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Autore: CrucifyMe    24/07/2014    1 recensioni
Ludovica è una ragazza del distretto 5 che un giorno si avventura nel bosco al confine con il distretto. Là accadrà un incidente, grazie al quale conosce Alex, un ragazzo che vive dall'altra parte della barriera che separa i due distretti. I due passeranno molto tempo insieme, fino a provare amore l'uno per l'altro, ma date le circostanze sono costretti a dirsi addio. Le loro storie si riuniranno, ma saranno cambiate molte cose.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi manca poter vedere il cielo illuminato dalle stelle di notte. Lo guardavo ogni sera, prima che entrassi nell’arena. Mi sembra passata una vita. Come se gli hunger games fossero la mia intera esistenza. La cosa che mi fa più paura è che, anche se me ne sarò andata da qua con il copro, la ma mente rimarrà intrappolata in questo enorme cimitero o campo di battaglia. Mi stringo più a Tate e ricordo a me stessa che devo resistere per lui. Ma non posso togliermi dalla mente il viso di quella ragazza, la sua espressione di dolore e come gli è scivolata via la vita dagli occhi. Devo imparare a convivere con la sua morte, ma non so se ce la farò. L’ho uccisa io, non avevo nessun diritto di decidere della sua vita. Nemmeno un dio dovrebbe decidere della morte di una persona, nessuno lo dovrebbe fare. Invece io l’ho fatto e due volte. Merito che mi facciano lo stesso o peggio.
Mi alzo e esco dalla tenda. Non mi voglio allontanare, ma ho bisogno d’aria, mi sento soffocare. Aspiro ed espiro lentamente, ma i miei polmoni non vogliono funzionare. Ogni muscolo in corpo mi trema, anche se ci saranno venticinque gradi. Tranquilla ripeto, ma non riesco a calmarmi. Mi accovaccio per terra e stringo le ginocchia contro il petto e la testa china. Non mi è mai venuto un attacco di panico, non so come gestirlo. Conto a voce, mentre mi mordo le braccia. Non ci riesco.
- Tate. Grido. Non voglio svegliarlo, ma non riesco a fermarmi, ho bisogno di lui.
Si precipita fuori dalla tenda e mi stringe a sè. – Ludo che hai?
- Io non ce la faccio, non posso convivere più con me stessa. Sono un’assassina. Merito la morte.
Mi prende il viso tra le mani, che bagno con le mie lacrime – Ascoltami bene. Tu sei la persona più buona che conosco al mondo, so che non faresti mai del male a nessuno, se non fosse necessario. Ti ho sempre creduta debole, ma mi sbagliavo. Tu sei forte. Tu puoi farcela. Hai dovuto prendere una decisione dura, ma non avevi scelta. Sai perché l’hai fatto?
Scuoto la testa facendo segno di no.
- Tu l’hai fatto per me. Tu non hai salvato solo la tua vita, hai salvato anche la mia. Non ho una vita senza di te, lo capisci? Ci hai salvati, entrambi. Mi bacia la fronte e appoggio la testa su di lui.
Ce ne stiamo fermi per ore e sta iniziando a sorgere il sole. – Che ne dici di andare a vedere l’alba? Mi chiede Tate. Annuisco e ci avviamo. Io voglio correre e mi lascia fare. È un modo per scaricarmi, fare qualcosa mi fa star meglio. Allontana i brutti pensieri. Ovviamente ci siamo portati dietro le armi e la spada mi sbatte sul fianco dandomi fastidio. Poco mi importa, voglio solo liberare la mente.
Riesco a vedere oltre la gli alberi il lago.
Mi torna in mente ieri sera. La ragazza. La sua morte.
Mi fermo di colpo e mi butto a terra. Sento quella voce, mi sta gridando che sono un’assassina.
- Esci dalla mia testa!
Tate mi stringe a sé e mi sussurra all’orecchio – Ludo, sono qui. Ascolta solo mia voce. Ti ricordi quando ci siamo conosciuti? Annuisco.
- Te eri la ragazza più estroversa che abbia mai conosciuto. Eri anche un po’ troppo schietta. Ti eri messa a litigare con una guardia, per quale motivo?
- Perché non aveva pagato la sarta.
- Giusto, eri guasta. Gli davi del ladro e del sessista, perché si stava approfittando di una donna. Io ero pronto ad aiutarti, a prenderlo  a botte se necessario. Invece tu l’hai fatto ammutolire con il tuo discorso. Mi sono reso conto così di quanto tu fossi intelligente
Fa una lunga pausa. – Sai perché te lo sto ricordando?
Scuoto la testa. – Perché sei la ragazza più coraggiosa e intelligente in tutta Panem. Sei forte, combatti le voci che ti danno il tormento. È la tua testa e sei in grado di controllarla.
Ha ragione. Lo tiro a me e gli do un bacio veloce. – Andiamo.
Mi prende per mano e arriviamo al lago. Mi ha sempre dato sicurezza la sua stretta così forte, era come se trasmettesse quella forza anche a me. Ora invece non me ne da più, perché non ne ho più bisogno. Sono una persona diversa ora, non ho più bisogno di protezione.
Ci sediamo sulla sponda del lago e ammiriamo il sole sorgere. È un nuovo giorno, con nuove possibilità e nuove speranze. Ho fatto una cosa orribile, ma sono viva e ho la possibilità di rimediare.
- Farò qualcosa per cui la sua vita non sia vana.
- Ne sono sicuro.
E torniamo ad ammirare il sole.
È tarda mattinata e non ci siamo mossi da lì. – Ludo non so te, ma io muoio di fame. Vado a cercare del cibo, mi posso fidare a lasciarti qui?
- Certo va.
- Ci metto poco, lo giuro. E sparisce tra i fitti alberi.
Quell’acqua mi attira. Sto morendo di caldo e ho sempre amato nuotare. Un bel bagno può solo farmi bene. Mi butto in acqua e inizio a muovermi lentamente. Mi mancava farmi un bagno, ovviamente le toilette nell’arena non esistono, e finalmente posso liberarmi da tutto questo sporco . Ma non mi libero solo da quello, ogni pensiero se ne va dalla mia mente. Riesco a rilassare i muscoli e non pensare. Arrivo al centro del lago e mi metto a galleggiare a pancia in su, ammirando il cielo.
Mi chiedo cosa ci sia oltre.
Forse non c’è nulla in realtà, oppure potrebbe esserci il luogo dove andiamo da morti. Deve esserci qualcosa dopo che ce ne andiamo da qui, non credo nella fine dell’esistenza di un essere. La nostra percezione non può morire, si trasforma. Il nulla non può esistere o le nostre vite nemmeno esisterebbero.
Parlo in continuazione di cose così con Tate, non credo che mi capisca fino in fondo, ma almeno ci prova. Mi ricordo che quando ci provavo con Alex, non faceva che interrompermi per dire la sua. Diceva sempre stupidaggini, ma almeno ci provava.

- Tu sei morto!  
È la voce di Ashley.
Perdendo la concentrazione vado a fondo, ma riemergo subito. Cerco di guardare verso  sulla sponda e la vedo. C’è anche Tate.
Nuoto il più velocemente possibile e sento lei gridare. Sta tutta accovacciata per terra e si copre gli occhi con le braccia.
Sta facendo come me ieri sera. Non mi fido però a lasciarlo da solo.
Nuoto mettendo tutte le forze che ho nelle gambe e nelle braccia. Devo sbrigarmi.
Sono quasi arrivata a riva. Riesco a sentirli.
- Ashley sono Tate, il tuo amico. Ci siamo aiutati per giorni.
Lei continua a non ascoltarlo. Le si avvicina.
No, non farlo.
Le mette una mano sulla spalla. – Va tutto bene, sono io. Non devi avere paura.
- Tu sei … morto!
Grido, ma non sento la mia voce. Il tempo si è come bloccato e l’unica cosa che si muove è il braccio di Ashley che prende un coltello, che teneva sulla cinta, e pugnala Tate. Lo colpisce dritto nel cuore.
- Tate!
Sono ormai arrivata alla riva. Mi butto su Ashley e l’allontano da lui.
- Lu … io …
E scappa via.
- Tate, ti prego non mi lasciare. Amore mio ti imploro, non mi abbandonare.
Gli sto bagnando il viso con le mie lacrime, mentre glielo tengo in grembo.
Cerca di parlare, ma gli sta uscendo il sangue.
- Non ti sforzare, troveremo una soluzione. Ci siamo promessi che saremo stati insieme sempre. Te lo ricordi?
- Sempre. Dice lui a bassa voce.
- No, no, devi combattere. Ce la puoi fare. Segui la mia voce. Tate guardami. Concentrati su di me.
Ma è tardi, la vita se ne sta andando dal suo corpo. Lo stringo a me finché non sento che lui non c’è più.
Il cannone spara.
Se n’è andato. È morto. Non doveva andare così. Lui doveva vivere. Dovevamo vivere insieme, dovevamo costruire una vita insieme, avere dei figli e dei nipoti e andarcene insieme. Ma non accadrà, perché lui non c’è più.
Lancio un grido di dolore e poggio la mia fronte sulla sua.
Non voglio più uscire da questa arena senza di lui, non posso farlo. Voglio andarmene, non mi importa dove la morte conduca, ma io voglio seguirlo. Però c’è un’ultima cosa che devo fare.
- Ti amo. Gli dico all’orecchio, ovunque sia mi ha sentita.
Girovago per il bosco senza una meta precisa. Non ho idea di dove sia andata Ashley, voglio solo starle il più lontana possibile. Ma l’arena è più è piccola di quanto pensi. È davanti ai miei occhi e sta lottando con il ragazzo rimasto. Lei è completamente disarmata e evita con rapidità i suoi colpi, ma non può continuare così a lungo.
Mi lancio contro di lui e gli conficco la spada nel fianco. Ma non posso ucciderlo, non posso più uccidere nessuno. Non lo posso fare.
Lancio il sacchetto di coltelli ad Ashley – Prendi!
Ne tira fuori uno e lo lancia contro il ragazzo, mentre io gli sono aggrappata alla sua schiena . Gli si conficca sul collo. Lancia un grido di dolore e mi scrolla di dosso, buttandomi per terra. Ma non si vuole fermare. Si butta di peso sopra la mia amica e si strappa via il coltello.
- No!
Ma lui l’accoltella, ficcandoglielo in gola.
A quel punto le forze lo abbandonano e parte il cannone.
- Lu … perdonami … e parte una seconda volta il cannone.
Se n’è andata anche lei. Ashley è morta.
No, è troppo.
Corro verso il lago e mi butto sulle ginocchia e inizio a gridare guardando il cielo – Mi avete tolto tutto, ci avete uccisi tutti, ma un giorno la pagherete!


Rimango sdraiata sulla spiaggia senza muovermi, fino alla mattina dopo. Non mangio, non bevo. Aspetto solo che la morte mi raggiunga.
- Lu!
Alex.
Si ferma a pochi passi da e io mi alzo in piedi.
- Alex se ne sono andati tutti, ci siamo solo noi.
- Lo so, troveremo una soluzione, te lo giuro.
Ma una soluzione non c’è. Non uscirò mai viva dall’arena. Mi hanno tolto tutta la vita che avevo in corpo. La mia anima è morta. Non sono più viva. Solo il mio corpo continua ad esistere. Ho tolto una vita, è ora che paghi il mio debito. La mia vita per la sua.
- Alex, ti ho amato, ma ora dobbiamo dirci addio.
Estraggo la spada e me la conficco nel cuore.
- NO.
Ma non lo sento più.
Giro la testa per guardare un’ultima volta il lago, dove è iniziata la mia morte. C’è Tate.
- Sempre? Chiedo.
- Sempre.
  
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