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Autore: LaniePaciock    26/07/2014    5 recensioni
Torniamo indietro nel tempo e spostiamoci di luogo: 1943, Berlino, Germania. Una storia diversa, ma forse simile ad altre. Un giovane colonnello, una ragazza in cerca della madre, un leale maggiore, una moglie combattiva, una cameriera silenziosa, una famiglia in fuga e un tipografo coraggioso. Cosa fa incrociare la vita di tutte queste persone? La Seconda Guerra Mondiale. E la voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Cap.21 Tempo di regali
 

I tre giorni successivi passarono relativamente tranquilli. Castle pian piano stava riprendendo le forze. Riusciva a mettersi seduto da solo e anche a fare brevi tragitti in piedi, ad esempio per arrivare fino al bagno o in salone o in cucina. Ogni giorno migliorava. Non gli piaceva particolarmente stare a letto malato, fermo e fasciato come una mummia. Quello che gli piaceva però era restare a letto a dormire con Kate o a guardarla dormire o a farsi coccolare da lei. Nonostante il materasso del piano di sopra si fosse asciugato da un pezzo, Rick aveva pregato la donna di continuare a addormentarsi con lui. “In caso abbia bisogno di aiuto” aveva detto, ma la realtà era che voleva passare con lei quanto più tempo possibile. Erano già a fine dicembre e a breve i voli dall’aeroporto sarebbero ripresi, il che avrebbe significato spedire Beckett e gli Esposito al sicuro fuori dalla Germania. Era una cosa che attendava con trepidazione e ansia insieme. Saperli privi di pericoli gli avrebbe tolto un peso, ma sapere lei lontana… No, non poteva pensarci in quel momento. L’avrebbe fatto una volta che lei fosse partita. Non poteva sentire la sua mancanza prima ancora che si imbarcasse!
“Castle!” lo chiamò Kate in avvicinamento dal salone. Il colonnello scosse la testa e si riprese dai suoi pensieri cupi. Era mattina tardi ed era seduto a letto, la schiena poggiata contro la spalliera. Davanti a sé c’erano i resti della partita a carte che stava facendo con Beckett, finché il campanello d’ingresso non aveva suonato.
“Sono qui.” rispose lui atono. Era un fatto ovvio, ma aveva risposto senza pensarci, per forza dell’abitudine.
“Guarda chi c’è!” esclamò ancora Kate, entrando nella stanza con un sorriso. Ryan sbucò da dietro la donna altrettanto sorridente, con il giaccone sbottonato, sotto cui si intravedeva la divisa, e il cappello sottobraccio.
“Ehi, amico, come stai?” lo salutò Kevin allegro, avvicinandosi per stringergli la mano in una presa forte. “E’ un po’ che non ci si vede, eh?”
“Che vuoi, sono stato bloccato da forze superiori.” scherzò il colonnello, alzando appena il braccio che teneva appeso al collo. “Cosa ti porta qui? Ma perché sei ancora così bardato?” gli chiese poi, indicando il giaccone che aveva indosso. Ryan rimase in piedi accanto al letto, ma Kate gli lasciò comunque la sedia libera, andando a sedersi accanto alle gambe di Rick sul materasso, spostando intanto le carte abbandonate sul comodino.
“Sono passato solo per un saluto e per vedere come stavi.” replicò Kevin. “Senza il nostro colonnello, in centrale siamo piuttosto presi…”
“Casomai persi...” commentò Rick, ridacchiando.
“Ma Lanie voleva assolutamente avere notizie sul suo paziente,” continuò Ryan, come se l’amico non avesse parlato. “Per cui mi ha praticamente ordinato di venire. Sarei passato lo stesso più tardi, ma la signora Esposito sa essere piuttosto minacciosa quando chiede qualcosa…” aggiunse poi con un finto tremore che fece sorridere divertiti sia Rick che Kate.
“Beh, puoi avvertirla che mi sento molto meglio!” replicò Castle.
“Grazie alle cure dell’infermiera Beckett, scommetto.” commentò il maggiore ghignando. Kate arrossì e roteò gli occhi in segno di esasperazione.
“Anche.” replicò Rick, ridacchiando per l’occhiata insieme dolce e omicida che la donna gli stava rifilando. “Ma davvero, sto meglio. Le forze mi stanno tornando. Ora riesco a sedermi da solo e camminare per casa senza aiuto. La spalla è quella che mi da più problemi, ma il resto sta davvero migliorando. Inoltre puoi dire a Lanie che non si è infettato niente.” Ryan annuì.
“Riferirò.” disse. “Ma c’è anche un’altra cosa che volevo chiederti. Anzi, che volevo chiedere a entrambi.” aggiunse poi, indicando sia Rick che Kate. I due si guardarono perplessi, quindi attesero spiegazioni. “Tra due giorni è Natale, quindi ci chiedevamo se…”
“Tra due giorni è cosa??” esclamò Castle sorpreso, gli occhi sgranati e la bocca aperta, nonostante in quel modo il taglio sul viso gli tirasse particolarmente. Aveva perso completamente la cognizione del tempo. Sapeva che erano in dicembre, ma non aveva minimamente idea che fossero già sotto Natale!
Natale, Rick.” replicò Ryan divertito. “Sai quella festa invernale in cui si fa l’albero, si attaccano le lucine, si scambiano i regali…”
“Ma non ho preso nessun regalo!” ribatté il colonnello con tono triste e in colpa. Pensava soprattutto al piccolo Leandro. Dopo tutto quel tempo passato a nascondersi, il minimo che poteva fare era fargli una sorpresa per Natale. Per lo meno per un giorno, avrebbe voluto che Leo si sentisse di nuovo come a casa, come se la guerra non esistesse e nessuno stesse inseguendo lui e i suoi genitori. E poi senza regali, che razza di Natale sarebbe stato per un bambino?
“In realtà sì.” si intromise Kate, mordendosi il labbro inferiore e arrossendo leggermente. Rick la guardò confuso. “Quando due giorni fa sono uscita a fare la spesa, ho pensato di prendere qualche regalo visto che sapevo che non ti saresti potuto muovere per un po’. Mi sono dimenticata di dirtelo, perché è stato il giorno in cui sono tornata a casa e ti ho trovato per terra in bagno…” Castle annuì piano. Ricordava quel momento. Nel tentare di fare qualche passo da solo, era arrivato fino al bagno, ma poi si era ritrovato senza forze davanti al lavabo, crollando a terra e rimanendoci finché Beckett non era tornata. “Ho fatto male a prenderli?” chiese poi Kate con tono un po’ insicuro. “Insomma, pensavo che avremmo potuto dire che erano da parte nostra…” A quelle parole il colonnello sentì uno strano calore al petto. Non aveva mai fatto regali insieme a nessuno, non come coppia almeno, e quella semplice cosa gli stava dando una sensazione di benessere che non avrebbe mai pensato.
“Kev, puoi uscire per un secondo?” domandò Rick al maggiore, con lo sguardo però rivolto a Kate, la voce appena roca. Ryan fece una smorfia.
“No, amico, per favore!” replicò divertito. “Sarei solo nell’altra stanza e inoltre non posso restare qui un’eternità! Quindi aspetta almeno che me ne vada prima di saltarle addosso nei limiti delle tue capacità!” Castle non fece in tempo a replicare che il campanello della porta suonò di nuovo. “Salvato dalla campana.” commentò il maggiore ridacchiando. “Vado io ad aprire.” disse poi, bloccando Kate che, rossa in volto, si stava già alzando. “Probabilmente sarà Zimmermann. Rick, approfitta di questa donna finché puoi perché tra un minuto sarò di nuovo qui!” Detto questo, Ryan uscì ridendo per la faccia esasperata di Castle e per quella imbarazzata e insieme divertita di Beckett.
Non appena Kevin ebbe chiuso la porta, Rick allungò una mano verso la donna con fare frettoloso.
“Veloce, vieni qui finché quel rompiscatole del mio amico non torna!” Kate scoppiò a ridere, ma gli prese comunque la mano e si lasciò condurre verso di lui. Quando finalmente lo raggiunse, Castle non perse tempo. Le passò una mano tra i capelli dietro la nuca e la attirò a sé con forza, tanto che le loro bocche quasi sbatterono una contro l’altra. Kate non riuscì a reprimere un sorriso anche nel bacio per tutta quella irruenza. Continuarono finché non sentirono la porta di casa chiudersi con un tonfo sordo. Il colonnello si costrinse a staccarsi, ma tenne Beckett vicino a sé in modo che fossero fronte contro fronte. Entrambi avevano il respiro leggermente affannoso e a Castle doleva il taglio sullo zigomo, ma non se ne curò minimamente.
“Come mai tutto questo ardore per dei semplici regali?” sussurrò lei alla fine con tono divertito.
“Perché saranno i nostri regali.” mormorò Rick in risposta. Kate si morse il labbro inferiore e alzò gli occhi su di lui, scostandosi leggermente.
“C’è n’è uno anche per te, sai?” disse piano. Castle sgranò gli occhi e la bocca gli rimase semiaperta. Quindi sorrise e la attirò di nuovo a sé, stavolta con meno irruenza, per lasciarle un piccolo bacio di ringraziamento a fior di labbra.
“Al momento sono impossibilitato a fare qualsiasi cosa, ma ti prometto che, anche se in ritardo, arriverà anche il tuo di regalo…” rispose. Alle sue stesse orecchie sembrò in qualche modo molto più sporco di quanto volesse intendere. Anche se, in effetti, era proprio quella l’interpretazione corretta. Probabilmente erano la voce bassa e roca e il suo sguardo desideroso a dare quell’effetto. Però, ora che gli veniva in mente, c’era forse anche un regalo meno fisico e più alla sua portata in quel momento che avrebbe potuto farle…
“Castle.” La voce di Ryan da appena fuori la camera, accompagnata da un lieve bussare, li interruppe. Rick aggrottò le sopracciglia e guardò Kate con preoccupazione. Il tono di Kevin non gli era piaciuto per niente. Sembrava allarmato e astioso. La donna ricambiò il suo stesso sguardo inquieto e si alzò dal materasso, rimanendo comunque ferma accanto al letto. In quel momento il maggiore aprì la porta della stanza ed entrambi notarono le sue sopracciglia aggrottate e la mascella contratta. “C’è una visita per te.” disse rigido, quasi formale, spostandosi per lasciare entrare la persona dietro di sé. Rick strinse automaticamente i pugni e il suo sguardo si fece duro non appena la figura del Colonnello Dreixk varcò la soglia della sua camera. Anche lui come Ryan, indossava ancora il giaccone e teneva il cappello sottobraccio. Non era cambiato dall’ultima volta che si erano incontrati, tranne che per un vistoso taglio quasi cicatrizzato sulla fronte. Castle ringraziò che Kevin fosse ancora lì. Non avrebbe voluto neanche per un istante che quel bastardo rimanesse vicino a Kate senza che lui potesse proteggerla.
“Colonnello Castle.” lo salutò Dreixk con un sorriso freddo. “Sei ancora vivo.” Se avesse voluto fare l’ironico o meno, nessuno lo capì.
“Buongiorno a te, Dreixk.” replicò Rick con lo stesso tono. “Fa sempre piacere sapere di essere mancato ai propri colleghi.”
“Oh, sai com’è, negli ultimi tempi ho notato che non c’è festa senza la tua presenza.” dichiarò il soldato con una nota di disappunto nella voce che non riuscì a mascherare. “Quindi mi chiedevo semplicemente a quante ancora saresti stato in grado di partecipare...”
“Dammi un altro paio di giorni e mi troverai a danzare come un angelo su ogni pista.” ribatté Castle, stampandosi in faccia uno dei suoi sorrisi più falsi e tirati. Lo vide mordersi l’interno della guancia prima di rispondere.
“Non vedo l’ora di rivederti in azione.” commentò Dreixk con il suo solito tono strano e mellifluo. Rick si chiese cosa volesse dire. Intendeva che non vedeva l’ora di osservarlo fare qualche malefatta per incastrarlo o era un semplice commento sarcastico di chi intende l’opposto di ciò che dice? Con lui non si poteva mai sapere.
“Mi premunirò di avvertirti quando sarà.” replicò freddo Castle. “Ora, se vuoi scusarmi, sono stanco.” Di parlare con te. Fuori da casa mia, stronzo.
Dreixk rimase a osservarlo ancora per qualche attimo, quindi gli fece un sorriso, falso quanto quello che Rick stesso gli aveva fatto prima, e lo salutò. Non uscì dalla stanza comunque prima di essersi voltato un’ultima volta verso Kate, che si mosse a disagio sul posto. Le fece un mezzo inchino beffardo, un ghigno stampato in faccia, e se ne andò, scortato a vista da Ryan, che per tutto il tempo era rimasto immobile nella camera, pronto a intervenire a un qualsiasi cenno.
“E’ una così cattiva idea sperare che muoia sotto una bomba?” borbottò Rick una volta che sentì la porta d’ingresso chiudersi. Kate tentò di lanciargli un’occhiata di rimprovero per quel pensiero, ma il mezzo sorriso che le era uscito sulle labbra la fece fallire miseramente nel suo intento.
“Che pezzo di…!!” esclamò Kevin, rientrando in quel momento in camera. Si fermò all’ultimo e prese un respiro profondo per calmarsi. “Ma che cavolo voleva?”
“Credo che la sua speranza fosse quella di trovarmi in fin di vita.” rispose il colonnello con un sospiro, passandosi poi una mano sulla parte di faccia sana con gesto stanco. Ryan sbuffò.
“Non posso sperare che muoia sotto una bomba, vero?” borbottò Kevin. Castle scoppiò a ridere e Beckett alzò gli occhi al cielo a quella battuta, lasciando il povero maggiore confuso per quell’improvvisa ilarità. “Che avete?” domandò perplesso Ryan, osservando lo strano comportamento dei due.
“Niente, Kev.” rispose alla fine Rick, continuando a ridacchiare. “Siamo solo sulla stessa lunghezza d’onda.”
“Va beh, tralasciando questo spiacevole incontro…” disse alla fine il maggiore, ancora visibilmente contrariato da quell’inaspettata visita al suo amico. “E parlando di cose più allegre: che volete fare quindi a Natale? Rick, te la senti di venire fino da noi?” Castle annuì sicuro.
“In un paio di giorni mi sarò ripreso abbastanza da arrivare da te.” replicò.
“Ok, ma nel caso non riuscissi, chiama e ti passerò a prendere.” ribatté Ryan. “Evita di fare ancora l’eroe perché se non arrivi a casa mia poiché sei morto durante il tragitto, Jenny e Lanie uccidono me!” Rick ridacchiò divertito.
“Ricevuto.” rispose. Kevin rimase un’altra manciata di minuti, quindi salutò i due e uscì per tornare al suo lavoro in centrale.
La visita di Dreixk comunque non fu l’unica sorpresa della giornata. Nel primo pomeriggio infatti, mentre Castle e Beckett si rilassavano a letto dopo aver pranzato, il telefono iniziò a suonare. Al primo squillo, Rick sobbalzò spaventato, nonostante il rumore arrivasse dal salone.
“Chi è? Che succede?” biascicò assonnato. Stava dormicchiando sul fianco sano con la testa mezza infilata nel cuscino. La sera prima infatti aveva notato che dormire su un lato non lo infastidiva più di tanto e lui era stufo di stare steso come una mummia. Inoltre riposarsi in quella posizione gli aveva dato l’opportunità di stare più vicino a Kate. Lei in quel momento infatti era stesa accanto a lui a leggere e Castle ne aveva subito approfittato. Si era praticamente avvinghiato a lei, facendo passare il braccio della spalla fasciata sulla vita di Beckett, con la scusa che non voleva rischiare di girarsi nel sonno e farsi male, e intrecciando una gamba con quelle di lei.
“E’ solo il telefono.” rispose Kate, abbassando il libro che aveva in mano. “Aspetta, vado a rispondere.” continuò poi, cercando di alzarsi. La presa di Rick su di lei però si fece all’improvviso più salda, nonostante la leggera fitta alla spalla che, lui sapeva, gli avrebbe provocato quel movimento.
“Dove vai tu?” borbottò Castle, infilando la faccia nell’incavo del collo di lei e lasciandole un piccolo bacio. Sentì Kate rabbrividire appena contro di lui.
“Voglio solo andare a rispondere.” replicò in risposta la donna divertita, appoggiando il libro sul comodino e tentando di nuovo di alzarsi.
“Tu non vai da nessuna parte.” mugugnò ancora il colonnello contro la sua pelle, impedendole il movimento e avvicinando ancora, per quanto gli fosse possibile, il corpo di Beckett al suo. “Lascialo squillare. Se ci vogliono, richiameranno.”
“E se fosse importate?” domandò Kate, voltando la testa per riuscire a guardarlo negli occhi. Rick teneva le palpebre socchiuse, tipico di chi non vuole davvero svegliarsi, e aveva i capelli arruffati a causa del cuscino e della benda che ancora gli fasciava la testa.
“Richiameranno.” ripeté Castle in un basso borbottio. “Ora torna a leggere così io torno a dormire.”
“Dì un po’, da quando sei diventato così autoritario?” replicò Beckett, ridendo e calcando con ironia l’ultima parola. Rick aprì un occhio e la guardò.
“Sono ferito.” spiegò, come se fosse una cosa ovvia, mentre il telefono continuava a squillare insistente. “Quindi ho la precedenza.” La donna alzò un sopracciglio. “Metti che mi viene una crisi mentre non ci sei…” iniziò lui, ma Kate lo fermò subito.
“Castle, dovevo arrivare solo fino al salone!” esclamò esasperata. “Non stavo per partire per l’Alaska!”
“Sono ferito, acciaccato e non mi posso muovere.” replicò Rick con tono drammatico. “Per me è come se il salone fosse l’Alaska!”
“Ma se sei arrivato fino alla cucina neanche un’ora fa e senza fare tutte queste storie!” ribatté Beckett. “E poi se fossi così debole, questo braccio…” aggiunse, indicando il braccio del colonnello che le cingeva la vita e la teneva stretta. “Non sarebbe così ancorato al mio corpo!”
“Ma il tuo corpo è bello.” mugugnò Castle, come un bimbo a cui stanno portando via il suo giocattolo preferito, allungando poi appena il collo per lasciarle un piccolo bacio all’angolo della bocca. La guardò divertito arrossire ai suoi complimenti. Adorava come le guance di Kate si coloravano ogni volta che le faceva qualche apprezzamento. “Molto, molto bello…” sussurrò ancora con un mezzo sorriso, baciandola poi sulle labbra. In quel momento il telefono smise di suonare. “Visto?” mormorò Rick con un ghigno quando si staccarono. “Hanno capito che siamo impegnati e che dovranno richiamare!” Kate alzò gli occhi al cielo, un piccolo sorriso comunque ben presente sulle sue labbra.
“Neanche ti rispondo, guarda.” replicò Beckett, allungando un braccio per recuperare il libro.
“Che fai?” domandò Castle stupito, tirandola di nuovo verso di lui così che non arrivasse al comodino e quindi al volume abbandonato su di esso.
“Mi rimetto a leggere.” rispose la donna come se nulla fosse.
“Ma io ora sono sveglio!” replicò Rick con il broncio. “Speravo di continuare la nostra conversazione…” aggiunse poi con un mezzo sorriso malizioso, avvicinandosi a lei per baciarla di nuovo. A pochi millimetri dalle sue labbra però, il telefono riprese a squillare. Il colonnello mandò poco silenziosamente a quel paese chiunque fosse dall’altra parte della cornetta, facendo ridere Kate.
“Sento chi è e torno.” lo rassicurò Beckett, lasciandogli un piccolo bacio sulla guancia prima di spostare delicatamente il braccio dalla sua vita e disincastrare le loro gambe per andare a rispondere. Rick sbuffò e si voltò per mettersi a pancia in su, osservando il soffitto e calmando i bollenti spiriti nell’attesa del ritorno della donna. Un minuto dopo però, Kate lo chiamò dal salone.
“Castle?” Il colonnello sbuffò di nuovo, dicendo mentalmente addio con rammarico al letto e alzandosi dal materasso. Recuperò il fazzoletto annodato che aveva lasciato sul comodino e se lo mise al collo, infilandoci poi dentro il braccio con la spalla malandata. Quindi, zoppicando leggermente, raggiunse Beckett in soggiorno. La prima cosa che notò fu lo sguardo perplesso di lei.
“Chi è?” chiese curioso.
“Tuo... cugino.” rispose incerta lei. Rick aggrottò le sopracciglia. Lui non aveva cugini. O meglio, aveva due cugini di secondo grado, ma da quanto ricordava uno abitava in Canada mentre l’altro non l’aveva più visto da quando era bambino. Sapeva solo che viveva da qualche parte negli Stati Uniti, forse dalle parti di Seattle. Castle si avvicinò a Beckett e allungò il braccio sano, così che lei gli passasse il ricevitore. Vedendo la sua faccia, Kate chiese, muovendo solo le labbra: Hai cugini? Il colonnello scosse la testa in segno di diniego e lei si morse il labbro inferiore, inquieta, senza comunque dire niente.
“Pronto?” rispose alla fine Rick.
“Bentornato alla vita, cugino.” Castle drizzò le orecchie a quella voce. Ci mise due secondi prima di capire a chi appartenesse: Tom Jones.
Cugino Tom…” replicò il colonnello, calcando con tono ironico sul grado di parentela.
“Oh, andiamo! Perché quel tono, Rick?” domandò divertito Jones. Evidentemente lui si stava divertendo con quella recita. Castle un po’ meno. Comunque gli resse il gioco.
“Non credevo di risentirti tanto presto, Tom.” rispose. Quindi fece un cenno a Kate a indicargli che andava tutto bene. Lei non sembrò molto convinta, ma annuì e attese. “Sono solo stupito.”
“Mi preoccupavo del mio caro cugino.” replicò l’altro. “Sai bene che senza di te io sarei perduto.” Il colonnello trattenne a stento uno sbuffo.
“Ma davvero?” domandò ironico Castle. “Mi fa piacere saperlo.”
“Così mi ferisci, Ricky.” rispose Jones. “Volevo solo sapere se ti fossi ripreso dal tuo spiacevole incidente…”
“Chiamalo incidente!” sbottò il colonnello senza riuscire a trattenersi. L’altro però lo ignorò e tirò dritto con il suo discorso.
“…E inoltre volevo chiederti se per caso tu o la tua bella fidanzata foste riusciti a reperire qualche notizia per me prima del bombardamento.” Il tono di Jones si fece all’improvviso più serio nell’ultima frase. Rick sospirò. Se non avesse avuto il braccio legato al collo si sarebbe passato la mano tra i capelli. Dovette accontentarsi di stringere meglio la cornetta del telefono per sfogare la sua frustrazione.
“Stavamo per reperire qualcosa.” confessò alla fine Castle. Ci aveva ripensato diverse volte negli ultimi giorni ed era certo che, se non fosse stato per l’incursione aerea, la conversazione avviata con il Generale Tresckow e il Colonnello Gersdorff sarebbe risultata molto proficua. O, se non lo fosse stata al ricevimento, magari un’altra discussione in futuro avrebbe potuto comunque rivelarsi fruttuosa in termini di informazioni. “Non c’è stato tempo di approfondire però.” continuò. “E’ probabile che possa andare meglio la prossima volta.”
“Sarebbe una buona cosa.” replicò Jones senza sbilanciarsi. “In ogni caso è un bene che abbiate iniziato per lo meno a racimolare qualcosa. Bisogna avere pazienza in questo genere di… diciamo, operazioni.” aggiunse poi con quello che a Castle sembrò un lieve tono divertito. L’unica risposta che diede Rick fu un incrocio tra uno sbuffo e un grugnito. “Va bene, cugino, ho capito.” disse alla fine Jones, riprendendo il tono scherzoso dell’inizio della conversazione. “Ti lascio nelle mani della tua incantevole fidanzata. Ci sentiremo più avanti. Riguardati.” E, detto quello, chiuse la chiamata. Castle rimase per un momento con la cornetta in mano, pensieroso, quindi riagganciò.
“Allora?” chiese Beckett, destandolo dai suoi pensieri. “Chi era?”
“Jones.” rispose il colonnello con un sospiro. “Voleva sapere se ero ancora abbastanza integro per i suoi scopi e se per caso avessimo già scoperto qualcosa prima che saltassi in aria.” Sbuffò contrariato. “Fa davvero piacere sapere di essere così importante per le persone.” borbottò ironico. “Uno spera che sia morto, l’altro spera il contrario ma perché possa sfruttarmi…”
“Tu per me sei importante.” lo bloccò lei seria. Lui alzò lo sguardo su Kate. “Sei importante per me, per tua madre, per Kevin e Jenny, per Javier, Lanie e Leandro. Magari pure per la Gates!” aggiunse poi con un tono più leggero. Rick scosse la testa.
“Ora non esagerare.” ribatté con un mezzo sorriso. Kate ridacchiò e gli si avvicinò di un passo, portandosi a pochi centimetri da lui. Quindi alzò una mano e gli lasciò una lieve carezza sulla guancia sana. C’era un non troppo sottile strato di peluria dato dal fatto che erano giorni che non si rasava.
“Sei importante per un sacco di persone.” mormorò la donna, guardandolo negli occhi. “E fregatene di quei due che non riescono a capire che fantastica e straordinaria persona tu sia perché non ti conoscono.” Rick sorrise e si abbassò appena per andare a incontrare le labbra di Kate con le sue. La baciò piano, dolcemente. Quando si staccò aveva ancora il sorriso sulla bocca.
“Sei tu quella straordinaria.” sussurrò Castle, carezzandole una guancia con il pollice. “Lo sai, vero?”
“Ogni tanto fa piacere sentirselo ricordare…” replicò lei divertita. Rick ridacchiò e la baciò di nuovo, questa volta indugiando di più contro di lei e con più passione, spostando la mano dal viso di Kate per passarla dovunque arrivasse lungo il suo corpo. Non vedeva l’ora di togliersi quei pezzi di garza di dosso. Voleva stringerla a sé e amarla in ogni modo possibile, se lei glielo avesse consentito.
Si separarono solo diversi minuti più tardi, un po’ ansanti. Castle notò, con un misto di orgoglio ed eccitazione, che le labbra di Kate erano diventate rosse e gonfie. Beckett gli sorrise un’ultima volta, quindi si allontanò di qualche passo.
“Dove vai?” mugugnò Rick come un bambino. Beckett ridacchiò per il suo tono.
“Ho bisogno di un bagno rilassante.” rispose. “Puoi stare da solo per un’oretta al massimo?”
“Uhm… non posso venire a massaggiarti la schiena?” domandò lui con una faccia che diceva molto chiaramente che tipo di pensieri avesse in mente in quel momento e di certo non avevano nulla di casto.
“La vasca è al secondo piano, Castle.” gli ricordò lei scuotendo la testa, con tono leggermente dispiaciuto. A quelle parole, tutte le fantasie del colonnello scoppiarono come una bolla di sapone. Anche volendo farle compagnia, non si sentiva ancora in grado di salire le scale. Sarebbe stato solo un peso per lei e voleva che Beckett si rilassasse a dovere. Aveva tutto il diritto di farlo e, dopo tutto quel tempo passato in sua compagnia ad aiutarlo e sopportarlo, se lo meritava.
“Ok, ok, ti aspetto qui.” replicò Rick con aria abbattuta. Kate, a vedere la sua faccia, gli si avvicinò e gli lasciò un piccolo bacio sulle labbra.
“Non fare danni.” sussurrò in un tono misto tra il divertito e il dolce. “Torno tra poco.” Lui annuì e la osservò avviarsi verso le scale per il piano superiore. Quando Beckett fu sparita dalla sua vista, gli venne in mente che nel frattempo poteva cercare di ottenere il regalo di Natale per lei. Non appena sentì lo scroscio dell’acqua nella vasca, attese un paio di minuti per controllare che Kate non scendesse, quindi tornò al telefono, alzò la cornetta e attese il centralino.
“Centralino, mi dica.” gli rispose qualche attimo dopo una voce distaccata e nasale di donna.
“Salve, sono il Colonnello Castle. Vorrei parlare con Alexis Werner, se possibile.” replicò Rick. “Lavora anche lei al centralino.”
“Un momento, prego.” disse quindi la donna, con lo stesso tono indifferente, prima di metterlo in attesa. Castle intanto ne approfittò per aggiustarsi leggermente la benda attorno al collo. Il nodo allacciato sul retro gli dava fastidio, per quel motivo lo aveva tolto prima a letto. Si appuntò mentalmente di chiedere a Kate se potesse spostarglielo da qualche altra parte o rifarglielo perché si sentiva come se gli stesse scavando un buco alla base del collo.
Un minuto dopo il colonnello sentì uno schiocco nella cornetta e capì che gli avevano passato la chiamata.
“Werner.” disse stavolta una voce più giovane e squillante. Castle sorrise nel sentirla.
“Ciao Alexis.” la salutò. Ci fu un attimo di silenzio, poi la ragazza rispose.
“Rick!!” esclamò sorpresa, ma dal tono felice. “Come stai?? E’ un sacco che non ti sentivo!!”
“Diciamo che ho avuto momenti migliori.” replicò Castle divertito, restando sul vago per non farla allarmare. “Andrà meglio. E tu come stai, piccola?” Alexis era la figlia di un soldato, il Caporale Aaron Werner, che aveva conosciuto durante il suo primo anno a Berlino. Era stato uno dei suoi superiori all’addestramento reclute, ma lo aveva sempre trattato bene. Era stato severo con lui come con gli altri, ma sempre giusto. Aaron lo aveva osservato molto e aveva riposto grandi speranze in Rick, a dispetto delle sue origini americane. Era stato uno dei primi a incoraggiare il suo avanzamento di grado, tanto che, in poco tempo, Castle aveva passato i test da soldato semplice ed erano diventati parigrado. I due erano diventati amici, grazie anche all’interesse per gli americani e l’America che aveva sempre avuto Werner. Era stato in quei tempi che aveva conosciuto la sua famiglia, composta da sua moglie e dalla piccola Alexis, una bimba dalla pelle chiarissima, gli occhi azzurri e i capelli rosso fuoco. Poi però, due anni dopo l’arrivo di Rick a Berlino, Aaron fu assegnato alla pattuglia di frontiera. Morì qualche mese dopo in combattimento. Alexis aveva solo 8 anni all’epoca. Quella piccola bambina aveva fatto una grandissima impressione su Castle. Era molto sveglia e intelligente per una della sua età e lui passava a trovarla volentieri. Sperava di farle sentire meno la mancanza del padre, nonostante sapesse che non avrebbe mai potuto sostituirlo. La madre era contenta che la piccola avesse una figura maschile di riferimento e la bambina stravedeva per lui. Ogni volta Rick si presentava in casa con una storia diversa in testa da raccontarle o con un nuovo gioco che aveva inventato. Con gli anni la piccola era cresciuta, ma il suo acume non era diminuito. Studiava tutto e con ottimi risultati a scuola e a 14 anni Castle la aiutò, su richiesta stessa di Alexis, a trovare un lavoro per aiutare la madre. Riuscì a trovarle un lavoro abbastanza stabile come centralinista, falsificando un poco l’età sui suoi documenti perché sembrasse più grande. Non era molto, ma era quanto di meglio avrebbe potuto scovare al momento per portare a casa qualche soldo senza correre troppi rischi. Inoltre, avendo dei turni, quel lavoro le permetteva anche di continuare a studiare come avrebbe voluto fare. Rick non aveva mai incontrato una ragazzina tanto devota allo studio come lei. Ormai era già più di un anno che lavorava lì.
“Tutto bene.” rispose Alexis. Il colonnello poteva sentire il sorriso sulle sue labbra. Nonostante la tragedia familiare e la guerra, la ragazza aveva sempre avuto un carattere solare e positivo.
“Tua madre?” chiese poi Castle. Con un orecchio teneva sempre sotto controllo i rumori del piano di sopra. L’acqua aveva smesso di scorrere quindi Kate doveva essere entrata nella vasca.
“Stanca.” replicò la ragazza, questa volta con una nota malinconica nella voce. “L’ospedale è sempre pieno e deve fare spesso doppi turni, se non di più.”
“Capisco…” ribatté il colonnello piano. La madre di Alexis lavorava come infermiera in uno dei maggiori ospedali di Berlino.
“Ma finirà anche questo periodo.” aggiunse poi la ragazza con un sospiro. “Allora, perché mi hai cercato? Non credo solo per scambiare due chiacchiere o saresti venuto a casa da noi…”
“No, infatti.” confessò Rick.  “Scusa se ti disturbo a lavoro, ma ho un favore da chiederti.”
“A me?” domandò stupita Alexis. “Uhm… ok. Che ti serve?” Castle fece un mezzo sorriso.
“Un regalo…” rispose misterioso.
 
Quella sera ci fu un nuovo bombardamento. Non appena Castle e Beckett cominciarono a sentire i botti in lontananza, si infilarono subito in cantina. Per Rick scendere quei pochi scalini fu un dramma. La ferita alla gamba iniziò a pulsargli con forza già al primo gradino e la spalla sembrava dovesse staccarsi ogni volta. Quello era stato il prezzo per aver passato metà del pomeriggio in piedi così da convincere Kate che stava meglio.
Una volta in cantina, entrambi si sedettero sul vecchio materasso a terra. Beckett si strinse subito a lui, poggiando la testa sulla sua spalla sana e nascondendo il viso nel suo collo. Rick la avvicinò a sé per quanto poté, carezzandole lentamente la schiena per tranquillizzarla. In realtà era da tempo che Kate non si faceva più spaventare dal cupo rombo degli aerei e dalle esplosioni ovattate delle granate, solo che l’ultimo bombardamento aveva scosso entrambi, fisicamente e psicologicamente. Al primo botto infatti, il colonnello aveva avuto un tremito involontario, ma era bastato guardare Beckett per costringersi a non cadere vittima del panico. Anche con la sola presenza, lei dava forza a lui e lui a lei.
Il bombardamento per fortuna non durò molto. Erano scesi in cantina a sera inoltrata e tornarono nel loro letto poco meno di due ore più tardi. Non appena Rick appoggiò la testa sul cuscino, un pensiero gli attraversò la mente, ricordandosi dell’orologio che aveva osservato di sfuggita passando per il salone.
“E’ l’una!” esclamò con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. “Kate, è l’una passata!”
“Qual è il problema,Castle?” replicò Beckett stancamente, stendendosi sul letto accanto a lui. “Non è la prima volta che bombardano di notte.”
“Qual è il pro…” borbottò Rick come esasperato, scuotendo la testa, ignorando il dolore allo zigomo. “Kate, è il 24 dicembre! E’ la Vigilia di Natale!” esclamò con un sorriso enorme. Nonostante tutto, nonostante la guerra, nonostante i problemi con suo padre, il Natale gli era sempre piaciuto. Era una delle festività che preferiva.
Beckett lo osservò stupita per un momento. Quindi gli sorrise e si avvicinò per lasciargli un bacio sulle labbra.
“Hai ragione.” sussurrò poi, spostandosi verso il suo orecchio. “Buona Vigilia di Natale, Castle.” continuò piano, lasciandogli un altro bacio sotto di esso. “Anche se dovevo aspettarmelo tutto questo entusiasmo da parte di un bambinone come te…” aggiunse poi ridacchiando. Rick sorrise come un idiota, ignorando completamente qualsiasi dolore alla faccia. Quindi si voltò su un fianco quanto possibile per raggiungere ancora una volta le labbra della donna.
“Buona Vigilia di Natale anche a te, Kate.”

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Xiao!! :D
Sono riuscita a pubblicare con "solo" una settimana di ritardo... XD Comunque good news: ho finito gli esami (TUTTI!!!!) indi per cui non solo avrò l'esate libera, ma a settembre mi laureo!! :D *me felice quanto una pasquetta, balla la tarantella*
Ok, ora che vi ho detto la mia vita di cui probabilmente non ve ne importa una cippa veniamo alla storia XD Che mi dite del capitolo? :) Ve piasa? Non ve piasa? Beh, aspettate di vedere che ho in mente per il prossimo... XD Però... ehm... ther's only a problem: tra un po' parto quindi spero di riuscire a scrivere e pubblicare il capitolo prima di andare via altrimenti ci saranno altri ritardi purtroppo... :( (non mi uccidete!!! ç.ç)
Ok, detto questo, ho finito! XD Sparisco! XD 
A presto! :) <3
Lanie
ps: prima che mi dimentichi. grazie a tutti/e quelli che spendono qualche minuto, ma anche solo mezzo secondo a mandarmi un messaggio per dire le mia storia gli piace (da qui ma anche via fb e tw!!), grazie anche a chi non scrive, ma ha messo tra seguite/ricordate/preferite la storia anche senza che sia finita e grazie anche a chi la sta solo leggendo... Insomma, grazie! :) <3
  
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