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Autore: Etoile_Noir    07/09/2008    2 recensioni
Sequel della One-Shot 'Looking At the Stars'
Lui è stretto contro il finestrino, dietro a Frank.
Tace, quasi non respira. Non annuisce, non abbassa il capo: resta solo seduto come incapace di fare altro se non guardare verso di me in trance.
Lui non reagisce, è completamente indifferente: mi domando come ci riesca, come sia riuscito a gettare via le emozioni e a far apparire il suo volto esattamente come un' impassibile e statuaria maschera di cera.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bob Bryar, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
The way back home


E' giusto ammetterlo, sento la tua mancanza, profondamente. Non riesco a celare la realtà dei miei sentimenti con sensazioni fasulle perchè da quella sera, Bob, sei sotto la mia pelle, una parte di te scorre perennemente nelle vie vene e tutti i miei pensieri ora vanno a te.
Queste sarebbero state le parole che un po' di coraggio, forse, avrei pronunciato sentendo di nuovo la sua voce.
Ma cosa vuoi che faccia io, una misera cameriera di un casinò di Las Vegas, contro queste situazioni più grosse di lei?
Un bel niente. Lo dice quell'oca alla televisione mentre un pezzo della video della tua band viene fatto vedere sullo sfondo, lo mostrano tutti quei cartelloni sparsi nelle città e quelle migliaia di cd venduti per tutto il mondo; tu ora sei in Europa, lontano da me.
Impotente, è così che mi sento davanti a tutto questa situazione che sembra seguire il filo tracciato dalle parche.
Mi trovo al lavoro: scivolo districandomi abilmente tra le persone che affollano la stanza, ora soltanto ombre di uomini piegati dal gioco che hanno perso tutta la loro dignità sotto queste luci soffuse.
Dio, di persone ce ne sono talmente tante e di tutti tipi!
Ricordo le prime sere dopo l'inizio al Palms; mi stendevo sul letto con il mal di testa e un senso di spossatezza assurdi a causa di tutti quei visi sconosciuti che mi passano davanti. Ora non è più così, ma è rimasto il senso di pietà che provo di loro.
La maggior parte non si rende conto di essere destinata al fallimento, l'unica cosa a cui pensano è quella speranza inutile che li lascerà senza soldi; ci sono ricconi che spendono tutti i loro soldi come se fossero noccioline, ragazzi appena ventunenni già presi dal vizio, padri di famiglia che con la speranza di un futuro migliore vengono a scommettere i risparmi del college del figlio.
Il mio istinto all'inizio mi diceva di cacciarli via, di andargli a dire di riprendersi la loro vita trascurata e ricucirne i pezzi; ma non serve a nulla.
C'è solo che abituarsi alla gente ubriaca che cerca di metterti le mani addosso, a quelli che si rovinano la vita e soprattutto a sentir un sacco di musicisti famosi e ricevere una pugnalata quando non senti il suo nome.
Devo rassegnarmi che quella era l'inizio e la fine di tutto, ma non ce la faccio.
Un' altro vassoio di bibite colorate, il millesimo forse, appoggiato in equilibrio sul palmo della mano che ho portato sopra la testa per permettermi di scivolare sinuosa sinuosa tra la folla.
Il lavoro senza dubbio è faticoso e stressante; troppe stanze assegnate all'ultimo minuto e luoghi di lavoro, dove sei richiesta, troppo distanti tra loro.
E' frustrante quando ci sono cinquantacinque piani!
Non sono mai stata assegnata ad incarichi particolarmente importanti, ma non me ne faccio una colpa; lassù il ritmo dev'essere infernale e il modesto tran-tran quotidiano, qui, ai piani bassi, è confortante.
Ho visto molte ragazze in difficoltà alle prese con questo, alcune sono durate neanche un turno ordinario per poi andarsene via spossate lamentandosi dei muscoli indolenziti, altre cacciate perchè non avevano l'attitudine giusta per questo lavoro; una delle regole fondamentali è sorridere.
Il sorriso è finto; non importa. Se tu stai male; non puoi andartene se non hai finito il tuo compito. Le uniche cose importanti qui sono l'apparenza e lo svolgere dei tuoi compiti prestabiliti per la giornata: qui tutti abbiamo un programma.
A distruggere da una rete di pensieri troppo fitta ci riesce, prima di me e molto più efficacemente, la voce ossessivamente iperprotettiva della mia caposala.
" Rose cara, perchè sei ancora qui? Il tuo turno finiva circa... sei ore fa!" Esattamente sei ore e mezzo fa.
"Sai...pensavo di fare più ore per... passare un po' più di soldi ai miei...sai il college di mia sorella", finalmente termino la frase faticosamente messa in piedi per camuffare la realtà.
Bugia assurda, dillo, che non vuoi rimanere a casa sola.
Ti terrorizza.
Ti impaurisce a tal punto che non riesci neanche a seguire il filo del discorso.
Annuisco lievemente cercando di non mettere a fuoco un' immagine tanto dolorosa come appartamento spoglio del calore che caratterizza casa.
Si può chiamare casa un posto dove hai persone che ti attendono impazientemente con il loro affetto; quello che ho io è un buco che una ragazza che voleva la libertà di fare del suo futuro qualunque cosa e invece si trova a fare la sguattera per qualche signore ricco nella città dei casinò.
"Rosaline!Ma mi stai ascoltando?", mi ammonisce, questa volta, Jeanne con la sua voce stridula e il suo sguardo di ghiaccio penetrante ed inquisitore.
Scuoto la testa, un po' per scendere dal torpore affilato dei miei pensieri un po' per diniegare alla domanda.
Impaziente lei sbuffa, roteando gli occhi finemente truccati che hanno attratto la curiositò e irretito molti uomini. " Dicevo... che tu dovresti andare a casa. La produttività quando si è sotto stress o stanchi diminuisce... E poi una cameriera di bell'aspetto come te non dovrebbe avere occhiaie che superano quelle di un drogato!"
Eccole qui di nuovo la vecchia storia della produttività e dell'importanza dell'aspetto sottoscritte anche nel contratto.
"Ma... io non voglio! Tu non puoi-" non riesco a finire la mia protesta, perchè lei incurante della mia opinione, mi sbatte in faccia la solita vecchia, amorevole e poco sincera scusa; "Torna a casa, per il tuo bene"
Mugugno in segno di disapprovazione, ma non serve a nulla, allora capisco che sarebbe più saggio imboccare la via d'uscita, e così faccio lasciandomi alle spalle la chioma rossa e fluente della mia caposala.
"Non scordare di lasciare il tuo auricolare nella sala del personale nel posto contrassegnato dal tuo numero..." continua il suo discorso Jeanne, nonostante sappia benissimo che non avrei ascoltato una sola parola e che sarebbe passata come la squilibrata urlante della situazione.
Ma non le interessa, perchè lei può ottenere ciò che vuole con uno sbattere di ciglia, le sue lunghe e preziose ciglia elegantemente appesantite da uno dei mascara più costosi segnalati da Elle o da Vogue.
Mi apro un varco per uscire da questa sala enorme, è una di quelle in cui è presente un'ampio bancone adibito a bar e sui muri, nella fascia centrale, sono dipinte foglie colorate. Scendo al piano terra con l'ascensore di servizio, e dopo aver fatto quello che premurosamente la mia capa mi aveva chiesto esco velocemente percorrendo la hall sfarzosa adornata da qualche pianta verde brillante posizionata qua è là.
Esco, l'aria pungente e pesantemente inquinata arriva alle mie narici e viene a contatto con il mio corpo vestito di abiti leggerissimi.
Punto lo sguardo all'orizzonte, verso le montagne mentre incosciamente arrivo alla macchina, quasi come ormai fosse un gesto automatico e fossero le mie gambe a essere padrone di me.
Faccio scattare la serratura e rapidamente mi siedo dentro il mio veicolo, non proprio alla moda, e portando le mani alla gomma del volante poggio la testa rassegnata su di esso.
Sospiro.
Questo sentimento crescente, anche se celato, mi riesce facile, quasi immediato da riconoscere.
La rabbia per non aver fatto quello che volevo, quella stessa che nasce dalla consapevolezza di sprofondare nel mio stato abituale di crisi una volta tornata a casa, all'interno delle quattro mura che mi allontanano da tutto ciò che mi potrebbe sanare.
Il rancore che mi ricorda di averla data vinta a Jeanne.

It feels like I'm losing again
When I've lost everything
I'm sure I will see more clearly
Lose what I'm feeling to them
And not feeling anything


Accendo il motore, che subito si annuncia rombando un poco, per poi seguire la solita strada per casa.
Colori indistinti mi passano davanti agl'occhi sfrecciando sulle strade oscure della città dalle mille e mille isegne luminose e intemittenti.

Spazio Autrice:
Colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che l'anno scorso hanno commentato e letto la One-Shot ' Looking at the stars'.
Sono contentissima del successo che ha avuto, e spero che anche questa Long Fiction vi colpisca.
La canzone che ho inserito è Simplest Mistake dei Seether.
Se avete l'occasione e la voglia di scoprire qualcosa di nuovo, fatelo perchè loro meritano davvero.
Spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo, fatemi sapere che ne pensate!
Un bacione a tutti.

  
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