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Autore: Dark Tranquillity    07/09/2008    2 recensioni
Il Destino ha suonato l'ultima nota per tutti ormai, tranne per Johnny Cage.
Vecchio e malato, rimasto solo, dovrà confrontarsi con un'ultima grande battaglia, quella con la sua mente.
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il vecchio sedeva curvo sul bancone del Joe's, il bar che frequentava negli ultimi 20 anni da quando stava nel Bronx.
Era la solita, vecchia routine. Sveglia al mattino, la solita passeggiata fino alla chiesa di St. Jerome nella 138ma strada, il solito double cheerburger consumato nel parco adiacente, nel pomeriggio la solita visita allo Yankee Stadium (il vecchio era tifoso degli Yankees fin da bambino) poi retromarcia e via, a casa. Alla sera, immancabilmente, la solita gazzosa da Joe's (o una birra, quando si sentiva di voler esagerare). I soliti vecchi amici, curvi e rinsecchiti come lui, con cui fare le solite quattro chiacchiere. Le solite battutaccie di bassa lega con il vecchio Joe, il titolare del bar, la solita partitella a poker.
La solita, vecchia routine.
Ma che ci faccio qui?

" S A L T A , J O H N N Y , S A L T A ! "

«...E se continuo così il dottore mi ha detto che finisco sotto terra.»
«...Eh?»
«Mi stai ascoltando John? Sembrava stessi dormendo ad occhi aperti...»
«Ah, non farci caso. Dicevi?»
«Sì, dicevo che già mi devo preoccupare di pagare le tasse con la pensione di merda che ricevo, figurati se devo stare ad ascoltare uno stronzo che...»

Ah già. Il neurologo glielo aveva detto. Non significa niente, mr. Caltorn, alla sua età (andava per i 70, il vecchio) è normale avere dei vuoti di memoria. Torni da me fra un paio di mesi. La solita pantomima, fra 2 mesi sarebbe tornato ed avrebbe rilevato qualche imperfezione ulteriore, fra 4 avrebbe cominciato a sottoporlo ad una cura... Poteva anche dirglielo subito, visto che i sintomi erano quelli. Alzheimer. Un lento ed incurabile decadimento della mente. Si era informato su internet, e gli articoli letti su wikipedia avevano confermato i suoi sospetti sulla malattia. Rullo di tamburi, signore e signori, ecco John Caltorn, esperto neurologo telematico, professore di autodiagnosi nonchè catastrofista iscritto all'albo.

«...Che c'è da ridere, John?»
«Niente, niente Timmy.»

Già, c'era poco da ridere. Fra due mesi l'avrebbe detto al neurologo, comunque... Dimmelo subito se ho l'Alzheimer, amico. Non sono mica nato ieri.
Era fra due o tre mesi?

«...Te lo dico io, ci vorrebbe una bella rivolta, fucile in mano, prendiamo d'assalto quei posti dove stampano i dollari e ce ne portiamo a casa una bella valanga, e fanculo alle tasse.»
«Come? Ah... E' solo carta, Timmy. Perderebbero il loro valore se la gente potesse averne accesso illimitato... Si tornerebbe al baratto probabilmente, non che l'idea mi dispiaccia dopotutto.»
«Eh, la fai facile tu... Non me la dai a bere John, lo so che da qualche parte nascondi una vera montagna di soldi.»

Si, magari. Purtroppo, caro Timmy, mi sono mangiato tutto. I bei tempi di Hollywood... Dio, quanti pochi pensieri per la testa. E quanti soldi per le tasche. E, come al solito, più alta è l'ascesa e più dolorosa è la caduta. Sovvenzioni statali, John. Una volta non sapevi neanche cosa fossero. Una vita da sogno: belle case, viaggi, macchine e donne. C'era qualcos'altro... Cos'era? Era importante.

" B E R M U D A "

Ti stai rincoglionendo John, pensò il vecchio.
Timmy continuava a parlare dei soliti discorsi che faceva ogni volta che s'incontravano al Joe's (quasi ogni sera) ma lui non ascoltava, piuttosto percepiva il suono della sua voce come una remota eco indistinta, immerso nei propri pensieri. Si rivide com'era quarantanni fa, alto, bello, ricco e famoso, l'idolo di degli action movies. Era deprimente pensare come da Johnny Cage il Divo di Hollywood fosse diventato John Caltorn, Vecchio Poveraccio con l'Alzheimer. Lui e la solita, fottuta vecchia routine. Ehi Bo, fammi preparare l'aereo fra due ore, faccio una puntatina in California a salutare... Già, chi? Ecco, la malattia sembra più galoppante del previsto. La cosa brutta è che so di non ricordare qualcosa di importante. Qualcosa che rese Johnny Cage un uomo migliore. Ma che importanza ha dopotutto? Ora sono John Caltorn, Vecchio Poveraccio con l'Alzheimer. Forse ti farebbe bene parlarne con qualcuno, John. Già, ma con chi? Joe? Timmy? Il resto dei vegliardi della bisca del poker? Jason, il bonario cassiere del piccolo market vicino a casa dove regolarmente faceva la poca spesa che poteva permettersi con la pensione? Nah.
Sei solo, John.
Tornò con l'attenzione su Timmy che stava ancora ciarlando, quando si soffermò sull'occhio destro del compare: nell'angolo c'era qualcosa, dove la palpebra terminava ed iniziava la sclera bianca dell'occhio. Parevano... Zampe. Quattro rinsecchite estremità d'insetto, come quelle di un ragno rigonfio, stavano zampettando fuori dall'angolo dell'occhio artigliando selvaggiamente l'aria. Timmy continuava a parlare come se nulla fosse, seduto comodamente di fianco a lui con una Budweiser in mano, le parole che risuonavano ovattate e distanti alle orecchie di John.

«...Che c'è? Sembra che hai visto un morto John!»


Un battito di ciglia soltanto.
Niente più insetti che stavano fuoriuscendo dall'occhio di Timmy.

" B E R M U D A "

«...Io... Mi sembrava avessi...»

Bermuda? Che lui avesse cosa? Mi sembra di avere un frullatore in testa, e mi viene improvvisamente da vomitare. A casa, ed una buona dormita. Sì, una buona dormita risolverà tutto. Ti stai proprio rincoglionendo, John.

«Meglio che vada a casa, Timmy. Ho una cosa da sbrigare...»
«E mi lasci qui da solo, bell'amicone. Va bene, ci vediamo... In gamba, mi raccomando John.»
«Joe, mi fai il conto?»
«Una gazzosa, due dollari.»
«Ecco qua...»

Senso di sgomento ulteriore, niente portafogli.
L'hai dimenticato a casa, John. Razza d'idiota...

«Senti Joe, ho dimenticato a casa...»
«Ancora?»

Come ancora?

«Come ancora?»
«Eri senza anche ieri sera, John...»
«Oh, cristo. Mi dispiace Joe, io non... A quanto ammonta il mio conto?»
«Dieci dollari, due per la gazzosa di stasera ed altri otto per quelle di ieri sera. Non importa John, me li darai, non farti pensieri.»

Mi compatisce... Come biasimarlo. Sono un rottame. Non significa niente, mr. Caltorn? Grazie al cazzo, mr. Neurochirurgo. Sono costretto ad andare a credito perchè mi dimentico i soldi a casa, dimenticandomi anche che la sera prima è successa la stessa cosa... Sembra l'inizio di un circolo vizioso.
Il vecchio si sentiva ancora più a disagio, e gli pareva di avere un macigno sullo stomaco. Fece per rispondere a Joe, quando vide che non aveva bocca. Era come se qualcuno gliela avesse cancellata, come se sul quella faccia non fosse mai esistita. Una maschera di apatia ed indifferenza. Barcollò fino alla porta, senza nemmeno salutare. Voleva scappare, scappare via da lì. Sentiva un vociare remoto, forse era Timmy, quando, posato sullo stipite della porta, ebbe il coraggio di voltarsi per controllare se la bocca di Joe era ancora lì.
Lo era.
Sgattaiolò via, verso casa, con il cuore che gli stava scoppiando nel petto.
Casa. Casa dolce casa. Uno squallido appartamento di pochi metri quadri incassato in un grigio ed anonimo palazzone. Il vecchio stava seduto nella malandata poltrona del salotto, lo sguardo fisso per aria, a cercare di riprendere il controllo della sua mente. La mano destra tremava leggermente, gli faceva male alla schiena e alle gambe (artrite, tanto per cambiare).
Johnny Cage avrebbe avuto il fegato di farla finita? John Caltorn non si ricordava più. Sapeva solo che lui non l'aveva, il fegato, altrimenti l'avrebbe fatta finita già qualche anno addietro, avrebbe preso il volo da quella pseudo-vita e tanti saluti.
Stai impazzedo, vecchio mio. Fattene una ragione, il brutto è solo diventare pazzo, quando lo sei non c'è più alcun problema. Ma poi, quel maledetto intonaco nel soffitto non l'aveva ristrutturato? Cosa sono quelle crepe? Stanno addirittura...
Il vecchio vide che sul soffitto una ragnatela di crepe si stava diffondendo, lentamente ma inesorabilmente, allargandosi a macchia d'olio e facendo cadere pezzi d'intonaco tutto attorno. Correva, correva per il soffitto, ed al vecchio pareva che stesse per raggiungere anche i muri, pronta a divorarli, scendere con un'aliena fame di cemento armato, e desiderosa di provare... La carne, la sua carne.

«BastaBastaBastaBastaBasta...»

Il vecchio era rannicchiato sulla poltrona, la testa fra le mani, cantilenando quel "basta" come se fosse l'unica cosa rimastagli per esorcizzare quell'allucinazione così viva. Il pavimento stava tremando, allorchè il vecchio vide con la coda dell'occhio che le crepe si stavano chiudendo a cerchio su di lui, la casa divorata, le uniche cose che mancavano erano lui e la poltrona...

«Vattene! Vatt...»

" S A L T A , J O H N N Y , S A L T A ! "

Salta?
Il cuore minacciava di scoppiargli nel petto, ansimava terribilmente e sentiva che era prossimo ad un grave cedimento fisico. Tornò a guardare in alto. Il suo soffitto era sempre lì, le crepe erano andate via.
E' questo quello che provano i pazzi, nell'attimo prima di diventarlo?
La mano tremava ancora. Lui sapeva che non sarebbe finita, aveva la bizzarra ed assoluta certezza di ciò. Si alzò lentamente dal divano, zampettando penosamente fino alla finestra che aprì. Posando le mani sul davanzale si sporse fuori, inspirando un'abbondante boccata d'aria.
Dev'essere un segno. Sì, vecchio mio, un segno. Eventi che si sono messi in moto per farti capire che tu, oramai, in questo posto non c'entri più nulla. Qualcosa ti sta spronando a farla finita, e visto che non hai il fegato di farlo da solo, questa "cosa" ti da un piccolo aiuto. Forza, vecchio, fai un respiro, trattieni il fiato e buttati di sotto. Salta, Johnny, salta. Salta e falla finita.

" B E R M U D A . S A L T A , J O H N N Y , S A L T A ! "

Con il cuore che gli pareva fosse stato trafitto da una lancia, il vecchio fece un gran respiro, trattenne il fiato... E si buttò.

 

††††

 

Johnny Cage si svegliò di soprassalto.
Di nuovo. Nuovamente quell'incubo infame.
Era una persona profondamente annoiata... Ricco, famoso, considerato uno degli uomini più sexy del pianeta. Ma tutto questo, negli ultimi anni, l'aveva stancato. Gli mancava l'adrenalina del Grande Torneo, la guerra contro Shao Kahn, i compagni con i quali aveva combattuto... E si era sentito così autentico fra loro. Aveva dimostrato a tutti che lui, John Caltorn - in arte Johnny Cage - era uno dei migliori combattenti al mondo. Ma scoprì, assieme a Sonya, Jax, Liu Kang e Kung Lao, che non era agli altri che lo voleva dimostrare. Aveva bisogno di dimostrarlo a se stesso e ci riuscì. Era la cosa più importante che aveva fatto in vita sua.
Negli ultimi tempi, invece, provava solo noia e sentiva i morsi della vecchia insoddisfazione ferirlo nuovamente. E quell'incubo ricorrente... Una pallida parodia di se stesso da vecchio, malato, fallito, il clichè di persona che non sarebbe mai voluto diventare. Eppure in cuor suo sapeva che quell'incubo era indissolubilmente legato alla sua vita, aveva un significato ben preciso. Doveva solo scoprire quale.
Guardò l'orologio, erano le 3 del mattino, ma lui non riusciva più a dormire, come accadeva sempre quando aveva l'incubo. Si mise a sedere sul letto, bevendo un ampio sorso d'acqua dalla bottiglia che teneva sul comodino. Si alzò (non prima di essersi messo i suoi fidati Occhiali da Sole sulla fronte) e si recò di fronte all'ampia vetrata della camera che dava sul mare di Miami. Anche di notte quella vista era mozzafiato. La villa vicino a Key Biscane gli era costata un occhio della testa, ma i soldi non erano un problema per lui. Certa gente avrebbe ammazzato per una vista come quella che si poteva ammirare da lì, all'alba e al tramonto. Per lui era diventata normalità invece. Pura e semplice normalità. La solita, vecchia routine.


Ma che ci faccio qui?


Aveva provato a contattare Sonya, ma gli avevano risposto che "il Generale è attualmente impegnato". Con Kung Lao, stessa musica. Non bisognava essere dei geni per capire che c'era qualcosa di grosso che stava bollendo in pentola, però si chiedeva come mai l'avessero tagliato fuori. Se fossero rimasti sulla Terra sarebbe riuscito a contattarli in qualche maniera, perchè aveva amici ovunque, il che significava che potevano essere solamente al di fuori di essa... Outworld?
Però, come arrivarci? L'unico portale che conosceva era all'Isola di Tsung, dove combattè l'inizio del Grande Torneo, però non sapeva come raggiungerla e dubitava che Forze Speciali o Loto Bianco gli avessero passato l'informazione.
Rimase a pensarci, in piedi, per delle ore. Poi, sconsolato e depresso, privo di soluzioni, si rimise a letto. Così, guardando il soffitto, ebbe l'intuizione. Sentiva, anzi era assolutamente certo del significato dell'incubo. Prese il cellulare, componendo un numero, eccitato.

«...Yawn... Johnny, ti rendi conto che sono le cinque del mattino?»
«Sì, Bo, amico mio, e sono le cinque del mattino migliori della mia vita! Ascolta, fai preparare l'aereo per domani... Anzi oggi alle dieci. Voglio farlo quando il sole è alto.»
«Va bene...Solo Dio sa cos'hai in mente questa volta. Cose Da Johnny Cage?»
«Esatto, Bo... Cose Da Johnny Cage.»
«Ok. Dove siamo diretti?»
«Nel Triangolo delle Bermuda, Bo.»

Salta, Johnny, salta!

 

††††

 

NdA: io non sono un amante delle one-shot, ho scritto questa proprio di getto. Perchè l'ho fatto? Perchè non sapevo come introdurre questo personaggio nell'altra mia Fic (Mortal Kombat: Ascendancy). Per cui possiamo dire che l'ho fatto per amor di coerenza, perchè non potevo lasciar fuori Cage dal parco personaggi dell'altra fic essendo uno dei personaggi principali della serie. Ho deciso di dedicargli una one-shot invece che un capitolo sull'altra fic perchè un capitolo così sarebbe andato eccessivamente fuori dallo stile di narrazione ed avrebbe interrotto il "phatos" che il lettore si crea (almeno spero) nel leggerla.
Ho riletto questa shot... Caotica e terribile, non so se qualcuno l'apprezzerà. Lo stile di narrazione è abbastanza grottesco (in senso buono o cattivo lo lascio decidere a voi) perchè volevo dare l'idea di "surreale" in quanto è un sogno, nel senso che non tutto è spiegato ed anzi è lasciato alla fantasia ed emozioni del lettore. L'approccio introspettivo per me finisce sempre inevitabilmente con l'introduzione di elementi horror :p Comunque sia, ariveduoci e grazie!
P.S.: ma sei davvero arrivato a leggere fin qua?

   
 
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