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Autore: miss dark    26/07/2014    1 recensioni
Parole senza respiro, le uniche vere parole che, adesso, io possa riuscire a dire.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finché il tuo cognome è odio

 

 

 

E io mi sforzo di tenere le parole su binari di comprensibilità, dove la vita è ancora all'altezza dei miei sogni, dove i punti e le virgole non sono voragini di silenzio che ingoiano anche me, ogni giorno di più, ogni anno di più, ogni volta di più. Cerco di educare il mio pensiero a forme intellegibili, a dimensioni innocue di verità indiscutibili, dove non ci sia spazio per il dubbio, messo all'angolo come un intruso che vuole rovinare la festa. E mi guardo attorno e penso solo a te, a come vorrei vederti e a come vorrei che tutto fosse come il sogno di stanotte, che era vero, io lo so. Chi siamo noi per essere così certi che la realtà sia realtà e il sogno sia sogno? anche il signor Zhuang[1] sognava di essere una farfalla e nel sogno era farfalla e solo da sveglio era se stesso. Così anch'io sono nel sogno e da sveglia non sono niente, anche io nel sogno volo e vivo e quando mi risveglio non mi riconosco più. E mi ci vuole sempre più tempo per svegliarmi, per distinguere il confine tra realtà e immaginazione, sempre più violenza contro il mio cervello per convincermi che sono anni, quasi secoli, che la vita non cambia, le persone non cambiano. Per ricordarmi che le parole che vogliono essere dette vengono sempre pronunciate e non restano mai sospese, chè altrimenti non sono, non sono vere. Ogni giorno ci vuole un minuto in più, quello prima del caffè che non prendo, quello prima di aprire la porta e scoprire che sono ancora qui, sempre qui, dov'ero ieri e dove sarò domani. Perché i sogni sì, se lo vuoi li puoi scegliere, se ti vuoi bene li scegli alla tua portata, se ti odi li scegli che ti facciano male, ogni giorno e ogni giorno di più.

E sogno i tuoi occhi che mi guardano davvero, che vedono me e scoprono quello che voglio e che voglio essere. Sogno il tuo viso che in realtà non è il tuo ma è il collage di tutte le facce che vorrei mi guardassero e che vorrei toccare, eppure, nell'inconscio, sei proprio tu, tu con tutti i difetti e le imperfezioni, che non sono più ostacoli, ma acceleratori. Sogno che sei mio e che io sono tua, finalmente, definitivamente di qualcuno, perché io di me stessa quasi non so più cosa fare, e dispero e grido finchè non sono tra le tue braccia, che sono sempre forti anche se sempre più magre, che sono sempre le stesse che sogno da anni, tanti anni, troppi anni buttati a sperare e immaginare, a credere in un incontro come una preghiera, una preghiera di salvezza perché è tanto il tempo che ti ho aspettato e solo tu mi puoi salvare[2].

Mi ripeto ottosettembre come un mantra inesauribile, come la chiave che apre le mie porte, che scioglie le mie incertezze, come se quel giorno, per magia, succedesse davvero qualcosa, come se fosse una promessa implicita, un patto non scritto, come se fosse qualcosa che non è, che è solo il mio piacere di creare antifone indecifrabili, appigli per la mia mente assetata di segni, segnali che non arrivano mai, che non sono nè di luce nè di fumo, che sono solo il tuo viso, ogni tanto, per sbaglio, di notte, all'improvviso. E non ricordo nemmeno il tuo profumo, la tua voce, il tuo sorriso. E dispero al pensiero di aver dimenticato quello che sei davvero. Vorrei spiarti e sapere sempre, sempre dove sei, come ho scritto anni fa, anni che non sono solo nostri, anni che sono anche anni luce, che è una misura di spazio, non di tempo, lo sai? la misura della lontananza che non abbiamo mai colmato, che non ho mai accettato, che non ho mai capito e mai scavalcato. La distanza che non hai rispettato, tu, sogno maledetto che mi visiti ogni sera, nel caldo dell'estate e mi ecciti solo come i veri amore sanno fare, perché io l'ho detto troppo forte che sono disperata, che ti voglio, che ne ho bisogno e tu rispondi fedele, come sempre, effetto naturale della mia causa.

Le cose che più mancano sono quelle mai avute e sempre immaginate, che quando si fanno tue ti danno il respiro, come se la vita, prima, non fosse stata vissuta. E tu mi manchi, mi manchi in ogni ora e in ogni secondo, anche se a volte non ci penso, anche se a volte ti dimentico, anche se ti ho tradito e ho pensato di essere felice, anche se ho cambiato me stessa per portarti via da me, perché io corro e scappo e tu non vai mai via, come una cicatrice che resterà sempre con me. E io, sai, di cicatrici me ne intendo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


[1] Zhuangzi fu un filosofo cinese, considerato uno dei fondatori del Daoismo.

 

[2] Citazione della canzone "Kaze ni naru" dal film "Il mio vicino Totoro" di Hayao Miyazaki.

  
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