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Autore: soholdontome    25/07/2014    1 recensioni
«Mi devi un maglia»
«Mi sembra di averti già regalato un maglione, no? Ah, aspetta, te ne sei appropriata e basta!»
«Oddio mi spiace, dimentico sempre di restituirtelo»
«Scherzavo, Jos, puoi tenerlo. Mi piace come ti sta, ti avvolge come un caldo abbraccio»
«Come i tuoi?»
«Sì, tipo questo»
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai dopo aver dormito solo poco più di un'ora, ormai mi succedeva spesso di addormentarmi relativamente presto (verso le nove e mezza, forse dieci in alcuni casi) e svegliarmi dopo massimo un paio d'ore, avevo imparato a farci l'abitudine.
Guardai la sveglia sul comodino ed erano appena le 23:07, così mi alzai a sedere, cercando coi piedi le pantofole accanto al letto, e raggiunsi lentamente, quasi trascinandomi, la finestra. Pioveva, la pioggia picchiettava rumorosamente sui vetri delle finestre e disegnava numerose strisce d'acqua con l'unione delle varie gocce.
"E se andassi da lui?" pensai.
Camminai su e giù per la camera cercando di scegliere cosa fare, mentre la pioggia cominciava a rallentare e farsi più silenziosa, e alla fine decisi: corsi alla porta e attraversai il pianerottolo, presi un bel respiro e bussai al campanello.
Nessuna risposta.
Bussai ancora e nulla di nuovo.
Avrei bussato volentieri una terza volta ma mi sembrava di essere troppo insistente e m'incamminai nuovamente verso il mio appartamento, finché...
«Josey?» mi chiamò una voce.
Sorrisi senza accorgermene e fui felice che lui avesse aperto finalmente la porta, anche se con qualche minuto di ritardo.
«Ciao Ashton» dissi voltandomi.
«Cosa ci fai in giro per il palazzo in pigiama?»
Effettivamente non mi ero curata di vestirmi o semplicemente guardarmi allo specchio prima di andare da lui e provai un po' d'imbarazzo nel riconoscere che avevo un pantalone largo a scacchi e una t-shirt - il mio solito pigiama - e probabilmente anche i capelli arruffati.
«Sai, ho qualche problema a dormire ultimamente e stasera ho pensato di fare un salto da te»
«Certo, vieni, entra»
Corsi di nuovo alla sua porta e sgattaiolai nel suo appartamento, iniziando ad avere un po' freddo. Appena varcata la soglia di casa, Ashton mi sistemò i capelli, trattenendo una risata, dovevo avere sicuramente qualche ciocca fuori posto. Mi diressi verso camera sua in fondo al corridoio prima di lui, stringendomi nelle spalle, e dopo un attimo mi strinse le braccia, strofinando forte per riscaldarmi.
«Sei gelida» disse quasi posando la testa sulla mia spalla mentre ancora mi stringeva ed entravamo nella sua stanza.
«Fa freddino» ammisi.
«Tranquilla, ora ci infiliamo sotto le coperte»
Osservai le pareti, rivestite di carta da parati in sughero ridipinto di blu e ricoperte di scritte e poster, cercando di capire se ce ne fossero di nuove.
«Hai aggiunto qualcosa?»
«No, non credo, tranne una nostra foto accanto al letto»
Ashton non aveva un letto comune, era un divano-letto perennemente aperto perché sin dal momento in cui l'aveva usato la prima volta, gli elastici del materasso erano rimasti bloccati e non aveva più potuto chiuderlo; col passare del tempo, poi, si era abituato ad avere un due in uno in camera, e mi ci ero abituata anche io, tento era comodo. Mi avvicinai la parete e mi indicò un punto accanto al poster dei Mayday Parade che avevamo acquistato insieme qualche anno prima, e notai un foglio rosso appuntato al muro con una puntina verde, al centro di questo foglio c'era una delle nostre ultime foto, un primo piano sui nostri volti sorridenti dopo una serata al cinema.
«Hai il faccione!» dissi scoppiando a ridere.
«Quella foto fa sembrare le nostre facce più grandi di quanto non lo siano già»
«Ma è carina»
«Tu hai un sorriso bellissimo lì, si vede che è sincero, per questo sono andato a sviluppare la foto»
«Quella sera mi avevi fatta ridere un sacco, dopo il cinema eravamo andati a mangiare una pizza e ti era caduto tutto il sale sulle patatine»
«Solo perché avevi allentato il tappo!»
«Era uno scherzo innocente!»
«Che ho ricambiato schizzandoti "per caso" del ketchup addosso»
«Già, e la maglietta bianca che avevo addosso ho dovuto buttarla»
«Oops, colpa mia»
«Mi devi un maglia»
«Mi sembra di averti già regalato un maglione, no? Ah, aspetta, te ne sei appropriata e basta!»
«Oddio mi spiace, dimentico sempre di restituirtelo»
«Scherzavo, Jos, puoi tenerlo. Mi piace come ti sta, ti avvolge come un caldo abbraccio»
«Come i tuoi?»
«Sì, tipo questo»
Mi passò un braccio attorno alle spalle e mi fece avvicinare a lui, per poi coprirci con la coperta e accendere la tv.
«Che facevi prima che venissi?» chiesi.
«Scrivevo una canzone»
«Per chi?»
«Per te»
«Dai, dico sul serio»
«Anch'io»
«E perché?»
«Non posso scriverti una canzone?»
«Be' sì, certo, ma voglio sentirla»
«Ho messo insieme solo quattro parole su un foglio, non puoi»
«Okay»
Iniziò a fare zapping mentre io mi guardavo ancora attorno, finché non notai dei fogli sotto a un libro sul comodino alla mia destra, così allungai il braccio, mi tirai su a sedere e mi allontanai di qualche centimetro.
«E lei!» esclamai leggendo il mio nome sulla sinistra del foglio.
«No Josey, ti prego, metti giù, non vale!»
«Dai, per favore, solo uno sguardo»
«No, sono cose private»
Mi prese i fogli velocemente, prima che io potessi leggere qualche riga del testo, li ripose nel cassetto del comodino alla sua sinistra e mi rivolse un'occhiata severa.
«Va bene, mi spiace. Ma hai detto che è per me, non posso non leggerla»
«Preferisco dirti a voce di cosa parla»
«Ti ascolto»
Fece un minuto di pausa, si scompigliò i capelli – anche se erano già arruffati, ma quello era il modo in cui li portava ultimamente, dato che erano cresciuti notevolmente – e finalmente si decise a parlare.
«Questa canzone l'ho scritta pensando a quel bacio che non ho mai avuto il coraggio di darti»
Scivolò di fronte a me, mettendosi in ginocchio e sedendosi sui talloni, e mi guardò dritto negli occhi.
«Non sai quanto io mi senta codardo a non riuscire a dichiararti i miei sentimenti, ogni volta mi organizzo un discorso, pronto a dirti tutto, a condividere finalmente ciò che sento, e puntualmente ho paura, mi tiro indietro, e non apro ne meno l'argomento. Tu sei l'esatta unione di tutto ciò che voglio e tutto ciò di cui ho bisogno, eppure tutto ciò che mi porta alla mia paura peggiore»
Si concesse una pausa, mi accarezzò la guancia e sospirò forte, poi riprese.
«Ho paura del "No" che non sono pronto a sentirti pronunciare quando ti chiederò se ricambi i miei sentimenti, del tuo sguardo scioccato dopo avermi sentito dire che ti amo, delle tue...»
«»
«Sì cosa?»
«Sì, hai proprio un faccione»
Lui mi guardo perplesso ed io, con le braccia che mi tremavano, tentai di sorridere e prendergli il viso tra le mani.
«Le fossette mi ricordano quanto tu sia estremamente dolce, l'accenno di barba, invece, quanto tu possa essere sexy, ma hai gli zigomi pronunciati e io, soprattutto a questa distanza, non posso fare a meno di guardarti perché sei bellissimo e proprio questo viso mi ha fatto innamorare»
«Josey...»
«No, aspetta. Ho amato ogni particolare del tuo viso sin dal primo momento che ti ho visto, non si è mai trattato soltanto di vera e propria attrazione fisica, non so spiegarmelo, ma il tuo volto, qualsiasi sia l'espressione che assumi, è estremamente bello. Non so perché tu non mi abbia mai detto nulla, io però sto letteralmente aprendo il mio cuore adesso, per te, senza paure, quindi tocca a te fare lo stesso»
Lo vidi provare ad aprire la bocca, probabilmente nel tentativo di formulare qualche frase di senso compiuto, ma la richiuse immediatamente, sospirando e sorridendo subito dopo.
«Non ho più bisogno di parlare adesso» sussurrò ancora sorridendo.
Mentre io avevo ancora le mani dolcemente posate sul suo viso, lui allungò due dita per sollevarmi il capo dal mento, guidandomi verso le sue labbra, e mi baciò. Finalmente.
Non mi ero mai resa conto di quanto fosse bello tenere il suo viso tra le mani, forse perché in realtà non l'avevo mai fatto, ed era una delle cose che morivo dalla voglia di fare da tempo, ma allo stesso modo non credevo che lui si fosse mai reso conto di avere tra le sue mani il mio cuore.
Mi guardò ancora negli occhi, a un centimetro dal mio naso, e scoppiò a ridere, mentre io mi tiravo su la coperta quasi fino a nascondermici il viso.
«Hai gli occhi lucidi» mi disse.
«Tu di certo più di me, guarda come ridi! Sono tanto divertente quando resto immobile?»
«Hai l'espressione più stupita che io abbia mai visto»
«Sarà che non me l'aspettavo?»
«Forse»
«È un trauma» scherzai lasciandomi andare verso lo schienale del divano.
«Bacio tanto male?»
«No, Dio, tutt'altro»
Rise ancora, ed io non potei fare a meno che seguirlo, la sua adorabile risata era contagiosa.
«Me la canti la tua canzone?» chiesi dopo.
«Domani»
«Ma come faccio ad aspettare fino a domani?»
«Dormirai, con me, e non penserai ad altro. Okay?»
«Con te?»
«Qui, ora»
«Sicuro? Non lasci mai che qualcuno passi la notte su questo divano-letto»
«Non ho mai desiderato altro»
Mi tirò nuovamente giù e ci stendemmo, dapprima l'uno accanto all'altra, con qualche centimetro di distanza, poi lui si avvicinò mi cinse le spalle con un braccio, facendomi posare la testa sul suo petto, e mi abbracciò all'altezza del ventre con l'altro.
Dopo poco mi lasciò un minuscolo bacio sulla fronte, sussurrando poi un “Buonanotte” mentre la tv si spegneva dopo i trenta minuti di timer preimpostati, e così finalmente presi sonno, addormentandomi serenamente tra le braccia di Ashton, sognando quel bacio.
  
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