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Autore: Hermione Weasley    27/07/2014    5 recensioni
Mi hanno sparato, pensò incredula, portandosi una mano alla spalla. Il dolore la investì nel momento esatto in cui si accorgeva di avere una freccia conficcata nella carne. Dischiuse le labbra in un'espressione di muto orrore, facendo saettare lo sguardo verso l'alto, ai tetti che incombevano sulla strada.
Un lampo improvviso disegnò nel cielo nero la sagoma di un uomo.
[Clint x Natasha] [Slow Building] [Completa]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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16

I took the stars from my eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you

(Florence + the Machine – Cosmic Love)
 

 

Barton è stato compromesso.”

Erano bastate quattro parole a sconvolgere il precario equilibrio che era riuscita a conquistarsi.

 

Riaprì gli occhi, ritrovandosi ad osservare il buio della sua stanza. Il soffitto immerso nell'oscurità e nient'altro... eppure una sensazione fastidiosa, di nausea, alla base dello stomaco le suggeriva che qualcosa non andava. Rimase in ascolto: la villetta negli Hamptons era silenziosa, addormentata.

Tentò di convincersene, di placare l'inspiegabile, furioso battito del proprio cuore che non sembrava disposto a cooperare. Si coprì il viso con entrambe le mani, contando alla rovescia da dieci a zero prima di rimettersi seduta. Il pavimento gelido accolse le piante dei suoi piedi mentre si assicurava che le gambe fossero in grado di sostenerla: i postumi di New York avevano la pessima abitudine di farsi sentire nei momenti meno opportuni.

Rilasciò bruscamente il fiato, uscendo dalla sua camera per avventurarsi nel resto della casa. Le bastò fermarsi davanti alla porta spalancata dell'altra stanza da letto per accorgersi che era vuota.

Clint.

Un freddo, pungente, irrazionale terrore le riempì lo stomaco.

“Clint,” chiamò, costringendosi a controllare il tono di voce. “Clint, dove sei?”

Improvvisamente sveglia, tutti i sensi all'erta, effettuò una rapida ricognizione della villetta. Il soggiorno era deserto e così la cucina, il patio, il salotto, il ripostiglio... guardò dalla finestra, scandagliando la spiaggia con lo sguardo per assicurarsi che non si fosse avventurato all'esterno. I suoi occhi incontrarono solo altro buio, la tenue luce lunare che a malapena le permetteva di distinguere dove finiva la sabbia e iniziava il mare.

Tornò rapidamente sui suoi passi, determinata a ricontrollare meglio la stanza di Clint. Solo quando passò davanti alla porta chiusa del bagno si rese conto di averla mancata. Si fermò di colpo, trattenendo violentemente il respiro, il cuore come impazzito nel suo petto.

Era stupido. Clint stava bene. Clint era tornato sano e salvo. Clint era tutto intero... conosceva quella litania ormai a memoria. Respinse il panico in un remoto angolo della propria testa, accostandosi lentamente a quella barriera apparentemente insormontabile.

“Clint.” Pronunciò di nuovo il suo nome, appoggiando l'orecchio alla superficie di legno imbiancato. “Clint... sei là dentro?”

Azzerò il proprio respiro, senza emettere il benché minimo suono.

Dopo un interminabile istante le sembrò di avvertire la sua presenza. Provò a concedersi un minimo di sollievo nel saperlo ancora lì, nelle sue vicinanze, ma con scarso successo.

Le ci volle un minuto intero per decidersi a mettere la mano sulla maniglia, ad ignorare il silenzio che le faceva ostinatamente eco dall'altra parte della porta. L'aprì con mani tremanti, quasi senza avere il coraggio di incontrare ad occhi aperti qualsiasi cosa l'avesse accolta.

Riconobbe, tra le ombre del bagno, quella di un uomo ripiegato su se stesso, tremante, nell'angolo più distante dal punto in cui si trovava Natasha.

Lo stomaco le si strinse furiosamente.

“Clint...”

 

Loki li tiene tutti sotto una specie di incantesimo. Insieme ad uno dei nostri.”

Clint era vivo. Era quello che contava, no? Certo, un dio norreno si era temporaneamente impossessato del suo cervello, ma era ancora tutto intero.

Nonostante tutto, la sua mente le suggeriva, da qualche parte, che c'era una possibilità (non importava quanto piccola tentasse di convincersi che fosse) che Clint Barton così come l'aveva conosciuto, fosse sparito per sempre. Dopotutto lei ne sapeva qualcosa, di lavaggi del cervello. Di esseri arroganti e presuntuosi che credono di poter usare le persone come stupide lavagne, cancellando e riscrivendo all'occorrenza.

Si era sforzata di ignorare quell'eventualità, concentrandosi piuttosto sul da farsi. Alla telefonata di Coulson era seguito quel faccia a faccia col dottor Banner che l'aveva scossa più di quanto avrebbe mai voluto ammettere. Si era ritrovata risucchiata in eventi e in compagnia di persone che faticava ad inquadrare. Più di una volta si era dovuta soffermare a ricordarsi che era tutto vero. Che stava succedendo sul serio, che quelli che le si muovevano attorno erano veramente uno scienziato fatalmente tendente all'ira, una leggenda della Seconda Guerra Mondiale, persino il dio del tuono. Il fatto che Tony Stark, l'eccentrico miliardario che viveva con un reattore incastonato nel petto fosse la presenza più ordinaria di quei giorni era piuttosto indicativo.

Ma non si era lamentata: l'obbiettivo era uno ed uno soltanto. I tempi talmente ristretti da impedirle di rendersi del tutto conto di ciò che stava realmente accadendo.

Riportare Clint a casa, rispedire quel dannato essere fuori dalla sua testa.

Riportare Clint a casa.

Se avesse avuto il tempo di rallentare, di avere qualche minuto lontano da tutto quel caos, si sarebbe accorta di come quei dodici mesi e mezzo che li avevano visti separati, fossero stati cancellati in un istante da quell'inaspettata telefonata. Le sarebbe sembrato, poi, tutto estremamente stupido: avevano davvero litigato per qualcosa di tanto triviale? Davvero era riuscita, in un qualche assurdo modo, a comprometterlo tanto da spingere Fury a riassegnarlo altrove? Sicuramente con tutto il tempo che era passato, le cose dovevano essere cambiate. Ritornate alla normalità.

Aveva fatto talmente tanta fatica a riconquistare per se stessa una certa pace mentale, una routine quotidiana, un viavai delle medesime azioni, delle stesse facce, dei soliti rituali. Era riuscita a fare a meno di Clint. Aveva imparato ad esistere in quel contesto anche senza il suo sostegno, la sua continua presenza. E se la cosa l'aveva resa orgogliosa, dimostrandole che era, di fatto, una persona reale, capace di interagire con il modo esterno, era anche vero che non aveva mai smesso di percepire quella sorda, insistente mancanza.

Se doveva essere sincera, si era sforzata di pensare a lui il meno possibile. Era stato complicato, all'inizio, ma il tempo l'aveva aiutata a concentrarsi su altro. E adesso... adesso l'uomo che le aveva dato la possibilità di ricominciare da capo, di rifarsi una vita, una che valesse la pena di essere vissuta, era in pericolo.

Tutto il resto, super eroi e divinità comprese, era stato respinto sullo sfondo di quell'unica certezza.

Doveva riportare Clint a casa.

 

Mosse un paio di passi nella sua direzione, riuscendo ad udire sempre più distintamente gli impercettibili brividi che lo scuotevano.

“Clint,” ripeté il suo nome per l'ennesima volta, assicurandosi che fosse cosciente, lucido.

Per raggiungerlo impiegò quella che le parve un'eternità. La distanza delle poche mattonelle che li separavano sembrava allungarsi all'infinito sotto i suoi piedi.

Si accoccolò accanto a lui, piegandosi lentamente sulle ginocchia.

“Clint... guardami,” sussurrò a voce bassissima, troppo persino per se stessa.

Il capo nascosto tra le braccia, i bicipiti a schermarlo dal mondo esterno, Clint rialzò appena la testa, quel tanto che gli bastò per rivolgerle un'occhiata piena di terrore.

Natasha capì che stava piangendo.

 

E' Barton. Ha messo fuoriuso i nostri sistemi, è diretto al livello detenzione. Qualcuno mi riceve?”

Qui agente Romanoff. Ricevuto.”

Aveva dovuto affrontare la rabbia in persona, un mostro verde, enorme, irrazionale e tremendamente forte, qualcosa che non avrebbe mai potuto sconfiggere, non importava quanto intensamente l'avesse voluto: non si era mai sentita tanto fastidiosamente umana in tutta la sua vita.

Per questo, quella fitta di anticipazione e paura che l'aveva colta nel ricevere il messaggio del direttore Fury le sembrò, a posteriori, totalmente ridicola. Tra tutti gli individui con cui aveva avuto a che fare in quelle ultime ore, Clint era sicuramente il più ordinario di tutti, quello che conosceva meglio. Eppure era anche l'unico che la interessasse davvero.

Aveva dovuto prendere il coraggio a due mani e ignorare il dolore alla gamba per convincersi a rimettersi in piedi, ad affrontarlo per la prima volta dopo un anno intero.

Ma anche su questo si era dovuta ben presto ricredere: chiunque fosse, quello che aveva davanti non era Clint. Aveva le sembianze di Clint, combatteva come Clint, ma non era lui.

La prima regola da seguire era semplice, scontata: come si fa a sconfiggere Occhio di Falco? Elimina la sua tanto agognata distanza. Accecalo. Impediscigli di vedere.

Il resto era stato molto più complicato.

Si erano allenati insieme tante di quelle volte da aver perso il conto: mai, prima di quel momento, Clint l'aveva affrontata con la vera intenzione di farlo. A Natasha furono necessari pochi secondi per accorgersi, con un rapido sguardo nei suoi occhi vitrei, che stava combattendo per uccidere.

Le parole di Loki le risuonarono nella testa.

 

Allungò una mano, decidendosi finalmente a sfiorarlo, a poggiargliela sul braccio. Le sembrò di essere riuscita a bloccare il furioso tremore del suo corpo, ma non era sicura non fosse soltanto un'illusione.

“Clint.”

“Ti p-prego, T-Tasha, non -,” anche la sua voce era scossa dai brividi. Incubi. Che altro? Natasha conosceva bene anche quelli, sapeva come evitarli o come prepararsi ad una notte insonne se fosse stato necessario. Più volte si era ritrovata a scivolare nel sonno supplicando una qualche entità non meglio identificata affinché il riposo fosse privo di sogni. Pesante come il piombo. E vuoto.

“Va tutto bene,” provò a rassicurarlo, sentendosi persino stupida per il goffo tentativo.

“N-No...,” sbuffò una risata gelida che durò solo per qualche istante. “No,” ripeté.

“E' stato solo un sogno.”

“Ne s-sei sicura?” Aveva rialzato improvvisamente il capo, guardandola dritta negli occhi. Il suo sguardo umido come una muta accusa all'idiozia delle sue parole.

“Ne sono sicura,” confermò, costringendosi a non mostrare neanche un briciolo di esitazione.

“Che succede s-se... s-se io...” L'ostilità si era di nuovo volatilizzata dalla sua espressione, lasciandolo scosso e vulnerabile proprio come pochi istanti prima.

“Non succederà.”

“C-Come fai a saperlo?”

“Perché mi fido di te.” L'aveva detto senza neppure pensarci. Le parole le erano scivolate giù dalla bocca con disarmante naturalezza. Si rese conto di crederci veramente solo dopo averle pronunciate, dopo essersele ripetute mentalmente, una, due, tre volte.

Clint trattenne il respiro, fissandola insistentemente. Natasha sapeva cosa stava cercando: un segno che rivelasse il trucco, l'inganno. Si placò solo quando fu costretto a realizzare che non ne avrebbe trovato nemmeno uno. La consapevolezza parve attenuare le rughe di preoccupazione che gli scavavano il volto ormai da qualche giorno.

Capì che avrebbe fatto di tutto pur di riaverlo indietro così com'era prima. Pur sempre danneggiato, ma con una costante, instancabile voglia di reagire. Non l'avrebbe lasciato cadere, fosse stata l'ultima cosa che faceva.

“Andiamo a letto,” suggerì in un soffio. Si rimise in piedi, una mano tesa verso di lui.

Dopo un misero attimo di esitazione, Clint l'afferrò.

 

E' amore, agente Romanoff?”

L'amore è per i bambini. Sono in debito con lui.”

La domanda di Loki le era suonata come un insulto. Certo, per quale altro motivo sarebbe dovuta essere lì se non per amore? Aveva intenzione di sminuire le sue intenzioni? Sulle prime, Natasha aveva rifiutato categoricamente il concetto.

Eppure, ripensandoci, comprese che, in un certo senso, era lì per quello. Non era stata quella la ragione per cui Clint si era gettato dal tetto di Saint Paul per impedirle di sfracellarsi al suolo? Non le aveva forse confessato che l'aveva fatto perché era solamente una bambina? E i bambini non possono essere spie o soldati, né dei maledetti manichini su cui sfogare la propria rabbia. L'unica cosa di cui hanno bisogno è affetto incondizionato. Amore. Era per quello che era in debito con lui. Non per nessun altra svilente interpretazione di un termine tanto abusato.

Il suo mondo in bilico e lei che si sforzava di negoziare per un solo uomo. Oh, era suonato stupido in bocca a Loki: forse aveva voluto smascherare il suo gioco, dando per scontato che stesse tentando di raggirarlo e nient'altro.

Ma qualcosa le suggeriva che il vero motivo per cui stava affrontando quel dio arrogante, era proprio quell'unico individuo. Essenziale. Il mondo non avrebbe mai smesso di mutare faccia; non le importava: si sarebbe adattata. Sempre e comunque. Ma se avessero cancellato Clint, nessuno, nemmeno uno qualsiasi di quegli straordinari super eroi che occupavano i laboratori dell'helicarrier a pochi metri di distanza dal livello detenzione, sarebbe stato in grado di riportarlo indietro.

Era una semplice questione di priorità.

 

Un suo braccio attorno alle spalle, mentre gli cingeva a sua volta la schiena, Natasha l'aveva aiutato a rimettersi in piedi, a trascinarsi faticosamente fino alla sua camera da letto. L'aveva guardato mentre si arrampicava sul materasso: ogni suo gesto suggeriva un senso di pesantezza tale da toglierle stupidamente il fiato. Pensava con terrore all'eventualità di poter raggiungere quel punto in cui ogni aiuto è vano, quel confine che separa quello che si può fare per gli altri e ciò che gli altri devono fare da soli. A ruoli invertiti, sarebbe stata tremendamente gelosa di quel suo campo d'azione. Avrebbe fatto di tutto pur di obbligare chiunque le avesse offerto il proprio aiuto ad una frettolosa e inevitabile ritirata. Poteva fare tutto da sola. Aveva sempre fatto tutto da sola.

Clint si era disteso tra le lenzuola sfatte. La luce perlacea che filtrava dalla finestra delineava le marcate linee del suo corpo, rendeva visibili le fasciature a cui era ancora costretto.

Restò a guardarlo, le ginocchia poggiate contro il letto, senza neanche realizzare che Clint stava facendo altrettanto.

Non era sicura che la Natasha che conosceva, quella che credeva di essere, avrebbe mai ceduto alla tentazione di raggiungerlo su quel letto. Ma, contro ogni buon senso, la Natasha che era in quel preciso istante lo voleva tanto intensamente da impedirle di ritirarsi e rifugiarsi nella sua stanza, fingere che tutto fosse tornato alla normalità, esattamente come prima. Quel prima includeva la sua patetica performance teatrale sul tetto dell'appartamento di Clint. Quel prima l'aveva vista farsi spazio, goffamente e senza neanche accorgersi di tutti i danni che stava commettendo, nella sua vita privata. In quel prima si era presa ciò che voleva senza soffermarsi neppure a chiedersi perché lo volesse. Poi, quel prima aveva assistito alla paura che prendeva il sopravvento su di lei, che l'aveva spinta a compromettere una delle poche cose di cui andasse veramente fiera: la sua amicizia con Clint e tutto ciò che ne conseguiva. Era stata la Red Room ad insegnarle a non rimanere mai sentimentalmente coinvolta, a nessun livello e per nessuna ragione, con qualunque altro essere umano.

Voleva liberarsene. Voleva farlo sul serio.

Ricambiò lo sguardo di Clint, sperando ardentemente che l'espressione combattuta, esposta, non fosse poi così visibile come lei stessa la percepiva. Contò, di nuovo, da dieci a zero, prima di agire e costringerlo a spostarsi su un lato del materasso, a farle spazio.

Il resto venne da sé.

Gli passò una mano tra i capelli, cercando ingenuamente di cancellare l'espressione contrita dal suo viso. Clint era rimasto immobile per una manciata di secondi, azzardandosi infine ad appoggiarle il capo sulla pancia, appena sotto i seni.

Natasha aggiustò le braccia attorno al suo corpo, stringendolo possessivamente a sé.

Il sonno non tardò a sopraggiungere per entrambi.

 

Lentamente. Intimamente. In tutti quei modi che, lui lo sa, ti terrorizzano.”

La rivelazione di Loki l'aveva colpita come un pugno nello stomaco. La tattica era sempre quella: mostrarsi vulnerabili, indurre un ingannevole sensazione di superiorità nell'avversario, colpire quando meno se l'aspetta, quando le sue difese sono abbassate.

Ma non era un interrogatorio come gli altri. Natasha non stava fingendo di essere nessun altro e le informazioni che doveva ottenere – quale fosse la strategia messa in piedi dall'asgardiano – avrebbero dovuto permetterle di salvare Clint. Il raggiro richiedeva che si scoprisse, che gli mostrasse e confessasse cose che aveva condiviso con una cerchia estremamente ristretta di persone.

Le era bastato un misero secondo per capire che quelle parole non appartenevano a Loki.

Erano di Clint.

Lentamente si era fatto strada nella sua vita, un processo che era durato quasi dieci anni. Come uno stillicidio, una goccia d'acqua che scava con pazienza, forse persino inconsapevolmente, nella roccia più impenetrabile.

Intimamente si era guadagnato quel posto. Aveva trovato il modo di incastrarsi alla perfezione nei suoi affetti, nel suo tran-tran quotidiano, talmente avvinghiato al resto che, quando le era stato strappato via, aveva rischiato di far crollare tutto quanto.

Aveva abbattuto – anzi, gli aveva permesso di farlo – tutte le sue difese. Tutte quelle barriere che era solita frapporre tra sé e il resto del mondo, quelle che avrebbero dovuto impedirle di essere costantemente terrorizzata, quelle che la proteggevano e al tempo stesso le impedivano di avere relazioni significative di qualsiasi tipo. Meccanismi di difesa che, suo malgrado, entravano in azione anche quando avrebbe voluto farne a meno.

Clint era riuscito a distruggerli tutti fino a quell'ultimo brusco arresto che ne aveva decretato la sconfitta. O forse, piuttosto, quella di Natasha.

Si era concessa di arrivare fino a quel punto senza neanche accorgersene. Cieca di fronte al fatto che ogni suo avvicinamento verso Clint, comportava anche un avvicinamento di lui verso di lei. Ad ogni azione corrisponde una reazione, eguale e contraria.

Lentamente. Intimamente. In tutti quei modi che, lui lo sa, ti terrorizzano.

Lui lo sa. Per quale altro motivo non avrebbe dovuto? L'aveva guardata e letta, man mano, come un libro sempre più aperto, sempre più decifrabile, mentre lei credeva ancora di essere opaca e impenetrabile come la notte.

Lui lo sa. Quanto si era sentita stupida e ingenua da uno a dieci? Quanto le aveva fatto male rendersi conto che tutti quei comportamenti che le erano parsi ragionevoli, abilmente mascherati, per Clint non erano stati altro che una ridicola commedia mal recitata?

Lui lo sa. Sapeva perché gli impediva di toccarla, sapeva perché aveva bisogno che le sue mani fossero immobilizzate lontano dal suo corpo, sapeva che non si sarebbe sentita al sicuro in nessun altro modo. Era perfettamente consapevole del fatto che necessitava di avere il perfetto, pieno controllo della situazione. L'aveva lasciata fare. Si era adattato, magari sperando che le cose sarebbero cambiate... un poco per volta. Ma non era successo. Natasha aveva difeso quell'ultimo baluardo della sua solitudine con le unghie e con i denti.

Vicini, eppure distanti.

Era quello il rosso che avrebbe voluto cancellare dal suo fascicolo. Loki credeva davvero che non fosse consapevole del fatto che i suoi morti non l'avrebbero mai realmente lasciata? Che tutto quel sangue sarebbe rimasto a macchiarle le mani, fino alla fine dei suoi giorni? Che avrebbe dovuto convivere col senso di colpa finché avesse avuto fiato in gola? Certo, aveva ogni intenzione di cancellare la vergogna del suo passato nella misura in cui gli eventi gliel'avrebbero concesso, di giocare secondo le regole, stavolta, di stare dalla parte giusta; ma sapeva che quell'onta non l'avrebbe mai abbandonata del tutto. Una buona azione non ne cancella una cattiva.

No, Natasha sapeva bene quali cose poteva cambiare.

Quel rosso, avrebbe fatto di tutto pur di cancellarlo.

Solo allora, solo in quel preciso istante, con gli occhi che le bruciavano e un maledetto dio che le stava illustrando come e in che modo il suo migliore amico l'avrebbe uccisa, capì di essersi accanita contro il niente, di aver remato controcorrente per il bene di nessuno. Anzi, forse solo per quello di chi l'aveva modellata così, gelida e arida al tempo stesso, per renderla più adatta allo scopo.

Il pensiero di Clint che riacquistava lucidità sul suo corpo straziato per scoprire che ne era lui l'artefice, la fece infuriare – infuriare fin nelle viscere – più di qualunque altra cosa.

Sfuggì improvvisamente il tronfio sguardo inquisitore di quel dio: nonostante tutto, una parte di lei non aveva mai smesso di restare nel gioco.

E Loki si era appena tradito.

 

Si svegliò di soprassalto che era quasi l'alba, il battito impazzito del proprio cuore, un urlo rimasto incastrato in gola. Il calore del corpo di Clint si palesò come un benvenuto, indefinito sollievo. Solo quando si rese conto dei suoi occhi turbati nei propri non fu più tanto sicura di sapere chi avesse svegliato chi. A chi appartenesse l'ennesimo incubo o quel fastidioso rimescolio allo stomaco che la faceva sentire costantemente sul punto di fare o dire qualcosa di particolarmente stupido.

Anche in quella villetta che non aveva mai usato per più di una settimana all'anno, l'odore familiare di Clint la faceva sentire inspiegabilmente a casa.

Fu quella realizzazione, più di ogni altra cosa, a spingerla a cancellare il disagio sospeso che li divideva, con le labbra sulle sue. Se ne impossessò con un'urgenza ben diversa da quella a cui era tanto abituata e, mentre esplorava il calore della sua bocca, mentre Clint rispondeva, mandando tutto il suo corpo in un estraneo subbuglio, realizzò che non l'aveva mai baciato. Non l'aveva mai baciato davvero. Si sorprese a rendersi conto – con una vaga, sorda euforia – che sarebbe stata contenta di fare quell'unica cosa per il resto della sua vita.

Seguì l'istinto e prese il controllo della situazione, rotolando di lato per invertire le posizioni, sovrastarlo. Quando si accorse delle mani di lui, saldamente aggrappate tra le lenzuola, lontane il più possibile da lei come per obbedire ad una sua inespressa richiesta, qualcosa che non era sicura di aver mai provato rischiò di sopraffarla.

Smise di pensare una volta per tutte, lasciando che fosse il folle martellare del sangue nelle vene a darle il ritmo, a scandire ogni gesto. Si liberò dei pochi indumenti che indossava, scoprendo ogni singolo centimetro di pelle. Nuda. Esposta. Vulnerabile... nessuna secondaria identità a farle da schermo con la realtà. Gli afferrò i polsi, districò la salda presa delle sue dita sul materasso, le guidò su di sé. La pelle ruvida delle sue mani le sfiorò prima la pancia e poi i seni, le spalle e la schiena. Tutto l'invito di cui Clint aveva bisogno per tirarsi su, mettersi seduto e fronteggiarla, vicinissimo. La baciò di nuovo sulla bocca, sul collo, sulle spalle. Gli permise – Natasha pretendeva lo facesse – di esplorare il suo corpo come meglio credeva, facendolo reagire puntualmente, inevitabilmente alle sue attenzioni.

Cancellarono l'incubo, un gemito, un soffio, un affondo, un bacio alla volta.

Fu lento e intimo e in tutti quei modi che, lui lo sapeva, la terrorizzavano.

 

Sei una spia, non un soldato, e adesso vuoi scendere in guerra. Perché? Cosa ti ha fatto Loki?”

Non mi ha... è s-solo che...”

Era come se la stesse supplicando di dirlo. Dirlo ad alta voce. Come se il tempo, da quel giorno sul tetto del suo appartamento, non fosse mai realmente passato. Erano ancora là sopra e Clint le aveva appena mostrato le sue carte, aveva scoperto se stesso affinché potesse vederlo. Vederlo davvero. E adesso le chiedeva, con quel suo dannato sguardo implorante, di non mentire. Di essere sincera. Di fare altrettanto... di buttare giù la maschera una volta per tutte.

Natasha...”

Si vide costretta a distogliere lo sguardo, a controllare il proprio respiro, a combattere contro tutti quei meccanismi di difesa che cominciavano a soffocarla. Eppure aveva ben chiara ogni cosa: come la telefonata di Coulson l'avesse strappata dalla confortante, ritrovata apatia dei suoi giorni, il segreto accanimento con cui il pensiero di riaverlo l'aveva perseguitata, la professionalità e la freddezza con cui aveva tentato – in ogni modo – di affrontare l'emergenza. Come avesse trattenuto il respiro fino al momento in cui gli occhi di lui non avevano guardato i suoi, finalmente diradata la nebbia di ogni influenza esterna. Come Loki le avesse fatto capire che Clint sapeva molte più cose di quante avesse voluto ammettere a se stessa fino a quell'istante. Di come il pensiero che l'unica persona che la conosceva davvero avesse corso il pericolo di essere cancellata dalla faccia della terra. Qualcosa, dentro di lei, le diceva che se Clint se ne fosse andato, si sarebbe portato con sé una parte di lei. Quella che gli aveva consegnato senza neanche accorgersene, quella che sarebbe andata perduta se l'avesse lasciata, quella che Clint aveva conservato durante tutti quei mesi, quella che lei sapeva essere – nonostante tutto e inconsapevolmente – in buone mani. Se Loki l'avesse cancellata insieme a lui, Natasha sospettava che non avrebbe mai avuto la forza o il coraggio di trovare qualcun altro a cui affidarla, un amico, un mentore, un amante. Non avrebbe avuto importanza: non era sicura si sarebbe mai ripresa da un colpo tanto basso.

Solo tre semplici parole...

Sono stata compromessa.”

che ebbero l'effetto di alleggerirla. Di colpo.

Si voltò verso di lui, trovando finalmente il coraggio di ricambiare il suo sguardo.

Ho del rosso nel mio fascicolo.” Una delle poche stronzate che aveva commesso nella propria vita a cui poteva realmente porre rimedio. “Vorrei cancellarlo.”

Voleva farlo.

Davvero.

 

Si separarono, ancora tremanti e ansanti, il loro corpi scossi da brividi superstiti. La schiena contro il materasso, Natasha sentì le palpebre farlesi pesanti e un'improvvisa pace riempirla al progressivo ritirarsi degli ultimi singulti di piacere. Si concentrò sul pesante inspirare-espirare di Clint, riempiendosene le orecchie, aspettando che il proprio cuore rallentasse finalmente i suoi battiti.

Con sulle labbra il sapore l'uno dell'altra, dandosi le spalle come avevano fatto infinite volte sul campo, si riaddormentarono ai due estremi opposti del letto.

Distanti, ma vicini.

 

****************

Mi sono "divertita" un sacco a scrivere questo capitolo, soprattutto ad incastrare un po' tutto quel *poco* che si sa di questi due dal film e a reinterpretarlo nella cornice di questa storia... e poi perché finalmente si tira il fiato :P Tutto dal POV di Natasha perché per me era lei a dover risolvere un po' di cose con se stessa :) spero piuttosto di non essere caduta troppo nel cheesy XD alcune delle battute del film le ho tradotte dall'inglese (quella dell'intimamente, lentamente... e comunque se Loki non shippa Clintasha in modo perverso allora non ho capito niente del film ù___ù) quindi potrebbero non coincidere con quelle del doppiaggio italiano.
Per la famosa frase "I've got red in my ledger" mi piace pensare che Natasha si riferisse ai suoi "errori" in generale... per come me la immagino io non credo che sia seriamente convinta di poter cancellare i delitti che ha commesso in passato con le buone azioni del futuro. Mi dà l'idea che sia consapevole di questo. Si vergogna di quello che ha fatto e vuole assicurarsi di lavorare per i buoni, ma da qui a credere di poter cancellare con un colpo di spugna tutto quel rosso... non lo so, mi sa di OOC (sempre per come me la immagino io). Quindi mi sono divertita a riferirlo alla discussione con Clint, un errore a cui invece può porre rimedio.
Perdonatemi anche il surplus di Florence + the Machine in esergo ma... Florence ci sta sempre :P
Tanti ringraziamenti all'Eli che mi sopporta (e mi rendo conto che ultimamente stia diventando un po' difficile ahah XD) e a tutti coloro che leggono/commentano e mi fanno sapere che pensano della storia :3 Lo apprezzo molto!
Insomma... two more to go!
S.
  
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