Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Flajeypi    29/07/2014    4 recensioni
Il finale di Mockingjay mi ha lasciato l'amaro in bocca.
Come hanno fatto Peeta e Katniss a ritrovarsi? Che ne è stato di Gale? E degli altri?
L'ho immaginato così.
[Dal primo capitolo]
Vorrei dirgli che se se andasse per me sarebbe la fine: smetterei di alzarmi dal letto, di lavarmi, di mangiare, di vivere. Sopravvivrei, certo, perché incapace di uccidermi per via del debito che sento nei confronti di tutte le persone che hanno perso la propria vita per salvare la mia, ma questa non sarebbe una vita degna di essere vissuta. Vorrei dirgli che quando ha piantato le primule avevo creduto che fosse tornato da me, che avevo pensato che forse le cose sarebbero potute andare, se non bene, almeno meglio di come andavano prima. Ma non so farlo. Io non so parlare, non so esprimere i miei sentimenti, era lui che smuoveva le folle con le sue parole. Così rimango lì, a fissarlo, mentre lo vedo scrutarmi l’anima attraverso gli occhi.
“Ho capito”, dice. Ed io non ho idea di cosa abbia capito, ma dopo averlo detto mi stringe a sé e a me basta questo: è una promessa, significa “resterò, nonostante tutto”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mentre cadevo mi hai preso la mano

A Hunger Games Fanfiction



10. Grazie, angelo

Tabula rasa. Vuoto totale.
Fisso il mio riflesso nello specchio. Sbatto le palpebre velocemente per far cadere le goccioline d’acqua che mi scivolano sugli occhi dalla fronte bagnata. Unisco nuovamente le mani a coppa, le infilo sotto il getto del rubinetto e con un gesto veloce mi butto altra acqua sul viso. Poi, ritorno a guardarmi allo specchio. Vado avanti così per un po’, ripetendo meccanicamente sempre gli stessi gesti.
Niente. Non so cosa dire.
Negli ultimi giorni, ho passato praticamente tutto il mio tempo a pensare a cosa dire una volta che mi avranno messa davanti a quella telecamera per parlare ai cittadini di Panem. E il risultato è che non ho trovato nemmeno una parola da dire, non una singola frase che possa convincere la gente a smettere di compiere questi scempi omicida che seminano solo dolore e disperazione.
“Siamo esseri umani. Tutti. Nessuno merita di morire per mano di un essere umano come lui, in un’arena, per il divertimento di altri esseri umani”, dico fissando i miei occhi, in un dialogo con me stessa. No, non ci siamo.
“Per anni, ho camminato per le strade del mio distretto guardando la fame, la povertà, la paura. Provandole io stessa. Ed ora, che questa Ribellione sembra aver fatto la differenza, vogliamo annientare tutti i buoni risultati ottenuti?”, riprovo, concentrandomi sulle mie labbra, questa volta. Niente da fare. Sarò anche stata il volto della Rivoluzione, ma la vera voce era Peeta. Lui è naturalmente portato a parlare con le persone, a convincerle, a farle sentire a proprio agio. Io non parlo, agisco.
“Ho fatto una promessa a me stessa quando ho realizzato che gli Hunger Games erano finalmente finiti: nessun altro avrebbe dovuto provare la stessa paura che migliaia di ragazzini hanno provato ad ogni Mietitura, nessun altro avrebbe dovuto vivere l’Inferno che hanno passato tutti i Tributi di tutte e 75 le edizioni dei Giochi della fame”, scuoto la testa già alle ultime parole. Neanche queste vanno bene.
“E nessuno lo farà. Non finché ci saremo noi ad impedirlo”
Sobbalzo e mi irrigidisco stringendo le mani sui bordi del lavandino, colta alla sprovvista, salvo rilassarmi poi, quando realizzo chi è stato a parlare e che ora mi fissa stando fermo sotto lo stipite della porta del bagno. Mi rendo conto di essere stata davvero assorta, per non accorgermi dei suoi passi pesanti.
“Scusa, non volevo spaventarti. La porta era aperta e, dato che non mi hai sentito bussare, ho pensato di venire a chiamarti fino a qui”, dice Peeta grattandosi la testa, come fa quando è nervoso o imbarazzato.
“Da quanto sei lì?”, gli domando voltandomi verso di lui.
“Poco. Ho sentito solo un paio di tentativi”, mi risponde accennando un sorriso.
“Come ti sembravano?”, chiedo sbuffando e tornando a guardare il mio riflesso nello specchio.
“Buoni. Anche se credo che con gli occhi che ti ritrovi, ti basterebbe solamente fissare in camera e sortiresti lo stesso effetto di ore ed ore di parole toccanti. Le persone verrebbero rapite dal tuo sguardo, marcerebbero in capo al mondo se gli chiedessi di farlo guardandoli con quegli occhi”, dice facendo un paio di passi e posizionandosi dietro di me, così che possa vedere il suo viso riflesso nello specchio senza dovermi girare. Lo fisso senza sapere bene cosa dire o fare, mentre le guance mi si colorano di rosso.
“Il mio sguardo da solo non basterebbe a darvi il tempo di mettere in salvo quei ragazzi”, dico alla fine, cercando di non guardarlo negli occhi.
“Non ci scommetterei”, dice mentre mi circonda con le braccia abbracciandomi da dietro. E’ un gesto così intimo che in un primo momento arrossisco e ho l’impulso di staccarmi da lui e fuggire via. Però poi mi lascio cullare dal suo calore e gli stringo le mani con le mie, forte, ricambiando il suo abbraccio come posso. Peeta appoggia la testa sulla mia spalla, girandosi verso di me per continuare a guardarmi in viso e, nel farlo, mi sfiora il collo con la punta del naso, provocandomi una serie infinita di brividi lungo la schiena.
Il Ragazzo del pane è sempre stato un tipo affettuoso ed espansivo, ma negli ultimi giorni ha cominciato a riservarmi queste piccole attenzioni e carezze che mi confondono e mi impauriscono allo stesso tempo. “Cosa siamo? Cosa prova per me?”, sono queste, in genere, le domande che mi assalgono in questi momenti.
“Le interviste stanno per iniziare”, mi dice tagliando il filo dei miei pensieri. Parla a bassissima voce, come se avesse paura di disturbare qualcuno che riposa nella stanza affianco.
“Dobbiamo andare”, completo la sua frase facendolo sorridere mentre annuisce solleticandomi nuovamente il collo con il naso.
“Ecco, ti aspetto di là”, risponde lasciandomi andare e uscendo dalla stanza, non prima di avermi stampato un bacio sulla guancia, facendomi arrossire ulteriormente.
 
Fa tutto un altro effetto guardare da fuori. Durante la parata ero troppo presa dai costumi dei Tributi per pensarci, ma assistere da mentore a questa follia è davvero strano per una come me che ha vissuto per due volte l’incubo di essere un Tributo. E’ così che realizzo che Caesar fa quello che può per tentare di valorizzare i Tributi, per dargli una possibilità di riscuotere successo tra gli sponsor e riuscire a sopravvivere nell’arena. E con questi Tributi il suo sforzo è ancora più evidente. Mi domando quanti figli dei suoi amici ci siano tra i ragazzini che sta intervistando, quanti di loro abbia visto crescere e quanti di loro non vuole che muoiano in quell’arena. Credo tutti. Mi domando se abbia scelto di diventare presentatore degli Hunger Games o se, magari, si è trovato immischiato in qualcosa più grande di lui proprio come è successo a me.
Le interviste procedono veloci, finché non arriva il suo momento. Caesar la chiama sul palco e, improvvisamente, la folla che prima applaudiva e vociava, zittisce di colpo.
Evelyn avanza lentamente verso la poltrona vuota al fianco di Caesar. Nel suo vestito bianco sembra un angioletto ed è proprio su questo punto che abbiamo lavorato quando l’ho preparata a questo momento: l’obiettivo è far dimenticare alle persone i suoi natali, di farla apparire per quello che è: una ragazzina dolcissima che non ha colpe per le azioni orribili compiute dal nonno.
“Allora Evelyn, pare che stasera abbiamo un pubblico difficile. Senti che silenzio!”, scherza Caesar per rompere il ghiaccio.
“Per me il silenzio è un segno di rispetto, Caesar. Vuol dire che hanno voglia di ascoltare seriamente ciò che ho da dire”, risponde Evelyn con un sorriso rivolto alla platea che continua a non emettere un suono. Bella risposta, angelo.
“E dimmi, come ti senti ad essere il Tributo affidato alla Ghiandaia Imitatrice? E’ stato difficile per voi?”, inizia Caesar, facendo la domanda che tutti aspettavano.
“Mi sento bene. Katniss è silenziosa per la maggior parte del tempo, ma quando parla … beh, quando parla capisco perché sia diventata il simbolo della Rivoluzione e perché la gente la ami tanto. Lei è pura e sincera. Non mentirò dicendo che non è stato difficile all’inizio parlare con lei. Ogni volta che la guardavo, mi venivano in mente tutte le cose orribili che ha subito per colpa di mio nonno. Eppure è stata una delle prime cose che mi ha detto: “Non sentirti in colpa per cose che non hai fatto”. Le devo molto. Credo di poter dire che oggi sono una persona diversa grazie a lei”, dice Evelyn guardando nella mia direzione per tutto il tempo. Non mi accorgo nemmeno della lacrima solitaria che mi ha solcato la guancia, finché non vedo la mia faccia commossa proiettata su tutti gli schermi in sala. Questa ragazzina è davvero un angelo.
Quello che succede dopo mi lascia a bocca aperta. Ogni singola persona nella sala, una dopo l’altra, si alza in piedi e ripete il gesto di saluto del Distretto 12 verso Evelyn. Finalmente, la gente ha capito che questa ragazzina è innocente. Lo vedo negli occhi delle persone intorno a me che hanno capito che Evelyn non c’entra niente con suo nonno, proprio come l’ho capito io la prima volta che ci siamo incontrate e abbiamo parlato. E non so perché, ma questo aumenta la mia fiducia nel nostro piano. Ce la faremo, per loro. Per Evelyn. E a quel punto anche queste persone capiranno che né i Giochi della Pace, né nessun altro tipo di Hunger Games sono necessari, che dobbiamo restare uniti se vogliamo che il nostro paese prosperi senza ingiustizie.
Evelyn si alza in piedi e fa un inchino verso il pubblico per ringraziarlo, giusto prima che il segnale acustico ci avverta che il suo tempo è scaduto.
Caesar chiama Xander sul palco e, quando lungo la strada lui ed Evelyn si incrociano, ho l’impressione – insieme a tutta la platea che si pronuncia in un sonoro ‘Ooooh’ -  di vedere le loro mani sfiorarsi e poi stringersi l’un l’altra per un attimo. Questa cosa non l’avevamo provata, penso guardando Peeta interrogativamente mentre lui mi restituisce il mio stesso sguardo sconcertato facendo spallucce. In effetti mi era sembrato che quei due si conoscessero già quando li ho visti insieme la prima volta, solo che mi erano sembrati più complici che innamorati.
A questo punto so già cosa gli chiederà Caesar, il problema è che non so quanto sarà contento di rispondere a questa domanda il tenebroso Xander.
“Una bella entrata in scenda la tua, Xander”, dice infatti Caesar.
“A cosa si riferisce?”, risponde lui con un sorrisetto.
“Oh, ti prego, dammi del tu! Tornando a noi, pare che ci sia del tenero tra te e la dolce Evelyn, oppure 10 mila paia di occhi hanno visto male?”, scherza Caesar.
“Direi che non hanno visto male, Caesar”, conferma Xander con un pizzico di rossore sulle guance.
“Fantastico, fantastico! E’ proprio nello stile del tuo mentore fare scalpore alle interviste”, commenta Caesar facendo l’occhiolino a Peeta, che intanto viene inquadrato da tutti gli schermi mentre sorride in risposta allo strambo presentatore e alza una mano in segno di saluto al pubblico.
“In realtà, Peeta non sapeva niente. Non era previsto che tutti voi ne veniste a conoscenza”, ribatte Xander. Qual è la sua tattica? Che sia d’accordo con Evelyn? In effetti le mie sensazioni, in genere, si rivelano fondate quindi, considerato il fatto evidente che Evelyn e Xander sono molto bravi a fingere, le alternative sono due: o hanno finto di non provare niente l’uno per l’altra davanti a me e Peeta oppure stanno fingendo il contrario davanti a tutta Panem. Furbi lo sono senz’altro. Innamorati? Lo scoprirò a breve. Eppure quel gesto, la stretta delle loro mani, sembrava così spontanea che comincio a nutrire qualche dubbio verso le mie capacità di analizzare e capire le persone che mi stanno intorno. E improvvisamente mi sento come quando seduto al posto di Xander c’era Peeta, durante la sua intervista per i Settantaquattresimi Hunger Games. Ricordo di non aver creduto ad una singola parola uscita dalla sua bocca, eppure alla fine si è rivelato essere il più sincero tra noi due. Allora avevo commesso un grave errore di giudizio. Ma adesso?
“Bene, Xander. Per quanto a tutti piacerebbe sapere di più sui Nuovi Sfortunati Amanti, ho l’obbligo di porti qualche domanda personale. Questa è la tua intervista, il protagonista sei tu”, dice Caesar incontrando le proteste del pubblico avido di storie di questo genere. Io, dal canto mio, continuo a domandarmi perché alla gente piacciano tanto gli amori impossibili di questo tipo. Cosa c’è di tanto bello nell’amare sapendo che tra poco uno dei due, se non entrambi, sarà morto? Ricordo di aver letto in un libro vecchissimo trovato in biblioteca molto tempo fa, prima della morte di mio padre, della storia di due giovani che si amavano alla follia ma che non potevano stare insieme per via delle loro famiglie, che erano state antagoniste per secoli. Rimuginai per giorni sulla fine che quei poveri ragazzi incontravano nella storia: la morte. Credo che fu allora che decisi che non mi sarei mai innamorata e che mai avrei avuto dei figli che sarebbero diventati carne da macello per gli Hunger Games. Avevo 10 anni, eppure questa convinzione è ancora profondamente radicata in me, nonostante i pensieri avuti negli ultimi giorni.
Intanto, sul palco l’intervista va avanti tra battute e momenti di serietà, finché il solito segnale acustico non ci avverte della fine del tempo a disposizione per Xander e della conclusione di tutte le interviste.
A questo punto, c’è un po’ di confusione perché tutti gli spettatori si stanno alzando contemporaneamente per andare via e nella calca perdo di vista i Tributi, che immagino siano già stati indirizzati verso le loro stanze.
Mi alzo in piedi e trascino Peeta con me verso gli ascensori. Dobbiamo parlare con quei due e dallo sguardo che mi rivolge il Ragazzo del pane capisco che anche lui la pensa come me. Ma non siamo abbastanza veloci, perché per la strada la voce di qualcuno che ci chiama ci costringe a fermarci.
“Katniss! Peeta!”, sta trillando Effie per farsi sentire sul baccano che c’è tutt’intorno.
“Che piacere vederti, Effie”, le dice Peeta quando la Capitolina si è avvicinata abbastanza tanto da permettergli di non urlare.
“Il piacere è tutto mio, caro. Tuttavia la signorina qui non è stata molto educata nei miei confronti ultimamente. Cara, non ti vedo mai. E’ successo qualcosa?”, chiede sinceramente preoccupata. All’inizio mi viene da sorridere, poi mi ricordo che la Capitolina non sa niente del nostro piano per fermare questi Giochi.
“Sono stata molto impegnata, Effie. L’allenamento con Evelyn mi prende molto più tempo del previsto. Mi dispiace”, ribatto cercando di assumere un’espressione afflitta, che ovviamente non convince minimamente Effie e che la spinge a farmi una ramanzina di almeno mezz’ora sui doveri di una personalità di spicco come me e su altre sciocchezze che non mi prendo la briga di ascoltare. Effie. Non cambierà mai.
Quando finalmente si stanca di parlare, trattengo a stento un sospiro di sollievo e mi sforzo di salutarla con calore, come lei vorrebbe che facessi in ogni occasione.
Una volta nell’ascensore, batto nervosamente il piede a terra fissando l’orologio – e notando che è passata effettivamente mezz’ora mentre Effie parlava - finché il numero 12 non si illumina sulla pulsantiera e le porte si aprono. Questa volta il Ragazzo del pane è più veloce di me e infatti mi afferra la mano e si avvia all’appartamento.
Non so bene cosa aspettarmi da questa conversazione. Non so ancora se sentirmi ferita o meno, perché se fosse vero che c’è del tenero tra Evelyn e Xander e lei me lo ha tenuto nascosto, vuol dire che lei non si è mai fidata di me come ho fatto io, che le ho raccontato i miei pensieri su Peeta e non solo, che mi sono confidata con lei.
Sbatto la faccia sulla schiena del Ragazzo del pane quando lui si ferma di botto sulla soglia del salone.
“Cosa c’è?”, chiedo ad alta voce, dato che non riesco a vedere niente da qui dietro. Peeta mi fa segno di abbassare la voce mettendosi un dito davanti alla bocca.
“I ragazzi. Si sono addormentati”, risponde bisbigliando e spostandosi per lasciarmi guardare. Evelyn e Xander sono sul divano, come la prima volta in cui li ho visti in questa stanza, solo che stavolta si stringono a vicenda in un tenero abbraccio mentre entrambi sono addormentati. Devono essere crollati mentre aspettavano che io e Peeta ritornassimo.
“Quindi secondo te è vero?”, sussurra Peeta.
“Non lo so, ma a questo punto credo di sì”, rispondo continuando a guardare verso i ragazzi sul divano.
“Dovremmo svegliarli. Se dormono in questa posizione tutta la notte, domani avranno le ossa a pezzi”, suggerisce girandosi anche lui verso di loro e guardandoli con fare paterno.
“Mi dispiace disturbarli”, ammetto, intenerita da quei due ragazzi che in questo momento assomigliano così tanto a me e a Peeta quando ci stringiamo l’un l’altra per scacciare gli incubi.
“Anche a me”, ribatte lui e so che il resto della sua frase sarà ‘ma dobbiamo’, così annuisco prima che possa aggiungere altro.
“Ok, ma fallo tu. Io non sono brava con queste cose. Finirei col fargli venire un infarto”
Il Ragazzo del pane non se lo fa ripetere due volte: si avvicina lentamente ai ragazzi, si china alla loro altezza e li scuote leggermente, aspettando che si sveglino per parlare. La prima ad aprire gli occhi è Evelyn, che al principio sembra spaventarsi un po’, salvo rilassarsi quando riconosce Peeta. Sposta il suo sguardo su di me e non so cosa veda nei miei occhi, perché si alza di scatto, facendo svegliare anche Xander, e mi corre incontro abbracciandomi e mormorando delle scuse sconnesse. Così ho la conferma che ha finto per tutto questo tempo. Che Dio solo sa se le importava davvero quando le raccontavo di me. Io, che non mi apro mai con nessuno, delusa da una ragazzina. La scosto e le porgo soltanto una domanda: “Perché?”.
Evelyn prende un respiro profondo e poi inizia a parlare velocemente: “Tutto quello che ho detto sul palco, lo pensavo davvero. E’ stato così difficile per me all’inizio. Pensavo di essere in debito con te, di dover ricambiare in qualche modo il favore di avermi perdonata e di star cercando di salvarmi la vita. E quando ho visto che avevi difficoltà a parlare di te stessa, ho pensato che questo sarebbe potuto essere il mio favore per te: darti qualcuno di cui fidarti che ti ascoltasse, che si interessasse a ciò che avevi da dire, che ti sapesse consigliare quando ne avevi bisogno. Non era previsto che anche io mi sfogassi con te, perché quello era il mio regalo per te. Non potevo usarlo per me stessa. Per una volta, volevo essere io ad aiutare te e non il contrario”, conclude il discorso abbracciandomi nuovamente mentre io resto immobile, incapace di replicare. Guardo verso Peeta e lo vedo annuire con la testa, sorridendo. Mi stai dicendo che posso fidarmi di lei, Ragazzo del pane? Che devo darle una possibilità di volermi bene? Che devo dare a me stessa una possibilità di lasciarmi andare per una volta? E poi, fare cosa? Seguire il mio cuore? E’ un concetto a cui non sono abituata a pensare, troppo poco concreto per la mia mente pragmatica di un tempo. Ma ora?
Guardo verso Evelyn che continua a stringermi e alla fine ricambio il suo abbraccio. E mi ritrovo a pensare che vorrei davvero proteggere questa ragazzina da tutto il male del mondo. Ed è così che trovo la forza per sussurrarle all’orecchio: “Grazie per il regalo, l’ho apprezzato tantissimo”, prima di lasciarla andare per farle prendere aria dopo il mio abbraccio soffocante. E mi rendo conto di aver davvero apprezzato le ore passate a parlare con lei, come se ci conoscessimo da una vita e sapessimo tutto l’una dell’altra. Grazie, angelo.
Lei, per tutta risposta, mi sorride felice mentre io la guardo sentendomi in pace con me stessa e col mondo.
“Bene, bene. A quanto pare adesso ho io il coltello dalla parte del manico!”, esclama Peeta. Ci giriamo tutti a guardarlo senza capire cosa intendesse dire. Un sorriso enorme gli spunta sul volto.
“Non mi guardate con quella faccia! Al signorino qui piaceva prendere in giro gli Sfortunati Amanti e adesso si ritrova ad essere lui una metà dei Nuovi Sfortunati Amanti. Credo che quando tutto questo sarà finito mi divertirò un sacco a prenderti in giro, Xander”, spiega Peeta compiaciuto. E non so se sia colpa delle emozioni appena provate o di tutta la settimana di preoccupazioni, ma all’improvviso mi viene da ridere. Rido per ciò che ha detto Peeta, per l’espressione imbarazzata di Xander e non riesco a fermarmi. Rido per soffocare la paura di non farcela a salvare questi ragazzi. Rido perché forse dentro di me qualcosa è definitivamente ed inevitabilmente cambiato. Rido a crepapelle, tenendomi la pancia con le mani.
Era da tanto che non ridevo così, forse anni. E più rido, più mi sento bene.
Piano piano tutti i presenti si uniscono a me in una risata collettiva e contagiosa, che si spegne soltanto dopo molto tempo quando, con le guance arrossate e le lacrime agli occhi, non ordino ai ragazzi di andare a dormire, ritornando seria. Perché domani c’è un’arena ad attenderli. Non c’è più tempo per ridere.





Angolo autrice
Sorpresa! Non ve l'aspettavate un altro capitolo così presto, eh? E invece eccomi qui!
Che dire, sicuramente questo è un capitolo di passaggio, ma mi serviva per mettere in chiaro delle cose. Che ne dite?
La mia paura fissa è che i personaggi escano fuori dai binari tracciati dalla Collins, voi che ne pensate?

Nell'angolo ringraziamenti, come al solito, c'è la mia Cccchh che legge sempre i miei capitoli in anteprima e che ogni volta mi dichiara amore eterno. (Ma sono io che amo teeee!) 
E come potrei non nominare la sua bellerrima fanfic? Passate, non ve ne pentirete --> 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2462888

Come sempre, ringrazio chi recensisce (rendete le mie giornate migliori) e chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Ma anche chi legge silenziosamente e basta!

Nuovo motto: #Peetaaudacecipiace (ringraziate gli scleri con la mia Ccchh per questi motti strampalati xD)

Alla prossima!


 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Flajeypi