Era una mattinata calda, quella che stava vivendo il popolo di Arendelle. Per non dire quasi afosa. I cittadini provavano in tutti i modi a raffreddarsi: alcuni si tuffavano nel lago, altri restavano semplicemente in casa, al riparo dai fastidiosi raggi solari; i bambini invece approfittavano del tempo per giocare fino allo sfinimento, prima che tornasse la pioggia.

Ma si erano tutti dimenticati di avere a disposizione tutto il fresco che volevano.

Insomma, disponevano di una regina di ghiaccio e non se lo ricordavano nemmeno.

E per fortuna.

Elsa sarebbe stata TROPPO indaffarata per soddisfare i problemi di questo genere dei popolani, infatti stava organizzando una riunione parecchio importante, dove avrebbe dovuto discutere con i re e i funzionari delle regioni vicine.

“Oh, ma perchè sono diventata proprio io la regina??” sbuffava, spostando un ciuffo di capelli ribelle dietro l'orecchio. “Non ce la faccio più.” sospirava, ancora una volta.

Aveva ormai perso il conto di quante volte si era lamentata quella mattina, ed erano tante, ve lo dico io.

Ma per fortuna, oltre ai dispiaceri, nella vita di Elsa c'era spazio anche per la gioia e per la felicità.

E per l'amore.

L'amore. Elsa ne aveva tanto sentito parlare, sapeva più o meno che cos'era, ma non l'aveva mai provato sulla pelle.

O almeno, fino alla visione di Anna. Ommioddio. Elsa ancora aveva i brividi a pensare, quando, il giorno dell'incoronazione, aveva visto sua sorella.

“Sei molto bella”, aveva accennato, con un sorriso. Sembrava fosse la cosa più normale al mondo fare complimenti ai fratelli. Ma per Elsa non era affatto così.

E quella volta che la vide al castello di ghiaccio? Quanto era carina con quei guantini, che, anche se nascondevano le sue soffici e calde mani, erano la cosa che più si abbinava a quella mantellina rosso-viola?

Quanto l'amava. Quanto l'amava. Quanto l'amava.

“Non posso” pensava Elsa, ogni volta che guardava Anna.

“Perchè?”una voce nella sua mente. Sempre la stessa medesima domanda.

“Semplicemente non posso.”

Ma, oh, quanto amava quelle labbra. Quanto le bramava. Le voleva. Le pretendeva.

Erano sue, dopotutto.

Chi aveva scongelato Anna, dal sortilegio che le aveva ghiacciato il cuore?

Lei.

Chi l'aveva scongelata, con l'atto di vero amore?

Lei.

Chi l'amava più di ogni altra cosa al mondo, più della sua stessa vita?

Lei.

Lei, non Kristoff.

Anna non era di quel ragazzo amante delle renne.

Anna era sua. Sua.

La possedeva.

Anna.

Anna.

“Anna...”

 

La amava. La amava tantissimo.

E poteva fare solo quello, solo pensarla.

La regola del “guardare ma non toccare” era la sua filosofia di vita.

“Guardare, ma non toccare.”

“Celare, domare, non lasciare che si mostri.”

_Elsannagirl_