Libri > Altro
Ricorda la storia  |      
Autore: Andromeda Lair    28/07/2014    0 recensioni
[Personggi Storici]
La storia di Giovanna D'arco raccontata da una prospettiva esterna ed attuale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le fiamme illuminavano lo spazio della piazza con una luce che, se non fosse appartenuta ad un rogo, sarebbe stata bellissima. Il fuoco ammaliava, ma non tutti fissavano quel colore rosso acceso.
Era difficile dirle addio, e molti stavano piangendo, in silenzio per non essere catturati dalle guardie. Avete presente quel momento in cui devi dire addio ad una persona cara? Quando sai che non la vedrai mai più?

Quella sensazione strisciante di paura mista a tristezza. Sai che non rimarrà altro che il suo ricordo e che, forse un giorno, anche quello scomparirà.

Nessuno se ne capacitava, non poteva essere davvero lei quella che veniva arsa viva sul rogo, accusata di eresia. Non lei, non la Pulzella D'Orléans, non la giovane coraggiosa che aveva riunito e guidato l'esercito francese, non la cavallerizza che il popolo già inneggiava a santa.

Tutti provavano compassione per lei, molti di quelli che erano in piazza erano contrari alla sentenza. E poi era successo tutto troppo in fretta, o troppo lentamente, a seconda dei punti di vista.
Era arrivata nella piazza del mercato scortata da ben duecento soldati inglesi ed era stata letta la sentenza ecclesiastica contro di lei. Poi era passata nelle mani del boia. Aveva appena messo piede sul patibolo, quando l'ultimo bagliore del tramonto era scomparso dietro l'orizzonte, lasciando tutto avvolto in un tepore aranciato.

Chiunque, tra gli spettatori di quel macabro spettacolo, avrebbe preferito essere al posto di Jeanne, solo per non far soffrire quella ragazza che aveva visto fin troppi orrori nella sua breve vita.
Eppure era stupefacente come riuscisse a mascherare la paura della Morte che ci accompagna quando le siamo vicino. Sembrava diversa da quando andava in battaglia, ma era anche diversa da com'era nel periodo di prigionia: i capelli castani, che prima portava tagliati appena sotto le orecchie, le si erano allungati fino a sfiorarle le spalle, gli occhi verdi, che prima sprizzavano forza, erano come spenti. Ma ciò che sorprendeva di più erano i vestiti. Non aveva addosso l'armatura o i suoi soliti abiti maschili - la tunica corta, i calzari lunghi e il giustacuore - ma un candido abito bianco. Le avevano concesso il privilegio di indossarne uno pulito perché era una prigioniera d’alto rango. O così era considerata.

Erano passati esattamente un anno e una settimana da quel fatidico 23 maggio 1430, quando era stata fatta prigioniera insieme al suo caro intendente, Jean D’Aulon, sotto le mura di Compiègne. Avevano combattuto fino allo stremo solo per essere sopraffatti dalle forze borgognone, e persino il tentativo del Bastardo D’Orléans di portare soccorso alle truppe francesi stanziate là era fallito, essendo Montargis troppo lontana per poter arrivare in tempo.

Fu scortata in una base nemica, la fortezza di Clairoix, per poi venir separata dai sue due compagni di prigionia: il suo intendente e il fratello Pietro. Maltrattata e insultata, dopo pochi giorni fu portata al castello di Beaulieu-les-Fontaines, e si dice che non abbia mai distolto lo sguardo dai suo aggressori, che non abbia mai abbassato la testa né si sia piegata alle offerte di rilascio in cambio del suo tradimento della corona francese. E come avrebbe potuto? Quella non era una semplice ragazzina con smanie di potere, nient’affatto. Era quella ragazzina che si era buttata in ginocchio davanti al neo incoronato Re di Francia, che gi aveva abbracciato le ginocchia piangendo e ringraziando Dio per aver esaudito il suo desiderio di vedere il Delfino sul trono. Quel giorno, ormai lontano nella sua memoria, Jeanne aveva confessato che sarebbe potuta morire felice e magari, se avesse potuto scegliere, nella casa paterna, vicino a tutte quelle persone che l’avevano sostenuta.

Fu tenuta prigioniera al castello solo fino al dieci di luglio, per poi essere spostata un’ultima volta, al castello di Beaurevoir. Qui fu trattata come una nobile, una prigioniera d’alto rango, e le fu lasciata la massima libertà che può essere lasciata ad un prigioniero. Fu così che strinse amicizia con tre donne, diverse tra di loro come da lei, ma tutte con una cosa in comune: il nome. Che buffe coincidenze organizza il Fato.

Tre donne, tre dame estremamente nobili nel vero senso della parola. Jeanne de Béthune, moglie di Jean De Luxembourg, la di lei figlia Jeanne De Bar ed infine Jeanne De Luxembourg, zia del potente vassallo.

Si affezionarono a lei, soprattutto quest’ultima. Durante una cena a corte, alla quale partecipò tutta la famiglia, la zia umiliò il proprio nipote, minacciando di diseredarlo se la Pulzella fosse stata consegnata in mani inglesi. E Jeanne fu sempre riconoscente a quelle tre donne che l’avevano vista come una semplice ragazza, un essere umano che andava trattato come tale. Negli interrogatori le pose sempre su un piano di rispetto immediatamente inferiore solo a quello dovuto alla Vergine Maria.

Aveva vissuto bene in quel castello, anche se solo per poco tempo. Purtroppo, la sua condanna definitiva fu la morte di Jeanne De Luxembourg che la portò dritta nelle braccia della morte.
E adesso, incatenata al palo, in procinto di essere arsa viva per peccati che non aveva mai commesso, Jeanne manteneva la sua compostezza, quella fredda spavalderia che aveva galvanizzato un intero popolo, tanto da indurre semplici contadini ad imbracciare le armi e difendere la propria patria, tanto da rendere tutti – qualsiasi fosse la classe sociale di appartenenza – parte integrante di una sola nazione. Eppure mai era stata un condottiero sanguinario: fin dal suo arrivo ad Orléans e anche durante la formazione dell'esercito "della Consacrazione”, Jeanne aveva imposto ai combattenti di astenersi dal saccheggiare, aveva proibito di uccidere nemici e prigionieri dai quali non si sarebbe potuto trarre riscatto. Aveva cercato instancabilmente un accordo con i nemici, senza mai smettere d'inviare loro lettere in cui li invitava a deporre le armi, tentando il tutto per tutto per fargli capire che gli umani non possono uccidersi a vicenda per motivi tanto futili come un regno. La vita umana è breve e certo Dio non ci ha creati a tale scopo.

In un mondo di violenze e sopraffazioni, Jeanne aveva dimostrato, seguendo i propri ideali, che era possibile rendere il mondo un posto migliore, dove regnavano pietà e giustizia, cose che ormai l’uomo sembrava aver dimenticato da molto tempo.

Chissà a cosa pensava quella ragazza mentre il fuoco iniziava a lambirle i piedi col suo calore mortale. Non penso avrebbe mai potuto odiare nessuno, nemmeno il suo boia, che con espressione mortificata aveva acceso il rogo con mani tremanti. Normalmente avrebbe soffocato la sua vittima prima di bruciarne il corpo, ma ciò gli era stato severamente proibito. E allora aveva fatto il suo dovere con riluttanza.

In seguito, quella sera sarebbe andato a confessarsi al convento, disperando però in una sua assoluzione, convinto di aver ucciso una santa. Molti non furono d’accordo con quella sentenza, pochi parlarono e troppi rimasero in silenzio. Un cancelliere del re d’Inghilterra, Jean Tressard, avrebbe esclamato, subito dopo l’esecuzione: «Siamo perduti! Perché è una buona e santa persona che è stata bruciata!», e un domenicano, Pierre Bosquier, sarebbe stato condannato ad un anno a pane ed acqua per aver osato affermare che il giudizio di condanna era stato iniquo.

Jeanne era caduta in ginocchio, sopraffatta dal dolore che quelle fiamme portavano e invocava Dio, la Vergine, l'Arcangelo Michele, Santa Caterina e Santa Margherita; domandava ed offriva perdono a tutti i presenti, cercava una via di salvezza impossibile da trovare. Quel supplizio aveva spezzato l’immagine fiera che tutto il popolo francese porterà in cuore per sempre, aveva spezzato la sua stessa esistenza come essere umano. Forse avrebbe voluto vivere più a lungo, forse no, forse avrebbe voluto evitare quel destino crudele, forse pensava di meritarselo.

Il suo ultimo desiderio fu una croce ed un soldato inglese, straziato dalla vista dell’esecuzione di una ragazzina innocente, gliene fabbricò una con due ramoscelli secchi. Lei accettò con gratitudine il regalo e la strinse al petto. Cosa che mai nessuno si sarebbe aspettato, Isambart de La Pierre corse a prendere la croce astile della chiesa e gliela pose dinanzi.

Ormai stanchi di assistere ad un tale orrore, i soldati che l’avevano scortata incitarono il boia affinché facesse cessare il dolore e le sofferenze di Jeanne. Quest’ultimo fece aumentare le fiamme, la ragazza chiese dell’acqua benedetta e, mentre veniva investita dal fuoco, l’unica parola che sfuggì dalle sue labbra fu un grido che invocava il nome di Gesù. Molti, in seguito, dissero d’aver visto proprio quel nome impresso nelle fiamme del rogo.

Strega o santa che fosse creduta, la memoria di Jeanne divenne un peso ingombrante, quasi insopportabile, per la potenza inglese ed i tentativi di cancellarne il ricordo furono innumerevoli, ma totalmente inutili.

Quella ragazza coraggiosa non scomparirà mai del tutto: rimarrà nei ricordi di chi l’ha conosciuta, della sua famiglia che l’ha amata, di quegli sconosciuti che hanno combattuto in nome dei suoi ideali e pianto per lei. Rimarranno le sue idee di giustizia e pietà, il sogno di una pace che non arriverà mai neanche ai giorni nostri. Rimarrà il suo amore per un mondo che, forse, non è degno di essere salvato.

E così, a Rouen, il 30 maggio 1431, moriva Jeanne D'Arc, a soli diciannove anni.
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: Andromeda Lair