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Autore: Cilyan    30/07/2014    0 recensioni
696 words
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Le onde si muovevano in un fruscio immenso,
era primavera quando lo vidi.
Gli occhi mi luccicavano di blu,
il mascara nero colava dal caldo,
le dita si increspavano attorno alle maniche corte,
ma non mi importava.
Forse ero una delle poche persone cui non importava dell’apparenza,
forse perché anche lui ne era l’emblema.
Tanto finivo sempre per arrossire,
peperone marcito al calar della sera,
un rosso opaco che andava a confondersi con quello del mio fard al sapor di miele.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Le onde si muovevano in un fruscio immenso,

era primavera quando lo vidi.
Gli occhi mi luccicavano di blu,
il mascara nero colava dal caldo,
le dita si increspavano attorno alle maniche corte,
ma non mi importava.
Forse ero una delle poche persone cui non importava dell’apparenza,
forse perché anche lui ne era l’emblema.
Tanto finivo sempre per arrossire,
peperone marcito al calar della sera,
un rosso opaco che andava a confondersi con quello del mio fard al sapor di miele.
Una volta, rammento,
mi aveva persino sorriso,
le iridi marroni sembravano quasi ambrate,
era solamente un parco,
solamente la sera di una manifestazione scolastica,
un piccolo campeggio in favore delle associazioni alla libertà di respirare aria pulita,
ma mi sentivo di inquinare ancor di più solo portando lo sguardo a vedermi attorno.
le mie scarpe inquinavano,
i miei vestiti inquinavano,
persino i miei trucchi, inquinavano.
Ero inquinamento puro,
però mi sentivo un po’ meglio a non essere l’unica che lo fosse.
Ero inquinatrice seduta vicino ad un inquinatore.
La prima volta in cui gli avevo parlato era stato al funerale di sua madre.
Non sapevo come comportarmi, lui ormai sembrava sempre spento e apatico,
nessuno riusciva a rialzarlo di morale.
Le urla era come se mi si intonassero in testa.
Portai le mani istintivamente per toccarla,
ma sembrava apparentemente andasse tutto a posto.
Mi guardai così allo specchio e vidi la figura esile che ero diventata.
Quanto lo capivo, lui proprio non lo sapeva.
Ero seduta sulla panchina vicino a lui in chiesa, ma nemmeno vedendomi quel giorno,
mi avrebbe vista davvero come le altre volte che, io lo sapevo,
erano solo sguardi fugaci e mormorii dietro le porte.
L’abito bianco panna stonava in quell’androne di nero,
ma non mi sentivo a mio agio con colori scuri addosso, la mia testa quelli proprio non li reggeva.
Ebbi persino un leggero capogiro, ma trattenni la sensazione di svenimento, incurvando la saliva tra i denti e la lingua, invocando mentalmente il momento in cui gli avrei parlato o non avrei detto niente.
Semplicemente, infatti, l’unica cosa che feci fu abbracciarlo e sussurrargli un “non sei solo”, che cambiò tutta la mia esistenza.
Eravamo apatici tra l’apatia di finto entusiasmo della gente attorno a noi.
La prima volta che ci baciammo fu proprio vicino alla finzione, un teatro.
Davano “la Medea”,
uno dei miei drammi preferiti.
Piangemmo da apatici, ci guardammo da apatici,
ci baciammo con furore.
Una lacrima mi cadde persino sul dorso della mano e lui la accarezzò per toglierla,
che dolcezza inaspettata, mentre il mascara, beh, quello colava ancora.
A volte pensavo di essere come Pierrot.
Avevo una riga nera semi costante sul viso,
colpa di quel mascara che mi ostinavo a non cambiare,
stupidi occhi luccicosi,
stupide labbra tremolanti.
Amavo mangiucchiarmi il labbro quando mi fissavo in qualche area riflettente col viso sfatto,
con gli occhi spenti e le dita frenetiche.
Non stavano mai ferme.
Ero sicurissima che qualche giorno mi sarebbero state tagliate,
che una regina di cuori mi avrebbe messo alla ghigliottina per la troppa frenesia mista ad apatia,
nel non voler rispondere a nessun ordine che non venisse da me stessa
ed io non avrei fatto altro che aspettare quel giorno,
perché forse mi sarei sentita di nuovo viva.
I pochi momenti in cui vivevo davvero erano quelli in cui ci baciavamo e per lui,
ne sono sicura, era la stesso.
Rammento quando mi disse di non riuscire a reggere tutto questo.
Aveva gli occhi quasi neri in quel momento,
le labbra chiare, baciabili, le dita attorno al mio collo, le gambe strane.
Aveva un’espressione vacua, una sentinella di pericolo, assoluta,
un piccolo movimento di dita, i piedi fermi.
Aveva quel non so che di dipartita, di morte, di presentimento,
ma non lo espresse, semplicemente mi baciò, mi baciò a lungo per sentirsi vivo, forse.
Mi sembrò mi baciasse per sempre.
Come sono lapidaria oggi.
Sweete, sei sempre così obbediente tu,
ti ho mai raccontato di quando ho cantato l’apatia in onor di lui?
Non so perché, ma mi sorrise.
Fu l’ultima volta,
poi se lo portò via il vento e ora io me lo vado a riprendere.
A dopo Sweete.
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Hallo!
Spero che questa roba noiosa interessi a qualcuno XD
Scritto di getto, per cui, boh, volevo pubblicarla essenzialmente :)
Un beso
Cilyan

  
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