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Autore: Sognatrice_2000    29/07/2014    2 recensioni
Shiho Miyano è una giovane ma bravissima dottoressa che svolge il suo lavoro con passione,guarendo anche le persone che apparentemente non hanno nessuna speranza. Il destino sembra giocarle un crudele scherzo,facendola innamorare di un paziente misterioso e affascinante affetto però da un grave tumore che non riesce a curare in nessun modo.
Egli,inizialmente attratto solo in modo fisico da lei,poco per volta svilupperà un sentimento più profondo nei suoi confronti,ammirato dal coraggio e dalla forza di quella giovane donna così matura e altruista che sembra decisa ad aiutarlo a superare la sua malattia a tutti i costi.
La storia d’amore che nasce tra di loro però comporta per Shiho,poco a poco,la rivelazione di una realtà sempre più assurda e inquietante,nonché la morte di sua sorella,unica testimone di quell’impensabile verità, avvenuta in circostanze misteriose.
Shiho si ritroverà coinvolta in un’incredibile avventura,catapultata in un passato ricco di intrighi,colpi di scena,odio,amore,speranze e sofferenze. Riuscirà ad affrontare i fantasmi di un passato crudo e doloroso, pronti a mettere in discussione tutta la sua vita e le sue convinzioni?
Genere: Drammatico, Erotico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Akemi Miyano, Gin, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Capitolo 1:
 
“Dottoressa Miyano!”
L’ennesima voce che mi chiama arriva da un corridoio alla mia destra,in una saletta che comprende esclusivamente apparecchiature mediche. Sbuffo accellerando il passo e stringendo sotto al braccio una cartellina bianca con i risultati degli esami di un mio paziente.
“Dottoressa,mi scusi”Una giovane infermiera si affaccia ad una porta lungo il corridoio, facendomi un cenno con la mano “Avrei bisogno di lei.”
Alzo gli occhi,esasperata. “Un momento,arrivo subito.”
Entro nella saletta incrociando un giovane dottore che mi si avvicina preoccupato: “Abbiamo un problema con questo macchinario.”
Lo scruto seccata,domandandomi che razza di personale hanno assunto in questo ospedale. È mai possibile che non sappiano come gestire una sciocchezza come questa?
Mi avvicino sicura,armeggiando con un paio di cavi e in un attimo l’apparecchio torna a funzionare come prima. Il dottore mi guarda allibito,si toglie gli occhiali e mi guarda. “Wow”Lo sento sussurrare con gli occhi sbarrati.
Probabilmente si starà domandando se ho qualche potere sovrannaturale o cose del genere. Solo che io,a differenza sua,ho studiato la scienza e la medicina.
“La prossima volta veda di riuscirci da solo,io sono molto occupata in reparto. Adesso mi scusi,ma devo proprio andare.”Esco di corsa,tornando nella stanza dove mi aveva chiamato poco prima l’infermiera.
“Allora,cosa c’è?”
“Ecco… potrebbe controllare il risultato di questo esame? È del paziente che è stato ricoverato ieri…”Dice porgendomi timida un fascio di fogli bianchi accuratamente spillati.
Li sfoglio velocemente. “Lo so,l’ho già visitato,ha una frattura alla spalla destra. Sarà abbastanza complessa da curare,ma nel giro di due mesi potrà tornare a muoversi come prima. Non sono evidenziate anomalie di nessun tipo. Tieni.”Le restituisco i fogli,e lei mi ringrazia allontanandosi con un sorriso.
Sospiro quando un’altra infermiera,leggermente più anziana,mi chiama dalla stana accanto: “Mi scusi,dottoressa…”
Mi avvicino rassegnata,mentre lei mi porge un altro plico di fogli.
“Questi sono i risultati degli esami del sangue di Hiromi Suzuki,una delle sue pazienti che verranno dimesse domani. Dovrebbe controllarli”Dice in modo un po’ meno gentile, indicandomeli.
Lanciò una rapida occhiata ai dati e ai numeri impressi sulla carta,e glieli restituisco rispondendo secca: “Perfetto,i valori sono nelle norma. È presente qualche alterazione nei globuli bianchi,ma dovuta al malessere persistente di questi giorni. Verrò ad effettuare un altro controllo dopo la pausa pranzo.”
Finalmente riesco a raggiungere l’ascensore,e schiaccio il pulsante del primo piano, dove si trova il mio ufficio.
Da una stanza però vedo uscire uno dei pazienti,un anziano signore che si è appena operato ad una gamba e ora si muove temporaneamente su una sedia a rotelle.
“Aspetti,dove sta andando?”Lo richiamo dolcemente,afferrando i manici per bloccarlo. “Deve tornare nella sua stanza,ha bisogno di riposare.”
“Non voglio…”Si lamenta lui come un bambino piccolo. “Gli ospedali mi fanno paura…”
Sorrido intenerita. A differenza di alcuni miei colleghi,io amo il mio lavoro e  sono felice di occuparmi dei pazienti,di poter garantire ad ognuno di loro la giusta cura per farli tornare alla loro vita di sempre.
“Anch’io quando ero piccola provavo un vero terrore nei confronti degli ospedali,ma poi ho capito che non ce n’è motivo. È solo un posto dove ci fermiamo qualche giorno per curarci e aspettare di tornare alla nostra solita vita sani come un pesce.”Cerco di essere il più convincente possibile,e mentre parlo non smetto di sorridere. So benissimo che non è così,ma dopotutto questo paziente non ha niente di grave,e ha bisogno di essere incoraggiato e di trovare intono a sé calore e comprensione.
“Allora,torniamo dentro?”
“Va bene”Sussurra lui,chinando lo sguardo.
“Su,non faccia così. La sua gamba sta guarendo perfettamente,tra qualche giorno potrà essere di nuovo a casa. Adesso torniamo in camera,ho chiesto all’infermiera di portarle un pasto buono e sostanzioso.”Afferro i manici della carrozzella e la spingo fino alla sua camera.
Lui mi guarda con gratitudine,ed io provo un po’ di sollievo. Sono contenta di pensare che sia riuscito a sentirsi un po’ meglio grazie alle mie parole.
Un ammalato guarisce prima se oltre ad una pastiglia gli porti anche un bel sorriso, questo mi sono sempre detta. È la logica che fa funzionare il mio lavoro,perché la prima cosa che deve star bene è la mente,non il corpo.
“Grazie”Mi dice con il sorriso di un bambino delineato sul suo volto rugoso. Io lo aiuto a scendere e a mettersi a letto,rimanendo lì finché non si presenta l’infermiera con il vassoio del pranzo.
“Tornerò a visitarla oggi pomeriggio”Sorrido incoraggiante prima di uscire.
“Da quando c’è lei,dottoressa,gli ospedali mi fanno meno paura.”Afferma ingenuamente lui.
“Grazie. Cerchi di non affaticarsi,ci vediamo più tardi.”
Esco a passo svelto,ma vengo nuovamente richiamata da un infermiere. Spero vivamente che sia l’ultima richiesta della mattina.
“Che c’è?”
“Potrebbe aiutarmi a sostituire questa flebo?”Mi domanda un po’ timoroso. “Sa,ho cominciato il mio lavoro da poco,e so che lei è molto brava…”
“Certo,lasci fare a me.”Sostituisco il tubicino al braccio della donna sdraiata sul letto della camera in modo veloce e preciso.
“Ecco fatto,non ci dovrebbero essere problemi adesso. La lasci riposare,non ha molte forze dopo la dieta che si è imposta per giorni. E magari quando si sveglia le porti una zuppa di verdure. Non può ancora ingerire cibo solido perché il suo organismo si deve riabituare lentamente ad un nuovo regime alimentare,ma le verdure sono sostanziose e salutari,la faranno sentire meglio.”Anche se sono stanca, non posso fare a meno di preoccuparmi e di dare qualche consiglio a coloro che si occupano dei pazienti che sto seguendo in questo periodo. Conosco la situazione di ognuno di loro,e mi rallegro sempre quando vedo i volti felici di coloro che sono guariti e tornano a casa. Molti vengono a ringraziarmi,sostenendo che li ho aiutati molto,ma secondo me il merito è soltanto del loro amore per la  vita,che li ha spinti a lottare per trovare la forza di guarire.
“D’accordo,dottoressa”Il giovane mi guarda con ammirazione,ed io lo saluto uscendo per andare verso il mio ufficio. 
Apro la porta,sollevata per non aver ricevuto altre chiamate,e poso sulla scrivania i risultati della radiografia effettuata al braccio di un bambino che verrà dimesso oggi,quelli che avevo in mano e non ero riuscita a posare a causa dei continui richiami da una parte all’altra.
Soddisfatta li esamino: l’osso si è perfettamente ricomposto e tutto è nella norma. Il gesso potrà essere tolto senza alcun problema. Preparo il foglio di dimissione al computer,sedendomi sulla sedia girevole di pelle nera,e dopo averlo completato con tutte le informazioni,mi affretto a fotocopiarlo e a rilegarlo in una cartellina assieme ai risultati della radiografia.
Poso tutto sulla scrivania aggiungendovi un piccolo orsetto e un lecca,decidendo di passare dal mio piccolo paziente subito dopo l’orario della pausa pranzo.
Mi stiracchio le braccia,lanciando un’occhiata all’orologio e impallidendo all’improvviso: in realtà mancano solo dieci minuti alla fine della pausa. Ho impiegato tutto il tempo ad occuparmi dei pazienti e non mi sono accorta del tempo che passava. Proprio ora che ho finito non mi resta abbastanza tempo per rilassarmi, e come se non bastasse ho un sacco di visite nel pomeriggio.
Mando indietro la sedia decidendo di tornare al piano di sotto per prendermi un caffè. Non sarà così grave saltare il pranzo per un giorno,dopotutto la salute dei miei pazienti è più importante.
Le porte dell’ascensore si aprono automaticamente,ed esco fermandomi davanti al distributore di bibite e selezionando la voce “Caffè”.
Con la tazza bollente in mano entro nella sala riunioni,dove spesso discuto con i miei colleghi e dove alcuni a volte si rifugiano per riposarsi dal lavoro.
Sorseggio il caffè alzando lo sguardo stupita. C’è un’altra mia collega che sta sbocconcellando un panino,seduta tranquillamente al tavolo.
Appoggio sul piano il bicchierino vuoto e mi sfugge uno sbadiglio.
“Sempre richiestissima,Shiho?”Ran Mouri mi sorride dolcemente,alzandosi e abbracciandomi.
Io ricambio un po’ rigida,non sono abituata a tutta questa gentilezza e spontaneità.
“Anche oggi non hai pranzato? Dovresti riposarti un po’,non ti fa bene lavorare così tanto…”Mi guarda accigliata,e in quell’istante penso che la somiglianza tra lei e mia sorella Akemi sia davvero impressionante.
Anche lei mi guarda sempre con aria di rimprovero quando vede che porto dei fascicoli a casa e resto sveglia fino a tardi a studiare libri di chimica e medicina.
Alzo le spalle indifferente,ormai abituata a questi discorsi: “Non ti preoccupare,mi sento benissimo. Vado un attimo alla toilette a rifarmi il trucco,tra cinque minuti finisce la pausa e ho ancora un sacco di pazienti da visitare.”
Ran scuote la testa,ma non aggiunge altro in proposito. Dice solamente: “Vengo anch’io,aspettami.”
Le lanciò un’occhiata furtiva mentre cerca la trousse del trucco nella borsa. All’inizio,quando l’ho conosciuta,non mi stava particolarmente simpatica:la consideravo una ragazza solare,sempre allegra e disponibile,di una dolcezza che raramente si trova,troppo perfetta insomma. È il ritratto di mia sorella,e di conseguenza il mio esatto opposto.
Ho sempre provato invidia per il fatto che,pur avendo un anno meno di me,abbia un ragazzo fantastico che l’aspetta quando ha finito di lavorare. Si chiama Shinichi Kudo,ed è un detective abbastanza famoso per il suo geniale intuito,amico d’infanzia di Ran.
Alto e magro,capelli mori,occhi azzurri,un carattere dolce,comprensivo e altruista,il fidanzato ideale. Almeno,questo è sempre ciò che mi ha detto Ran,anche se l’ho visto diverse volte ad aspettarla,e mi è sembrato proprio un bravo ragazzo come dice lei.
Non sono innamorata di lui,questo no,solamente mi dispiace rendermi conto che lei ha trovato il ragazzo perfetto,mentre io,a ventisei anni,sono ancora sola.
Non ho il diritto di provare gelosia,insieme sono davvero una bella coppia, certamente sono fatti l’uno per l’altra. E io? Quando incontrerò un ragazzo altrettanto bello e simpatico di cui innamorarmi?
“Andiamo?”
Ritorno alla realtà,e insieme entriamo nel bagno adiacente alla sala. Davanti allo specchio ho un sussulto: sono terribilmente pallida,forse sto davvero lavorando troppo. Non mi ero mai resa conto di essere così magra. Il camice bianco che indosso,prima sempre stretto e aderente,ora è addirittura largo.
“Te l’avevo detto che lavori troppo,Shiho” Ran finisce di passarsi l’ombretto e si dà un’ultima occhiata in quella grande superficie di vetro,poi mi scruta preoccupata.
“Vai a mangiare qualcosa,ti sentirai meglio”Mi incoraggia continuando a sorridere in modo dolce,come una bambina.
Questo è uno dei motivi per cui sto iniziando a trovarla meno antipatica: è sempre in ansia per me,quasi fossi la sua migliore amica,e davanti alla sua genuina gentilezza non posso fare a meno di sorridere anch’io. Ran è una grande lavoratrice e si impegna al massimo in quello che fa. Ama curare le persone,la sua smisurata bontà l’ha portata a scegliere questo mestiere,perché,come mi ha detto più volte,le piace l’idea di poter donare di nuovo il sorriso ai pazienti.
È proprio come me,solo che lei prende il lavoro in modo normale. Se entrambe siamo serie e interessate davvero alla salute dei pazienti,io spendo le mie energie solamente su questo,perché non ho altri interessi,non ho altre persone che mi aiutino a distrarmi. Né amici,né un fidanzato. Anche mia sorella si è trasferita da poco in un’altra casa,e ci vediamo sempre meno. I miei genitori sono morti quando ero molto piccola,e non posso neanche contare su questo appoggio.
Ran invece non sta sveglia tutta la notte a studiare,ma lo fa solo fino all’ora di cena; non salta la pausa pranzo per occuparsi dei pazienti e dare istruzioni alle infermiere, lo fa dopo essersi giustamente riposata.
Sento una fitta d’invidia: vorrei tanto essere anch’io come lei,lavorare con passione e costanza,ma nel giusto modo e nel giusto tempo. Anche in questo lei è perfetta.
“La vita non è fatta solo di lavoro,Shiho”Sospira Ran. Per me sì,invece. Il lavoro è la mia passione e la sola occupazione che ho. Non devo pensare ad altro,nemmeno nei miei giorni liberi.
“Non preoccuparti,Ran”Sorrido stancamente,ma non credo di averla convinta. “Mi do una sistemata e vado,ho molte faccende da sbrigare.”
Ran mi lancia un ultimo sguardo,un po’ scettico,poi apre la porta ed esce.
Sospiro tornando a guardarmi allo specchio. Ho un aspetto davvero orribile.
Passo un po’ di acqua fredda sul viso e mi lavo velocemente le mani,cercando di far aderire un po’ di più il camice al mio corpo.
Il rossetto è un po’ sbavato sul mento,quindi lo pulisco e ne do un’altra ripassata sulle labbra,notando con piacere che il rosso vivo le rende più carnose e meno secche. La matita per fortuna copre le occhiaie ed esalta l’azzurro delle mie iridi,e il fard dà un po’ di colorito alle mie guance pallide.
Mi liscio i capelli ramati in un veloce tentativo di pettinarli,giudicando il mio aspetto decisamente migliore rispetto a quando sono entrata. Come ultima cosa mi spruzzo una buona dose di profumo alla rosa,il mio preferito,per questo ne porto sempre un flaconcino con me. Esco di corsa per riprendere il lavoro,e torno nel mio ufficio.
Nel primo pomeriggio passo dal bambino che si era procurato una frattura al braccio e tolgo il suo gesso,permettendogli di tornare a casa con una firma dei genitori e due piccoli regalini che avevo già preparato. Quando mi getta le braccia al collo mi sento stringere il cuore,e il suo sorriso fresco e felice è il miglior regalo che potessi mai ricevere.
Sua madre mi ringrazia con gli occhi lucidi,e so bene che cosa voglia dire quello sguardo: quando suo figlio era venuto qui,più di un mese fa,tutti gli altri dottori dicevano che con una frattura così brutta il braccio non sarebbe più tornato come prima,ma io mi sono impegnata a realizzare una particolare fasciatura che potesse garantirgli nuovamente di poter muovere il braccio come prima.
Lo saluto commossa,raccomandandogli di non affaticare il braccio per qualche giorno,ridendo dentro di me quando lo vedo fare i capricci perché vuole restare qui. E pensare che quando l’avevo visto la prima vota piangeva in continuazione perché gli mancava la sua casa.
Saluto anche la signora Hiromi,che ha avuto disturbi intestinali abbastanza seri,ma adesso è completamente guarita. L’ho visitata l’ultima volta dandole una cartellina con l’alimentazione da seguire nella prima settimana,e anche lei mi ha abbracciata sorridendomi e ringraziandomi. Sono stata io ad occuparmi della sua guarigione, seguendola durante tutto il suo percorso,curando la sua alimentazione e scegliendo la cura appropriata.
Poi passo dal signore anziano che avevo incontrato durante la mattina,passando molto tempo con lui per fargli compagnia e rassicurarlo sulla salute della gamba appena operata.
Il resto della sera lo passo passando freneticamente da una stanza all’altra,e quando arriva l’ora di andare a casa sono sfinita,ma orgogliosa di aver portato a termine il mio compito. Mi sfilo il camice e spengo la luce dello studio,dirigendomi verso l’ascensore mentre mi abbottono l’impermeabile rosso. Siamo a ottobre,ma quest’anno a Tokyo fa veramente freddo. Dopo aver salutato Ran scendo nel parcheggio sotterraneo e salgo sulla mia macchina,guidando per un quarto d’ora,fino a fermarmi davanti alla villetta dove abito.
Frugo alla ricerca del mazzo di chiavi e apro la porta,gettando la borsa a terra. Mi sfilo il cappotto e sprofondò nel morbido sofà del soggiorno,pensando a cosa cucinare per cena.
Mentre apro il frigo,inaspettatamente,mi ritrovo a pensare alla conversazione che ho avuto con il mio paziente più anziano,quel pomeriggio,e che mi ha tanto turbata…
 
 
“Non si preoccupi,è tutto a posto. La gamba sta guarendo in fretta dopo l’operazione,la seguirò io durante tutto il percorso di riabilitazione.”Gli avevo detto dopo averlo visitato,cercando di rassicurarlo. “Presto potrà tornare a casa,capisco che questo non sia il posto migliore dove trovarsi,ma sarà ancora per poco.”
Lui aveva abbassato lo sguardo,sussurrando sofferente: “Non è quello che mi spaventa,dottoressa. Quando tornerò non ci sarà nessuno ad aspettarmi.”
Il mio cuore aveva avuto un tuffo,ma avevo cercato di mantenere il mio sorriso e la mia espressione calma.
“Mia moglie è morta l’anno scorso e non abbiamo avuto figli… da allora mi sento sempre così solo…”
Dopo aver sentito quelle parole,avevo ricacciato indietro le lacrime con difficoltà,stringendogli una mano.
“Lei non è solo,io l’aiuterò a superare la guarigione.”
“La ringrazio,dottoressa,lei è sempre così gentile…”
“Anche io sono sola,quando torno a casa dal lavoro non c’è nessuno che mi aspetta. Ma non mi pesa.”Avevo mentito. “Amo il mio lavoro,e posso considerarmi davvero fortunata a poter restituire la salute e il sorriso a così tante persone.”Questo era vero,ma non bastava a riempire la mia vita. Tuttavia ho evitato di dirlo.
Lui mi aveva guardata,sembrava stupefatto: “Eppure lei è sempre così allegra…”
 
 
Una lacrima scivola veloce sul mio viso,ed io mi affretto ad asciugarla. Sembro allegra,ma non lo sono. Manca qualcosa di essenziale nella mia vita,anche se nella mia presunzione,ho sempre creduto che non dovessi aver bisogno degli altri.
Lo squillo del telefono interrompe all’istante il groviglio dei miei pensieri. Afferro la cornetta,dalla quale esce la voce entusiasta di mia sorella.
“Shiho-chan! Come stai? È da tantissimo tempo che non ti fai sentire,spero che tu stia lavorando un po’ meno…”
La lascio parlare,senza ascoltare veramente tutto ciò che dice,poi,accortasi del mio silenzio,Akemi si blocca.
“Shiho,ci sei?”Mi domanda apprensiva.
“Sì,Akemi”Rispondo,cercando di non far trasparire la mia stanchezza,ma è troppo difficile e credo che lei se ne sia accorta.
“Perché stasera non ceniamo insieme al ristorante? Così potremmo parlare un po’ come ai vecchi tempi,non ci vediamo da un secolo!”La sua proposta mi coglie di sorpresa,ma mi affretto ad accettare. Una cena con la mia sorellona è proprio ciò che ci vuole per scacciare via la tristezza. Lei è sempre stata in grado di farmi vedere la vita sotto una luce di speranza e ottimismo.
“Stasera mi racconterai tutto per filo e per segno,sorellina! Come va il lavoro? Benissimo,conoscendoti. Sono sicura che tutti i pazienti fanno a gara per farsi visitare da te… e per il resto?”Mia sorella calca con malizia le ultime parole, accompagnandole con un risolino.
“Il resto cosa?”
“Non so,devi dirmi tu Shiho-chan… c’è qualche dottore carino che lavora con te?”
“Akemi! Cosa ti salta in mente? Quando sono sul posto di lavoro non penso certo a divertirmi con i colleghi!”Sbotto allibita,capendo a cosa allude.
“Sei troppo seria,sorellina. Così non va bene,resterai single a vita.”
“Akemi!”Esclamo con la voce strozzata per l’imbarazzo. Detesto essere presa in giro su questo argomento. Mia sorella lo sa e mi stuzzica apposta. "Ti ricordo che io sono in grado di trovarmi da sola un fidanzato!"
La sua risata cristallina echeggia nel ricevitore: “D’accordo,d’accordo,ma scegline uno che non sanguini. Per ora mettiti qualcosa di carino e fatti trovare alla stazione alle sette e mezza. Conosco un bel ristorante dove mangiare.”
Sorrido e la saluto,affrettandomi a cambiarmi. Sembro uno zombie,ho ancora addosso i vestiti che ho portato tutto il giorno e il trucco completamente disfatto.
Dopo aver trascorso una ventina di minuti in bagno,ammiro soddisfatta il mio operato: il tailleur nero che ho indossato mi fa sembrare un’elegante donna d’affari, e gli splendidi orecchini argentati a forma di perla che mi ha regalato Akemi per il mio venticinquesimo compleanno s’intonano perfettamente con il resto del mio abbigliamento.
Afferro la giacca e la borsa nera,dirigendomi verso la porta. Per stasera non voglio pensare a niente,voglio solo ridere e scherzare con mia sorella,isolarmi da tutte le mie preoccupazioni e rilassarmi.
Un sorriso si apre sulle mie labbra,quando le dita della mia mano si posano sulla maniglia. Ripenso alle parole con cui ho risposto all’anziano signore oggi pomeriggio…
 
 
“Ha ragione,sono allegra,perché sono convinta che per me ci sarà sempre qualcuno. Ci sarà mia sorella,ci saranno i pazienti che ho curato e a cui voglio bene,e anche i miei genitori,che mi guardano da lassù. Anche per lei sarà così,deve credermi.  Ognuno di noi può contare su stesso,ed è già molto. Perché la vera solitudine non esiste.”
 
 
E ci credo sempre.
 
  
 
  
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