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Autore: visbs88    27/07/2014    3 recensioni
Un miagolio stranamente simile ad una risata si aggiunse al chiasso e i due bambini si voltarono a guardare Kirara, seduta a gambe incrociate su un masso in riva al laghetto, in un'ottima posizione per godersi l'intera scena. In quel momento si copriva la bocca con una manina, ma gli occhi chiusi e i piccoli sussulti delle sue spalle la smascheravano: non fu una sorpresa quando rivelò un sorriso divertito e allo stesso tempo dolcissimo, che indirizzò in particolar modo a Kohaku. Lo guardò negli occhi senza cambiare espressione e fece guizzare le sue due code, così lunghe da far capolino dietro alla sua testa.
Cinque brevi incursioni nella vita di una sterminatrice di demoni e della sua compagna più vicina, dall'infanzia alle prove più dure – ma sempre con tanta, tanta dolcezza.
[Humanizing; hurt/comfort]
[Seconda classificata al contest L'estate e i suoi attimi fugaci indetto da Mokochan sul forum di Efp, vincitrice del Premio Miglior (Crack) Pairing e del Premio Macedonia con il quinto capitolo]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Crack Pairing | Personaggi: Kirara, Kohaku, Sango
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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Due parole prima di cominciare: questa raccolta è stata scritta per il contest L'estate e i suoi attimi fugaci indetto da Mokochan sul forum di Efp. Si è classificata seconda, ha vinto il premio Miglior (Crack) Pairing e il Premio Macedonia per il quinto capitolo. ^^ Come il concorso richiedeva ogni capitolo (cinque in totale) si è sviluppato a partire da un prompt particolare, che preciserò di volta in volta ^^ Le storie sono in ordine cronologico e presentano dei riferimenti le une alle altre, in pratica mi sono costruita un piccolo headcanon che ho esposto sotto forma di raccolta; in ogni caso, sono collocate tutte prima di qualsiasi incursione di Naraku nella vita di Sango e Kohaku, anzi, mi piace pensare che in questo mio piccolo universo il gran cattivo non comparirà mai, anche se ciò non andrebbe in conflitto con quello che ho scritto. Tutto ruota attorno alla figura di una Kirara umanizzata, che mi è balenata in mente un pomeriggio e che non se ne sarebbe mai andata fino a quando non le avessi dato corpo. Non sapendo disegnare ho provato a descriverla e spero che mi sia riuscito decentemente ^^' ringrazio già adesso la giudice del concorso e chiunque intraprenderà la lettura di questo lavoretto senza pretese, che mi ha riportata con mio grande piacere al mio fandom d'origine. ^^ Il titolo è tratto dall'omonima canzone di James Taylor che potete ascoltare qui. Vi lascio alla prima e più lunga one-shot: buona lettura! ^^

 

 

 

How sweet it is (to be loved by you)

 

 

 

1. With patience

Prompt: Imparare a nuotare.

 

 

Sango rideva forte, perché non aveva mai visto sul volto di Kohaku un'espressione così buffa: quel faccino preoccupato, combattuto, impaurito e indeciso poteva anche ispirare tenerezza, ma il motivo di tanti e tali crucci le sembrava così poco sensato da non potersi impedire di prenderlo in giro, almeno un pochino.

– Non è difficile! Su, coraggio!

Sollevò un po' di spruzzi con le mani, creando un gran fracasso di scrosci, goccioline e risate, poi approfittò di quella stessa confusione per immergere la testa, scomparendo sotto la superficie dell'acqua.

– Sango! Sango!

Le grida di Kohaku le giunsero attutite e ovattate, ma riuscì benissimo a comprenderne il senso e a indovinarne perfino il tono terrorizzato, sicura di non sbagliarsi. Riemerse in una marea di nuovi schizzi, mostrandosi più allegra e sorridente che mai al fratellino in preda all'ansia.

– Sto giocando! Vedi? È facile! È bellissimo!

Un miagolio stranamente simile ad una risata si aggiunse al chiasso e i due bambini si voltarono a guardare Kirara, seduta a gambe incrociate su un masso in riva al laghetto, in un'ottima posizione per godersi l'intera scena. In quel momento si copriva la bocca con una manina, ma gli occhi chiusi e i piccoli sussulti delle sue spalle la smascheravano: non fu una sorpresa quando rivelò un sorriso divertito e allo stesso tempo dolcissimo, che indirizzò in particolar modo a Kohaku. Lo guardò negli occhi senza cambiare espressione e fece guizzare le sue due code, così lunghe da far capolino dietro alla sua testa. Sarebbe stato un chiaro invito a tuffarsi, dimenticandosi di ogni paura, anche senza il piccolo cenno del capo con cui indicò il centro della pozza d'acqua, dove Sango già si trovava.

La bambina gioì.

– Anche Kirara mi dà ragione! Dai, forza, Kohaku!

L'approvazione rassicurante di chi era stata incaricata di sorvegliare i due figli del capo del villaggio servì non poco a infondere coraggio al più piccolo, che esitò solo qualche altro minuto, lamentandosi dell'acqua fredda, delle alghe e dei pesci carnivori – i quali sicuramente si nascondevano aspettando il momento opportuno per attaccarlo. Alla fine, però, Sango fu così insistente e Kirara così carina e tranquilla nei suoi muti incoraggiamenti, che ogni paura fu messa da parte: Kohaku si decise a inoltrarsi, passo dopo passo, negli spaventosi abissi del lago – nel cui punto più remoto Sango toccava ancora i sassi del fondo con la punta delle dita dei piedi, mantenendo la testa quasi del tutto sopra la superficie. Tuttavia bisognava ammettere che era più alta del fratello, quindi dovette andargli incontro quando cominciarono le difficoltà.

– Mi fermo qui... no, no, torno indietro! – pigolò Kohaku atterrito, mentre sembrava che lo spavento stesse di nuovo per prendere il sopravvento con l'arrivo del livello dell'acqua al di sotto delle sue orecchie.

– Certo che no – ribatté la sorella, con un gran sorriso, ma anche con molta più dolcezza – Ricordi? Hai promesso a papà che avresti imparato a nuotare. Devi diventare un grande guerriero, questa qui è solo una delle prime prove! Coraggio, dammi le mani...

Kohaku obbedì, aggrappandosi a lei e assumendo stavolta un cipiglio determinato sul visino infantile. Sango non aveva scelto le proprie parole a caso, ma con gran cura: stuzzicare l'orgoglio di futuro sterminatore di demoni del fratello era tra le cose che le venivano meglio.

– Bravo... ora stacca i piedi da terra e prova a muoverli un po'...

Kohaku fece qualche tentativo, o meglio un paio di buffi saltelli sul posto agitando il corpicino a caso e assestando anche un paio di involontari calci a Sango, che ebbe la gran delicatezza di ridere e di non farglielo notare.

– Va bene, prova a resistere un po' di più! Appena ci riesci, torniamo più a riva e io non ti tengo più le mani, è il modo migliore!

Tutta la lezione richiese a Sango un sacco di tempo e di energie, soprattutto perché Kohaku ne sprecava troppe e finì anche col bere acqua indesiderata ben cinque volte. Dopo tanti colpi di tosse, una certa dose di piagnucolii, innumerevoli buoni consigli e altrettanti tentativi, alla fine raggiunse il traguardo di annaspare in maniera neanche troppo disperata per una decina di secondi almeno, sempre in un punto in cui potesse appoggiare i piedi in caso di pericolo e percorrendo una manciata di metri.

Durante tutto il tempo, Kirara sembrò divertirsi molto, ridacchiando con grazia ad ogni buffo siparietto che i bambini le offrivano. Non li perse d'occhio un momento, sebbene non sembrasse preoccupata; quando abbandonarono le lezioni di nuoto per dedicarsi ai semplici giochi, stabilendosi dove il fondo era più basso, anche lei si concesse di rilassarsi un po', distendendosi sul suo masso a pancia in giù in una posa che si sarebbe detta più comoda per un felino – non che la visione fosse in realtà così strana, perché la sua natura di demone gatto era facile da intuire. Parlando del suo viso veniva più spontaneo chiamarlo “musetto”, per via delle piccole dimensioni del naso e della bocca; in quel momento le orecchie nere a punta erano abbassate e gli occhi arancioni socchiusi, mentre le code si agitavano pigramente sotto il caldo sole di luglio. I bambini sapevano che li avrebbe lasciati sguazzare anche fino al tramonto, se fosse dipeso da lei: era tutt'altro che una tata severa, anzi, era come un'indulgente, serena sorella maggiore.

In un momento di pausa dal gioco che stava facendo con Kohaku, Sango la guardò e si chiese se non fosse il caso di coinvolgerla di più: non le piaceva lasciarla in disparte ed era sicura che il divertimento sarebbe almeno raddoppiato se fossero stati in tre.

– Kirara! Ehi, Kirara! Tu sai nuotare?

A quella chiamata Kirara rizzò le orecchie e sbarrò gli occhi, alzandosi di scatto sui gomiti e mostrandosi un po' in apprensione per la prima volta. Emise un miagolio interrogativo, quasi allarmato.

– Ti va di venire a nuotare con noi? Se non sai farlo ti insegno io! – propose ridendo Sango, le guance arrossate dal caldo e dall'entusiasmo. Ma Kirara scosse la testa con inattesa energia, veloce veloce, ben più di una volta. Poi abbassò il capo in segno di scusa.

– Perché non vuoi? – le domandò allora la bambina, che non si aspettava di venire delusa così, e Kohaku le fece eco. Kirara ripeté gli stessi gesti di prima, accompagnandoli con qualche mugolio mortificato ma deciso. Sango le si avvicinò e riuscì a prenderle una mano, anche se si trovava più in basso. La tirò debolmente.

– Dai, ti prego – provò a supplicare – Hai visto che Kohaku c'è riuscito, vero? Sono stata brava, vero? Sarò bravissima anche con te, Kirara...

Nel frattempo Kohaku stava provando a raggiungerle mettendo in pratica le recenti lezioni di nuoto, che si rivelarono tuttavia un po' troppo recenti. In breve lo sforzo si fece sentire e lui cominciò ad annaspare, ma si ritrovò in un punto traditore in cui non riuscì a trovare il fondo con i piedini. Per fortuna era ormai abbastanza vicino da aggrapparsi ai capelli della sorella con tutte le proprie forze.

Sango gridò di dolore e sorpresa e si girò di scatto. Nel farlo non mollò la presa che ora aveva con entrambe le mani al polso di Kirara, che a sua volta fu colta troppo alla sprovvista per evitare ciò che seguì: per non farsi del male picchiando il mento sulla roccia riuscì a compiere una strana manovra... che la portò dritta dritta a capitombolare in acqua.

Kohaku trovò un masso sicuro a cui ancorarsi e a quel punto Sango poté ridere di gusto per tutta la situazione, convinta che si sarebbe risolto tutto in un bel bagno insieme. Avvicinandosi a Kirara, che in qualche modo riusciva a tenersi a galla agitando le piccole mani, si rese però conto che i miagolii che lanciava erano troppo acuti per essere di divertimento.

– Tutto bene? – le chiese, perplessa e anche un po' preoccupata. Kirara si protese verso di lei, senza smettere di agitarsi, guardandola con un'aria così sofferente da farle stringere il cuore all'improvviso.

– Tranquilla, va tutto bene! Su, non è niente, tranquilla, tranquilla, adesso usciamo! – provò a rassicurarla, malgrado sentisse crescere anche dentro di sé l'agitazione; le passò un braccio attorno alle spalle e la portò verso la riva per calmarla, ma farle poggiare i piedi sul fondo non parve essere sufficiente: Kirara tremava fortissimo e le lanciò un'occhiata supplichevole, tentando di strisciare a gattoni verso l'asciutto. Vederla così, tutta inzuppata e triste, fece sentire Sango molto, molto, molto in colpa.

– Kohaku, torniamo a casa! – decise, sperando che il guaio non fosse così grave come sembrava. Si attardò per andare a prendere anche il fratellino prima di avvolgere uno dei teli che avevano portato attorno al corpicino fradicio e intirizzito di Kirara, che si era accoccolata per terra senza avere neanche la forza di scuotersi di dosso un po' d'acqua.

In preda all'ansia e con l'aiuto di Kohaku, la riportò più in fretta che poté al villaggio.

Pochi minuti dopo il loro arrivo, Kirara era avvolta da calde coperte in un lettino, un panno umido sulla fronte rovente di febbre. E Sango, testa bassa e stomaco chiuso per il rimorso, stava ad ascoltare i giusti rimproveri di suo padre.

– Per l'amor del cielo, bambina mia! – la stava ammonendo, contrariato – Kirara è un demone gatto. Tutti sanno che i gatti non amano l'acqua! Non pensavo occorresse dirti che è il suo punto debole peggiore!

Certo, adesso era tutto così ovvio da farla sentire una stupidina senza pari. Come se non bastasse, Kirara era anche un demone che utilizzava il fuoco per combattere – effetti come un raffreddore violento in piena estate dopo un bagno indesiderato non erano poi così sorprendenti, si disse, per poi provare l'impulso di prendersi a schiaffi.

Papà stava alzando gli occhi al cielo.

– Credo che dei nemici malintenzionati non sarebbero riusciti a conciarla peggio – sospirò afflitto – Contro di loro sta in guardia, di certo non si aspettava un attacco a tradimento del genere da voi!

– È stato un incidente, ti ho detto che è stato un incidente – mormorò Sango, lo sguardo fisso a terra, cercando di non mettersi a piagnucolare – Non l'ho fatto apposta, stavo cercando di convincerla, ma ti giuro che non l'ho fatto apposta, non volevo costringerla... e poi, se era così pericoloso per lei, come ci avrebbe salvati se ci fosse successo qualcosa?

– Il punto è, Sango, che ti ritenevo più giudiziosa.

Calò il silenzio, mentre lei cercava di trovare le scuse più adatte. Silenzio, se non fosse stato per i gemiti sofferenti che provenivano dal letto.

– Povera Kirara! – esclamò l'uomo – Senti come si lamenta? Non puoi trattarla come se fosse una bambola, è intelligente quanto un umano, forse di più, e merita tutto il tuo rispetto. Non lascio che vi stia accanto perché sia un giocattolo, ma un'amica fedele, certo, anche compagna di giochi, ma non costringetemi a...

Si interruppe, guardando Kirara con più attenzione. Non stava delirando o gemendo per la febbre – non aveva gli occhi chiusi e non boccheggiava come ci si sarebbe aspettato, perlomeno. No, li stava chiamando: il suo sguardo si spostava con decisione da Sango al padre e viceversa, proprio come se si stesse rivolgendo espressamente a loro. Quando sembrò accorgersi che non erano più occupati a parlare tra loro, ma pronti ad ascoltarla, scosse la testa alla volta dell'uomo, con un miagolio sommesso. Poi si concesse un sorrisino.

A quel punto Sango non riuscì più a trattenersi: corse da lei, indecisa se mettersi a piangere per i sensi di colpa o a ridere per il sollievo e finendo così per singhiozzare sorridendo.

La manina soffice di Kirara riuscì a sbucare fuori dal bozzolo di coperte e ad asciugarle le lacrime accompagnata da un versetto affettuoso e da un'espressione ancora più dolce su quel musetto gentile, malgrado il rossore sulle guance e le labbra un po' tremanti per il malanno.

– Mi dispiace tanto... ti prego, scusami... – riuscì a dirle Sango guardandola negli occhi e stringendole la mano tra le proprie. Il miagolio successivo fu così delicato e privo di rancore da commuoverla ancora di più.

– Sei così buona, Kirara – la rimproverò con dolcezza il padre della bambina, che aveva assistito alla scena a bocca aperta – Non è sempre giusto, sai? A volte bisogna essere severi. Ma tu le vuoi troppo bene anche solo per pensarlo, vero?

Lei annuì, un sorriso indulgente ancora sul viso mentre accarezzava la testa di Sango.

– La tua pazienza e la tua indole così poco incline all'offesa dovrebbero essere di esempio a tutti – proseguì l'uomo con un mezzo sospiro, rivolgendosi poi alla figlia – Hai imparato la lezione? Abbi cura di lei come lei ne avrà sempre di te. Per fortuna, si rimetterà in pochi giorni.

Sango annuì, asciugandosi le ultime lacrime. Di certo non avrebbe mai dimenticato quanto fosse spiacevole e angosciante fare del male a qualcuno di buono, specie a qualcuno che le voleva bene, specie se tutto per un gioco pericoloso e nient'altro. Già matura per la sua età, il suo spirito crebbe di almeno un paio d'anni per quel semplice episodio che forse altri avrebbero considerato insignificante. Fu il momento in cui la stima e l'affetto per quell'amica silenziosa e pura, che le era stata affiancata fin dalla primissima infanzia, iniziarono a crescere a dismisura.

Neanche a dirlo, quando fu programmata una nuova lezione di nuoto per Kohaku Kirara non volle in alcun modo che fosse qualcun altro a scortare al lago lui e la sorella – anzi, mai si rifiutò di accompagnarli, né quell'estate, né durante quelle successive.

Sì, fu qualcosa che fece capire a Sango quanto Kirara fosse assolutamente speciale.

   
 
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