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Autore: Oducchan    28/07/2014    1 recensioni
Keigo sorseggia un calice di champagne che ha smesso di essere analcolico da quasi dieci anni, più o meno da quando lo hanno spogliato della spensierata ricercatezza della sua infanzia e hanno iniziato a ricoprirlo di impegni e di responsabilità, più o meno nello stesso periodo in cui i suoi occhi hanno smesso di avere quella fama di vittoria e quella sete di dominio e si sono pian piano spenti tra un incarico in quella o questa azienda, tra un volo intercontinentale e l’altro, tra una riunione e l’altra.
Crescere, a volte, è difficile.
[Royal pair - Echizen/Atobe] [future!fic]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keigo Atobe, Ryoma Echizen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan_OfTheLowerCourt 
Titolo: Future tense

Fandom: Prince of tennis
Personaggi: Atobe Keigo, Echizen Ryoma, Michael (Tezuka Kunimitsu, Atobe padre, vari)
Pairing: Royal Pair (Echizen/Atobe)
Genere: introspettivo, melanconico, sentimentale, romantico
Avvisi: what if (Future!fic: i bimbi sono adulti; Atobe ha mollato il tennis per le aziende di famiglia, Ryoma è diventato professionista -e a un certo punto ha vinto una medaglia olimpica prima dei 18 anni), established!relationship
Rating: giallo
Note:
Niente, volevo scrivere su Atobe che non beve più champagne analcolico e su Ryoma che lo guarda.
Mi son fatta un migliaio di pare mentali nel frattempo, ma non è niente di inconcepibile, indi...buona lettura <3
NOTA: Ho usato sia "Re delle Scimmie" sia "Monkey King". Diciamo che preferisco il secondo

 

Future tense


Keigo sorseggia un calice di champagne che ha smesso di essere analcolico da quasi dieci anni, più o meno da quando lo hanno spogliato della spensierata ricercatezza della sua infanzia e hanno iniziato a ricoprirlo di impegni e di responsabilità, più o meno nello stesso periodo in cui i suoi occhi hanno smesso di avere quella fama di vittoria e quella sete di dominio e si sono pian piano spenti tra un incarico in quella o questa azienda, tra un volo intercontinentale e l’altro, tra una riunione e l’altra. Quando gli hanno tolto il tennis e l’hanno rimpiazzato con un consiglio di amministrazione dietro l’altro.
Continua a disquisire di chissà cosa al telefono ―Ryoma ci ha provato, a imparare qualcosa di finanza giusto per poter parlare ancora di qualcosa assieme, ma Keigo ha riso e ha dismesso i suoi sforzi con un elegante gesto della mano. –Per favore, Echizen- gli ha detto, con l’eco della sua risata –certi termini in bocca a te sono grotteschi-. Non ha replicato. Non può che dargli ragione, su questo aspetto― e intanto gli gesticola di servirsi pure, se vuole. Ryoma sospira. Non basterebbero tre secoli per fargli capire che non ha interesse alcuno per le raffinate bevande alcoliche che circolano abbondantemente nella villa degli Atobe; si limita a sporgersi verso il frigobar e a stapparsi una Ponta, sorseggiandola piano mentre aspetta il termine della conversazione.
Ne approfitta per studiarlo, il suo Keigo, la sua figura che ha perso le linee morbide dei suoi quindici anni e si è fatta affilata e mascolina, gli occhi allungati e fieri, il mento dritto, le spalle squadrate.  Ha anche perso gran parte del suo atletismo, i muscoli snelli che ora sono appesantiti e meno delineati, la sua celeberrima resistenza ormai dispersa. Prova una fitta di nostalgia e rimpianto per i giorni in cui le loro partite erano ancora una battaglia infinita che durava ore e ore e che non ammetteva sconfitta, per quei giorni in cui Keigo lo guardava ora con odio, ora con ammirazione, ma sempre con superiorità, con l’arroganza di un Re che non vuol cedere il trono all’usurpatore.
Ora Keigo è stanco, per lo più. Ha lo sguardo segnato dalle ore di ufficio e dalle mille preoccupazioni delle filiali in giro per il mondo, e sono mesi che Ryoma non riesce a farlo staccare per trascinarlo nel campo dietro la piscina che è lì solo per loro. Gli manca, il Re delle Scimmie. Questo Re delle Industrie, a volte, gli è terribilmente estraneo.
Finalmente Atobe riesce ad interrompere la comunicazione. Getta il telefono su uno dei divanetti, senza curarsi molto di dove vada ad atterrare, e scola ciò che rimane del suo bicchiere. Quando torna a posarlo sul tavolo, la mano gli trema impercettibilmente.
-Chiedo scusa. Abbiamo chiuso in perdita alla Borsa di Tokyo, e quindi...-
-Dovresti giocare con me, Keigo- lo interrompe, pragmatico. Atobe sgrana gli occhi, probabilmente perdendo il nesso tra le due cose; Ryoma beve un’altro sorso di Ponta e rotola nel letto, avviluppandosi tra le lenzuola.
-Io e te. Magari anche Tezuka-bouchou, l’ultima volta che l’ho visto a Wimbledon mi ha detto che vorrebbe...-
-Non ho tempo- lo liquida, puntuale, il suo uomo, iniziando a litigare con il nodo della sua cravatta –Morirei dalla voglia, ma domani mattina ho un aereo per Hong Kong, domani sera devo essere a Berlino, e tra due giorni ho un gala a Los Angeles, per cui...-
In silenzio, Ryoma ingoia la frustrazione. Si chiede se faccia bene a restare al fianco di quest’uomo, come un gatto un po’ viziato e alimentato a sbafo che viene coccolato soltanto nei weekend. Si chiede se non sia meglio lasciarlo andare, permettere a qualche fanciulla dell’alta società di prenderselo, di dargli il beneamato erede per cui Atobe padre pressa da ormai qualche anno, e lasciarlo in balia del destino e del suo impero di ricchezze, e concentrarsi invece sulla carriera e sugli incontri. Vincere lo Slam, magari accasarsi con Sakuno che nonostante tutto gli muore ancora dietro, far crescere un piccolo Nanjiro e darlo in pasto al circuito internazionale.
Forse dovrebbe. Forse se lo facesse magari smetterebbe di ripensare a quella partita, al rumore del rasoio elettrico su quella ricca chioma. Forse spetterebbe di ricordarsi il suo sorriso compiaciuto alla sua prima medaglia olimpica e il primo bacio sulla via di ritorno al campo U17, con le risate di Momo-senpai di sottofondo e i commenti al vetriolo di Sanada una volta scesi dal pullman. Forse smetterebbe di covare odio per quell’uomo che gli ha lentamente sottratto uno dei pochi avversari per cui provava ammirazione e l’ha trasformato in un normale imprenditore di mezz’età, stanco e insoddisfatto dalla vita.
Si toglie le lenzuola di dosso e si alza in piedi, scivolando giù dal materasso e mostrandosi, nudo, splendido nelle sue fattezze di atleta poco più di venticinquenne, il corpo tonico e slanciato, i capelli scuri e selvaggi attorno al volto.
-E per questo? Ha tempo, per questo, Atobe-sama?-
Atobe volta il capo di tre quarti e lo guarda –e nel suo sguardo c’è di nuovo quella fame, quel desiderio, quella luce, quella scintilla di sfida per il raggiungimento della vittoria, e Echizen sorride, trionfante, perché forse, forse vale ancora la pena, stare appresso a questo mostro di vanità e vanagloria, che sia anche solo per la competizione che si instaura per attirarlo nella più dolce di tutte le trappole.
-...Forse posso trovarle un minuto nella mia agenda, Echizen-san-
Il sorriso diventa un ghigno strafottente, quando Atobe si avvicina e Ryoma può sfilargli la cravatta e iniziare a fargli saltare i bottoni della camicia.
-Spero non voglia essere così rapido, Monkey King, so che la vecchiaia incalza, ma...-
La risata che gli gorgogli in gola per poco non lo fa rabbrividire d’aspettativa.
 
 
Si sveglia da solo, nel grande letto dal materasso di piume e dalle lenzuola di seta. Il cuscino accanto al suo è freddo, segno che l’altro occupante se n’è andato da un bel pezzo. Sospira. Ormai si è abituato.
Scende dal letto e inizia a rivestirsi, uscendo nell’anticamera per cercare il proprio telefonino. Il maggiordomo –Michael, il buon Michael, il silenzioso, efficiente e discreto Michael, che dovrebbe andare in pensione ma si rifiuta perché “altrimenti il signorino si perderebbe in un bicchier d’acqua” (e Ryoma non può che concordare), che non commenta mai la sua presenza così di buon mattina nell’imponente villa ma che gli fa sempre trovare la sua bevanda preferita nel frigo e un cambio d’abiti a disposizione e un autista per riportarlo a casa se Keigo è già uscito- lo aspetta per chiedergli dove vuole che venga servita la colazione.
-Non serve, non ho fame- risponde, reinfilandosi le scarpe. Fa per andarsene, ma l’uomo lo ferma.
-Signorino Echizen, la prego, aspetti. Il signorino Atobe ha lasciato una nota per lei, se non si ferma a mangiare gliela vado a prendere-
Ryoma annuisce, un po’ sorpreso. Keigo non è solito lasciare biglietti, non in una casa in cui suo padre ha ancora un controllo un po’ troppo ferreo: un conto è lasciar svanire la sua presenza alle prime luci del mattino, un conto è lasciare una prova tangibile del motivo del suo passaggio.
Michael ritorna poco dopo, con un foglio di carta intestata ripiegata in mano. Ryoma lo ringrazia, e si fa accompagnare all’uscita, sorridendo all’uomo che lo saluta con un inchino e la speranza di rivederlo presto.
Quando è al sicuro in macchina, al riparo da occhi indiscreti, si decide a leggere il contenuto della nota.
Per quella partita? Si può fare. Direi che a Los Angeles possono fare a meno della mia meravigliosa presenza. Possiamo fare alle 18.00?
Si impone di non sorridere. Si impone di non arricciare le labbra. Pesca dai pantaloni il telefono e si mette a scrivere rapidamente un messaggio.
Mada mada dane, Monkey King. Farai solo un piacere a quei bellimbusti, a non presentarti. Alle 18.00 è perfetto, preparati a perdere.
Pigia il pulsante di invio mentre l’auto passa attraverso il cancello, e si lascia andare sui sedili. Non vede l’ora che quelle quarantotto ore trascorrano il più velocemente possibile.
   
 
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