operazione Mihen. Ehi Zareb, mi stai sentendo?”

Il giovane uomo portò alle labbra la sigaretta e tirò una boccata di fumo, soffiandola pigramente. Si voltò verso l'amico, cercando di seppellire il fastidio per la di lui evidente logorrea, e si limitò ad annuire.

Il bancone di un bar, a Spira, era il posto meno adatto per dimenticare le proprie disgrazie. Magari altrove il dolore si smezzava: ma a Spira no, perché Sin colpiva tutti, indiscriminatamente. Uccideva sacerdoti, pescatori, giocatori di blitz, mercanti. Sterminava Guado, Albhed, Ronso, persone comuni. Polverizzava vecchi, bambini, donne, uomini. Nessuno si sottraeva alla sua forza punitiva. Lo stesso nome di questa creatura, Sin, 'peccato', ricordava a tutti, vivi e morti, che c'erano delle colpe da espiare. Della vanità dell'intelletto umano. Della sete di potere. Della rivalità indefessa tra i due polmoni del mondo: Zanarkand, terra di invocatori, e Bevelle, signora delle macchine.

Forse, pensava Zareb, Yevon ha voluto invocare Sin per distogliere le attenzioni. Era necessaria la presenza di Sin affinché gli uomini non combattessero più tra loro. Qualcosa, però, ancora non gli quadrava. Zanarkand è un cumulo di rovine; Santa Bevelle è ancora in piedi. A noi viene proibito l'uso delle macchine per agevolarci; eppure i templari hanno fucili e macchine proibite . E le ho viste coi miei occhi, senza il bisogno di un fottutissimo teleschermo. Un altro tiro di sigaretta, mentre svuotava il bicchiere del suo amaro.

“Io vado” mormorò lapidario, mentre alzava i tacchi e usciva da quella bettola. Kilika non era stata così squallida dai tempi dell'ultimo monsone, quando l'alluvione aveva spazzato via il ponte sul porto e, a schiena piegata come un disgraziato, l'aveva riparato insieme a suo padre. Ma poi Sin si era portato via, insieme alle passerelle traballanti, anche lui, quando aveva attaccato l'isola sei mesi prima.

Zareb aveva visto la figlia del grande invocatore Braska, mentre danzava sull'acqua, trapassare le anime dei defunti. Trapassare anche quella di suo padre. Non credeva che la morte potesse infondere questo senso di... fascinazione.

Quando uscì dalla locanda, l'alba rosseggiava in lontananza e pesanti occhiaie adombravano il suo volto. Non era riuscito a prendere sonno: l'evento aveva causato troppa confusione e il villaggio era effettivamente piccolo. Qualcuno era dispiaciuto, qualcun altro scioccato, qualcun altro ancora nel suo dispiacere sosteneva la causa del clero. Zareb non riusciva a credere che da mille anni viveva in un mondo in cui il senso comune era determinato da precetti infondati: Bevelle era tanto dalla parte di Sin quanto lo poteva essere Zanarkand. In un certo senso, il giovane appoggiava la posizione degli Albhed, anche se reputava i loro metodi troppo fondamentalisti.

Si chiedeva da che parte lui stesse. Dopo l'operazione Mihen aveva disertato. Era stato un vigliacco, ma quel fallimento aveva portato a una catastrofe. Era anche lui un traditore. Come la figlia di Braska.

Diede un ultimo tiro alla sigaretta di foglie di palma, poi la gettò in mare. Quando il mozzicone creò, tuffandosi, dei cerchi concentrici intorno a sé, Zareb si avvicinò allo specchio d'acqua, inginocchiandosi davanti ad esso.

Aveva i capelli neri e lunghetti, che si arricciavano tutti intorno al suo viso spigoloso, e gli occhi blu appesantiti dalle borse violacee. Il labbro inferiore sporgeva leggermente, una barbetta incolta a coprirgli la mascella. A torso nudo, la pelle olivastra appena illuminata dal sole, indossava un paio di pantaloni harem color verdone e una fascia rossa al braccio destro. Quel fiocco brillante era come un memento, a ricordargli la vergogna di essere appartenuto alla Milizia e aver abbandonato i suoi compagni nella lotta contro Sin.

Al pensiero, la sua bocca si piegò in una smorfia sprezzante. Si allontanò verso la giungla con i pugni nelle tasche e i muscoli intirizziti dalla brezza mattutina. La giornata era lunga e doveva pianificare il suo spostamento.

Non poteva più rimanere a Kilika. Nonostante il sole, gli alberi, il mare. Nonostante avesse passato l'infanzia a salire i gradini del tempio, a giocare a blitzball nel suo spiazzo, ad ammirare la statua del grande Ohalland.

Ma Zareb doveva. Doveva andare via.

   
 
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