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Autore: Uvetta    30/07/2014    5 recensioni
OS che ha partecipato ad un contest sullo "Sport"
Bella si vede costretta a trasferirsi in un altro continente e, se non vuole abbandonare lo sport che pratica da tredici anni, sarà costretta ad accettare dei compromessi.
Lo farà?
Tratto dalla storia:
...
-Sei pronta?- un brivido mi corse lungo il corpo.
Ero pronta?
Sinceramente non ne avevo idea ma ormai ero lì e, se non volevo buttare alle ortiche gli ultimi tredici anni di fatiche, avrei dovuto essere forte e determinata.
Sospirai e mi alzai in piedi, cercai dentro di me tutto il coraggio che credevo di non avere.
...
Genere: Generale, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Note:



Eccomi di nuovo con una OS anche se mi ero ripromessa di non scriverne più, ma mi sono fatta convincere a partecipare ad un nuovo contest dove il tema era “lo sport”.

Beh l'idea ha iniziato a delinearsi così non ho potuto resistere!


Vorrei dire solo due cose, la prima riguarda il video inserito nel racconto, è quello che mi ha ispirato, avevo visto questa coppia durante le olimpiadi invernali ed ho iniziato a ricamarci sopra. Anche i costumi sono come li ho descritti, spero di aver reso l'idea.

Seconda cosa vorrei precisare che conosco poco questo sport anche se mi piace molto, ho tentato di documentarmi come meglio ho potuto, ma ho trovato poche informazioni, quindi spero di non aver scritto grossi svarioni, se non fosse così chiedo venia...

Grazie.


Ps: tutti i meriti per il banner all'autrice che l'ha firmato, grazie sei stata magica!



Buona lettura


Uvetta...



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Il Lago dei Cigni




La danza...

è una poesia dove

ogni parola è

Movimento...


( Mata Hari)





Ero in quello scarno spogliatoio, stavo sistemando i miei scaldamuscoli lilla sui pantacollant neri che indossavo quando qualcuno bussò delicatamente alla porta.

Mi voltai in quella direzione, vidi l'uscio aprirsi lentamente e fare capolino una ragazza bionda di un'incredibile bellezza.


-Sei pronta?- un brivido mi corse lungo il corpo.

Ero pronta?

Sinceramente non ne avevo idea ma ormai ero lì e, se non volevo buttare alle ortiche gli ultimi tredici anni di fatiche, avrei dovuto essere forte e determinata.

Sospirai e mi alzai in piedi, cercai dentro di me tutto il coraggio che credevo di non avere.

La fissai e dissi:


-Certo, Rose, possiamo andare!- lei annui e si incamminò.


Rosalie Hale, mia nuova allenatrice e coreografa; una carriera folgorante alle spalle prima di un grave infortunio che l'aveva costretta ad abbandonare l'agonismo ed a dedicarsi all'istruzione di nuovi atleti.

Camminava elegantemente davanti a me in questi lunghi corridoi addobbati solo da qualche foto incorniciata; vecchi scatti che ricordavano tempi passati e ancora non del tutto dimenticati.

Osservavo i suoi capelli biondi, raccolti in una coda alta, ondeggiare ad ogni suo movimento, sentivo il rumore dei nostri passi e della plastica scricchiolare sotto i miei piedi.

Più ci avvicinavamo alla nostra destinazione, più la temperatura si abbassava ed io sentivo il nervosismo montare dentro di me e scuotere ogni parte del mio corpo; il mio cuore batteva forsennatamente.

Poi una musica dolce e triste, allo stesso tempo, giunse alle mie orecchie: chiusi gli occhi pochi secondi, gustandomi le note del “Lago dei Cigni” di Čajkovskij e lasciando che mi cullassero e si portassero via parte della mia tensione.

Un'ondata gelida mi punse la pelle del volto.

Davanti a me si parava, nella sua magnificenza, una pista di ghiaccio occupata da un solo pattinatore che si muoveva a ritmo della musica.

Quel ragazzo era alto, completamente vestito di nero ed il contrasto col bianco accecante del ghiaccio lo faceva risaltare ancora di più, i suoi capelli ramati venivano scompigliati dal vento e dai suoi movimenti.

Era di un'eleganza notevole, era come se riuscisse ad interpretare ogni nota col suo corpo donando una figura concreta a qualcosa di astratto. Lo vedevo sfrecciare da una parte all'altra impegnato in complessi arabeschi, trottole oppure a mantenersi in equilibrio su un solo piede: mi accorsi di esserne affascinata.

Pattinavo da tredici anni ormai, avevo conosciuto tanti pattinatori, ma nessuno era mai riuscito ad emozionarmi come lui in questo momento.

Certo si vedeva che non era perfetto, ma c'era qualcosa in lui che ti faceva entrare in connessione direttamente con la musica, era come se ne venissi immerso e se le emozioni implodessero al tuo interno.

Rose non parlava ed io continuavo ad osservarlo; quando ci passò vicino vidi il suo volto bello e concentrato; una piccola ruga increspava le sue sopracciglia ed un lampo passò dai suoi occhi nell'attimo che si accorse della nostra presenza.

Stava eseguendo la sua metà del programma lungo, dico la sua metà perché mancava l'altra metà della coppia... quel ruolo avrei dovuto occuparlo io da ora in poi.

Ne sarei stata in grado?

Mi ero trasferita a Montreal pochi giorni fa dalla Francia; ero nata qui, ma quando ero ancora in fasce i miei si trasferirono nella splendida Rouen nell'alta Normandia, dove avevo vissuto sino ad ora.

Là ho lasciato quello che era il mio compagno in gara e negli allenamenti, ma anche il mio migliore amico dai tempi dell'asilo ed il mio ragazzo da un paio d'anni: Erick.

Lasciarlo era stata la scelta più difficile che avessi mai preso ed aveva portato a molte litigate con lui, ma mia nonna stava male e aveva bisogno di aiuto, non potevo voltare le spalle alla mia famiglia lasciando partire i miei e fregandomene di loro.

Non c'erano tante altre possibilità.

Ed ora avrei dovuto creare una nuova coppia, trovare un altro compagno e ricostruire la mia vita agonistica.


-Sa pattinare?- quella voce fredda e distaccata mi riportò alla realtà.


-Edward ti prego...- Rose tentava di comunicare con lui.


-Non pregarmi, rispondimi: sa almeno pattinare?- il suo tono si era alzato notevolmente. Sentii la mia bocca aprirsi per la sorpresa, come poteva un ragazzo così armonioso in pista essere così scorbutico fuori?


-Edward...- sospirò, poi si voltò nella mia direzione con un'espressione delusa e rassegnata. Alzò una mano nella mia direzione -Lei è Isabella Swan, seconda classificata durante gli ultimi campionati europei juniores di pattinaggio artistico, in coppia con Erik Miller. Bella lui è Edward Masen attuale campione canadese di danza su ghiaccio in coppia con Alice Brandon. Come potete immaginare, ambedue le coppie si sono sciolte per diverse ragioni Anche se le vostre discipline non sono le stesse dovrete accontentarvi, siete davanti alla vostra unica possibilità di continuare a gareggiare il più a breve tempo possibile. Mi dispiace Bella...- mi sussurrò avvicinandosi leggermente.


-Soltanto seconda!?- gesticolò stizzosamente, mentre io rimanevo sempre più sconvolta da questo ragazzo bellissimo ed allo stesso tempo cattivo e maleducato. -Non posso crederlo!- poi si voltò verso di me congelandomi con lo sguardo – credo che dovrò accontentarmi!-


Non potevo credere che avesse detto una cosa del genere, guardavo i suoi occhi verdi freddi e privi di una qualsiasi emozione, le piccole gocce di sudore che gli correvano lungo la linea del collo, il suo respiro affannato che si addensava a causa della bassa temperatura e sentivo solo il desiderio di ferirlo come lui stava facendo con me, in un modo così deliberato da renderlo ancora più odioso.


-Neanch'io credevo possibile di dovermi “accontentare” di un borioso stronzo come te...- gli sputai in faccia -ma nella vita non ci sono solo rose e fiori, no?- dicendo questo levai le protezioni alle lame mentre entravo sul ghiaccio dando una spallata a lui al mio passaggio. -Rosalie, mi esercito un po', se non è un problema!?- avevo tentato di rendere la mia voce il più tranquilla possibile, ma sapevo di non esserci riuscita completamente, quel ragazzo mi aveva scossa più di quello che avrei voluto ammettere.


-Fai pure cara, starò qui a guardarti, poi parleremo delle sessioni di allenamento!- ma ora avrei dovuto ritrovare la concentrazione se non volevo fare una figuraccia davanti a quello!


Il suono del metallo dei miei pattini che scorreva su quella superficie fredda riportò il mio pensiero nella giusta direzione. La mia musica di sottofondo iniziava a diffondere le note nell'aria ed io riuscii ad estraniarmi da quello che mi era successo sino ad allora ed a trasportarmi in un altro luogo, lontano da quell'essere così odioso.

Il Bolero incalzava e il costante aggiungersi di nuovi strumenti mi invitava a a continuare a muovermi seguendone il ritmo.

Iniziai a prendere velocità ed i passi che avevo eseguito sino a pochi giorni prima col mio compagno, chiedevano solo di essere messi in pratica ed io li assecondai.

La prima fu la trottola Biellmann, una figura che richiedeva un po' di elasticità in quanto dovevo sollevare un piede dietro la testa trattenendolo con entrambe le mani, mentre vorticavo su me stessa a velocità folle. In quei momenti perdevo anche il senso dell'orientamento e la vista si sfocava, tanto che spesso chiudevo gli occhi.

Ripresi la mia corsa verso la combinazione.

Dovevo eseguire un triplo Toe-loop, ruotai e mentre pattinavo all'indietro sollevai leggermente la gamba destra, caricando il peso sulla sinistra, presi un respiro, puntai e mi detti la spinta, dopo tre giri atterrai sul piede sinistro nemmeno il tempo di pensare che stavo già eseguendo un triplo rittberger, quando i miei pattini toccarono di nuovo il ghiaccio un senso di leggerezza prese possesso di me, mi sentivo di nuovo bene.

L'aria fredda mi frustava il viso, mi mancava solo un salto per terminare e lo preparai con una serie di passi in sequenza che tagliarono la diagonale della pista, poi in avanti, caricai il piede sinistro e mi detti la spinta, in volo contai:

Uno,

Due,

Tre

e Mezzo...

Atterrai all'indietro sul piede destro, ma qualcosa andò storto...

La forza centrifuga mi fece sbilanciare e in men che non si dica, mi ritrovai a terra con un livido che già mi pulsava sul fianco ed una voce acida spezzò le ultime note della musica che si stava concludendo.


-Le hai spiegato che qui parliamo di danza che ci vuole grazia ed eleganza e che noi non abbiamo bisogno di una cavalletta che saltella in qua ed in là!-


-Edward adesso basta!!! Hai superato ogni limite!- Rosalie tentò di farlo ragionare.


-Sto solo dicendo la verità! Ho già perso questa stagione per i capricci di Alice non ho intenzione di perdere anche la prossima perché ho un'inetta come compagna. Chiamami quando avrai trovato una soluzione soddisfacente!- Lo vidi andarsene dopo aver rimesso le protezioni alle lame e camminare impettito verso l'uscita, mentre Rose era rimasta a bocca aperta ed io sentivo le lacrime dell'umiliazione pungere prepotentemente ai lati degli occhi.


-Ti aspetto qui domani alla stessa ora, avremo molto lavoro da fare se vogliamo fargli rimangiare ogni singola parola!- quello era il giusto modo di reagire.


-Ok, non aspetto altro!- immediatamente ritrovai la mia innata combattività, non volevo che quello stronzo avesse l'ultima parola su questo capitolo.



***


Passai la notte completamente in bianco, ogni volta che chiudevo gli occhi rivedevo quel bellissimo volto pieno di cattiveria che mi insultava e denigrava, perché mi odiava così tanto anche se non mi conosceva?

L'intenso verde delle sue iridi era freddo come il ghiaccio che tanto amavo, ma era riuscito a congelarmi dentro e questo mi affliggeva molto di più che delle sue parole, perché credeva in ogni frase che aveva pronunciato, non l'aveva fatto solo per mortificarmi, il suo era puro e semplice disprezzo.

Era la prima domenica Marzo e Montreal era coperta da un basso manto nevoso, il freddo era pungente, l'inverno non accennava a lasciarci e quelle temperature si adattavano inesorabilmente a quelle del mio cuore gelato.

Ieri sera molto tardi, a causa del fuso orario, avevo parlato con Erick. Gli avevo raccontato del nuovo compagno, delle mie perplessità su come mi aveva trattata, avevo bisogno di conforto, di un amico che mi conoscesse da sempre che trovasse quelle parole che mi avrebbero fatto sentire meglio, ma lui non disse niente.

Ascoltò tutta la storia nel più completo silenzio, poi la sua voce disse quello che non avrei mai creduto di sentire:


-Ti prego, non chiamarmi più!-


-Perché? Cos'è accaduto?-


-Bella se devo rassegnarmi a dimenticarti, sarà più semplice se non sento la tua voce quasi tutti i giorni. Scusami, ma voglio ricostruirmi una vita e tanto tu non tornerai, quindi credo sia meglio un taglio netto. Certo, potremmo rivederci in una qualche gara internazionale, ma a quel punto sarà già trascorso qualche mese e sarà tutto diverso.-


-Mi odi anche tu?- la mia voce tremava a questa consapevolezza.


-Forse, adesso, ma magari tra un po' di tempo... Capisco la tua scelta, ma ancora dentro di me non riesco ad accettarla: io credevo in Noi sia come atleti che come coppia e tu hai rovinato tutto. Non è una cosa facile da digerire. Forse un giorno saremo di nuovo amici, ma, per ora, preferirei che non mi considerassi tale. Addio!-


-Addio...- le lacrime stavano rigando il mio viso e non sarei riuscita a fermarle tanto facilmente.


Ma adesso era un altro giorno ed io dovevo riaffrontare quel demone che mi stava tormentando.

Mentre camminavo verso lo stadio del ghiaccio, la nostra casa era molto vicina ed avevo preferito venire a piedi, mi ero persa ad osservare questa città, i suoi colori, ascoltarne i rumori che inspiegabilmente mi facevano sentire bene.

I miei problemi personali non incidevano su ciò che questa città mi offriva. La conoscevo bene, vi ero stata a visitare mia nonna molte volte negli anni, ma solo adesso la sentivo Mia. Forse dire “addio” ad Erick mi aveva fatto tagliare l'ultimo legame con la mia vecchia patria e adesso mi faceva vedere tutto sotto un'altra luce.

Persino la neve che scricchiolava sotto le mie suole aveva un rumore più gradevole.

Alzai lo sguardo e notai un gruppo di ragazzi all'ingresso del palazzetto, tra loro riconobbi Rosalie, mi avviai, col mio borsone, nella sua direzione.

Insieme a lei c'erano un ragazzone, che mi dava le spalle, ed un'altra ragazza non molto alta che stava parlando proprio con lei un po' animatamente anche se non riuscivo a distinguere le parole.


-Ciao!- salutai appena fui abbastanza vicina. Tre paia di occhi si puntarono immediatamente su di me.


-Ciao!!- risposero quasi meccanicamente.


Rose fece un passo avanti pronta a presentarmi i suoi compagni.


-Lui è Emmett, mio marito e ci darà una mano negli allenamenti.- Feci un cenno col capo nella sua direzione e lui mi fece un meraviglioso sorriso, mettendo in evidenza le fossette nelle guance e trasmettendomi un po' di allegria, ne avevo decisamente bisogno. -Lei invece è Alice Brandon...-


Alice Brandon, ex compagna di pattinaggio di Edward, colei che mi aveva ceduto il posto: che fortuna...!


-Tu sei...- feci per iniziare, ma lei mi interruppe all'istante.


-Lo so, credimi lo so! Ti stai trovando nelle peste per colpa mia, ma a mia discolpa voglio dirti che Edward non era così, è cambiato quando io ho preso quella decisione. Io non ho potuto fare altrimenti, ma non voglio certo lasciarti nei guai.-


-Quindi?- la osservavo, nonostante indossasse un piumino ed uno spesso cappello di lana, continuava a sembrarmi talmente minuta dal farmi dubitare di essere adulta, ma, conoscendola di fama, sapevo che era addirittura più grande di me di cinque anni.


-Quindi?- mi rispose direttamente Alice -Andiamo ad allenarci!-


-Bene!- dissi avviandomi verso l'ingresso dello stadio del ghiaccio, ma Rose mi bloccò afferrandomi per un braccio.


-Non da quella parte!- la guardai non capendo quello che intendeva -Oggi niente freddo e gelo, vieni con noi!- tutti e tre ridevano e saltellavano spintonandosi amichevolmente, sembravano impazziti.


Tutto quell'entusiasmo, mi sembro strano, ma mi contagiò, quindi fui felice di seguirli.


La scuola di danza dove mi accompagnarono aveva una sala solo per noi. Osservavo tutti quegli specchi e le sbarre che li accompagnavano e mi sentii leggermente fuori posto. Bene o male l'abbigliamento che avevamo poteva essere adatto anche per quella disciplina, quindi non era per quello che mi sentivo a disagio quanto per il fatto che era un luogo che non avevo frequentato mai molto.

Continuavo a guardarmi intorno ed a vedere i nostri fisici riflettersi: eravamo uno strano quartetto.


-Bene,- Rose iniziò a parlare -oggi sarà una giornata dura, Bella, inizieremo con qualche passo di danza, plie, relevè, grand-batman e così via. Miglioreremo la grazia dei tuoi movimenti. Alice è qui perché conosce l'esercizio che dovrai eseguire in ogni sua parte e te lo illustrerà, Emmett c'è per fare le veci di Edward... credo che dobbiate stare lontani per un po', almeno sino a quando le tue capacità non gli faranno tenere chiusa quella boccaccia!!!- un'ondata di ilarità ci invase a quelle parole, a quanto pare il mio nuovo compagno non suscitava la simpatia dei miei nuovi amici.


Quel giorno fu duro e stancante ed anche tutti gli altri del resto della settimana, ci allenavamo ogni momento libero ed anche quando ero a casa, nel mio letto, mi ripassavo a mente tutte le sequenze; i passi, i sollevamenti, le piroette, le spaccate, tutto elegantemente collegato con grazia e leggerezza.

Alice mi aveva raccontato che si era ritirata perché aspettava un bambino, era solo al terzo mese, ma ne era entusiasta, lei e Jasper, il suo fidanzato, convivevano già da un po' e desideravano una famiglia più di ogni altra cosa, anche più del pattinaggio.

Chissà cosa si provava a trovare qualcosa di più importante del pattinaggio.

Non avevo mai desiderato niente al di sopra di quello, nemmeno Erick era mai stato così importante. Certo lasciarlo era stato difficile, ma il fatto di non dover lasciare il mio sport, i miei allenamenti, me lo faceva sembrare meno terribile. Alice non avrebbe lasciato Jasper per danzare, questa era la differenza tra noi, io potevo solo immaginare quello che si poteva provare in un amore del genere, travolgente e totalitario.

Questa settimana avremmo alternato gli allenamenti in palestra con alcuni su ghiaccio. Emmett voleva che iniziassi a mettere in pratica quello che avevo appreso quindi avevamo fissato di incontrarci all'interno, direttamente sul ghiaccio.

Era una splendida giornata di fine inverno, l'aria era fredda, ma il sole brillava sugli ultimi rimasugli della nevicata di qualche giorno fa e l'aria era frizzate.

Stavo camminando persa tra i miei pensieri quando lo notai.

Era appoggiato ad una ringhiera fuori dallo stadio, le caviglie incrociate in una posa plastica e rilassata. I capelli color rame sembrava catturassero la luce del giorno per rifletterla ancora più calda e sensuale, i fili degli auricolari pendevano dalle orecchie e un dito batteva il tempo di una silenziosa canzone su una gamba. Il borsone con il cambio abbandonato a terra.

Rimasi imbambolata persa in quella visione forse qualche secondo di troppo, perché improvvisamente il suo viso puntò nella mia direzione, gli occhi divennero due fessure e la mascella si contrasse.

Un colpo di clacson riportò la sua attenzione altrove: una mercedes nera sportiva nuova fiammante con un'appariscente e sexy bionda al volante accostò e lui agguantò il borsone e fluidamente vi entrò dentro senza rivolgermi più nemmeno uno sguardo, nemmeno mentre l'auto si allontanava sgommando e mi passava proprio davanti.

Si poteva odiare qualcuno ed ammirarlo allo stesso tempo?

Beh, questo era il mio caso.

Avevo visto dei video di alcuni allenamenti di Alice ed Edward e ne ero rimasta estasiata. Riuscivano a farti sentire le emozioni correre sulla pelle e il loro sincronismo era invidiabile. Mi domandavo come avremmo fatto a raggiungere gli stessi livelli e vedendoli potevo capire tutta la rabbia che lui esternava, probabilmente pensava di aver buttato via tutti i passati anni di allenamento, ma lo stesso poteva valere anche per me, anch'io mi ritrovavo con un nuovo compagno che in più non mi sopportava e che non si degnava nemmeno di assistere agli allenamenti.


Emmett stava già scaldandosi e mi venne incontro appena entrai.


-Ehi, ciao! Che hai fatto?- aveva notato la mia espressione un po' seria.


-Niente di che... mi scaldo un attimo, poi ci mettiamo al lavoro.- Non avevo voglia di spiegare le mie remore a lui che si era dato tanto daffare per aiutarmi.


-Ok, Rose ci raggiungerà tra poco.-


-Perfetto!-


Mezz'ora più tardi eravamo completamente assorti nei passaggi, e dopo qualche caduta ero riuscita a trovare il giusto equilibrio nei sollevamenti che sulla terra ferma sembravano molto più semplici.

Le trottole e le spirali mi avevano dato meno problemi, alcune le avevo già affrontate con Erick e facevano parte delle figure che portavo già in gara.

Provammo anche una sequenza di passi piuttosto complicata, mentre mi muovevo controllavo Emmett con la coda dell'occhio fino a che un movimento, nell'ombra di uno spalto, catturò la mia attenzione e rallentai per capire chi o cosa fosse.

Arrivai alla sponda e mi misi a fissare quel punto senza riuscire a distinguere niente di certo se non una sagoma seduta nel buio.


-Ehi... chi c'è là?- Ma nessuno rispose. -Chi sei?- Per tutta risposta qualcuno si alzò e se ne andò scomparendo definitivamente nell'oscurità.


-Con chi ce l'hai?- Emmett mi affiancò ed iniziò anche lui a scrutare in quella direzione.


-Non so mi è sembrato di vedere qualcuno, ma quando gli ho intimato di farsi riconoscere se n'è andato...- vidi che il mio amico strizzava gli occhi per distinguere meglio qualche immagine.


-Io non vedo niente!- poi si voltò nella mia direzione -comunque, direi che per oggi abbiamo finito, possiamo ritenerci soddisfatti, le figure ti stanno riuscendo piuttosto bene.- disse con un leggero sorriso sbarazzino.


-Grazie Em, non so come avrei fatto senza il tuo aiuto! Ci vediamo domani alla stessa ora?-


-Puoi contarci!!-


All'uscita del palazzetto vidi sfrecciare sulla strada una mercedes nera del tutto simile a quella in cui avevo visto entrare Edward ormai più di tre ore fa, ma stavolta non riuscii a distinguere chi ci fosse all'interno a causa della velocità a cui andava.

Un brivido mi corse lungo la schiena ed una strana sensazione di disagio lo accompagnò, ma mi convinsi che erano solo mie illusioni e con una scrollata di spalle mi avviai verso casa.



Quella sera lo studio prosciugò le ultime forze che mi erano rimaste, mi ritrovai un paio di volte addormentata su quelle pagine piene di numeri che avrei dovuto capire, ma che, in realtà, non mi dicevano nulla; come avrei fatto a passare l' esame di domani?

Non ne avevo idea, ma di sicuro non mi sarei arresa; non era nella mia natura!


Un altro giorno pieno di impegni, la scuola il pattinaggio e poi lo studio, la mia vita sociale lasciava desiderare più qui che in Francia, lì almeno avevo Erick e riuscivamo quasi sempre a ritagliarci dei momenti per noi, tra un allenamento e l'altro o dopo i compiti, qui avevo pochissimi amici e il preparare da zero il balletto mi stava snervando, senza contare che adesso conoscevo i passi, ma non li avevo ancora mai provati con colui che doveva essere il MIO partner.

Come facevamo a sincronizzarci se ci allenavamo ognuno per conto nostro?

Adoravo Emmett e non sarei mai riuscita a memorizzare tutto senza il suo aiuto ed anche Rose era stata fantastica con me, ma a cosa sarebbe servito se avessi dovuto trovarmi un altro compagno?

Avrei dovuto riniziare tutto da capo?

Queste domande mi logoravano da giorni ormai, ma non arrivavo mai a darmi una risposta concreta.

Odiavo Edward Masen con tutto il mio cuore.

Uscii all'aperto e presi un profondo respiro di aria fredda e profumata. Anche se l'equinozio di primavera era già passato, qui ancora l'inverno non ci aveva completamente abbandonato; un lieve strato di neve copriva ancora i prati dei giardini ed anche i fiori non sembravano intenzionati a fare la loro comparsa, almeno non così presto.


-Ehi bellezza!- una voce profonda e calda mi strappò via dal caos che erano i miei pensieri.


-Ciao fusto!- lo vidi avvicinasi e con nonchalance mi schioccò un bacio sulla guancia. Sorrisi alla strana sensazione che mi provocò. La sua bocca era calda e le labbra morbide al contatto con la mia guancia; mi piacque.

Gli sorrisi.


-Com'è andata oggi?- chiese interessato. Non potevo dire se lo fosse realmente o se fosse solo cortesia, ma amavo il suo modo di essere così gentile nei miei confronti, mi faceva stare bene.


-Hai una domanda di riserva?- misi un leggero broncio che lo fece aprire in uno splendido sorriso che mi scaldò il cuore.


-Cosa è successo?- e col pollice sfiorò il mio labbro inferiore. Un'altra piccola scossa.


-Ho scoperto che la matematica non fa per me... non sarà mai una materia che comprenderò!- sospirai -il compito che ho consegnato sarà a malapena sufficiente ed abbasserà di molto la mia media...-


-Se hai bisogno...- mi fece un occhiolino ed io alzai un angolo della bocca. Proprio allora un'auto nera sfrecciò alle sue spalle sgasando mentre si allontanava. Il mio interlocutore si schiarì la voce ed io riportai l'attenzione su di lui.


-La prossima volta approfitterò della tua gentilezza...-


-Ci conto!- Vidi i suoi pattini legati lateralmente allo zaino che portava su una spalla.


-Vai ad allenarti?-


-Appena mi lascerai libero il campo... non vorrei travolgerti!- rise di gusto e mi contagiò subito.


-Certo come no, Jake!- Lo osservai, era veramente bello anche infagottato con quell'abbigliamento invernale ed il suo sorriso era sempre sincero e gli illuminava gli occhi. Quanto era diverso da Edward?

Perché con lui non era così semplice parlare?

-Ora che mi ci fai pensare, però...- osservai il mio orologio -sono in ritardo!!! Scusami, devo scappare!!- così dicendo mi avviai di corsa agli allenamenti, sperando che Rose non si arrabbiasse troppo.


Jacob Black era un mio nuovo amico. Ci eravamo conosciuti allo stadio ed avevamo scoperto di frequentare anche la stessa scuola. Avevamo legato subito, ci intendevamo come se fossimo amici da anni e scherzavamo spesso insieme.

Arrivai agli allenamenti già col fiatone, chiacchierare con Jake mi aveva fatto perdere il senso del tempo. Mi cambiai in un attimo e corsi da Rosalie che, imbronciata, osservava i pattinatori gridando, di tanto in tanto, dei suggerimenti e delle correzioni che dovevano apportare alle figure che stavano eseguendo.


-Scusa Rose,- dissi sfiorandole una spalla e, lei, per tutta risposta trasalì, colta di sorpresa dal mio arrivo, -spero che Emmett non si sia arrabbiato per il mio ritardo...-


I suoi occhi si fecero un po' più dolci -Non è quello Bella...- ma la sua frase fu interrotta da una voce che mi era tanto riconoscibile quanto estranea.


-Alla fine la “Principessa” ce l'ha fatta a presentarsi! Non ho intenzione di perdere tutto il MIO tempo a causa dei suoi ritardi!!!!- Edward si avvicinò velocemente alla balaustra ed il suo tono era tagliente come sempre.


Vidi Rosalie lanciarmi un'occhiata comprensiva, chissà quante lamentele aveva dovuto sopportare sino ad ora.

Lo fissai tentando di fulminarlo con lo sguardo, non avrei accettato di farmi trattare così da lui, non ne aveva il diritto, lui non si era MAI fatto vivo a nessun mio allenamento, cosa che avrebbe dovuto fare, visto che era il partner, dopo tutto.


-Certo “Sua Signoria” ha perso un quarto d'ora del suo “preziosissimo” tempo... mi spiace, ma se sapevo che oggi ci saresti stato tu, probabilmente, avrei tardato un'altra oretta: almeno te ne saresti andato!- si poteva odiare così qualcuno che non si conosceva? La mia risposta era indiscutibilmente: Sì!


Un lampo di rancore passò dai suoi occhi quando sentì la mia risposta, probabilmente non se l'aspettava; se credeva di avere a che fare con una ragazzina sottomessa aveva sbagliato a fare i suoi conti e glielo avrei dimostrato.

Per tutta risposta si allontanò ed andò a posizionarsi al centro della pista nella posa di partenza del “nostro” balletto: la gamba destra piegata con la punta del pattino in appoggio, il busto proteso sul fianco sinistro, le braccia aperte come se dovesse prendere il volo ed il volto, serio ed imperturbabile, a fissare il punto dove dovevo essere io.

Era un invito ad iniziare.

Voleva che gli dimostrassi cosa sapevo fare, in quel momento sentii una scossa di paura corrermi nelle vene ed un senso di inadeguatezza invadermi la mente.

Sarei mai stata in grado di eguagliare la grazia di quel ragazzo?

Lo raggiunsi e, quando gli fui davanti, vidi la determinazione della sua espressione e le mie insicurezze crescere ogni attimo di più.

La musica partì ed io non riuscivo a muovermi con la fluidità che avevo nei giorni passati; per quanto Edward fosse più esile di Emmett, si muoveva con una velocità ed una precisione che mi stordiva, ero sempre in ritardo di qualche secondo e la melodia sembrava volerlo sottolineare.

Anche i sollevamenti erano diversi, uno puntava tutto sulla forza, mentre l'altro sulla grazia, li accompagnava sempre con dolci movimenti delle dita donandogli un'armonia che non avrei mai immaginato.

I quattro minuti e mezzo del nostro programma libero trascorsero come un supplizio per me, avevano messo in risalto il diverso grado di preparazione tra noi due in un modo inesorabile e concreto.

La musica terminò e nello stesso istante lo vidi mentre si allontanava irritato, puntando in direzione di Rosalie.


-Credi che otterremo qualcosa?- le urlò mentre si avvicinava. -Era come pattinare con un tronco d'albero! Mi avevi detto che stava facendo progressi, forse dovresti aprire gli occhi durante gli allenamenti e renderti conto della realtà! Non ho intenzione di stroncarmi la schiena perché lei non mi aiuta nei movimenti e non ho intenzione di fare una figura del genere in gara. Richiamami quando sarà possibile trarre qualcosa di utile!-


-Edward, avresti dovuto esserci TU durante i suoi allenamenti, non farmi delegare qualcun altro perché TU ti senti superiore a tutti! La situazione è QUESTA ormai, devi decidere se vuoi gareggiare ai campionati o meno. Se vuoi farlo devi presentarti agli allenamenti con Lei, altrimenti perderai un'altra stagione: la scelta è TUA!-


Il corpo di lui stava tremando dalla rabbia, probabilmente non si aspettava di essere messo davanti ad un ultimatum, ma potevo capire Rose, era lei la responsabile, non lui e non era giusto che si facesse mettere i piedi in testa.

Lui se ne andò, la frustrazione si rifletteva nei suoi movimenti, lo vidi scomparire nei corridoi senza mai voltarsi indietro: chissà quale sarebbe stata la sua scelta, in fondo avrebbe condizionato anche il mio futuro.


-E TU!- la voce della mia allenatrice era ancora dura e severa, -cosa pensi di fare?- disse rivolta a me. Io per tutta risposta mi guardai le punte dei pattini, mentre mi avvicinavo a lei. -Il fatto che io abbia risposto a lui, non vuol dire che non avesse ragione! Eri rigida, bloccata nei movimenti ed i sollevamenti sono stati faticosissimi per Edward. Cosa pensavi che stessimo facendo nei giorni passati? E' stato tutto tempo perso?- scossi la testa in segno di diniego; aveva ragione, non avevo certo dato il meglio di me oggi. -Voglio che TU te ne vada e che ti faccia un esame di coscienza, devi renderti conto che nessuno di noi sta giocando e quello che mi hai fatto vedere ora non è certo il meglio di quello che sai fare!- detto quello mi voltò le spalle ed io me ne andai a testa bassa, senza aver avuto il coraggio di replicare, infondo aveva più che ragione.


Con mia grande sorpresa lui si ripresentò all'allenamento il giorno successivo ed anche a quelli a venire. Non ci furono più commenti sprezzanti, anzi non ci furono proprio più commenti: si era chiuso in se stesso e se aveva qualcosa da dire lo faceva con un tono molto basso ed esclusivamente con Rose.

Non mi aveva più rivolto la parola da quel giorno.

Col passare del tempo, però, la fiducia in me stessa era migliorata, aiutata dal fatto che non dovevo sentire le sue frecciatine e le sue lamentele, fatto sta che mi sentivo molto più sicura tra le sue braccia di quanto avrei mai potuto pensare all'inizio.

Senza nemmeno che me ne rendessi conto i mesi presero il posto delle settimane, l'estate seguì la primavera lasciandosi alle spalle i profumi forti dei fiori appena sbocciati.

Io e Jacob eravamo una coppia fissa ormai, con lui mi sentivo bene, amata, compresa ed anche un po' vezzeggiata. Con lui potevo parlare, sfogarmi ed il fatto che anche lui fosse costretto ad intensi allenamenti con la squadra di hockey, non rendeva impossibile il nostro rapporto. Spesso ci incontravamo direttamente allo stadio e ci ritagliavamo qualche momento per noi tra una sessione e l'altra, per poi andare a mangiare da qualche parte. Lui sapeva consigliarmi e consolarmi come nessun altro: almeno dal punto di vista affettivo mi sentivo realizzata.

Edward ci squadrava, ma non aveva mai fatto commenti inappropriati, anche perché, al di fuori della pista, continuava ad ignorarmi.

Mi domandavo se mi avrebbe mai più rivolto la parola, esclusi i monosillabi che utilizzava per indicarmi che una posizione era meglio di un'altra e già quello era stato un miglioramento.

Mancava poco a quello che sarebbe stato il nostro debutto, all'incirca un mese e mezzo, e, nonostante l'antipatia che ci animava, il nostro lavoro insieme procedeva a gonfie vele.

Una gara era caratterizzata da un programma corto, della durata di due minuti e mezzo, che, incredibilmente, eravamo riusciti già a mettere a punto, anche se Rosalie si lamentava del fatto che non riuscisse a coinvolgere abbastanza dal punto di vista emotivo: era come un “compitino” fatto bene, ma nulla più. Ed un programma lungo, quello più significativo ed espressivo, dove, ancora, si mettevano in evidenza tutti i nostri conflitti e quello sembrava uno scoglio difficile da superare.


***


Erano tre giorni che saltavo gli allenamenti; mi era venuta le febbre alta, il medico aveva detto che lo stress aveva indebolito le mie difese immunitarie e che dovevo riguardarmi, ma già oggi stavo meglio, quindi avrei sicuramente ripreso ad allenarmi l'indomani.

Chissà quante lamentele c'erano state con la mia assenza...

Ero accoccolata tra le braccia di Jake, lui mi passava le dita sulla schiena per farmi rilassare, ogni tanto mi depositava un bacio sulla fronte o sui capelli, non servivano parole, sapeva come mi sentivo quando non potevo indossare i pattini: nervosa ed amareggiata.


Sentii suonare il campanello e la voce di mia madre che parlava, ma non riuscivo a capire con chi, poi la sentii chiamarmi:


-Bella, c'è qualcuno che vuole salutarti, puoi scendere un attimo?-


Mi sollevai controvoglia e, sospirando, dissi a Jake:


-Aspettami qui, non muoverti, faccio in un attimo! Poi torno da te.- mentre rivolta a mia mamma, alzai un po' la voce per farmi sentire -Arrivo!- e così dicendo mi sistemai un po' i capelli e la tuta che indossavo e mi avviai verso le scale.


Lo riconobbi nell'attimo esatto che distinsi la sua figura nel mezzo del mio soggiorno, non importava che fosse di spalle, soltanto lui emanava quell'aria di superiorità anche stando perfettamente immobile in una stanza.

La rabbia iniziò a montare in me.


-Cosa vuoi?- lui si voltò di scatto e spalancò gli occhi, fissandomi. Sentii il suo sguardo scorrermi addosso come se mi toccasse e mi fece un effetto strano, ma non mi feci ingannare e proseguii per la mia strada -Sei venuto a controllare che fossi realmente malata? Vuoi che mi provi la febbre in tua presenza così ne avrai la conferma , Edward?- gli ringhiai addosso più acida che potevo.


Lui abbassò lo sguardo ed alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso quasi impertinente che gli donava un fascino ancora più magnetico -Probabilmente me lo sono meritato!- la sua voce era flebile, ma sicura. Poi puntò di nuovo gli occhi su di me -Comunque...- inspirò profondamente -ero solo venuto per sapere come stavi e tua madre mi ha già detto tutto, quindi...- Il suo sguardo fissò qualcosa alle mie spalle e si fece più duro in un attimo – Oh, dimenticavo... ti avevo portato questa!- con un gesto appoggiò un piccolo bocciolo di rosa bianca sul tavolino che gli era vicino, si voltò -Adesso posso andarmene!- e così dicendo, prese la porta ed uscì senza darmi il tempo di rispondere o far altro.

Ero stupita.

Incapace di darmi una spiegazione mi voltai e mi accorsi chi aveva puntato Edward prima di dileguarsi: Jacob si era affacciato, la sua mandibola era contratta, le nocche erano diventate bianche da come stava stringendo il corrimano e nello sguardo un odio di cui non sapevo fosse capace.

Perché si stava comportando così?

Cosa mi era sfuggito?

Decisi di soprassedere, lo raggiunsi ed, insieme, tornammo nella mia stanza e riprendemmo ciò che avevamo interrotto.

Avevo messo una pietra sull'accaduto.


***


Era passata una settimana dalla visita di Edward a casa mia ed avevo fatto finta che nulla fosse successo, lo ignoravo come sempre e nulla sarebbe cambiato in proposito.

Lui, invece, sembrava diverso. Durante gli allenamenti aveva iniziato a parlare più con me che con Rose, anche se l'argomento era sempre e solo il nostro lavoro, il suo tono non era più acido e freddo, ma più amichevole.

Era strano sentirlo così e la cosa mi destabilizzava un po'.

Io e Jake eravamo sempre uniti e, proprio in quel momento ci stavamo baciando appassionatamente in un angolo appartato dei corridoi dello stadio.

La mia schiena era schiacciata al muro, una gamba gli avvolgeva la vita, mentre lui premeva il suo corpo sul mio facendomi sentire quanto mi desiderava. I suoi baci erano ovunque, sul collo, dietro all'orecchio, sul viso e, ovviamente sulla bocca.

Mi stavo perdendo nel mare di sensazioni che stavo provando e stavo pensando quanto lo desiderassi in quel momento, quando qualcuno si schiarì la voce proprio vicino a noi.

Jake si immobilizzò.

Io aprii gli occhi e vidi il sorriso beffardo sul viso di Edward mentre si allontanava accompagnato dal rumore dei sui pattini.

Bloccai Jacob in modo che non potesse riconoscerlo.

Non sapevo perché l'avevo fatto fatto, ma qualcosa dentro di me mi diceva che era giusto così; meglio che pensasse che fosse qualcuno della sicurezza.

Pochi minuti dopo sarei stata in pista, lì avrei potuto sfogare tutta questa frustrazione!


-Ragazzi vi state muovendo più a scatti del solito, potreste accompagnare i movimenti con un po' più di gesti? Date un po' di teatralità a quello che state interpretando!- le urla di Rose ci stavano assillando da più di due ore, dovevamo essere veramente pessimi, me ne rendevo conto anch'io. Più che un balletto sembrava un incontro di lotta, vinceva chi strattonava più forte e per ora eravamo pari!

Vidi il suo sguardo puntare in direzione di Rosalie ed il suo atteggiamento mutare: improvvisamente i suoi gesti erano garbati ed aggraziati, dolci e sensuali. Mi ruotava, sollevava, stringeva con ardore, commozione e dolore ed anche il suo viso esprimeva tutto questo.


-FINALMENTE!!!! Qualcosa di decente da vedere!!!- la nostra allenatrice ne era entusiasta, io invece mi sentivo un po' stordita. Riusciva a variare atteggiamento in un batter di ciglia e questo mi stordiva. Eseguivo i passi, ma non capivo cos'era cambiato.

Si trattava solo di una recita?

Oppure c'era qualcos'altro?

Era inutile assillarsi, eravamo quasi alla fine mancava solo l'ultimo sollevamento con un volteggio dopo di che mi avrebbe dovuto lasciare e si sarebbe dovuto discostare da me di circa un metro per permetterci di eseguire la posa finale, ma non andò esattamente così.

Mentre mi stava facendo scendere dalle sue spalle mi trovai avvolta dalle sue braccia, il viso a pochissimi millimetri dal mio e negli occhi una luce che non riconoscevo.

Gli ultimi accordi della musica scorrevano e lui non si decideva a lasciarmi.

Quei due smeraldi verdi mi fissavano e sembravano volersi fondere nei miei occhi.

Un istante dopo erano nascosti dalle palpebre e le sue labbra coprivano le mie.

Il suo profumo così forte, la morbidezza di quella bocca, era come se fossi stata proiettata in un'altra dimensione.

Il mio istinto prese il sopravvento e mi ritrovai travolta da un bacio che era sia dolce, sia possessivo; durò solo il tempo di riprendere possesso di me stessa ed appena lo feci lo spinsi via.

Lo schiaffo che ne seguì riecheggiò nel palazzetto insieme all'ultima nota, ma quel sorriso sghembo stava ancora illuminando il suo viso mentre si copriva la guancia lesa con la mano ed io me ne stavo andando indignata.



Quel bacio mi aveva tenuto sveglia tutta la notte.

Non facevo che rigirarmi tra le coperte, perché il soffitto non accennava ad aiutarmi a trovare le risposte che tanto mi assillavano.

Perché avevo corrisposto?

Perché?

Perché non avevo pensato a Jake?

Jake...

Cosa mi dirà quando lo verrà a sapere?

Io odiavo Edward, ogni volta che ci rivolgevamo la parola, se lo facevamo, era solo per offenderci a vicenda.

O quasi...

In effetti quando era venuto a trovarmi a casa era stato... gentile.

Perché?

Tutti questi perché riuscivano soltanto a confondermi sempre di più.

Guardai la sveglia pensando di avere un'illuminazione: le tre del mattino, intorno a me era ancora buio, la casa era silenziosa e questo silenzio urlava nelle mie orecchie più di un concerto dei “Metallica”.

Mi alzai, dovevo fare qualcosa, così mi avviai verso la finestra, guardare fuori mi avrebbe distratto. Le luci della città mi affascinavano e mi distraevano, era ciò che cercavo: spegnere la mia mente, rilassarmi, altrimenti sarei stata uno straccio per tutta la giornata.


La luce del mattino mi trovo raggomitolata sotto la finestra, la testa sul mio cuscino ed una coperta che mi avvolgeva.

La porta si aprì lentamente.


-Sei riuscita a dormire un po'?-


-Mamma...- la sua voce dolce mi chiariva sul “chi” mi aveva coperto. -Grazie! Purtroppo solo un po'.-


-Cos'è che ti ha sconvolto tanto?- lentamente si era accomodata sul fondo del mio letto appoggiando il mento sulle mani.


-Quello che è accaduto con Edward.- Risposi come fosse una cosa ovvia.


-Era solo un bacio, niente più. Anzi dovresti essere felice di sapere che, probabilmente, non ti odia come ti aveva fatto credere.-


-Stai scherzando mamma?- Mi alzai in piedi come se mi avesse morso qualcosa. -Conoscendolo è solo un suo modo subdolo per farmi soffrire ancora un altro po'. Inizio a credere che ci provi gusto ad umiliarmi.-


-Io non penso.- Lei continuava a stare ferma, mentre io passeggiavo incessantemente avanti ed indietro.


-Come fai a dirlo!- E stavolta quasi urlai.


-Ho visto come ti guarda. All'inizio, forse avrei potuto darti ragione, ma ora...-


-Gli allenamenti...- sbottai -mamma mentre balliamo recita, è bravissimo in questo. Sa interpretare una parte meglio di chiunque abbia mai conosciuto, ma ciò che c'è fuori dal ghiaccio sono un altro paio di maniche.- Non avevo idea come farglielo capire.


-Certo, recita. Probabilmente lo ha fatto anche quando è venuto ad informarsi sulla tua salute, sembrava veramente preoccupato e pensa che ho dovuto insistere per chiamarti, lui voleva solo che ti dicessi che era passato. In effetti potevano esserci altri fini in tutto questo... chissà!- Quello di cui stavamo parlando non era l'Edward che avevo conosciuto sino ad ora; potevo essermi sbagliata così tanto? Ricordavo che Alice mi aveva detto che era cambiato, ma...


-Non so più quello che devo pensare!-


-Forse perché non c'è una cosa giusta o sbagliata, devi solo capire quello che c'è qui!- disse indicando il mio cuore.


-Qui per Lui non c'è posto, è Jacob che se l'è meritato, non certo lui.- Ormai ero spazientita.


-Già, Jacob... chissà come l'avrà presa. A questo punto sarà sulla bocca di tutti!-


-Oh mio Dio!!! Devo chiamarlo! Ho bisogno di spiegargli...- il panico mi travolse, ieri sera non ci avevo parlato ed avevo spento il telefono perché non avevo voglia di sentire nessuno.


-Non preoccuparti...- dicendo questo iniziò ad alzarsi ed ad andare verso la porta. -Se ti ama, capirà! Ti aspetto giù per la colazione.- disse mentre si chiudeva l'uscio alle spalle, lasciandomi alla mia privacy.


Presi immediatamente il cellulare e lo accesi.

Il tempo che si collegasse ad un ponte radio ed inizio e segnalare messaggi e chiamate perse. C'erano un paio di telefonate Rosalie, di pochi minuti dopo che me ne ero andata.

Seguite a ruota da quattro di Edward, mentre con un'ora di ritardo, c'erano le cinque di Jake.

Quest'ultimo mi aveva mandato anche un sacco di messaggi, dove mi chiedeva cosa era successo, che c'erano delle voci su me ed Edward e che voleva sapere cosa c'era di vero e il perché avevo spento il telefono.

Poi ce n'era un altro, era del mio partner e riportava una sola parola:


SCUSA.


Ed io sentii un nodo che si formava nella mia gola.

Perché l'unico messaggio di cui veramente mi importava in quel momento era quello?

Perché non mi interessava della preoccupazione di Jacob?

Osservavo quelle cinque lettere e non riuscivo a mettere a fuoco altro.

Poi presi una decisione e digitai rapidamente un messaggio, prima che ci potessi ripensare:


Ciao Jake, mi spiace di non essermi fatta viva, ma avevo bisogno di schiarirmi le idee.

Dobbiamo parlare.

Bella”


Sospirai, non ero certa che la scelta fosse giusta, ma questa situazione mi stava facendo impazzire ed io dovevo pensare prima alla gara.

Adesso mancavano solo due settimane in fondo.


***


-Allora? Si può sapere cosa cazzo è successo ieri?- La sua voce era decisamente alterata.


-Edward mi ha baciato durante gli allenamenti.- Non avevo nessuna inflessione nella voce, era strano come tutta quell'inquietudine che mi aveva assillato tutta la notte fosse completamente scomparsa.


-Questo lo sapevo già! Dimmi qualcosa che non so: tipo perché hai corrisposto!- mi stava ringhiando contro, ma non avevo intenzione di farmi saltare i nervi, avevo ben chiaro tutto nella mia mente.


-Non ne ho idea! Comunque si è preso anche uno schiaffo, se ciò ti fa star meglio...-


-E non solo quello...- mi sembrò di capire perché parlava a denti stretti. -Quindi? So che non è colpa tua, ma questa storia mi sta facendo impazzire... voglio sapere cosa provi per lui.-


-L'unica cosa importante in questo momento per me è il pattinaggio. E' sempre stato al di sopra di tutto e se questa storia intacca la mia tranquillità io devo correre ai ripari. Ho lavorato tanto per arrivare dove sono ora ed anche se Edward è scorbutico, acido ed anche un po' dispotico, dal punto di vista del pattinatore è il meglio che potesse capitarmi. Danzare con lui è come volare in un'eterna planata della quale non vedi mai la fine. E' fantastico ed inebriante ed è quello che devo cercare.-


-Che significa? E' finita? Lui è più importante di noi due?-


-Ho bisogno di una pausa Jake. Quel bacio mi ha fatto riflettere e dare una nuova luce ha ciò che voglio in questo momento. Questo sport per me è la vita, come l'hockey lo è per te; non voglio buttar via tredici anni di sacrifici e rovinare nuovamente il rapporto col mio partner equivarrebbe a questo. La gara è tra due settimane, dammi questo tempo per decidere e vedere come va.-


-Due settimane!- Il suo viso era serio e triste -e sia, ma spero che torni da me.-


-Vedremo, ora vado agli allenamenti. Ci sentiamo tra due settimane...- me ne andai sentendomi un po' più leggera anche se un senso di disagio mi aveva lasciato l'amaro in bocca.



Trovai Edward seduto sulla scalinata di accesso allo stadio, la testa appoggiata sulle ginocchia, era la prima volta che lo vedevo così: sconsolato.

Mi avvicinai lentamente continuando ad osservarlo, indossava una t-shirt bianca con le maniche tirate su fino ai gomiti e dei jeans elegantemente consumati con dei buchi e sfilacciamenti qua e là; i suoi capelli erano una massa castano-ramata scompigliata alla perfezione, non riuscivo a distinguere il viso, ma potevo immaginarlo senza sforzo.

Invece non era esattamente così e me ne accorsi nell'attimo in cui alzò la testa e mi vide.

Il suo labbro inferiore era spaccato ed un grosso livido deturpava la sua guancia destra all'altezza della bocca.

Rimasi scioccata.

Lui si alzò nell'attimo in cui mi riconobbe, fece un passo nella mia direzione e notai la tristezza che gli inondava gli occhi.


-Perdonami!- sussurrò talmente a bassa voce che mi sembrò di essermelo immaginato.


-Che ti è successo?-


-Lascia stare!- alzò una mano come per cancellare qualcosa nell'aria.


-Voglio sapere cosa ti è successo!- dovevo sapere.


-Se è per la gara, sappi che sarò già a posto e se il livido non sarà completamente sparito, cosa che non credo, con un po' di cerone il problema non esiste.- Mi stava prendendo in giro?


-Stai scherzando?- Se voleva farmi arrabbiare ci stava riuscendo, come sempre del resto. -Dimmi chi è stato!-


-In realtà... - scosse leggermente la testa -se ti dico che sono caduto sul ghiaccio dopo che te ne sei andata ieri?-


-Ti risponderei che a mentire fai schifo!- Iniziavo a immaginare cosa poteva essere accaduto e Jake, secondo il mio modesto parere, ne era il diretto responsabile.


-Beh, accontentati, da me non saprai altro. Adesso torniamo alla mia richiesta: accetti le mie scuse?- sembrava che per lui fosse importante.


-Perché ci tieni tanto? Cos'è cambiato Edward? Fino a qualche tempo fa non sarebbe stato un problema per te, offendermi, umiliarmi e farmi arrabbiare sembrava lo scopo della tua vita e certamente non hai passato notti in bianco per questo.- Non lo capivo assolutamente.


-Cos'è cambiato... non lo so!- sospirò e si rimise a sedere su quei gradini ed io feci lo stesso accomodandomi accanto a lui in attesa che continuasse. -Credo che tutto abbia avuto inizio con la sfuriata di Rose al nostro primo allenamento insieme. Ero arrabbiato in quei giorni ce l'avevo col mondo intero soprattutto con te ed Alice: come aveva potuto piantarmi in asso?-


-Lei è incinta!- Commentai un po' sconvolta.


-Lo so! E razionalmente capivo le sue scelte, ma egoisticamente vedevo solo il fatto che avesse buttato alle ortiche tutti quegli anni di lavoro, tutte le fatiche, le privazioni e questo faceva solo montare l'odio su l'odio ed il risultato l'hai potuto toccare sulla tua pelle. Rosalie, con la sua strigliata mi ha fatto riflettere non solo su quello che desideravo nell'immediato futuro, ma anche sul mio comportamento ed il continuare ad allenarmi con te a fatto si che ti abbia visto su un'altra luce. Eri determinata, combattiva; questo l'avevo capito anche dalle tue risposte, non ti sei mai fatta mettere i piedi in testa e mi piaceva.

Ho iniziato a pensare che forse non eri la scelta peggiore che mi sarebbe potuto capitare...-


-Oh, grazie!- Non sapevo se sentirmi offesa o lusingata. Lui sorrise a se stesso in risposta alle mie parole. Era di una bellezza che ti toglieva il respiro, nonostante le lesioni che gli alteravano i lineamenti.


-Avrei dovuto dirtelo qualche mese fa...-


-Forse!- Mi sentivo stranamente bene, come se un grosso peso avesse finalmente preso il volo. Mi accorsi che anche lui sembrava più sereno. -Mi sembra impossibile...-


-Che cosa?- L'avevo subito incuriosito.


-E' la prima volta che parliamo senza urlarci dietro: sembriamo “quasi” civili!-


-Già...- ed un altro sospiro uscì da quelle bellissime labbra.


***


Mi stavo osservando allo specchio avevo appena terminato di fare gli ultimi ritocchi al trucco dopo i riscaldamenti. Eravamo riusciti a riadattare il costume di Alice facendo ben poche modifiche: era bellissimo.

Era nero e il colore si metteva ancora più in risalto col contrasto della mia pelle molto chiara. Il profondo scollo a V, sul davanti, era ornato da delle piume nere che mi fasciavano i seni e da degli strass che lo impreziosivano, il corpetto in velluto mi cingeva sino alla vita mettendo in evidenza la mia linea, mentre la gonna era un tutù di tulle nero ricamato con dei ramages sempre in strass che gli donavano luminosità. Il tutto veniva concluso con un bellissimo diadema di zirconi che mi faceva sembrare una vera e propria principessa.

Ero lì, sola e mi sentivo invasa da una grande calma, mentre mancava meno di una mezz'ora alla nostra chiamata, il che stava ad indicare circa quattro coppie.


TOC TOC


-Avanti!- Il volto di Rose fece capolino dalla porta, sembrava più tesa di me, ma tentava di nasconderlo come meglio poteva.


-Ci siamo, Edward è già in corridoio, sei pronta?- Improvvisamente l'insicurezza fece una breccia dentro di me.


-Tu che ne dici?-


Mi osservò per qualche secondo, si avvicinò e fermò con una forcina un ciuffo ribelle sfuggito alla stretta crocchia che mi ero fatta -Adesso sei perfetta!- disse convinta, molto più di quello che mi sentissi io. Scrutò ancora qualche secondo il mio viso leggendovi nitidamente le mie sensazioni -che c'è?- Chiese dolcemente.


-Niente!- risposi scuotendo la testa e sentendomi improvvisamente stupida.


-Ascoltami!- disse tentando di infondermi del coraggio -Siete pronti! Avete eseguito il programma corto ottenendo l'invidiabile punteggio di 69.54: siete secondi in classifica! -


-Era solo il charleston! Sai che il problema è l'altro...- chiarii.


-Non ho idea di quello che sia successo nelle ultime due settimane, forse avete semplicemente iniziato ad ascoltarmi, ma il miglioramento è stato notevole. Sinceramente non ci speravo più, eravate sempre in lotta l'uno contro l'altra e si vedeva, era quello che trasmettevate. Adesso non più! C'è la passione nell'interpretazione ed oserei dire anche l'amore...- sentii le guance imporporarsi, non avevo mai pensato ad Edward in quei termini, a parte ultimamente, eravamo sempre stati troppo impegnati a scannarci.


-Abbiamo solo parlato.- Confessai.


-Beh, potevate farlo prima, perché ha decisamente funzionato!- Inspirò -Adesso prenditi un bel respiro e andiamo!- Si avviò verso l'uscita ed io la seguii contando i passi che facevo, chiusa in una dimensione parallela che mi estraniava da tutto.


Poi lo vidi.

Era lì, appoggiato alla parete proprio fuori dagli spogliatoi, le caviglie incrociate, il suo completo nero gli donava in un modo quasi assurdo. La camicia aveva delle applicazioni di velluto che disegnavano delle fiamme giocando sull'effetto lucido/opaco ed era leggermente sbottonata e si intravedeva la leggera peluria bionda sul petto.

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata.

Mi fissava.

Sorrise ed allargò le braccia ed io mi ci fiondai. Non avevo idea del perché, ma era l'unico che riusciva a tranquillizzarmi.

Infatti sentii lentamente le membra rilassarsi, aiutata anche dalla sua voce.


-Shhhh!!! Non preoccuparti...- mi massaggiava la base del collo, avrei potuto restare lì tutto il giorno. Scostai il viso dal suo petto e l'osservai, era dolce e comprensivo.


-La coppia Masen/Swan, pronti ad entrare!- la voce dello speaker mi fece sussultare.


-Andiamo...- vidi la determinazione disegnarsi sul suo volto -perché voglio vincere!- Annuii e sentii la scarica d'adrenalina iniziare a scorrere nelle mie vene, mentre lo spirito agonistico si era risvegliato dentro di me.


Video


Appena entrammo in pista sentimmo gli applausi del pubblico che ci incitavano e sostenevano. C'era molta gente, ma per me, in quel preciso momento, era come se non ci fosse nessuno.

Salutammo la giuria e ci posizionammo al centro, in posizione e in attesa dell'inizio della musica.

Le prime note si diffusero e noi iniziammo a muoverci seguendole ed interpretandole. Il primo sollevamento era molto spettacolare: dovevo mettere tutt'e due le lame sulla sua gamba destra, quasi all'altezza dell'inguine e, mentre lui, in equilibrio solo su quel piede, mi tratteneva per i polpacci, io dovevo protendermi in avanti incurvando il busto all'indietro allargando le braccia, proprio come se dovessi prendere il volo.

Dopo c'erano tutta una sequenza di passi in cui ci allontanavamo e avvicinavamo, sfiorandoci ed a volte anche abbracciandoci. Sentivo ogni suo tocco surriscaldare la mia pelle raffreddata dalla bassa temperatura riscaldandomi dall'interno, era una sensazione incredibile.

Anche quando non eravamo a contatto, tentavo di non interrompere il contatto visivo, lui era il mio punto di riferimento insieme alla musica, dovevamo essere sincronizzati come mai lo eravamo stati sino ad ora.

Eravamo arrivati alla sequenza di trottole erano in diverse posizioni, pochi giri per ognuna a velocità impressionanti.

Sentivo il pubblico battere le mani a tempo di musica, forse eravamo riusciti a coinvolgerlo, ma il fatto era che, in realtà, non mi interessava; l'unica cosa importante era essere lì con lui, dividere tutto questo con qualcuno che ci tenesse quanto me e che capisse quanta fatica era costata arrivare fin qui oggi.

L'ultimo sollevamento, lui che piroettava sotto di me e poi di nuovo a terra, le ultime note, la nostra posizione finale e, d'improvviso, uno scroscio di applausi ci travolse.

Corsi da lui, lo abbracciai e lessi l'infinita felicità nei suoi occhi che rispecchiavano i miei.


-Sei stata fantastica!- le sue uniche parole.


-Anche tu, come sempre del resto!- il suo magnifico sorriso si allargò e sentii il mio cuore accelerare notevolmente, di questo passo sarebbe esploso.


Vedevo Rose saltellare sulla porta d'accesso e, raccogliendo qualche mazzo di fiori che ci avevano lanciato dagli spalti, uscimmo lasciando il posto ai prossimi concorrenti.

Rosalie era entusiasta non faceva altro che farci i complimenti, io mi sentivo chiusa in una bolla, come se tutto questo non stesse realmente accadendo a me.

Edward mi teneva un braccio intorno alla vita mentre ci accomodavamo sul divanetto in attesa dei risultati.

Fissavamo il cartellone contando i secondi che sembravano non scorrere mai, poi, all'improvviso, si illuminò:


Elementi tecnici: 47.28

Presentazione: 54.69

Penalità: 0

Punteggio: 101.97

Per un totale 171.51


Posizione in classifica: 01


Iniziò a girarmi la testa e solo quando mi sentii dire: Respira!, mi resi conto che avevo smesso di farlo.

La felicità divenne incontenibile ed iniziammo ad urlare e saltare per scaricare la tensione che avevamo accumulato; mi sembrava impossibile...

Era già incredibile essere arrivati secondi ieri, vincere era quasi inconcepibile.

Guardavo Edward, la sua contentezza che rispecchiava sia la mia che quella Rose, mi ci sarebbe voluto un po' di tempo per metabolizzare tutto questo, ma lo avrei fatto.



Salimmo sul primo gradino del podio.

Gli applausi iniziarono a scrosciare.

Il sindaco ci mise le medaglie al collo complimentandosi con noi per la nostra magnifica prestazione.

Mi sembrava di vivere in un sogno, solo qualche mese fa sarebbe stato impensabile una cosa del genere.

Cambiare continente, disciplina agonistica e partner. Guardai Edward e mi accorsi che lui mi stava già fissando.

Improvvisamente tutta la confusione intorno a noi fu come se si zittisse:

esistevamo solo noi.

Le sue labbra raggiunsero le mie in un attimo, neanche il tempo di realizzare quello che stava accadendo che ci eravamo già lasciati andare ad un bacio che esprimeva tutto ciò che provavamo in quel momento ed io mi sentii, per la prima volta, veramente completa.

Il suo profumo, il suo sapore era così giusto per me che riusciva a destabilizzarmi.

Quando ci staccammo il boato della folla mi riportò alla realtà ed al luogo dove ci trovavamo: su un podio al centro di uno stadio del ghiaccio.


-Perché ora?- Chiesi con un filo di voce. L'unico che mi fosse rimasto dopo tutte quelle emozioni.


-Forse avevo paura della tua reazione e quindi di prenderle un'altra volta. L'ultima mi hai fatto un po' male!- Gli sorrisi di rimando -Qui, almeno, avrei avuto dei testimoni!-


Ma un'ombra oscurava ancora i miei pensieri -E la bionda? Quella che è sempre con te?- la gelosia era una cosa che non riuscivo a gestire.


-Chi? Tania?- annuii anche se non ero certa del suo nome. -Mia sorella? Se vuoi te la presento, ma ti avviso, non è molto divertente...- era strano sentirlo scherzare così e parlare normalmente.


Il suo braccio era sempre avvolto alla mia vita mentre con l'altro salutava il pubblico per le foto di rito.

Io sarei risultata sicuramente con un'espressione imbambolata, non riuscivo a modificarla, era più forte di me.


-Non lasciarmi!- Dissi appena lo sentii allentare la presa e lui, in risposta, mi strinse più a se -credo che mie gambe non mi sosterrebbero!- Ammisi.


-Non preoccuparti. Non ho intenzione di lasciarti andare per molto, moltissimo tempo!- I suoi occhi erano limpidi e sicuri come mai li avevo visti e trasmisero quella sicurezza anche a me.


Finalmente avevo trovato quello ciò che avevo cercato da sempre e mi sentivo incredibilmente serena e felice.












   
 
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