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Autore: NotFadeAway    25/07/2014    9 recensioni
Sherlock aveva organizzato tutto, un caso in Scozia per passare qualche giorno da solo con John, senza Mary o la bambina. Sarebbe stato tutto perfetto, l'occasione giusta... Se Mary non avesse deciso di andare con loro.
Forse era tempo per Sherlock di fare seriamente ingelosire John... Magari procurandosi un bel finto fidanzato da portare con sé fino in Scozia...
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-In Scozia? Vuoi andare fino in scozia per… -

-Per passare due giorni da solo con te. Io, te, una macchina e un caso. Come ai vecchi tempi. Niente mogli invadenti o bambine piagnucolose. Solo io e te, John. – disse Sherlock. No, pensò! Questo è quello che pensò di rispondere Sherlock, prima che si rendesse conto che non era il caso.

-Per dei gioielli rubati, sì – rispose invece.

John lo guardò perplesso, mentre l’amico roteava gli occhi e riprendeva a studiare il proprio vetrino.
-Sei sicuro che ne valga la pena? Ricordati il caso del bielorusso… -

-E tu ricordati il caso di Harry Knight – ribatté, aggiustando la lente micrometrica.

John scrollò le spalle, l’argomentazione dell’amico era stata convincente. – Okay. Quando partiamo? -

Eccolo. Era lui. Il suo John! Che presupponeva di essere invitato senza neanche chiedere! Che era coinvolto a prescindere! Sherlock nascose a fatica un sorriso sghembo.

-Tra tre settimane. Ho cose più urgenti da fare prima -

-Tre settimane! E come speri di ritrovare quei gioielli se dai al ladro tre settimane di vantaggio? -

-Io non spero di ritrovarli, John. Io so già dove sono, se le mie supposizioni sono esatte. E, nella remota possibilità che non lo fossero, sarebbero perduti ora come tra tre settimane. -

Tolse il vetrino e ne prese un altro.

-Allora che bisogno c’è di andare fin là? Mandagli un’e-mail, un SMS e liquidali come la metà dei tuoi clienti -

-Baskerville, John. Ricorda Baskerville -

-Okay, dimmi la data precisa, così cambio i turni e avviso Mary. Non ci dovrebbero essere problemi -



Diciotto giorni, dodici ore, ventisette minuti e nove secondi prima della partenza una chiamata aveva raggiunto Sherlock Holmes. Era del suo migliore amico che, gioia tripudio, lo aveva informato che Mary si sarebbe unita a loro in quell’allegra scampagnata.

-Non è una gita, John, è lavoro. Informa tua moglie! -

-Lo sa già, Sherlock. Ma non ti preoccupare, non intralcerà le indagini -

Già… Le indagini.




Diciotto giorni, dodici ore, ventisette minuti e una manciata di secondi dopo, Sherlock si fece trovare con una jeep appena noleggiata davanti alla periferica e squallida abitazione dei due coniugi. John era già in giardino, sulla soglia del cancello, Mary stava dando l’ultimo saluto alla piccola, che si dimenava tra le braccia della baby-sitter.

Appena vide Sherlock arrivare, John si avvicinò al marciapiede e lo aiutò a caricare. Il detective andò a fare un saluto veloce alla bambina, che lo aveva invocato da lontano, poi ritornò verso la macchina. Arrivato alla vettura trovò Mary seduta sul sedile posteriore, John su quello anteriore.

-Siediti dietro, John. Il posto davanti è occupato – disse, avvicinandosi allo sportello del guidatore.

-Da cosa? Da una colonna d’aria? Guarda che se faccio così si sposta – obiettò, agitando una mano.

-Non che la cosa sia educata da parte tua. Quell’aria era lì prima di te! – disse, sedendosi in macchina.

-Anche la tua aria era lì prima di te! -

-Ma questa è l’aria della mia macchina quindi io posso farlo! -

-Non è la tua macchina. È a noleggio! -

-Sì, ma l’ho noleggiata io, quindi io posso e tu no. Vai dietro – concluse Sherlock, accendendo il motore.

-E l’aria di dietro non conta? – protestò John, aprendo lo sportello infastidito.

-L’aria di dietro è inferiore -

-Questo si chiama razzismo -

-Si chiama gerarchia sociale. Ora muoviti che dobbiamo passare a prendere un’altra persona -

John sbatté lo sportello.

-Chi? -

-Un’altra persona – tagliò corto Sherlock.

-Vedo che la vostra maturità fa progressi, ragazzi – commentò Mary, - Davvero i miei complimenti! -

-Mary, non parlare, all’aria di dietro non piace essere risucchiata nei polmoni e essere stritolata dalle corde vocali -

-Perché a quella davanti sì? – domandò John, sporgendosi verso il sedile di Sherlock.

-Sì, gliel’ho chiesto! -

Mary roteò gli occhi, - Come dicevo… - mormorò, ma gli altri due erano troppo occupati a discutere per accorgersi che stava continuando a maltrattare quella povera aria di dietro.




Dopo un quarto d’ora arrivarono in un altro quartiere residenziale di Londra, villette a schiera con le facciate scurite dallo smog decoravano i bordi delle strade. Superate quattro o cinque case tutte uguali, l’auto accostò vicino ad una casa con la porta color glicine. 

-Ci vorrà solo un attimo – fece Sherlock, uscendo dalla macchina.

-Ma chi è? – provò a chiedere di nuovo John, ottenendo come risposta solo il rumore dello sportello che si richiudeva.

John lo vide avvicinarsi alla porta con passo leggero, l’avrebbe definito gongolante, se il soggetto in questione non fosse stato Sherlock. Arrivò sullo zerbino, bussò ed attese.

John aveva un pessimo presentimento.

La persona che comparve sull’uscio poco dopo era un uomo. Ben piazzato, alto quasi quanto Sherlock, capelli chiari, pelle scura, con un sorriso ebete sulla faccia. Era vestito di un colore fastidiosamente simile a quello della porta, aveva una postura disturbante e la voce, che giungeva attutita nell’abitacolo, aveva anch’essa un non so che di irritante.

Ah, e poi c’era il fatto che aveva appena baciato Sherlock.

Così, di punto in bianco! Aveva aperto la porta e aveva baciato Sherlock sulla bocca! Come se potesse farlo! Dov’era mai stato scritto che potesse farlo?!

John si lasciò sfuggire un verso infastidito e distolse lo sguardo. Lo fece per parecchi secondi, prima di notare, con la coda dell’occhio che i due stavano continuando. Ma insomma, erano già in ritardo!

Spostò l’aria davanti con una manata e andò a pigiare il clacson.

Il cielo volle che ottenesse il risultato desiderato. I due si erano separati, ma, con orrore di John, il tipo sconosciuto, maleducato e impertinente aveva afferrato un borsone e stava seguendo Sherlock verso la macchina.

Stava venendo verso di loro. Ed era un uomo. Veniva verso di loro ed era un uomo che aveva appena baciato Sherlock. Ed ora veniva con loro. E Sherlock stava con un uomo. Ed ora aprivano il portabagagli. Ed era un uomo. Poi si avvicinarono ai rispettivi sportelli e sempre un uomo restava!
Si sedette, il suo sesso non cambiò.


-Ah, ora l’aria davanti può essere spostata, eh?! – un’inspiegabile ostilità nei confronti del nuovo arrivato lo aveva fatto parlare di getto, senza pensare.

Questo gli costò una gomitata tra la settima e l’ottava costa da parte di Mary, uno sguardo che diceva “Ma fai sul serio?” da parte di Sherlock e un’occhiata tra il confuso e il preoccupato proveniente dal biondone vestito color porta.

-Ignoralo – fece Sherlock, - Lui è Adam. Adam loro sono John e Mary -

Adam si girò e strinse calorosamente le mani di entrambi.

-Piacere di conoscervi, io sono il fidanzato di Sherlock, ma forse l’avevate già capito - E scoppiò in una risata, che invogliava a bucarsi i timpani.

Il sorriso scivolò istintivamente via dalla faccia di John.

-Fidanzato? – disse, incredulo.

-Fidanzato – confermò Sherlock, aggiustandosi la giacca, prima di mettere in moto.

-Fidanzato! – esclamò Adam, sfondandogli una guancia con un bacio.




-Tra quanto arriviamo? -

-Dobbiamo arrivare fino a Glasgow, non ce la faremo prima di stasera. Pernotteremo in un albergo e penserò al caso domani, oggi non ce ne sarà tempo-

-Certo, si è fatto mezzogiorno! Se solo qualcuno non avesse perso tempo in soste inutili! – puntualizzò John.

-Se le persone non comprassero le case in squallidi sobborghi a Sud di Londra saremmo partiti alle dieci! -

-Se questa macchina non fosse appesantita da carico in eccesso, andrebbe più veloce! -

-Esatto, è quello che dico anche io! – rispose Sherlock con enfasi.

-Okay, ragazzi, non ricominciate! Sherlock pensa a guidare! – intervenne Mary.

John tornò ad appoggiarsi al sedile con le braccia incrociate, mentre sua moglie chiedeva a Sherlock se fosse sicuro di non aver bisogno del navigatore satellitare.

Certo che non ha bisogno del navigatore, conosce ogni strada della Gran Bretagna! Avrebbe voluto rispondere John, ma a farlo, invece, fu Adam, che iniziò a lodare le geniali qualità del detective, una dopo l’altra.

John si augurò che da qualche parte ci fosse un sacchetto per vomitare a portata di mano.




Aveva sperato che il sonno gli facesse la grazia di accoglierlo tra le sue braccia anche solo per un’ora, ma niente! Il supplizio continuava.

Mary si era addormentata con la testa poggiata sul petto di John già da una ventina di minuti, mentre ogni tentativo di John di non ascoltare quelle che i due si dicevano davanti era stato un misero fallimento.
Aveva finito per guardare fuori dal finestrino, avendo ben chiara, nella periferia del suo campo visivo, la figura di Adam e della sua mano. Mano che era sulla coscia destra di Sherlock.

Inaccettabile! Stava guidando, doveva avere piena mobilità!

John la ignorò.

Ma poi la mano si mosse ancora più sopra.

-Adam, non credi che tu possa intralciare Sherlock così facendo? Dovrebbe avere libero accesso al cambio secondo il codice di sicurezza stradale -

Sherlock lanciò un’occhiata a John tramite lo specchietto retrovisore.

-John, io prevedo tutto in anticipo, ogni possibilità viene calcolata e vagliata dieci secondi prima del suo eventuale verificarsi. Anche ora che tu mi stai distraendo, ho notato che c’è una buca dal diametro di 35 cm sul fondo stradale. Ci sono dodici possibili scenari, di cui il più probabile è che filerà tutto liscio, se modifico la traiettoria del veicolo di quattro gradi e mantengo la velocità costante. Per cui, non è necessario che tu tolga la mano, Adam. Ti avviso io se è necessario -

L’exploit di Sherlock diede motivo ad Adam di riprendere il suo mantra di elogi, SENZA TOGLIERE QUELLA CAZZO DI MANO!

-E dimmi, Adam, da quanti anni conosci Sherlock? – domandò John, ponendo una dovuta enfasi sulla parola “anni” e interrompendolo.

Quello allietò di nuovo le orecchie di John con la sua risata ochesca.

-Anni? No, ci conosciamo solo da tre settimane o giù di lì… -

-Ah, capisco… - John era praticamente una belva che aveva iniziato a segnare il proprio territorio, -E dimmi, in merito a quale caso vi siete conosciuti? Eri un cliente?-

Ora, era questo che gli interessava sapere: Adam doveva essere per forza Janine 2, la vendetta.

-Oh, no, ci siamo conosciuti in un bar, uno dei nostri. Ero lì a prendere un drink, quando vedo una chioma riccioluta fare capolino dalla porta. Poi lui si avvicina al bancone e ci scambiamo una lunga occhiata, prima che gli senta dire “Offro io”. Da lì è cominciata! -

E mentre Adam passava a particolari che avrebbero reso veramente necessario il sacchetto per il vomito, John iniziò a sondare quelle parole.

Sherlock in un bar gay. Sherlock in un bar! C’era decisamente qualcosa di sospetto. E poi il modo in cui aveva agganciato quel tipo, quasi fosse una vittima premeditata… Sì, tutto risolto: era per un caso!

Sollevato da quella deduzione, John riuscì a rilassarsi di più.

-Okay, io dormo per un’oretta, così poi ti do il cambio alla guida -

Sherlock annuì, senza staccare gli occhi dalla strada, e John finalmente si addormentò.




Il cessare delle vibrazioni della vettura svegliò i due coniugi sul sedile posteriore.

-Pausa ristoro! – annunciò Adam.

-Che ore sono? – mugugnò Mary.

-Le due meno venti, meglio prendere qualcosa da mangiare – rispose Adam, scendendo dalla macchina.

-Abbiamo mezz’ora, pranzo compreso, se vogliamo rispettare la tabella di marcia – aggiunse Sherlock.

Uno per uno si stirarono ossa e muscoli.
Decisero di alternarsi nei turni per il bagno, per non lasciare l’auto incustodita.  Adam e Mary, che avevano un’urgenza, andarono per primi, lasciando Sherlock e John da soli, appoggiati contro la macchina.

-Allora, che caso è? – chiese John, di punto in bianco.

-Lo sai, la vecchia ereditiera e i suoi gioielli scomparsi. Un grande classico – Sherlock guardava l’orizzonte, oltre la casupola della stazione di servizio.

-No, non quello! Quello di Adam -

-Oh. Non è per un caso, John – stavolta Sherlock lo guardò sottecchi, stando bene attento a non farsi notare.

-Non mi freghi di nuovo, Sherlock Holmes. Janine resta ben impressa nella mia memoria!-

-Beh, questa volta non è la stessa cosa. Adam e io siamo insieme sul serio -

- Insieme-insieme? -

Sherlock sospirò, esasperato, - Già. Qualche problema? – lo guardò per un attimo, i loro occhi si incontrarono.

John cercò di non incespicare sulla lingua, tentativo decisamente mal riuscito, e disse: - No, perché mai  dovrei averne -




-E comunque sembra… Simpatico. Anche interessante, perché no! Dovrei chiedergli dove ha preso quel maglione… Il colore è… non è commentabile! -

John era appoggiato fuori alla porta del bagno degli uomini, dentro c’era Sherlock.

-E ne vuoi parlare adesso? – protestò Sherlock.

-Hai girato seminudo per Buckingham Palace, non potrai mai più farmi credere che tu abbia un senso del pudore,  Holmes! -

Un calcio provenne dall’interno del bagno.

-Ti faccio presente che dopo dovrai entraci tu, in questo bagno, e che potrei non avere pietà di te! – disse una voce ovattata da dentro al cubicolo.

-Nulla di quello che tu possa fare eguaglierà quello che succedeva nel campo di addestramento militare, Sherlock. È persino inutile che ci provi! – rimbeccò John, sempre spalmato sulla porta del bagno.

-E va bene… Lo hai voluto tu -




-Esci -

-No -

-Esci dal bagno! -

-No! -

-Sherlock Holmes, esci da questo bagno immediatamente! -

Per quanto si impettisse, John era buoni venticinque centimetri più basso del detective. Detective che, per inciso, aveva deciso che la più grande ripicca sarebbe stata sfidare John ad urinare davanti a lui. Sherlock, infatti, si era piazzato nello spazio tra il lato del gabinetto e la parete, in quello che era uno stanzino un metro-per un metro, e non accennava ad andarsene.

-Non mi dirai che la cosa ti mette a disagio, - disse, assumendo un tono lezioso.

-Esci! -

-Perché? Ti sarà capitata sicuramente una situazione simile nell’esercito… -

John cacciò un verso di esasperazione ed uscì dal bagno.



Pestando i piedi per terra, ritornò alla macchina e aprì la portiera dov’era seduta Mary.

-Hai già riportato la chiave del bagno delle donne? Dammela! Non fare domande -

Al grido di “Veramente infantile, Holmes”, John ritornò sul retro della stazione di servizio per il filarsi nella toilette delle signore.




Grazie al maturo battibecco tra Sherlock e John, al gruppo era rimasto solamente un quarto d’ora per pranzare. Si dovettero accontentare di un sandwich nell’imbarazzante silenzio dell’abitacolo.




John diede il cambio a Sherlock alla guida, quest’ultimo si sedette sul sedile posteriore, assieme ad Adam.

L’avvoltoio non aspettava altro che un occasione per mettergli le mani addosso!

Mary stava parlando di qualcosa, probabilmente della bambina o forse del lavoro, ma John era troppo concentrato a barcamenarsi con lo sguardo tra la strada e lo specchietto retrovisore.

Adam si era slacciato la cintura di sicurezza e stava ora con le gambe sul sedile, proteso verso di Sherlock. Il tempo che John controllò la strada e già Adam si era fatto più vicino. Un’altra occhiata alla macchina rossa davanti a loro e li trovò a baciarsi, manco fossero due adolescenti. Tutti vicini e uniti e…

-Attento a quella volpe! – gridò Mary.

Un ammasso di peli rossi era sfrecciato davanti a loro all’improvviso, John non poté fare altro che sterzare bruscamente. Sentì un rumore sordo provenire dalle sue spalle: lo specchietto mostrava due uomini intenti a massaggiarsi la fronte.

-Attento! – protestò Sherlock, fulminando John con lo sguardo. Ma quest’ultimo non poté non sentire il piacevole retrogusto della soddisfazione affiorargli in gola.

Il bel momento durò poco, i due ripresero a baciarsi. Strada. Ora coso aveva le mani tra i capelli di Sherlock. Strada. Ora stavano proprio pomiciando. Strada. E facendo rumore. Musica.
Serviva della musica.

Poi, per fortuna, qualcosa attutì quegli sgradevoli suoni. Sembrava quasi una voce. No, era proprio una voce, anche abbastanza arrabbiata.
Oh, giusto, era Mary!

-Il navigatore, John. Penso proprio che ti serva, stavi per perdere la nostra uscita! Perché ho l’impressione che tu non mi stia ascoltando? -

-Cosa? Sì, impostalo. È nel coso davanti a te – disse, non smettendo di fare la spola con gli occhi. Quei rumori lo stavano rendendo piuttosto nervoso.

-Chi ti dice che io sappia impostarlo?-

-Sei un’assassina della CIA, sai come si imposta un navigatore! -

-Sta’ zitto! – sibilò Mary, lanciando uno sguardo preoccupato ad Adam.

-Sì, perché credi che coso stia sentendo! Piuttosto datti una mossa e sistema quel navigatore -

-La mia punizione non era limitata a tagliare il prato? -

-Si vede che non hai letto bene le clausole -




Due ore più tardi Mary era alla guida, Sherlock e Adam apparentemente dormivano e John lottava per fare funzionare lo stereo della macchina.

Con l’aiuto di Mary riuscì ad impostarlo su ‘lettore CD’ ed inserì la sua compilation.
“Impara a fischiettar” riempì l’abitacolo ad un volume da concerto rock. John si affrettò ad abbassare, ma era troppo tardi.

-Che cos’è questo obbrobrio? – ruggì Sherlock.

-E’ la playlist di Sophie, mi sono confuso – rispose John. – Ma non stavi dormendo? –chiese, inserendo il CD corretto.

-Non dormo nel bel mezzo di un caso -

-Non mangi neanche di solito -

-Chi ti dice che ho mangiato? Il mio sandwich sta adornando le aiuole della stazione di servizio da buone quattro ore. Dovrebbe essere in avanzato stadio di decomposizione -

-Continua a collaborare alla risoluzione del problema della fame nel mondo, bravo! -

Un pezzo dei Rolling Stones partì dalle casse dello stereo.

-No. Togli! -

Sherlock era seduto esattamente dietro di John ed aveva infilato la testa nella parte anteriore dell’abitacolo, fino ad arrivare a pochi centimetri da John. Questi parve trovare la cosa divertente, rise, - Non ci penso neanche! -

-Perché dobbiamo ascoltare qualcosa che svilisce e deturpa il concetto di musica stessa? -

-Sherlock, questi sono i Rolling Stones! Hanno scritto la storia della musica leggere! -

-Anche se la gente ha ridicolmente ridotto le proprie aspettative dagli artisti in ambito musicale, non significa che dobbiamo ascoltarli! -

-Invece sì, perché sto io davanti e abbiamo concordato che chi sta davanti sceglie la musica! -

-Non è vero. Quando l’abbiamo deciso? -

-Abbiamo votato mentre eri nel tuo Palazzo Mentale. Adam si è offerto di votare per te. Ora stai zitto e non maltrattare la povera aria di dietro! – fece capire che la discussione era finita alzando il volume.

Sherlock ricadde sul sedile di dietro, mettendo il broncio.

La tregua non durò neanche il tempo di una canzone.

Mentre Mick Jagger diceva addio ad un certa Ruby Tuesday, John avvertì uno scossone.

Chi può darti un nome, quando cambio ogni giorno? Continuò il cantante ed ecco un’altra spinta.

Mi mancherai per sempre.
Il ritornello terminò, gli spintoni non cessarono.

Ovviamente, l’origine era più che scontata: Sherlock, rannicchiato sul sedile posteriore, stava prendendo a calci e ginocchiate lo schienale del posto del passeggero, seguendo il ritmo.

John alzò gli occhi al cielo e si disse di mantenere la calma: era un bambino immaturo e presto si sarebbe stancato.

Ma quando anche Baba O’Riley terminò, senza che gli scossoni facessero lo stesso, la pazienza di John andò a farsi fottere.

Con uno scatto felino si slacciò la cintura e si gettò nello spazio tra i due  sedili, con le braccia protese e l’unico obiettivo di colpire alla cieca il detective.

Ma prima che potesse portare a termine quel compito, una brusca frenata lo catapultò in avanti: Mary aveva accostato all’improvviso su una piazzola di emergenza, svegliando anche Adam.

Con uno sguardo pietrificò marito e rispettivo migliore amico.

-Sul serio? State facendo sul serio? – gridò, lasciandosi dietro un silenzio di piombo. –Non vi ho mai visti così! Per amore di tutto ciò che è bene, fate in modo che non debba mai più assistere ad uno spettacolo simile! -

Sia Sherlock che John sbuffarono e tornarono a sistemarsi nei propri sedili.

-Bene. Siamo intesi spero. Ora lasciatemi guidare in santa pace e fate un po’ di silenzio! -






-Io vado a parcheggiare, voi scaricate i bagagli e vedete di non inscenare un teatrino fuori dall’albergo – disse, sporgendosi dal finestrino, - Anzi, se volete, fatelo, ma almeno fatevi pagare! –

Scomparve oltre il viale, svoltando sulla destra.

-Aspetta, Sherlock, te la porto io la valigia – fece Adam, afferrando il trolley del detective. John sbuffò, decisamente in maniera non discreta, e si diresse avanti.

-Salve, abbiamo prenotato… Tre camere, credo, una doppia e due singole -

-Due doppie, in realtà – sopraggiunse Sherlock da dietro, si stava avvicinando, stringendo la viscida mano di Adam tra la sua. John distolse lo sguardo.

-Già… Sì… Due doppie – si corresse, a denti stretti.




-Riesci a crederci? RIESCI A CREDERCI? – si ripeté John, mentre tirava fuori le camice dal trolley.

-Che siate stati così infantili tutto il tempo? Sinceramente no – ribatté Mary, era davanti allo specchio a pettinarsi i capelli.

-No, che Sherlock e quel tipo… Stiano… Insomma… Che Sherlock abbia un ragazzo! – riuscì finalmente a dire, le mani scaricavano la tensione sugli indumenti nella valigia.

-Sinceramente, John, che fosse gay si era capito! -

John si voltò verso di lei, di scatto.

-Che dici! Non è gay, lui non è niente! Lui non ha relazioni! -

-Perché la vostra che cos’è? – rispose Mary, studiando lo stato del proprio trucco. Aveva un sottile alone nero sotto gli occhi, andava tolto.

John nel frattempo si era irrigidito.

-Lo sai cosa voglio dire! -

-Appunto! – ammiccò lei.

Sbatté il pantalone che stava piegando sul letto, in un gesto di frustrazione, - Almeno mia moglie potrebbe evitare di pensare che io sia gay?! -

Mary non rispose e andò a prendere la lozione struccante.





-Vi stiamo aspettando nella hall da quindici minuti. Che stavi facendo? -

John aggredì Sherlock appena uscì dalle porte dell’ascensore.

-Io e Adam ci siamo fatti una doccia, dopo una giornata in macchina, ci voleva proprio. Comunque non credo siano affari tuoi, John – rispose.

-Tu non ti lavi mai durante un caso! – ribatté John, afferrandolo per la giacca e avvicinandolo in modo da poterlo guardare negli occhi, minaccioso.

-Ma che dici, John! – Sherlock si liberò dalla presa e si aggiustò la piega sul completo.

-Ti sono dovuto andare a comprare una spugna scrostante una volta, perché non riuscivi a levarti di dosso la puzza dopo un caso che è durato una settimana. Per favore! -

Mary si mise in mezzo, letteralmente, come uno scudo umano.

-Vogliamo andare a cenare? Credo che abbiano anche il menù per bambini qui -





John stava intrattenendo una dura battaglia con il proprio stomaco, che voleva riversare il suo intero contenuto a causa delle rivoltanti immagini che gli stavano venendo sottoposte.

-Sherlock non balla. No, lui non balla! – continuava a ripetersi, con il mento appoggiato sul pugno, seduto ad un tavolino in un angolo di un locale. Mary aveva perso ogni speranza di attirare l’attenzione del marito, stava seduta anche lei, accasciata al muro.

-L’hai già detto – si lamentò.

-No, ma lui non balla! -

- Per l’appunto – disse Mary tra i denti, rassegnata, sbloccando lo schermo del cellulare.

Il punto era che Sherlock stava ballando. Era al centro della pista da ballo e si stava muovendo al ritmo di latino americano con Adam. Si tenevano per mano, si agitavano, si toccavano, erano tutti viscidi e vicini e affiatati. Era decisamente qualcosa disgustoso.
Forse ora vado a vomitare, pensò John, guardandoli accigliato.

-Guardali come si muovono… E’ orrendo… E’ sbagliato. Guardali, è sbagliato! – continuava a ripetere, indicandoli. Mary annuì, senza smettere di messaggiare.



Un uomo si fermò davanti al tavolo di John. Mary era andata al bagno.
 John alzò lo sguardo per scrutare il tipo, il tipo abbassò il suo per scrutare John. Un attimo dopo, un altro tipo si avvicinò, cingendo la vita del primo, ed entrambi, dall’alto del loro metro e ottanta, fissarono il piccolo soldato con aria minacciosa.

-Che problema hai? – chiese il primo dei due.

-Al momento, due uomini che mi tolgono la vista della pista da ballo –

-Con quei due! – specificò l’altro, indicando Sherlock e Adam alle sue spalle.

-Hai per caso qualcosa da dire sul fatto che siano gay? Perché gli omofobi non ci piacciono da queste parti – si fece più vicino, in modo da sovrastare completamente John.

-Ma che cosa state dicendo?! -

-E’ da venti minuti che fai commenti e gesticoli verso quei due, ti abbiamo sentito, e la cosa non ci piace! -

John ebbe il momento dell’illuminazione e si lasciò sfuggire una risata.

-No, ma è tutto sbagliato, io… -

Il più grosso dei due lo afferrò per il colletto. –Finisci, che cosa è sbagliato? -

-Che cosa sta succedendo qui? – Mary era sopraggiunta, allarmata dalla situazione, -Innanzitutto leva le mani di dosso da mio marito! – disse, scostando con fermezza il tipo.

-Credono che sia un omofobo, per il fatto di Sherlock e Adam – spiegò John, riabbottonandosi la camicia strattonata.

Mary sospirò. – Venite con me, voi due, vi offro qualcosa da bere e vi spiego la situazione -




Il succo del discorso di Mary fu: “Quello è John, mio marito, lui è Sherlock e quello è il suo fidanzato Adam. Sherlock è innamorato di John, ma non vuole ammetterlo. John è innamorato di Sherlock, ma non vuole ammetterlo. Adam è un modo per fare ingelosire John.”

-Visto? Niente omofobia, pura e semplice gelosia – concluse.

I due tipi se ne andarono, passando però prima a dare una pacca sulla schiena di John. John non lo notò nemmeno, stava seguendo le mani di Adam, per vedere quanto in basso avessero intenzione di arrivare.




John stava steso sul letto supino, con le braccia dietro la nuca. Era l’una di notte passata, Mary dormiva già da un po’.

Orastannofacendosessorastannofacendosessorastannofacendosessorastannofacendosesso.
Cos’era quel rumore? Sono sicuramente loro che stanno facendo sesso. Loro. Che fanno sesso. Sherlock e...

John si scoprì, mettendosi a sedere. Sentiva caldo e freddo al tempo stesso. Era sudato. Si infilò le scarpe e il giubbotto.

-Dove vai? – mugugnò Mary.

John afferrò la chiave.

-Fuori, non riesco a dormire – prima ancora di finire la frase, si chiuse la porta della stanza alle spalle e uscì.




L’hotel aveva un piccolo giardino privato, una sorta di chiostro interno, molto intimo e completamente dissonante dal resto dell’edificio, ma forse così sarebbe riuscito a levarsi dalla testa…

-Sherlock? -

Quando fu molto vicino si convinse che era proprio lui. Avvolto nel suo cappotto e seduto per terra, con le spalle poggiate ad un muretto.

-John? – fece anche lui, stupito.

-Che ci fai qui? -

Sherlock si guardò velocemente intorno, come cercasse una rapida risposta, John lo notò.

-L’erba! Studiavo questo particolare vegetale per il caso di domani. È caratteristico solo di alcune zone della… -

-Stai zitto! – disse, si accucciò e si andò a sedere vicino a lui. Gli diede una spallata, - Lo so che è una balla! -

-Abbastanza giusto – convenne Sherlock, guardandosi i piedi scalzi.

-Perché sei quaggiù allora? -

Sherlock mormorò una risposta, ma a sentirla furono probabilmente solo i suoi denti e i batteri che vivevano nella sua bocca.

-Parla più forte -

-Adam voleva venire a letto con me – disse, avvampando.

Una vocina acutissima lanciò un grido nella testa di John. Dovette riuscire prendere aria senza esternare quell’urlo.

-Sì! L’avevo detto io che era per un caso! – esclamò John, sentì anche un peso scendersene dal petto e giù, via anche dallo stomaco. -Dovresti smetterla di fare queste cose alle persone, Sherlock, però! Non puoi continuare ad andartene in giro a illudere la gente con queste storie! Non puoi mai sapere chi si innamora di te e a chi spezzi il cuore! Non è piacevole sai? –

Sherlock lo guardò.

-Hai finito con la predica? -

-No, ma continuo domani, - sbadigliò, - improvvisamente mi è ritornato sonno -

John si alzò.

-Già te ne vai? -

-Sì, domani abbiamo un caso. Torna in camera anche tu e non farti mettere le mani addosso da nessuno, se non vuoi -

Con una nuova primavera nel passo, John si allontanò.





Il caso, checché Sherlock ne avesse decantato le lodi, non era nulla di eccezionale: l’ereditiera aveva nascosto i suoi gioielli per frodare l’assicurazione e poi aveva cercato di incastrare la domestica.

Essenzialmente era un caso che aveva scritto “Da manuale” grande quanto una casa, c’era una freccia rossa che indicava il colpevole e una grossa ‘X’ dove erano stati nascosti i gioielli. John non riusciva a spiegarsi come mai Sherlock lo avesse accettato.

Il detective lo aveva risolto in poco più di mezz’ora.

Un’irritante mezz’ora in cui Adam non aveva fatto altro che esclamare “Geniale!” e “Fantastico!” tutto il tempo. Non che John lo avesse mai fatto… Okay, forse non poteva mettere bocca sull’argomento, ma di certo lui non aveva dato un bacio a Sherlock per ogni deduzione corretta che faceva! Era irrispettoso nei confronti di Sherlock stesso, gli faceva perdere serietà di fronte agli astanti. Era come se Sherlock avesse baciato John ad ogni paziente che entrava in ambulatorio… Mary! Era come se Mary avesse baciato John ad ogni paziente che entrava in ambulatorio! Troppi nomi, tanta confusione!

John fece un colpo di tosse.

-Quando avete finito di prosciugarvi le riserve di saliva a vicenda, noi vorremmo andare mangiare un boccone, prima di partire -

La coppia intenta ad usare la bocca per fare altro che parlare, si separò.

-Non esiste nessuna “riserva di saliva”, John. Le ghiandole salivari sono ghiandole tubulo-acinose composte che sfruttano ATPasi sodio-potassio per regolare la quantità di saliva prodotta in rapporto alle circostanze e al quantitativo di acqua presente nell’organismo. Consumare tutta la saliva equivarrebbe a morire per disidratazione e di certo non è un eventualità compatibile con… -

John lo zittì alzando una mano, - Sherlock, lo so. Sono un medico. Era una figura retorica! Adesso andiamo. -




John e Sherlock entrarono nel bagno degli uomini per lavarsi le mani.

-Perché siamo venuti fin qui? -

Sherlock sbatté le palpebre, sottolineando così l’ovvietà di quella domanda, - Ereditiera, gioielli, caso, detective, indagare… Ti dicono niente queste parole, John? -

-Idiota! Quel caso era una banalità, non lo avresti mai accettato di solito, neanche se fosse stato a Londra! Dimmi perché siamo venuti fin qui! È per il caso di Adam, forse? -

Sherlock finì di lavarsi le mani.

-Come scusa? –

-Non usare quel tono con me. Il caso per cui hai inscenato la relazione con Adam! Quel caso!-

Sherlock gettò il fazzoletto umido, con cui si era asciugato le mani, nel cestino, - Non c’è nessun caso di Adam. Non è per un caso – fece con disinvoltura. Prima che John potesse dire qualsiasi cosa, tornò nel ristorante.




“Non è per un caso”

Cosa diavolo vuol dire “Non è per un caso”?! Perché mai Sherlock dovrebbe fingere una relazione con una persona se non per un caso?

Non aveva senso.

Sherlock mentiva.

Sicuramente.

John guardò il suo piatto di lasagne e patatine fritte. Il suo stomaco lo informò che non era il caso di ingerire alcunché. I risolini di Sherlock e Adam davanti a lui rafforzarono quella decisione.
Tagliò a pezzetti la lasagna, per non lasciare il piatto intonso, poi bevve un sorso di birra.

“Non è per un caso” pensò ancora.

No.

Non aveva senso.





John riuscì ad intercettare Sherlock da solo, prima che entrassero in macchina. Adam era andato a ritirare l’auto dal parcheggio, Mary era… Da qualche parte. Probabilmente due passi indietro a lui, non era importante.

Afferrò Sherlock per un braccio.

-Che vuol dire “Non è per un caso?” -

Sherlock non smise di camminare verso la strada.

-Cosa di queste cinque parole messe assieme non ha significato nella tua testa? Perché nella mia hanno perfettamente senso – rispose.

-Hai detto di non voler andare a letto con lui. Quindi la relazione è falsa. Quindi deve essere per un caso! -

Sherlock fece un verso esasperato, - Andiamo, John! Persino tu puoi riuscire a fare questa deduzione! -

E detto questo, accelerò il passo, per raggiungere l’auto parcheggiata accanto al marciapiede.





Due ore dopo, John aveva ridotto le possibili conclusioni a due:
1) O Sherlock era uno sporco bastardo che continuava a mentirgli;
2) Oppure… No. Impossibile. Sherlock doveva essere uno sporco bastardo che continuava a mentirgli.

Si voltò verso il sedile posteriore, Mary era alla guida, Adam dormiva.

-Per quella cosa di prima… - disse, rivolto a Sherlock, -Ho due ipotesi -

-E vuoi discuterne adesso? – fece il detective, indicando con gli occhi Adam.

-Sta dormendo, non ci sente – tagliò corto John, - Tornando al punto. Ho due ipotesi. -

Sherlock iniziava a sembrare a disagio, John lo ignorò.

-O sei uno sporco bastardo e mi stai mentendo… - incominciò John, ma le parole per formulare la sua seconda conclusione non gli venivano a galla, - No. Ho solo un’ipotesi, in realtà. Ho deciso: sei uno sporco bastardo che continua a… -

Mary fece una brusca sterzata, - Adesso basta, voi due! – esalò, esasperata.

Fermò la macchina, facendo rumore con le gomme. Erano nel bel mezzo della piazzola di una stazione di servizio.

-Scendete! – ordinò.

-Ma che cosa? – fece John.

-Sherlock Holmes e John Watson, vi voglio fuori da questa macchina! – ripeté, perentoria.

-Ma che? Tieni sotto controllo tua moglie! – protestò Sherlock.

Mary si voltò di scatto, con un movimento felino afferrò i baveri di marito e detective, - Se quando torno a prendervi, voi due non vi siete parlati, vi lascio qua -

In tutto quel trambusto,  Adam si era svegliato e, senza capire, aveva visto il suo fidanzato scendere dalla macchina, nel bel mezzo di un’autostrada.





Se fosse stato luglio, si sarebbero sentite le cicale, sarebbe stato sicuramente meno imbarazzante di quel silenzio assoluto.

Sherlock, John, un piazzale semideserto, due macchine parcheggiate poco lontano, l’odore di benzina e qualche pneumatico abbandonato.

E niente cicale.

-Bene, tua moglie ci ha appena abbandonato in autostrada! Fantastico! – esclamò Sherlock, ad un tratto.

-La chiamo! – fece John, era irritato e paonazzo dal collo alle orecchie. Digitò con un dito e tanta forza il numero di Mary, - Non può fare così! Ma insomma, che razza di… Pronto! Mary, torna subit… -

Bip-bip-bip-bip-bip.
John si scostò il telefono dall’orecchio.

-Ha attaccato – disse, incredulo.

-Magnifico! -

Il rombo di una grossa moto si mangiò il silenzio per qualche istante.

-Parlare! Di cosa dovremmo parlare? – fece John.

Sherlock aveva iniziato ad agitarsi, camminando avanti e indietro nel piazzale.

-Non c’è niente da dire! Io e te non abbiamo bisogno di parlare di niente! -

Il detective aveva accorciato sempre di più la distanza coperta con la sua spola.

-Adesso provo a richiamarla. Non c’è bisogno di abbandonare le persone in autostrada per farle parlare! E poi noi di cosa dovremmo parlare?! –

John continuava a gridare e a pigiare tasti a caso sul cellulare, con la testa completamente da un’altra parte. Sherlock ormai si girava intorno, era come se ogni parola di John gli facesse cambiare direzione.
L’altro perseverò nel sottolineare la non necessità di quel gesto e la mancanza di un argomento che loro due avevano da discutere. Andò avanti per altri cinque minuti, fino a quando Sherlock scoppiò:

-Sì, John, dannazione! Dobbiamo parlare! -

John si interruppe nel bel mezzo della frase e perse metà del colore che aveva in viso.

-ADAM!- gridò Sherlock.

L’altro non raccolse. Sherlock fremeva sul posto, stentava a stare fermo.
 
-ADAM, JOHN! ADAM NON È PER UN CASO! ADAM È PER TE! – disse alla fine. Lo urlò, perché quello era l’unico modo in cui era in grado di formulare quella frase ad alta voce.

Ancora una volta, entrambi avrebbero tanto desiderato delle cicale.

John si era paralizzato di fronte a Sherlock. Ora si guardavano negli occhi, Sherlock ansimante, con il petto che saliva e scendeva, John con il cuore che prendeva a spallate la gabbia toracica.

-Vuoi… Vuoi dire che? -

-CHE L’HO FATTO PER FARTI INGELOSIRE!- Sherlock gridò, spalancando le braccia in un gesto teatrale.

Se Sherlock urlava, allora anche John lo avrebbe fatto.

-E SEI UN IDIOTA! PERCHÉ NON L’HAI DETTO SUBITO?!-

-PERCHÉ NON C’È BISOGNO DI DIRLO. LE PERSONE INTELLIGENTI LE CAPISCONO QUESTE COSE!- strillò Sherlock. – ‘JOHN, MI PORTO UN FINTO FIDANZATO PER FARTI INGELOSIRE’, COME.TI.SUONA?-

-ADESSO TI DO UN PUGNO IN FACCIA PERCHÉ SEI UN IDIOTA! TI SUONA MEGLIO?- John si avvicinò, gonfiando il petto.

-‘SEI UN IDIOTA’ È LA TUA  UNICA ARGOMENTAZIONE?-

-È L’UNICA CHE MI SERVE! – gridò John in cambio, stringendo il pugno.

-NON OSERESTI -

Il pugno partì e prese Sherlock in piena faccia, facendolo barcollare all’indietro.

-PERCHÉ NON PUOI MAI ESSERE CHIARO, TU! – gli urlò addosso John.

-TU TI SEI SPOSATO! – rispose Sherlock, riavvicinandosi e invadendo di nuovo lo spazio personale dell’altro.

-PERCHÉ TU MI AVEVI ABBANDONATO! – ribatté John, spintonandolo in petto, - IL CHE CONFERMA LA MIA TESI: SEI UN IDIOTA! -

Sherlock si riavvicinò, -ANCHE TU! -

-BENE! -

-BENE! –

Annuirono. Poi, nello stesso instante, entrambi si lanciarono in avanti per baciare l’altro. Si baciarono come se stessero ancora litigando. Sembrava cercassero di affogarsi a vicenda, si spintonavano e si spingevano l’uno contro l’altro. Oscillarono per un po’ al centro del piazzale, con le mani dell’uno contro il petto dell’altro, a cercare di allontanarsi. Poi le dita salirono verso la faccia, scivolarono sulla nuca e sulle spalle e si aggrapparono così forte da lasciare il segno nella pelle, strattonandosi da una parte all’altra.
Alla fine, quando l’aria finì, si spinsero via.

Avevano il respiro affannoso, erano rossi in viso e nessuno di tutti e due riusciva a staccare gli occhi dall’altro.

-BENE! -

-BENE! -Ripeterono.

-IO SONO INNAMORATO DI TE – gridò Sherlock.

-ANCHE IO – rispose urlando John.

-BENE!-

-BENE!-

Due colpi di clacson. Mary che si sporgeva dal finestrino.

-Bene. Adesso se volete salire in macchina, prima che cambi idea, io e Adam vorremmo tornare a casa -
John afferrò con rabbia la mano di Sherlock, e si diresse pestando i piedi sull’asfalto verso l’auto. Si infilarono entrambi sul sedile posteriore senza una parola.






Che in macchina ci fosse un silenzio spettrale era indiscutibile. Che Sherlock e John fossero così presenti a loro stessi da notarlo è un altro paio di maniche.

Erano ancora molto arrabbiati l’uno con l’altro, così arrabbiati che non avevano smesso un attimo di stringersi la mano, le vene sul dorso traboccavano di sangue e affioravano dalla pelle. Sentivano solo quello, erano furiosi e non sapevano neanche più perché, probabile che quello fosse l’unico modo a loro conosciuto per esternare quello che stavano provando in quel momento.

Adam fu il primo a stancarsi di quel silenzio, era sul sedile del passeggero, si voltò in uno scatto d’ira.

-Tu sei un grandissimo stronzo! – gridò, si rimise a sedere correttamente, ma quasi subito si girò di nuovo verso di John, -E pure tu! Cazzo, davanti a tua moglie! -

Sherlock e John, tuttavia, sembravano intenti a rimuginare su tutte le cose che si sarebbero potuti rinfacciare, non era fisicamente possibile per loro ascoltare Adam. Mary, d’altra parte, aveva raggiunto uno stato di rassegnazione da molto tempo, non era affatto sorpresa dell’accaduto.

-E tu non dici niente? – Adam era passato ad aggredire Mary, appena aveva visto che né Sherlock né John avevano raccolto.

Mary si strinse nelle spalle, mantenendo una mano sul volante, l’altra sul bordo del finestrino.

-Mi sono arresa all’idea che potesse succedere dalla prima volta che li ho visti assieme. A questo punto, meglio così -

-Ma… Ma mi ha sfruttato! -

-Adam, John mi ha sposato! – fece Mary, - Ora dimmi chi dei due ci è andato peggio? -

Nello stesso momento si sentì un rumore di stoffa che striscia sulla stoffa. John aveva deciso che era troppo infuriato con Sherlock, gli aveva lasciato la mano e aveva stretto le dita a pugno. Aveva serrato i denti e caricato il gancio, Sherlock aveva ridotto gli occhi a due fessure e sostenuto lo sguardo dell’altro. Poi in uno scatto felino, John gli saltato addosso e aveva iniziato a baciarlo.

Da dietro provenivano dei suoi molto arrabbiati.

-Come dicevo – concluse Mary.





Sherlock e John furono scaricati a Baker Street molte ore più tardi, Mary era sfrecciata via subito dopo.
C’erano molte cose da decidere in teoria, molte cose che sarebbero cambiate. La bambina, Mary, tutto.

Ma in quel momento, l’unica cosa che John avrebbe fatto, sarebbe stato gridare alla signora Hudson che non gli serviva più la seconda camera da letto, prima di andare a pestare a sangue quell’idiota del suo migliore amico.



 
   
 
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