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Autore: SakiJune    29/07/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Questa fic è il sequel di A Taste of Honey e si posiziona precisamente dopo la shot Recovery Mission.
Si ispira, come la long precedente, ai romanzi Lungbarrow di Marc Platt e Divided Loyalties di Gary Russell (in riferimento ai compagni di Accademia del Dottore). Ho preso inoltre spunto da diversi episodi della serie classica.
Il sito Tardis Data Core risponde a tutte le domande, o quasi.



Non è come perdere un organo vitale, questo sia chiaro. Puoi respirare e vedere e pensare, proprio come quando ancora non hai ricevuto il nucleo simbiotico, o come se non avessi mai messo piede all'Accademia per un qualsiasi motivo. Nessun Signore del Tempo è mai stato costretto a rigenerarsi per lo scindersi di quel legame: c'è una molecola di sicurezza ad impedirlo.
Ma lo shock è sempre molto forte. Ad ogni viaggio, la simbiosi si accresce. E nessuno aveva mai viaggiato così a lungo con una TARDIS, né aveva provato per lei sentimenti così intensi e profondi. Erano scivolati l’uno nell’altra, ad ogni viaggio un poco di più, ed ora ricostruire una propria identità all’ombra di quell’assenza sarebbe stata una sfida.

Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza.
Il Maestro e Rassilon, il suo miglior amico e il suo peggior nemico - entrambi erano stati entrambe le cose, in esistenze differenti - si erano annientati a vicenda, trovando una morte definitiva e, per uno di loro, anche fortemente desiderata.

Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete.

Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa.
Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti, e con loro la donna che non aveva mai smesso, in altri tempi e altri mondi e in mille dimensioni parallele, di esplorare le possibilità di salvezza per la loro civiltà.
Allieva modello all’Accademia, prima di incontrare il Dottore mai si era posta domande, mai aveva avuto dubbi su ciò che era davvero giusto o bello o divertente. E, dopo, non aveva più potuto farne a meno.
Con in mente le infinite possibilità di crollo ed ascesa, le scelte e le svolte e i risultati a cui ognuna di esse avrebbe potuto condurre - e che si erano concretizzati in realtà differenti da questa - accettò di farsi carico di quei primi decenni di ricostruzione. Era adesso, alla sua quarta incarnazione, una persona completamente diversa: la giovane altezzosa, la ragazzina piena di vita e intuito, la donna senza mezze misure né bisogno di giustificare le proprie azioni facevano parte del passato remoto. Possedeva una diversa bellezza, differenti qualità. La sua natura si era fatta più sentimentale, passionale talvolta.
Il suo nome era Romanadvoratrelundar, e vegliò sul Dottore con il quieto affetto di una sorella.

Da tutt’altra dimensione, e con ben poche pretese, era tornato Drax.
Coetaneo del Dottore, ma con qualche secolo in meno alle spalle, era stato il primo dei Deca a fuggire dal pianeta, all’epoca del primo scontro fra il Dottore e il Guardiano di Cristallo, ma né lui né la sua TARDIS avevano spirito di iniziativa. Era un uomo capace di provare invidia, non avverso alle piccole scappatoie, un Signore del Tempo insofferente alle regole ma senza un vero sogno da realizzare. Diversamente da Magnus o Koschei, invece di ricercare gloria e potere si era limitato a rimuginare sulla propria mediocrità. Era arrivato a ritenere ciò che sapeva costruire con le sue mani un semplice strumento di sopravvivenza e a negare la gioia che esercitare quel talento gli procurava.
Aveva perso una buona metà dei capelli e delle rigenerazioni senza mai trovare in cambio un significato, una meta, un simbolo. Gli era rimasto, del suo soggiorno nelle prigioni di Sol 3, il caratteristico accento di Brixton, e della sua avventura su Atrios un misto di nausea e senso di redenzione.
Né in pace né in guerra, né sciocco né astuto, uno scarto di Gallifrey, ma non un nemico - per i malvagi una facile pedina, ma solo finché non riusciva a fuggire da un gioco troppo perfido per la sua natura; per i buoni un coraggioso alleato, che però dimenticavano in fretta dopo un breve ringraziamento.
Ed era, tra l'altro, l'unico Rinnegato con così poca immaginazione da non essersi inventato un nome decente.

Jelpax era stato un altro dei pochissimi amici di gioventù del Dottore a non aver oscurato totalmente i propri cuori. La sua brillante carriera aveva subito un crollo quando gli era stata riconosciuta una parte di responsabilità nei folli piani di Lord Borusa, ma non aveva protestato né covato rancore per quella condanna, svolgendo da quel momento in poi un lavoro più umile ma ugualmente dignitoso ai suoi occhi. La Guerra del Tempo gli aveva dato la possibilità di dare il proprio contributo alla protezione della Cittadella e ora che Gallifrey aveva di nuovo il suo posto nell’Universo egli poteva sentirsi di nuovo protagonista della società - nei frenetici giorni successivi alla rinascita del pianeta, gli era stato restituito il suo ruolo di coordinatore della Rete Panatropica. Era orgoglioso del proprio ruolo riconquistato, si divertiva a spadroneggiare sui tecnici degli Archivi, ma non si prendeva sul serio come faceva credere.

Per Borusa la realtà era molto diversa. Aveva creduto di aver ormai scontato i propri crimini, ma dopo essere tornato al suo esilio, una statua fra le tante sul monumento funebre di Rassilon, aveva avuto tempo per rivivere tra sé la vergogna e non aveva mai trovato una vera pace. Con l’annientamento del Fondatore era di nuovo libero, e non in pochi avevano auspicato un suo ritorno alla guida del pianeta. Ma invece di cogliere nuovamente quell’opportunità, aveva confessato all’Alto Consiglio la ragione della sua scomparsa e il male che la sua follia avrebbe potuto arrecare. Lo sgomento per tale rivelazione era stato grande, ma nemmeno potevano essere dimenticate la saggezza e le capacità dimostrate in passato. La tiepida assoluzione dei suoi pari lo ferì più di una condanna.
Fu Romana a salvarlo da se stesso, in un modo inaspettato ella inizialmente gli offrì la sua amicizia, come gesto simbolico per dimostrare al popolo che vecchio e nuovo, luce ed ombra potevano convivere e far convergere le proprie energie a beneficio di tutti. Raccolse i suoi ricordi e li fece risplendere davanti al Panopticon gremito. Lo vestì di nuova dignità, di nuova speranza, senza accorgersi di ciò che stava accadendo a lei.
Senza accorgersi che non le bastava più stringergli la mano durante le cerimonie ufficiali, e anzi le riusciva doloroso doverla lasciare.

- Non sarebbe stato tutto più semplice, Dottore? Tu, io e K-9, per sempre. Perché, invece, ci innamoriamo di persone tanto fragili?

Era così che Romana vedeva Ada: una creatura effimera.
Capiva perché lui l’amasse, così come si amano quei fiori che sbocciano e sfioriscono in una notte…
Però, finché sarebbe vissuta su Gallifrey, la compagna del Dottore non sarebbe invecchiata tanto presto. Era inevitabile per lei pensare a Leela, la sua adorata amica perduta su chissà quale oscuro pianeta… no, una seconda Guerra del Tempo non sarebbe mai avvenuta. Avrebbe fatto tutto quanto in suo potere perché la pace durasse il più a lungo possibile, perché nessuno dovesse più soffrire.
Ne parlava con Borusa, durante le brevi passeggiate notturne per le strade umide della Cittadella, e da lui riceveva cauti ammonimenti:
- Quale potere? Le intenzioni più pure si insudiciano in fretta, e i motivi diventano pretesti. Il compromesso prende il posto delle armi, ma segreti sempre più oscuri vengono custoditi… finché la vergogna ci impedisce di rivelarli ai nostri successori, e ne deduciamo che nessun successore potrebbe caricarsi di quel peso indegno. Capisci il pericolo? Per quanti errori tu possa aver compiuto, non possono essere gravi quanto i miei: perciò ti è stata data una pagina nuova su cui tracciare le basi per il futuro. Ho fiducia in ciò che saprai fare, ma ho ancora più fiducia che saprai lasciare il tuo incarico quando sarà il momento.
Ogni sua parola era preziosa per lei e sembrava brillare proprio come le lune che avevano perduto durante la guerra, della luce riflessa di quel sole attorno a cui avrebbe desiderato gravitare per sempre.
Ma non esisteva un sempre.
- Lo farò. Soltanto, non abbandonarmi.
Sorrideva triste, lui, e la guardava come si guarda una ragazzina troppo sentimentale: - I miei giorni sono ormai contati, mia cara. Né ambirei a vivere più a lungo. Cosa mai potrei darti?
Lei glielo disse.

E di nuovo ne parlò al Dottore, all’amico addormentato e ignaro di tanta delicata gioia.

Ma più avanti, quando l’universo apprese del ritorno di Gallifrey, ella capì che non poteva semplicemente attendere il suo risveglio per poi ridere insieme dei tempi passati, come se dalla loro avventurosa ricerca della Chiave del Tempo non fossero trascorsi che pochi trascurabili anni. La responsabilità che pesava su di lei era ancora una volta immensa, ed era tempo di rimboccarsi le maniche. C’erano ancora i Dalek, là fuori, e deboli ma astuti Cybermen, e Sycorax in cerca di vendetta.
Già dai primi contatti diplomatici, comunque, si rese conto che quasi nessuno aveva provato stupore nel constatare che i Signori del Tempo fossero tornati. E per quanto viaggiasse non trovò mai una civiltà degna di questo nome che provasse reali ostilità nei loro confronti. Nel quarantesimo secolo, la regina Thalira di Peladon l’aveva accolta nel Consiglio della Federazione Galattica con grandi cerimonie, e su Sontar il racconto di come il Dottore avesse liberato Gallifrey quasi al costo della sua stessa vita aveva fatto scoppiare in lacrime il Comandante Supremo Strax.
Ognuno di quegli incontri svelava ai suoi cuori una singola nota dell’amorosa sinfonia che il Dottore aveva composto per il suo pianeta, da cui un giorno era fuggito in preda alla noia e al disgusto e a cui ora, rischiando tutto ciò che di prezioso possedeva, aveva umilmente riconsegnato il suo posto fra le stelle.




   
 
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