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Autore: EffieSamadhi    28/07/2014    1 recensioni
«Beh, di solito... di solito la gente affronta la guerra con il pianto. È quello che stai facendo in quest'istante, ma tu... tu non sei fatta per il piano, Ninfadora. Tu sei nata per ridere, per sorridere, e non... non è facile vederti trincerata dietro questa depressione. Non è naturale» concluse, appoggiandole le mani sulle spalle con fare protettivo. «Di solito piangere è più semplice, più semplice che sorridere, ma... per te è più semplice sorridere, e allora sfrutta la tua dote. Ridere è la strada meno battuta. Fa' che diventi la tua. Non pensare alla guerra, non pensare alla morte. Pensa soltanto a rendere domani un giorno più bello.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Facendo ordine tra le cartelle del pc ho trovato questa vecchia ff, scritta per un contest indetto su Writers Arena Rewind, per qualche strana ragione mai pubblicata. Non ricordo per quale strana ragione avessi deciso di tenerla nascosta, ma so perfettamente perché adesso, a distanza forse di un paio d'anni, ho voglia di renderla pubblica: credo sia una delle cose migliori che abbia mai scritto su questo fandom. E forse suonerà poco modesto, ma non mi importa: passo così tanto tempo a sminuirmi, che un po' di sana autocelebrazione non mi farà certo male.

Spero possa piacervi.

 

 

 

 

 

La strada meno battuta

 

 

 

 

 

Grimmauld Place, luglio 1996

 

Non era da lei sedere in silenzio accanto alla finestra con aria pensosa e preoccupata. Di solito dopo cena si tratteneva in cucina con Molly, cercando di convincerla che sarebbe riuscita ad aiutare senza rompere niente. Invece da qualche sera aveva rinunciato a qualsiasi tentativo di rendersi utile, e si limitava a rintanarsi nel cupo salotto, zitta e mogia.

Non era da lei.

Non era da lei, e lui lo considerava un forte segnale: se anche Ninfadora si mostrava preoccupata, allora la guerra era davvero alle porte.

Dove saremo, quando arriveranno?, si stava domandando lei in quell'istante, affacciata alla finestra che dava su Grimmauld Place, come sempre deserta. Dove saremo, quando i lupi verranno a prenderci? Stava perdendo il proprio ottimismo, lo sapeva – non era necessario che fossero gli altri a farglielo notare. Stava perdendo tutta la propria allegria, a rischio di trasformarsi in un nuovo Lupin – o, peggio, in un nuovo Malocchio. Per un istante, pensò che non sarebbe stato difficile cambiare perennemente i propri connotati per renderli simili a quelli del vecchio Auror – e magari a Nocturn Alley avrebbe anche potuto procurarsi un vero occhio magico, così sarebbero stati identici proprio in ogni dettaglio. Le sfuggì una risatina al pensiero di lei e Malocchio seduti vicini, tanto simili da poter facilmente essere scambiati l'uno per l'altra.

«Meno male. Pensavo fossimo condannati a non vederti ridere mai più.»

Si voltò verso di lui mentre il sorriso si spegneva di nuovo, rapido come si era acceso. «Pensavo a una cosa divertente.»

«Perché non me la racconti? Ho voglia di farmi una bella risata anch'io.»

La ragazza tornò a guardare verso la piazza. «Non ne vale la pena. È una cosa stupida.»

Remus indugiò dietro di lei, con le mani affondate nelle tasche del completo liso. La luna piena si era appena conclusa, lasciandolo smagrito e pallido. Ogni volta che il plenilunio finiva gli sembrava di nuotare nei suoi stessi vestiti – per sua fortuna, ogni volta che il plenilunio finiva Molly si curava di rimpinzarlo come un Vermicolo. Dondolò sul posto, spostando cautamente il peso da un piede all'altro, gli occhi fissi sulla nuca di lei, ancora color grigio topo. Anche se il buonsenso gli aveva dapprima suggerito che quel generale stato di depressione fosse dovuto alla morte di Sirius – ancora troppo recente e forse inaccettabile per chi, come lui, aveva diviso con Black una parte importante della propria vita –, Remus si rendeva conto che quello sconforto non poteva essere tutto per la morte di Sirius. Raccolse il coraggio necessario per fare un passo avanti e occupare l'estremità opposta del divanetto. «Sai, Molly è preoccupata per te» mentì. In effetti, non era una vera e propria bugia – e in effetti non era soltanto Molly a preoccuparsi per il grigiore improvviso e persistente di Ninfadora, di solito più variopinta di un arcobaleno. «Da qualche giorno non sembri più te stessa.» Lei abbassò appena lo sguardo, dando un'occhiat alla tunica smorta che indossava, senza rispondere. «Sembri preoccupata... sembri molto triste.»

«Tu conosci qualcuno che sia particolarmente allegro, da un anno e mezzo a questa parte?»

Questa volta fu Remus a tacere, limitandosi a guardare oltre il vetro, come stava di nuovo facendo lei. «Sorveglianza speciale?» tentò di scherzare, ottenendo in cambio soltanto un lieve movimento all'angolo delle labbra. «Certo che è proprio un quartiere tranquillo, eh?»

«Stai cercando di fare conversazione?»

Remus abbassò per un istante gli occhi, trattenendo un sorriso. «Cercavo di capire dove sia finita la Ninfadora che sono abituato a vedere in giro per la casa. Sai» riprese qualche istante più tardi, « quella con i capelli rosa cicca che tramuta il proprio naso in un grugno di maiale per far ridere i commensali.»

L'ombra di un sorriso sembrò illuminare il volto stanco di Ninfadora. «Credo che quella Tonks sia un po' spaventata» ammise, riservandogli un'occhiata fugace.

«Spaventata da che cosa?»

«La guerra, Remus. Credo di avere paura» confessò la ragazza, stringendosi nelle spalle. «Possiamo... può finire tutto da un momento all'altro. Potremmo morire domani. Potrebbe... credo di non essere pronta ad affrontare una simile eventualità.»

«Conosci qualcuno che sia mai stato pronto a morire?» Lei scosse la testa, tornando a guardarlo – anche se di nuovo per un solo istante. «Potremmo comunque morire domani, anche se non ci fosse la guerra. Credo sia questo il difetto principale della vita: la sua imprevedibilità

«Ci sono così tante cose che avrei voluto fare, così tanti posti che avrei voluto vedere, così tante esperienze... così tante cose che ho rimandato, pensando che ci sarebbe stato un futuro in cui viverle e in cui goderne, e adesso all'improvviso mi ritrovo persino senza un presente. Non... non riesco a fare a meno di chiedermi dove saremo quando arriveranno a prenderci, in quale momento le battaglie ci sorprenderanno, con... con chi saremo, quando arriverà la morte.»

«Perché pensi così tanto alla morte? Non dovresti pensarci così tanto. Non è salutare.»

«Non posso farne a meno, Remus. Non dopo aver perso Sirius a quel modo. Non dirmi che tu non ci pensi, perché non ti crederei. Sai che non ti crederei.»

Lui distolse di nuovo lo sguardo, riportandolo sulla piazza deserta. La morte lo circondava da così tanto tempo che ignorarla era diventato quasi naturale. Spesso dimenticava che al mondo c'era anche chi, come Ninfadora, non si era mai avvicinato alla morte se non in occasione della dipartita di qualche lontano parente – e anche in quel caso, era difficile concentrarsi davvero su di essa. «A volte ci penso, ma... non mi sconvolge quanto sconvolge te. In fondo ognuno di noi, per quanto impossibile possa sembrare, un giorno o l'altro smetterà di respirare, diventerà freddo e morirà. È una realtà che ho accettato da tempo.»

«Vorrei esserne capace anch'io.»

«Sei ancora troppo giovane, Ninfadora. Forse quando avrai la mia età, anche tu sarai più abituata all'idea della morte.»

«Harry è molto più giovane di me, eppure conosce bene la morte» constatò la ragazza, con un tono che tradiva una lieve invidia per quel tipo di saggezza – saggezza che, in verità, molti avrebbero ceduto con piacere, preferendo il buio dell'ignoranza.

«Per Harry è diverso. Ha avuto esperienza che la metà di noi non avrà mai nemmeno occasione di provare, fortunatamente. E se posso essere completamente sincero, preferisco di gran lunga la mia condizione. Eccezion fatta per la parte del lupo mannaro. Quella... ecco, quella la cederei volentieri.»

«Vorrei poter essere io a prendere quella parte di te, se la cosa servisse a farti sentire meglio» confessò lei, mentre un'ombra di vivo imbarazzo le colorava le radici dei capelli di un rosso acceso. Combattuto tra il desiderio di respingere ancora una volta le profferte amorose di Ninfadora e quello di accettarle, offrendosi a lei e prendendo ciò che lei era pronta a cedergli di sé, Remus non rispose. «Scusa, non volevo metterti in imbarazzo» disse allora lei, certa di averlo offeso.

«Non mi hai messo in imbarazzo, Ninfadora. Mi hai solo... colto alla sprovvista.»

«Credevo che ormai fossi abituato ai miei attacchi. Di solito rispondi ancor prima che io abbia finito di parlare.»

«Non credo mi abituerò mai ai tuoi attacchi, come li chiami tu. Riesco ad essere quasi indifferente di fronte alla morte, ma mio malgrado non... non riesco ad esserlo di fronte a te.»

«Suppongo di non doverla prendere come una dichiarazione» sospirò lei, alzandosi lentamente dal divanetto, pronta a congedarsi e raggiungere la propria stanza. Di solito non le riusciva difficile tenergli testa, specialmente su quel particolare argomento, ma quella sera non era davvero dell'umore adatto – né le sembrava di avere la forza morale necessaria – per discutere della legittimità dei propri sentimenti.

«Ninfadora...»

«Che c'è?» Per tutta la sera lui non aveva fatto che chiamarla Ninfadora, e per tutta la sera lei lo aveva accettato, cercando di correggerlo soltanto una volta, e anche in quella strana arrendevolezza Remus aveva trovato un motivo di preoccupazione.

«Volevo... volevo solo dirti che è facile deprimersi, in situazioni come queste. Voglio dire, davanti alla guerra, e a tutta questa morte e a questi pericoli... non sono molte le persone capaci di non scomporsi. Io stesso non ne conosco nessuna.» Sentì lo sguardo della giovane donna posarsi su di lui, sui suoi abiti lisi e sul suo corpo impoverito dal plenilunio, e con un sospiro decise di alzarsi. «Non avere paura è difficile, e lo è anche non arrendersi, ma... è in situazioni come queste, e in momenti come questi, che si distinguono gli eroi dai codardi.»

«Io non sono un'eroina, Remus.»

«Forse no. Ma non sei nemmeno una codarda, mi pare. Io... io sospetto che tu sia molto più coraggiosa di quanto voglia far credere. Devi solo trovare il tuo modo di affrontare la paur. Non tutti affrontiamo le nostre paure allo stesso modo. Devi solo... trova il tuo modo, Ninfadora.»

«Trova il tuo, dici. E quale potrebbe mai essere?»

«Beh, di solito... di solito la gente affronta la guerra con il pianto. È quello che stai facendo in quest'istante, ma tu... tu non sei fatta per il piano, Ninfadora. Tu sei nata per ridere, per sorridere, e non... non è facile vederti trincerata dietro questa depressione. Non è naturale» concluse, appoggiandole le mani sulle spalle con fare protettivo. «Di solito piangere è più semplice, più semplice che sorridere, ma... per te è più semplice sorridere, e allora sfrutta la tua dote. Ridere è la strada meno battuta. Fa' che diventi la tua. Non pensare alla guerra, non pensare alla morte. Pensa soltanto a rendere domani un giorno più bello.»

«La fai facile, tu. Non è così semplice...»

«Ma tu puoi, Ninfadora» la interruppe. «Tu puoi. Tu puoi renderlo semplice.» Una mano salì ad accarezzarle il volto, delicata come il tono della sua voce. «Non credo esista qualcosa che tu non possa fare.» Anche l'altra mano salì al volto, costringendola a guardare dritto davanti a sé, costringendola a fissare gli occhi nei propri.

«E allora tu?»

«Io cosa?»

«Di solito la gente spaventata da un amore lo rifiuta. Non si concede nemmeno un'occasione di tentare, archivia tutto come uno sbaglio, anche se non ha mai tentato. Di solito è più facile fare così. Di solito è più semplice scappare, fuggire, voltare le spalle al problema, andar via senza nemmeno tentare di trovare una soluzione. La maggior parte della gente affronta così gli amori di cui ha paura.» Si concesse una breve pausa, sapendo che lui le avrebbe lasciato concludere quell'arringa senza osare un'interruzione. «Non tutti affrontiamo le cose allo stesso modo, però. Tu non sei uno che scappa senza aver tentato, non sei uno che lascia perdere. Perché anche tu non trovi il tuo modo per affrontare i problemi, Remus?» Una nota dell'antico rosa tinse le radici dei suoi capelli, smascherando la passione del suo discorso. «Restare e affrontare i problemi di petto è la strada meno battuta. Perché non la fai diventare la tua?»

Remus J. Lupin, trentasei anni compiuti a marzo, sgranò gli occhi di fronte a quella che era poco più di una bambina – una bambina che, ancora una volta, stava semplicemente domandando amore e verità. Amore e verità, tutto ciò per cui tutti loro avevano sempre combattuto. Non riuscì a resistere, non più. La assecondò e scelse la strada meno battuta – esattamente come lei gli aveva consigliato di fare, esattamente come lui aveva consigliato a lei.

Le labbra di Ninfadora, di nuovo rosse come ciliegie mature, erano le più morbide che avesse mai baciato.


 

 
   
 
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