Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: sof_chan    25/07/2014    4 recensioni
Tratta dalla storia: “- ...Stupida mocciosa, se mi privi delle tue insopportabili urla a me cosa rimane?- Non aggiunse altro, si limitò a stringere ancora più gelosamente il tesoro che aveva fra le braccia. Si sentiva soltanto molto triste. Triste di non poter abbattere il muro che li circondava.”
Fanfiction partecipante al contest "Petali di lacrime" indetto da DarkElf13
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fan-fiction partecipante al contest “Petali di lacrime” indetto da DarkElf13



Amore che nulla dice, amore che tutto può.


Il sonno non arriva
e quindi soffoco nel sole.
I giorni sfocano in uno solo
e i miei occhi canticchiano cose che non ho mai fatto.

Le lenzuola oscillano, appese al filo per stendere
come una fila di fantasmi catturati
sulla vecchia erba morta.
Non è stato mai abbastanza ma abbiamo fatto del nostro meglio.
Bentornato a casa...”



Era una magnifica, incantevole giornata di sole. La mattina di un martedì di giugno.

Lontano piccoli fiocchi di nuvola bianca macchiavano il cielo, sembrava una perfetta punteggiatura ben distribuita su un foglio. La luce incontrastata del sole inondava, priva di riserve o tentennamenti, la Thousand Sunny

Appoggiata al parapetto della nave respirava intensamente Nami, ancora mezza addormentata, arrendendosi piacevolmente a quella luminosità incontrastata. Un concentrato di innumerevoli granelli di polline odor mandarino, morbidi e opachi, fluttuavano indolenti nel cielo, finché, volteggiando, non si depositavano nello specchio d'acqua, senza alcuna fretta...

Un risveglio perfetto.

La sua pelle assorbiva quieta i raggi del sole. Ogni tanto sollevava le braccia ad altezza del viso e le stirava in avanti.

L'estate era arrivata.

Dei grido lii provenienti dalla cucina la destarono, il sole aveva accolto nel suo caldo abbraccio l'intera ciurma già intenta a fronteggiarsi per la colazione.

C'era qualcosa di sospetto però.

Il caos che accomunava ogni mattina, dovuto all'incessante fame di Rufy e alle frasi acute e isteriche di un Sanji già al limite della sopportazione, non era palesemente intercettabile.

- Wow! Che questa magnifica giornata sia addirittura riuscita ad acquietare quel pozzo senza fondo?- pronunciò con sguardo incredulo Nami, incamminandosi lentamente verso la sala comune.


- Nami-chan, mia dolce dea! Oggi sei più radiosa del solito, - fece il biondo, i suoi occhi formato cuore la scrutavano con aria sognante, - ma, ne sono più che certo, la mia buonissima crostata alle fragole ti renderà ancora più meravigliosa!

- Grazie Sanji – rispose lei sedendosi sulla lastra di marmo adiacente al piano cottura. Quel delicato e freddo contatto, in contrapposizione con l'aria calda dei primi timidi soli cocenti, era al quanto rilassante. Amava starsene seduta così in quelle stagioni. - Mi basta solo una bella tazza di caffè nero

Accavallando le gambe scrutava, sorridendo, ad uno ad uno i compagni di fronte a lei, e ad ognuno elargiva un cenno di capo e uno sguardo vispo e sereno. Era il suo personalissimo buongiorno.

Passò in rassegna i volti intorno: Zoro e il capitano mancavano all'appello.

Niente di nuovo per il primo, sicuramente dormiva ancora tra le braccia di Morfeo visti i suoi costanti allenamenti notturni.

Ma era decisamente anomala l'altro mancante all'appello, sopratutto nell'ora della colazione!

La porta della cucina si aprì prima ancora di poter porre domanda, rivelando due volti seri e contratti.

Zoro, capeggiato da un'aurea plumbea, si mise subito seduto al suo posto al tavolo.

Rufy continuava a premere con forza il cappello sulla testa, celando ancora più lo sguardo già chino, mentre si posizionava al centro della stanza.

La tensione era palpabile, l'aria era satura d'agitazione e perplessità. Tutti aspettavano in silenzio qualcosa che ancora non aveva nome o senso.

- Ragazzi... Ho una comunicazione molto importante per la nostra ciurma - alzò finalmente gli occhi il ragazzo di gomma posando con cura il cappello sul tavolo. Il suo sguardo era vuoto, assente. - Zoro... Zoro ci lascerà per un po' di tempo. Sarà lontano da noi un paio di mesi. Deve ritrovare la sua concentrazione e la giusta meditazione, oltre che continuare ad allenarsi in uno spazio differente dalla nostra nave. Tutto questo perché sente che è arrivato il momento giusto per raggiungere il suo obiettivo!


Rimasero tutti senza parole.

La notizia arrivò così, come un fulmine in ciel sereno. Nessuna obiezione, nessuno aveva qualcosa da ridire.

E questo allucinante senso di estraneità faceva infuriare Nami.

Ma era una rabbia ingiustificata. Tutti avevano dei doveri, degli obblighi su quella nave. E allora perché si sentiva così dannatamente persa dopo quella scoperta?

- Non puoi Rufy! - La bocca parlò senza consenso tacito della mente, era come se il filtro tra pensieri e apparato vocale fosse andato a benedirsi, - Sai bene che è troppo pericoloso, che rischia la morte. Abbiamo già vissuto tutto questo, quindi no... Non puoi permetterglielo!

Il volto affranto e provato del capitano era in totale contraddizione con le sue successive parole.

- L'ho promesso Nami... Mai e poi mai avrei intralciato il suo sogno


La cruda e nuda verità era quella, ma non riusciva proprio ad accettare una simile arrendevolezza.

E l'atteggiamento posato e disinteressato del protagonista di tutta la questione le mandava il cervello in fumo, facendole perdere completamente la facoltà di giudizio.

- Tu, troglodita rincretinito! Ti è per caso morto l'unico criceto nella testa? Pensavo avessi un minimo di senno, ma ovviamente ti ho sopravvalutato – La sua esile figura fronteggiava, alla meglio, la pesante mole di uno Zoro ancora comodamente seduto e impassibile.

- E poi spiegami questa storia dei due mesi in solitudine, di grazia. Scusaci se siamo così casinisti e infantili... Sei solo uno sporco egoista, che pensa solo a se stesso e a quella maledetta promessa!

Aveva disinnescato la bomba ormai...

Lo voleva stuzzicare all'inverosimile, fino a farlo infuriare, farli perdere la pazienza. E al tempo stesso voleva ferirlo, così, come si sentiva ferita lei.

Ma non riusciva a dare un senso logico a questa reazione.

Possibile che fosse l'unica in quella stanza a non capire?A non afferrare quel concetto che aveva connotati logici per tutti tranne che per lei?

E lui poi? Perché non rispondeva? Perché non le teneva testa come sempre?


Quando si vuole evitare un'onda impetuosa, ci si acquatta sul fondo del mare, ci si aggrappa ad una grossa pietra e si trattiene il fiato. L'onda prima o poi passa.

Era questo che pensava Zoro, incassando con pazienza e calma tutti i colpi.

Non poteva esporsi, non poteva gridare che andava via per lei.

Non poteva ammettere che la sua presenza lo stava allontanando sempre più dal suo progetto di vita.

E mentre rilassava i nervi, facendosi scivolare addosso tutte le cattiverie urlatogli contro, una frase lo scosse irrimediabilmente.

- Ti odio Roronoa!

Poi il rumore di una porta sbattuta, lo scatto di una serratura.

E nulla più, se non il silenzio triste di tutta la ciurma...



* * *



Delle navi stanno varando dal mio torace.
Alcune hanno dei nomi ma la maggior parte no.
Se tu ne trovi una, per favore fammi sapere
quale pezzo ho perso.”



Ormai era sera.

Nella camera della navigatrice la fioca luce gialla delle lampade vacillava come le ali di una farfalla morente.

Distesa sul letto aveva gli occhi al soffitto, continuava immobile a fissare quell'unico punto. Ma non vedeva Nami... I suoi erano occhi vuoti che contemplavano il nulla.

Davanti a lei era come tutto scomparso, inghiottito da quel buco nero che non lasciava scampo. Sperava in cuor suo di poter trovare una soluzione, di superare questo nuovo ostacolo aggirandolo in qualche modo.

Ma non c'era verso...

Le cose erano così semplici e chiare, così dannatamente dirette. Causa ed effetto si erano prese a braccetto e lei non poteva far altro che accettare, soccombere silenziosamente a quella che era la legge dello spadaccino.

Ognuno di loro aveva un sogno, un sogno reso ancora più tangibile dai fantasmi del passato, da promesse da difendere. Valeva la stessa cosa per lei, in fondo...

- Che stupida... Qui l'unica egoista e insensibile sono io! – Pronunciò sommessamente mentre, pian piano, la parte razionale di lei prendeva le redini di quel tumulto di emozioni che la sovrastavano.


Com'era potuto accadere? Come aveva solo minimamente pensato di intralciare il cammino di Zoro? Con quale indegna pretesa o diritto poi.

Ma si sentiva terribilmente triste. Come se un'ingiustizia l'avesse privata di qualcosa di essenziale per la vita. Era da molto tempo che non provava una sensazione del genere, o forse era la prima volta in assoluto. Era un dolore viscerale, persistente, come percepire la mancanza di qualcosa che in realtà non è mai stata propria. Un senso di insoddisfazione colmabile solo dalla presenza di Zoro.

E fu proprio in quell'istante che tutto ebbe senso: lei era semplicemente innamorata di quel rozzo marino. La mente, malandrina e insicura, aveva fatto giri folli prima di arrendersi all'evidenza.

Ma il battito accelerato del suo cuore non poteva lasciarla sopraffare ancora da dubbi.

Una miriade di immagini esplosero nella sua testa, colori vividi e saturi, situazioni ed emozioni che avevano un unico protagonista. Mille parole dette, un infinità di parole ancora da dire, da urlare ai quattro mari e molte di più da bisbigliare dolcemente in un orecchio.

Se solo ne avesse avuto modo...

Aveva paura, una paura tremenda. Che cosa poteva fare? Come doveva comportarsi? Andare da lui e dare libero sfogo ai sentimenti, noncurante della reazione di Zoro e del momento del tutto inopportuno, oppure aspettare silenziosamente il suo ritorno?

Sempre se ci fosse stato un ritorno...



Non riusciva a dormire. La sua mente era lucida come porcellana, come se il sonno non fosse mai esistito. Tutt'intorno era silenzio; alle sue orecchie, se tendeva l'udito, arrivava soltanto il rumore delle onde.

Poche ore e sarebbe andato via, pronto a passare i successivi giorni totalmente dedito al suo sogno, alla sua promessa. Nulla poteva increspare questa decisione, nessun sentimento doveva scalfire minimamente quello in cui credeva e che doveva fare.

Ecco perché andava via, lontano da quella nave carica di perdizioni.

Lontano da quei capelli ramati che si confondevano coi colori brillanti e accesi del tramonto.

Lontano da quell'odore agrodolce che s'insinuava, senza permesso, nelle narici ogni volta che si assopiva, trasportandolo in dolcissimi e carnali sogni proibiti.

Stava fuggendo? Probabilmente si!

Da cosa poi? Da un istinto umano che l'aveva pervaso, improvvisamente e senza ritegno, da quando si erano riuniti?

Bugiardo! Il pensiero di lei, delle sue risate, anche quelle acide e incontrollate...

Del suo profumo, della sua voce vispa e acuta, dei suoi occhi furbi ma trasportatori silenziosi di mille emozioni. L'avevano reso succube già da prima, inutile negarlo!

I due anni di distanza avevano semplicemente aumentato incondizionatamente la voglia di lei.

E pian piano tutto era diventato necessario, vitale! I loro battibecchi, gli insulti, le loro divertenti gare di bevute, i loro incontri notturni durante la guardia.

Era sorprendente il fatto che, nonostante i loro caratteri così lontani e opposti, avessero così tante cose da dirsi al calare della sera. Come se quel velo d'ombra li accogliesse in sé, spogliandoli completamente dei residui giornalieri o da preconcetti e giudizi.

Qualunque fosse l'argomento, conversare insieme era piacevole. Comprendeva quello che lei voleva dirgli in una precisione palpabile, e da parte sua riusciva a spiegarle con chiarezza cose che non era mai riuscito a raccontare a nessuno, ne era stupito lui stesso. Era raro, lo sapeva per esperienza, trovare qualcuno con cui intendersi alla perfezione quando la solitudine o lo smarrimento ti attanagliavano nella loro morsa. Quelle volte che succedeva Nami c'era! E più notti passavano più tutto era magico, perfetto.

Se non era un miracolo, era un eccezionale colpo di fortuna. Era un sentimento molto diverso da quella che si chiama empatia. Almeno questo da parte di Zoro, ormai era chiaro...

Aveva perso per la prima volta, futile era negarlo.

Separarsi da lei era una cosa dolorosa, separarsi per lei era completamente devastante.

Si stava proibendo in assoluto la cosa che lo rendeva completo, lo faceva sentire uomo, e non demone sanguinario, capace solo di provare l'ebbrezza di un fendente tagliente. Stava buttando la sua ancora nel mare, completamente slegata dalla nave, dichiarandosi arrendevole alle onde del passato.

Gli essere umani stando soli diventano fragili, tutto questo lo capiva solo ora. Non si era mai sentito così solo in vita sua.

Era terribile questa fuga, perché proprio di questo si trattava.

Tutto quello che desiderava arditamente in quella notte triste e profetica era un'unione più forte. Voleva la prova che, anche se lontani, sarebbero comunque rimasti legati l'uno all'altra.

Ma non c'era né tempo né spazio in quell'attimo, ci avrebbe pensato poi, al suo ritorno.

Sempre se ci fosse stato un ritorno...


Le onde lambivano le rocce, si allontanavano lasciando una spuma bianca, tornavano...

Guardava quel moto inarrestabile. Nel cielo non c'erano nubi, proprio come nella mattinata, e la luce della luna disegnava fra i massi poco distanti ombre frastagliate.

L'estate era ormai arrivata.

L'aria della notte era comunque fresca, impregnata dell'umidità scesa sull'erba e sulle foglie dell'isola vicina. L'isola dove avrebbe passato i due mesi prefissati.


Dei passi lenti e sinuosi, inconfondibili, distrassero i suoi pensieri. La causa del suo tormento era a pochi passi da lui.

Fissava il mare Nami, anche lei vittima di un insonnia tormentata da ricordi, rimorsi e speranze fallite.

Seguì con gli occhi la direzione del suo sguardo Zoro: verso la spiaggia, certe rocce che sembravano muffin tagliati a metà occupavano un ampio tratto della riva, lambite ad intervalli dalle onde. Onde spumeggianti che sembravano disegnate con cura da una mano precisa e attenta. Non c'era nient'altro da osservare...

Si avvicinò a lei piano. Forse non era la cosa giusta da fare, soprattutto dopo quella strana reazione.

Tentennò Zoro, ormai a pochi passi da lei, quando improvvisamente nella testa riesplose l'immagine di quel “Ti odio” urlato con occhi furenti dalla rossa.


I capelli ramati, mossi dal vento, volteggiarono con grazia al movimento del capo di Nami, ora di fronte a lui.

Lo scrutava adagio, perdendosi in quegli occhi neri come la torba, così profondi e inarrivabili, da far invidia agli abissi. L'aveva sentito avvicinarsi, con la sua camminata trascinata dal peso delle tre katane. Il rumore che riproducevano ad ogni loro tocco era il marchio della presenza di Zoro.

- Scusami per oggi...- disse, poi rimase un buon momento a fissare la suola dei suoi sandali, indecisa, e forse insicura, su come continuare. - È solo che...Cavoli Zoro, due mesi sono due mesi! Perché vuoi andare via? Perché non restare qua, con noi, ad allenarti?Lo sai che siamo tutti disposti a darti una mano, venirti incontro. Da parte mia, prometto che non ti darò più ordini, non ti farò perdere tempo. Sarei anche disposta, e, lo giuro, senza aggravare il tuo pesante debito, a pulire la tua stanza o a lavare quelle due pessime maglie che ti ritrovi! Mi allenerò col Loge Pose per non farti rischiare la pelle per me, per non spedirti, per colpa delle mie distrazioni in battaglia, in infermeria per chissà quanto tempo!

La calma e il sangue freddo con cui aveva arrancato, stupendosi di se stessa, quel discorso iniziavano a cedere. Il groppo alla gola che, con fatica, cercava di nascondere all'uomo che amava e che rischiava di perdere si faceva insopportabile.

Ma non doveva piangere!

Doveva essere forte, guardare a testa alta la realtà e non trascinare la sua tristezza sulla persona ora più vicina a lei. Lui doveva andare e vincere! Nessuno su quella nave aveva il diritto di fronteggiare il sogno altrui.

- E prometto che farò di tutto per non farti innervosire- gli diede le spalle appoggiandosi al parapetto della nave. Quell'ultima frase era la più dura da digerire. Lei e Zoro erano sempre stati quello: due entità totalmente distinte che eclissavano il loro bisogno di unione, mistificandolo nella lite.

La prima lacrima ormai scendeva sul suo bianco profilo...


- Stupida...- riuscì solo a pronunciare quella parola prima di arrendersi completamente al bisogno di abbracciarla. La stringeva a sé, annientando tutti i suoi preconcetti, i suoi stupidi schemi mentali che l'avevano reso, fino ad allora, solo uno spadaccino dedito al dovere, incurante dei sentimenti che ormai traboccavano senza sosta.

La piccola spalla di Nami, scossa da caldi brividi a quel contatto inaspettato, era un tassello perfettamente ancorato al petto forte e battente di Zoro.

Euforia e disillusione, martirio e pena, analisi e sintesi, eroismo e viltà, silenzio ed eloquenza, oltre all'attesa interminabile e logoratrice, esistevano con estrema vividezza, sembrava di poterle toccare con mano. Erano tutte equamente in fila davanti a loro, come se fossero ordinate su uno scaffale.

- ...Stupida mocciosa, se mi privi delle tue insopportabili urla a me cosa rimane?- Non aggiunse altro, si limitò a stringere ancora più gelosamente il tesoro che aveva fra le braccia. Si sentiva soltanto molto triste. Triste di non poter abbattere il muro che li circondava.

Fino a poco tempo prima aveva pensato che fosse una recinzione destinata a proteggerlo. Adesso invece il suo allontanamento era una barriera che gli sbarrava la strada. Non poteva non soffrire la propria impotenza.

Per qualche secondo la sua coscienza restò in bilico tra la realtà e l'irrealtà. Dove si trovava? Cosa stava facendo? Era del tutto disorientato. Fece un profondo sospiro, abbassò il capo inebriandosi del buon odore dei capelli di Nami, posandole un bacio rassicurante, gesto questo che trascinò anche lui in uno stato di tranquillità e beatitudine.

La navigatrice si volto, lo guardò a lungo. Poi sorrise. Un sorriso stupendo che le illuminò il volto. Di sicuro le parole di lui l'avevano resa felice. Al tempo stesso però nella sua espressione c'era un ombra di tristezza e di condiscendenza, come quando una persona che conosce bene il mondo ascolta le parole contraddittorie di chi ha già deciso. Perlomeno così gli parve.

Un imbarazzato Zoro si strofinava su e giù sulla guancia indice e medio della mano destra. Anche se erano già in piena notte, sulle sue guancia non c'era ombra di barba, la sua pelle era liscia e abbronzata come un vaso di terracotta.

Nessuna frase, alcuna parola.

I loro occhi incastonati brillavano più della luce lunare, trasmettendo, senza coscienza o volontà, l'inferno e il paradiso che li vedeva protagonisti in quella strana e sconosciuta realtà.

Lasciarsi andare alla marea travolgente o continuare a stringere, con tutte le forze, l'ultimo appiglio di razionalità?

Viversi, come se non ci fosse un domani, o rimandare ancora e ancora?

E mentre tutte queste domande irrisolte violentavano pesantemente cuore e mente ecco la forza del più debole cedere...

Dagli occhi nocciola traboccò una lacrima che in meno di un secondo le scivolò lungo la guancia e cadde con un piccolo tonfo sulle assi di legno. Alla prima lacrima ne seguì un'altra e un'altra ancora. Si mise a piangere con le mani appoggiate al suolo come se stesse per vomitare.

Protese con cautela una mano Zoro, e le toccò una spalla. Tremava leggermente. A quel punto, quasi senza rendersene conto, la strinse di nuovo a sé baciandola possessivamente. Calde e salate lacrime si mischiavano al gusto dolce di quell'inaspettata e sospirata unione.

Petto contro petto, respiri e affanni di due cuori che danzavano allo stesso ritmo.

Lingue timide ma sempre più vogliose di un incontro che aveva il retrogusto amaro di un addio.

Lei continuava a piangere in silenzio. Le sue dita percorrevano la schiena dello spadaccino come se cercassero qualcosa. Con la mano sinistra lui la sorreggeva, con la destra le accarezzava i capelli aumentando la stretta e il contatto delle loro bocche, per sentirla sempre più vicina, come se avesse paura di perdere, in un battito di ciglia, la cosa più preziosa al mondo.


Guarisci le cicatrici che ho sulla schiena
non ho più bisogno di loro.
Tu puoi gettarle via o
mantenerle nei tuoi vasetti,
sono arrivato a casa”



Quella notte fecero l'amore.

Non sapevano se fosse giusto o no.

L'unica cosa che desideravano era diventare una cosa sola, annullare ogni distanza, passata o futura, ogni segreto per troppo tempo celato. Possedere ed essere posseduto dalla persona amata. Non era una questione di egoismo o di istinti animali. Ovviamente c'era profondo desiderio, ma non era l'unico motivo. Era la forza della disperazione. Era una lotta contro il destino infausto, era una rivincita contro la loro testardaggine e il loro stupido orgoglio. Morire e rinascere in un'unica entità fisica, tra lacrime sfuggevoli, mani inesperte che calcavano territori sconosciuti e gemiti silenziosi.

E quando finalmente Zoro si riversò in lei, ormai al culmine del piacere, tutto – il vento estivo, le onde, le cartine geografiche sistemate sulla scrivania, l'odore confuso di mandarino e Rum che aleggiava nell'aria – aveva una qualità da confine del mondo. Il confine del mondo non poteva essere che un posto così. Caldo e accogliente, protettivo e forte, come i loro corpi, ancora uniti e sudati.


Ci erano riusciti!

Avevano oltrepassato insieme quella sorta di recinzione, quella barriera che, contraddittoriamente, si erano creati per restare soli, per allontanarsi.

Nel silenzio tombale e sacro che li vedeva protagonisti, esausti e abbracciati tra le lenzuola, nessun discorso, nessuna frase o domanda inutile...

Restarono così, coccolandosi e amandosi per un tempo indefinito, aspettando un qualsiasi domani.

L'unica parola che sentii Nami, accoccolata sul petto nudo e bronzeo di un Zoro che le accarezzava i capelli, prima di cedere al sonno, fu un “Aspettami...”



* * *



E continuava ad aspettare Nami, nonostante fossero passati due mesi in più di quelli pattuiti.

I primi due erano volati, andati da sé, passati in un baleno tra gioia e ansia snervante. A volte aveva l'impressione di aver fatto un sacco di cose per ammazzare il tempo, per non cadere in brutti pensieri o tormenti, a volte proprio nulla. Non si accorse che i giorni volavano finché qualcosa dentro lei cominciò a cambiare...

Ormai non poteva più nascondere ciò che era accaduto quella notte alla restante ciurma.

E i tremori su alcune possibili reazioni, tralasciando quella scontata e tragicomica di Sanji, furono istantaneamente sopiti da caldi abbracci e cure amorevoli che avevano un sapore nostalgico.

Con l'aiuto della sua strampalata famiglia l'attesa era meno pesante. Si sentiva leggera ma piena di forza, pronta a continuare a sperare. Zoro era coraggioso e forte, sarebbe tornato per forza!


Poi la triste verità: come deciso, allo scadere del secondo mese, la Thousand Sunny approdò sull'isola Kuraigana.

Quel posto, tendenzialmente lugubre, aveva un'atmosfera ancora più nefasta. Si addentrarono per qualche chilometro, alla ricerca del loro compagno. E mentre chiamavano, invano, il nome dell'amico e compagno la temibile ciurma di cappello di paglia fu sorpresa dalla marina.

La battaglia fu veloce e lampante. In pochi minuti le truppe, formate da pochi e inesperti soldati, erano fuori combattimento.

Ma non c'era nulla da festeggiare.

Un pianto disperato echeggiava tra le fila degli alberi; erano le urla distrutte e inconsolabili di una donna che aveva perso tutto!

La marina, venuta a conoscenza della presenza, su quell'isola, del sanguinario Zoro Roronoa, era giunta con flotte potentissime e uomini dalla forza sovrumana.

Aveva setacciato in lungo e largo quel posto fino a quando non ritrovò disteso, quasi esangue, uno spadaccino.

Venne portate alla base principale.


La condanna a morte era stata programmata proprio per il giorno prima dell'arrivo dei suoi compagni.

O almeno questo era quello che aveva sospirato, prima di morire, un derisorio nemico.

Ma Zoro era Zoro, e non poteva morire senza mantenere la sua promessa.


I giorni passavano lenti e insignificanti, tra sguardi tristi e commiserevoli. In quei momenti Nami si sentiva come se l'avessero seppellita, lasciando fuori terra solo le dita del piede sinistro. Ogni tanto qualcuno, in preda alla pena per lei, ci inciampava e iniziava a scusarsi.

Malgrado fossero passati solo quattro mesi, ogni cosa le pareva coperta di polvere e priva di spirito vitale. Il paesaggio del mare, che tanto amava, aveva qualcosa di logoro, di appassito.

Non aveva voglia di parlare, e trovava deprimente passare troppo tempo fuori dalla sua stanza.

Solo una cosa la ancorava saldamente ancora alla vita, l'unica cosa, preziosissima, che le era rimasta del suo amore. Solo per quello avrebbe continuato a sopravvivere...


Fu in una notte fredda e ventosa che qualcosa accadde. Non riusciva a spiegare cosa di preciso...

Non era un sogno, non si trattata di un' improvvisa rivelazione.

Accadde e basta!

Percepì dentro sé una consapevolezza nuova, come se qualcuno stesse cercando di comunicarle qualcosa.

Aprii gli occhi improvvisamente, svegliandosi in preda a fortissime palpitazioni, col battito cardiaco a mille. Si mise seduta sul letto incrociando le gambe e distendendo bene la schiena. Inspiro a fondo ed espirò lentamente proprio come le aveva insegnato Chopper, viste le sue condizioni. Ripeté questo esercizio finché le palpitazioni non cessarono. Poi una sensazione vivida e misteriosa si palesò dentro di lei.


Svegliò gridando come una matta i compagni, e in breve li convinse a virare la nave verso Kuraigana, di nuovo...

Non c'era nulla di sicuro, niente di certo, ma sentiva che quella strana illuminazione aveva qualcosa di fondato. Era come se qualcuno o qualcosa stesse richiamando la sua attenzione su quel luogo così pesantemente triste per lei.

A nulla valsero le parole di resistenza dei suoi amici, bastò lo sguardo empatico e allegro di Rufy a farle capire che tutto era possibile.

E gli ordini del capitano dovevano essere eseguiti!


Arrivarono dopo due notti e tre giorni.

Il paesaggio di fronte ai loro sguardi non lasciava alcuna via di fuga.

La marina aveva reso quell'isola un nuovo quartier generale.

Era un suicidio il loro, ma il sacrificio valeva, forse, la pellaccia dello spadaccino

Avevano diviso il gruppo in tre squadre, ma la priorità assoluta era la protezione di Nami, a qualunque costo.

La perlustrazione si rivelò lenta e pericolosa fin da subito, l'occhio della Marina era ovunque.

E mentre avanzavano a passi lenti, un tintinnio impercettibile fece sobbalzare il cuore alla cartografa. Quel rumore...i pendenti di Zoro!

Con uno scatto fulmineo si avviò verso la fonte di quel debolissimo suono, noncurante degli ordini del capitano.

Doveva correre, correre più che poteva.

E andava veloce Nami, protetta alle spalle dai suoi fedeli compagni.

Li ringraziò mentalmente, con tutto l'amore che provava nei loro confronti.

Coi piedi gonfi e nudi, liberi da quei tacchi che, imperterrita, nonostante lo stato interessante, continuava a indossare, avanzava nel bosco.

Il suo corpo non era agile e snello come una volta, ma poco importava...

La cosa vitale in quel momento era arrivare a lui, perché c'era, era là che la stava spettando.


E finalmente lo vide, bello e dannato come ricordava.

Impugnava con orgoglio le sue fidate katane, colpevoli della strage di marine che sormontavano il terreno erboso di fronte a lei.

Sul suo collo taurino brillava la collana a forma di crocifisso di Occhi di falco!


Lo scrutò con ansia, cercando eventuali ferite o lividi, fino a quando il suo sguardo non fu imprigionato da quello profondo e magnetico di lui, ancora incredulo e totalmente inerme a quella visione che forse era un sogno.

Frammenti di parole vagavano nell'aria, quasi fossero stati strappati. Erano come stati defraudati.

Labbra socchiuse, si studiavano desiderosi, con sguardi che parevano poter trapassare l'anima.

Si sentirono di nuovo al confine del loro mondo.

- Brutta testa d'alga, stupido e insensibile di un buzzurro! - Improvvisò lei mentre avanzava lentamente, quasi per paura di perdere ciò che aveva di fronte, con occhi fintamente arrabbiati e scocciati, - Quattro mesi! Ma ti rendi conto?! Triplicherò, ma cosa dico?! Quadruplicherò il tuo debito per avermi fatto aspettare per così tanto tempo! -

Anche Zoro avanzava, con sicurezza e sguardo fisso su di lei, contemplando ogni singola particella di quella piccola strega che, finalmente, poteva amare liberamente.

La distanza era minima, talmente sottile da poter accarezzare, con la mano callosa e rude, quella guancia fresca e delicata.

Un bacio agognato.

Un sussurro desiderato.

Un gusto per troppo tempo non assaporato...

Si allontanò un po' lo spadaccino, per ammirare ancora, e ancora, la sua donna.

Poi si inginocchiò, in corrispondenza del ventre più pieno e gonfio di Nami, accarezzandolo timidamente e con fare impacciato.

Affiancò la testa al grembo, sorridendo e cingendole le braccia intorno alla vita.

- Le mie parole vi sono arrivate... Mi avete ritrovato! - pronunciò commosso, donando un dolcissimo bacio al loro piccolo grande tesoro.

- Bentornato a casa papà! -



Qui, sotto i miei polmoni,
sento i tuoi pollici premere nella mia pelle, di nuovo...




Bentornato a casa!”Note dell'autrice: chi mi conosce ormai sa che non posso fare a meno di citare canzoni nei miei racconti. Stavolta è il turno dei Radical Face con "Welcome Home" , canzone che adoro! Un grazie di cuore a chi avrà la pazienza di leggere questa lunga storia.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: sof_chan