Titolo: Down
Sottotitolo: Storia
di Metamorfosi
Autore: _E
n s e i_
Fandom: Kuroko’s
Basket
Stato: Long-fic
Rating: Giallo
Genere: Generale,
Introspettivo, Sentimentale, Slice of Life
Personaggi: Riko
Aida, Momoi Satsuki, Un po’
tutti –non avete idea dell’emozione che ho provato scorrendo l’elenco-
Coppia: Shoujo-ai,
Shounen-ai, Accenni vari
Avvertimenti: What
if…?, OOC
Note dell’autrice: sono molto
felice di aver finalmente pubblicato questa Long. E spero sia di vostro
gradimento.
Sono consapevole del fatto che il prologo in questione sia relativamente breve
e scarso di informazioni, ma il tutto è volontario: spiegherò il tutto a tempo
debito, nel frattempo spero di incuriosirvi almeno un po’.
Ho inserito l’avvertimento OOC per due motivi: il primo è che non mi destreggio
ancora bene con la caratterizzazione di questi personaggi; il secondo riguarda Momoi. Sappiate che anche questa modifica, ancora piuttosto
leggera –in quanto io stessa ho preferito non esagerare- è calcolata e voluta
da me. E poi, il fatto che non sia più molto chiassosa ha permesso l’accondiscendenza
di Riko per-
Insomma, leggerete.
Per la lettura del titolo, ve lo dirò all’ultimo capitolo. Intanto, sentitevi
liberi di interpretarlo come più vi sembra adeguato.
Vorrei ringraziare con tutto il cuore s p a n k e Anis Paranoid che hanno betato
il prologo, davvero mille grazie Y
Vi lascio alla lettura, che spero sia per voi piacevole e invitante.
Au revoir~
˜ Down ™
Storia di Metamorfosi
Prologue_
Riko Aida non aveva mai
dato troppa importanza al proprio aspetto fisico; preferiva, piuttosto,
dedicarsi ad hobby da lei considerati produttivi, quali la lettura e lo studio.
Eppure, giunta al
liceo, ai doveri da studentessa che mai le erano mancati si affiancò un nuovo
interesse, quello per il proprio corpo: in questo modo, aveva iniziato a preoccuparsi
di come appariva esteriormente agli occhi degli altri. Dal nulla, nacque in lei
un’attenzione al limite del morboso (come per ogni ragazza adolescente) per le
mani, di cui non si era mai curata minimamente: notò la pelle secca e
screpolata, le unghie rovinate da attacchi di nervosismo.
Certo, aveva comunque
il suo bel daffare: non solo la scuola e lo studio le sottraevano gran parte
del tempo giornaliero a sua disposizione, ma ad esso si sommava quello da lei
dedicato al club di basket, del quale era diventata una sorta di allenatrice
(vista la sua innata capacità di quantificare con un’occhiata il potenziale
degli atleti). Si limitava, quindi, all’utilizzo di qualche crema idratante la
sera, e a quello di smalti rinforzanti quando aveva un attimo di pausa.
Con il tempo, però,
anche il viso aveva attirato l’attenzione della giovane Aida, che si era
ritrovata a disprezzare il principio di acne che vi si manifestava tramite
qualche punto nero e brufolo di troppo sul naso e la fronte. E allora giù di
creme giornaliere e maschere occasionali, per togliersi lo sfizio di apparire
meno trascurata, nonché per piacere personale: come ogni donna, anche lei aveva
la sua (seppur minima) dose di civetteria.
Tuttavia, non si era
mai preoccupata di truccarsi; troppo indaffarata, non concepiva come il trucco
avesse potuto aiutarla nell’apparire più piacevole. Queste sue riflessioni
erano supportate molte volte da leggeri e delicati complimenti rivoltile dal
capitano della squadra, nonché Shooting Guard, Hyuuga Junpei.
E, come ad ogni
ragazza, anche a lei capitò di arrossire per quei gentili commenti che,
inevitabilmente, la paralizzavano e imbarazzavano allo stesso momento.
Non che non le
facessero piacere, ovviamente.
Nel giro del primo anno
di scuola, quindi, si era convinta di provare un affetto particolare nei
riguardi di quel ragazzo, che si mostrava sempre attento riguardo la propria
allenatrice. E quando, durante il secondo anno, aveva deciso di lasciarsi
crescere i capelli, che aveva sempre tenuto corti, aveva apprezzato
immensamente l’approvazione del suddetto.
Nonostante tutto ciò
non si era mai sentita attratta nel vero senso del termine: gli voleva bene,
forse in modo più profondo rispetto ad altri componenti della squadra, ma
l’affetto che provava era solo di carattere fraterno.
Se ne era resa conto,
in modo particolare, durante l’ultimo anno di liceo: nonostante dovesse
prepararsi per gli esami e decidere la facoltà universitaria che avrebbe
intrapreso, aveva cercato di stare appresso al club con la stessa costanza, ma
le cose non erano state semplici. Aveva comunque continuato a frequentare Junpei, Izuki, Kiyoshi e tutti gli altri come prima, forse con un po’ meno
frequenza, ma non aveva più percepito il rossore sulle guance ai complimenti
del capitano. E, durante una delle lunghe notti insonni passate ad osservare il
soffitto, si era resa improvvisamente conto di non provare assolutamente più
nulla per lui, se non semplice affetto.
Finì il liceo. Il
giorno del diploma, Riko e gli altri furono quasi
sicuri di aver visto brillare gli occhi di quelle che erano state le matricole,
ma loro rimasero dritti e fieri. Lei non pianse lì, davanti a tutti, ma si
limitò a farlo più tardi, imbrattando di lacrime e mascara (alla fin fine,
persino lei aveva iniziato a truccarsi, di tanto in tanto) le giacche di tutti
i componenti del club.
Era più che consapevole
che, con l’Università che andava a frequentare, sarebbe stato davvero difficile
riuscire a incontrarsi nuovamente con gli altri: aveva scelto la facoltà di
medicina dell’Università Imperiale di Tokyo, la Tōdai,
e perciò si era trasferita nella grande capitaleë.
Alloggiava, da sola, in
un appartamento non molto distante dalla scuola, o almeno fu così per il primo
anno. Le capitò poi, per caso, nel periodo di febbraio, di leggere l’annuncio
di una ragazza, di un anno più piccola rispetto a lei, che cercava un
appartamento da condividere. Fra una cosa e l’altra, poco dopo il termine della
scuola, si era ritrovata ad aspettare colei che sarebbe potuta diventare la sua
coinquilina.
Si erano date
appuntamento in un bar, proprio sotto il condominio, e Aida era in anticipo di
una decina di minuti. Si era accomodata tranquillamente ad un tavolino,
affiancato ad una delle grandi vetrate della caffetteria semi-deserta:
eccettuata lei, vi era solo un altro posto occupato, dove sedeva un uomo sulla
trentina che armeggiava con il proprio pc.
Aveva ordinato un
frappé alla fragola, assorta nei propri pensieri: inutile dire che era davvero
curiosa di chi le si sarebbe parata davanti. Condividere l’appartamento per
quelli che sarebbero potuti essere tre o quattro anni, anche cinque, non era
qualcosa da prendere sottogamba. Era talmente intenta a riflettere che quasi
non si accorse, o non volle mettere da parte i propri pensieri, che la porta si
era aperta, lasciando entrare una figura femminile.
Riko
quasi si strozzò con il frullato quando, osservata la ragazza che le stava
davanti, dritta in piedi, vi riconobbe Momoi Satsuki. Scattò in piedi, facendo forza con le mani sulla
superficie del tavolino.
«Tu?!» esclamò
esterrefatta, fissando lo sguardo inespressivo (Aspetta, cosa-) della nuova arrivata.
«Aida-san.»
rispose, atona, l’interpellata. Non sembrava offesa dal tono con cui le era
stata rivolta la parola, né mostrava qualsiasi altra emozione. Si sedette,
sotto gli occhi sbarrati della maggiore, e ordinò un bicchiere d’acqua. Vedendo
poi che l’altra non la imitava, sollevò un poco il viso e le rivolse il placido
invito di accomodarsi.
L’ex allenatrice della Seirin si sedette meccanicamente, senza smettere di
studiare l’espressione monotona sul viso dell’interlocutrice.
«Momoi-san,
va tutto bene?» domandò con perplessità, ma il quesito posto ebbe come risposta
un ‘No’ secco di Satsuki.
«Sono qui per l’appartamento.»
Le due giovani erano
sedute sul divano nel modesto salottino dell’abitazione di Aida. Quest’ultima,
come prevedibile, era evidentemente a disagio, ma non per la presenza dell’altra.
Era la tranquillità fredda e algida che Momoi emanava
ad essere disturbante, o meglio, inaspettata, per la bruna.
«Ah, eh, quindi ti
iscriverai alla facoltà di… farmacia?»
«Esatto, Aida-san.»
«Ch-chiamami
pure Riko.» sì, decisamente disturbante. Nonostante
non avesse mai parlato tanto con lei, era sicurissima che il suo carattere
fosse più solare e loquace. Satsuki, nonostante non
la vedesse da più di un anno, era cambiata un sacco: non sorrideva, non faceva
allusioni alla sua coppa B, non parlava di Kuroko o
di altri ex componenti della Generazione dei Miracoli.
Anzi, non parlava
proprio.
Di conseguenza, quella
sorta di colloquio si concluse così, senza molte altre parole. Le due si
salutarono, cordialmente, e la minore disse che sarebbe tornata con la sua roba
la settimana successiva; nel frattempo, entrambe si sarebbero preparate per il
trasloco di lei.
Riko,
tornata in casa, mise a scaldare del ramen
confezionato, riflettendo accuratamente su ciò che era successo. Si sedette a
tavola, davanti alla tv accesa, ma non badò al programma che in teoria stava
seguendo.
Non aveva mai badato al
carattere di Satsuki, né si era mai minimamente
preoccupata per lei. Eppure l’avrebbe descritta come una ragazza indubbiamente
sveglia ed intuitiva, ed altrettanto in grado di tenere un discorso anche
meglio di una persona normale. Terminata quella che, per lei, era diventata una
cena abituale, si chiuse in camera e aprì la rubrica del cellulare.
Affiancò il dispositivo
all’orecchio e, dopo alcuni secondi, sentì rispondere.
«Pronto?»
«Scusa il disturbo, ma
ho bisogno di farti una domanda. Sai cos’è successo a Momoi-san?»
ëLa
Seirin si trova all’interno dell’enorme
agglomerato urbano di Tokyo, ma la capitale vera e propria consiste in un
gruppo di quartieri speciali che si affacciano sulla baia di Tokyo. La Taidō si trova in questa zona (a Bunkyō),
mentre la Seirin non può essere identificata; nel mio
personale headcanon,
il Liceo Seirin è situato in uno dei quartieri
periferici, e Riko si è trasferita al centro. Se
avete qualcosa in contrario, vi prego di riferirmelo, grazie.