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Autore: Eve LC12    05/09/2008    0 recensioni
Una storia a parte, da Heaven of Blood, che vede Reiko Hunter lontana da Hell Pride, la persona che ama. Era un periodo in cui mi sentivo sola pure io, per questo è nata questa storia e anche perchè era un compito per la scuola XD.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino, sola, senza sosta, senza meta. Cammino sola, ma la voce della pioggia mi accompagna, sembra un lamento, un pianto monotono. Sono gli angeli che piangono? Ma gli angeli non stanno piangendo per me... Nessuno può piangere per me, per un'assassina, per una ladra... Cammino in mezzo alla gente che frettolosa cerca un riparo o corre a chiamare un taxi. Sono tutti ignari della mia identità, la stessa identità che devo nascondere per potere vivere libera e non dietro a delle sbarre. Nessuno mi vede, mi sento invisibile e voglio continuare ad esserlo perché ormai la mia vita non ha più senso. Le lacrime calde si mescolano e si confondono con le gocce di pioggia che mi cadono sul viso. Solo adesso mi accorgo di piangere. Continuo a camminare, senza alzare mai la testa, senza mai guardare in faccia qualcuno. Non ne ho il coraggio...

I capelli, appesantiti dall'acqua gelida, mi scivolano sul volto coprendomi gli occhi. Ho i brividi, l'acqua attraversa i vestiti, mi serpeggia sinuosa sulla schiena, mi punge come degli aghi. Mi guardo intorno, non conosco questo posto, credo di essermi persa. Non so dove andare, non so come farò a vivere senza distruggere la vita di qualcun altro. Sbatto contro qualcuno che subito dopo mi urla di stare attenta a dove vado, lo sento, ma non lo ascolto e non gli rispondo. Mi fermo, smetto per un attimo di camminare e alzo lo sguardo.

La pioggia è sempre meno fitta, gli angeli stanno smettendo di piangere.

Mi scusi...” chiedo fermando un passante “Mi sa dire dove mi trovo?”. Il signore mi guarda stranito, ma mi risponde gentilmente “ Signorina, è venuta fin qui senza sapere dove stesse andando?” Con uno scatto abbasso lo sguardo, avverto una fitta paralizzante. Mi si è chiusa la gola, cerco di dare una risposta, ma i miei pensieri si perdono insieme allo sguardo dentro alle pozzanghere di acqua torbida e plumbea. “Signorina, si sente bene?” Mi chiede l'anziano scrutandomi attraverso la frangia color dell'inchiostro cercando di intravedere i miei occhi vitrei dallo sguardo fisso, perso. Mi riprendo, scuoto la testa come per svegliarmi da un brutto sogno. “Sì, sì sto bene. Allora, mi può dire dove mi trovo?” Insisto con la stessa domanda. L'uomo mi risponde, ma non lo sento, lo vedo pian piano scomparire, sfocarsi. Mi sembra di vedere il mondo come se fossi sott'acqua. Le gambe mi cedono, cado. Cado dentro a quelle pozzanghere che poco fa fissavo senza motivo. Chiudo gli occhi e finalmente non penso più a niente...



Il lamentoso cigolio di un carrello mi sveglia. Sento un forte odore di disinfettante. Un calore inaspettato mi avvolge, ora non ho più i brividi e i miei capelli sono perfettamente asciutti. Oso aprire gli occhi, lentamente, come se avessi paura di scoprire dove mi trovo. Un candore mi inonda la vista, una luce bianca mi illumina le braccia fuori dalle coperte. Cerco di riprendere conoscenza e di ricordarmi cosa mi sia successo. Poggio lo sguardo sul mio braccio e sbarrando gli occhi mi accorgo che vi è infilato l'ago di una flebo. “Non posso stare qui!” penso iniziando ad agitarmi nello squallido lettino dalle lenzuola ruvide. Un'infermiera entra nella stanza e mi corre incontro prendendomi per i polsi mentre cerco inutilmente di staccarmi quel maledetto ago. Una fitta lancinante vicino alla spalla destra mi immobilizza. Sulla mia spalla vi è una medicazione, ma ora le garze si sono impregnate di sangue. Per una ferita di cui ero inconsapevole. Mi trema il braccio e come se fosse percosso da una scarica elettrica mi pizzica, ho mille spilli conficcati nel nervo. Stringo i denti mentre cerco di capire cosa mi sia successo. All'improvviso, come un flash, mi ricordo. Sono svenuta mentre chiedevo indicazioni ad un passante. Probabilmente sono caduta su un sasso o su qualcosa di appuntito o di affilato. “Se resto qui mi troveranno!”continuo a ripetere a me stessa cercando di liberarmi dal dolore e dalla presa salda dell'infermiera. Di fianco al letto vi è una sedia su cui sono riposti i miei vestiti. Con uno strattone riesco a liberare un braccio e di scatto prendo il mio giubbotto. Frugo in una tasca. Niente. Caccio la mano nell'altra, finalmente la trovo. Estraggo la mia pistola e la punto in faccia alla ragazza. “Lasciami andare!” le dico in tono calmo. Lei è paralizzata e boccheggia incapace di dire qualcosa. Allenta la presa del polso e si accascia per terra tenendo gli occhi spalancati fissi su di me. Mi alzo piano e prendo il resto dei miei vestiti. Mi cambio velocemente. Devo andarmene da qui...


Cammino, sola, senza sosta, senza meta. Cammino sola, ma il silenzio della neve mi conforta... Quella neve così delicata e candida...Cammino senza mai fermarmi. E non mi fermerò mai...

  
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