Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
Ricorda la storia  |      
Autore: Gio_Snower    30/07/2014    5 recensioni
[Seconda Classificata al Contest indetto sul forum di Efp da Nikij "The Soul's Chain - Perché non Posso Volare?"] [SPOILER MANGA]
Natsume Hyuuga è un ragazzo dal grande Alice, un potente potere che gli permette di distruggere qualunque cosa voglia; per via di questo suo Alice, pericoloso agli occhi dei più, è costretto da Persona, il cui vero nome è Rei Serio, ricatta Natsume usando il suo migliore amico, Ruka Noji, e la sorellina di Natsume, Aoi, come arma di ricatto, così Natsume è costretto ad usare il suo potere per l'Accademia.
Poi arriva Mikan, ma Natsume ha quel pesante fardello e un'animo immerso - secondo lui - nell'oscurità, mentre lei appartiene alla luce.
Estratto dal testo:Natsume Hyuuga.
Questo era il suo nome. “Natsume” come le bacche rosse della pianta di cui portava il nome.
Quelle bacche erano rosse come il colore dei suoi occhi e, se usate per fare il tè, avevano un sapore amaro ed allo stesso tempo dolce, più lo gustavi più sentivi la dolcezza del loro essere, ma questo non era molto risaputo e molti si fermavano all'apparente amarezza ignorando il loro vero sapore.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Persona/Rei Serio, Ruka Nogi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bacche Rosse e Mandarini
Nell'oscurità le parole pesano il doppio.
Elias Canetti, La provincia dell'uomo 

Un ragazzo di dodici anni fissava freddamente, con i suoi occhi rossicci, chiunque posasse lo sguardo su di lui. Era fermo lì, in mezzo alla strada ricoperta di bianco, in un'uniforme troppo leggera per quel tempo feroce; la neve scendeva lentamente e la sua figura appariva solitaria, come quella di un randagio, forse simile a quella di un gatto nero per il suo carattere schivo, per le dicerie sul suo conto e per quei capelli neri, così neri da sembrare onice. Molte storie sul suo conto giravano per l'intera scuola, ma quelle storie non impedivano ai loro sguardi di essere attratti da quella figura sola. Era affascinante, carismatico e, il suo intero corpo, immobile lì in quello spazio vasto, pareva urlare il suo stesso potere, pareva dire a chiare lettere : “Io sono qui.”
Natsume Hyuuga.
Questo era il suo nome. “Natsume” come le bacche rosse della pianta di cui portava il nome.
Quelle bacche erano rosse come il colore dei suoi occhi e, se usate per fare il tè, avevano un sapore amaro e allo stesso tempo dolce, più le gustavi più sentivi la dolcezza del loro essere, ma questo non era molto risaputo e molti si fermavano all'apparente amarezza ignorando il loro vero sapore.
I genitori di Natsume Hyuuga avevano scelto giustamente il suo nome.
L'orecchino rosso che portava spiccò quando si voltò mentre gli studenti lo guardavano incuriositi e timorosi, affascinati e spaventati, maligni e superficiali. 
Natsume non li guardò nemmeno mentre saltava per arrivare all'albero, e dall'albero al tetto rosso dei dormitori. Entrò nella sua stanza, la finestra era aperta e lo sapeva, l'aveva lasciata lui così e nessuno entrava nella sua camera a parte lui.
Un dolore al fianco gli fece storcere la bocca in una smorfia.
Sangue cremisi colava leggermente sulla sua gamba, bagnando i suoi pantaloni, tingendo di rosso il balcone della finestra, che era ricoperto di neve bianca, ora rossa.
Il ginocchio cedette e per un attimo si sentì attrarre verso il basso, si aggrappò prontamente alla finestra e si buttò dentro camera sua, macchiando qualunque cosa di rosso.
Sentiva il corpo intero in fiamme e provava un fortissimo dolore, man mano che il rosso colava, tingendo il suo mondo, perdeva le forze e sapeva di star per cadere nell'oscurità...
Però prima doveva far qualcosa.
Si alzò e andò verso un punto preciso, aprì il cassetto e trovò la cassetta del pronto soccorso.
Prese le fasce impregnate di Alice e le avvolse intorno al corpo, non serviva nemmeno disinfettare la ferita, ci avrebbero pensato loro.
Vide un flacone bianco e lo prese nelle mani, le medicine erano di un color arancione, un arancione simile a quello dei mandarini.¹
«Mikan...» mormorò ironicamente stringendo i denti. Aprì il flacone e si buttò tre pastiglie sulla mano, prima di ingoiarle tutte insieme.
Doveva andare a letto, ma non ne aveva la forza. Si sdraiò sul tappeto, ancora sporco di sangue, e s'addormentò per la fatica.

Quando si risvegliò, il tappeto era sparito. 
Probabilmente un robot delle pulizie l'aveva preso e sarebbe ricomparso sul pavimento della sua stanza nel pomeriggio.
Si alzò, indolenzito, appoggiandosi al comodino con una mano; sarebbe potuto cadere in qualsiasi momento, vista la sua debolezza.
Si cambiò a fatica, ancora in tempo per le lezioni della seconda ora, e con un balzo uscì dalla finestra arrivando all'albero, scese l'albero e corse verso l'edificio delle scuole elementari sebbene avesse ancora un fianco dolorante.
«Natsume!» lo salutò Ruka vedendolo, gli occhi azzurri lo scrutavano allegri e preoccupati allo stesso tempo, così innocenti... E così sarebbero dovuti rimanere, altrimenti il peso che portava sulle spalle non avrebbe avuto alcun senso.
«Umph, ecco chi si degna di arrivare in classe!» esclamò Mikan, guardandolo con sufficienza con quei suoi occhi marroni, un marrone simile a quello delle castagne, e con le labbra – piene e rosee – arricciate in una smorfia buffa, quasi sciocca.
«Non sono affari tuoi...» la rimbrottò avvicinandosi, prendendo in mano una delle due code castane; non dovrebbe farlo e lo sa. Eppure il desiderio di avvicinarsi a lei, di abbracciarla, di lasciarsi andare alle sue premure e di credere ai suoi sorrisi lo divorò. Mikan risplende con il suo Alice temuto e quel suo carattere sincero e diretto, troppo ingenua, troppo buona, troppo.
Lei ha una luce, una luce che potrebbe illuminare le sue tenebre. «Polkadots.²» 
Mikan arrossì, diventando un mandarino rosso. 
Ghignò e si allontanò sebbene a malincuore, mentre la voce di lei lo malediceva e schiamazzava provocandogli una sorta di piacere.
Non può averla, ne è consapevole, ma il tormentarla – sebbene sappia che è una cosa da bambini – perché si è affezionato a lei gli offre comunque una felicità piccola, un senso di vittoria e leggerezza che dura quei pochi minuti prima di ricordarsi della sua gabbia fintamente dorata; essa era infatti costituita dal fuoco, lo stesso fuoco che gli bruciava nelle vene³, lo stesso con cui Persona – presentatosi come Rei Serio – lo ricattava.

«Io non capisco.» disse quella notte, in quel vestito bianco – che le si addiceva fin troppo – appariva ancora più eterea e sfuggente ai suoi occhi rossi, simili al color delle bacche. 
«Non devi capire, sciocca.» mormorò a bassa voce, sicuro però che lei lo sentisse. Lo sguardo verso il basso, distolto da lei per sua volontà. «Resta nella luce, finché puoi. Non avvicinarti alla tenebra.» l'avvisò. Cosa poteva dirle per farla capire?
Erano così diversi...
Solo lei insisteva nel dire che erano vicini, ma non era così. Lui era nell'oscurità più nera, anzi, quell'oscurità l'aveva – se la portava – dentro, mentre lei era la luce e stava nella luce, non doveva conoscere il dolore, la solitudine o la frustrazione né quei cupi pensieri che spesso torturavano la sua mente di notte. 
«Non mi chiamo sciocca, io ho un nome!» ribatté, fissandolo con quei suoi roventi occhi marroni, sinceri, onesti, irresistibili.
La fissò. «Mikan.» disse. Lei sobbalzò, presa di sorpresa. «Questo è il mio ultimo ordine: va.» 
Lei si allontanò – rossa in volto – mentre i fuochi d'artificio finivano, smettendo di illuminarlo ancora una volta.
La luce, questa volta, se n'era andata.


Gli porge la sua mano, delicata e piccola, morbida in confronto alla sua più grande e ruvida.
Un sorriso delicato sul volto femminile e uno sguardo gentile e dolce puntato su di lui.
Natsume ritirò la mano.
«No.» disse. Il suo corpo bruciava.
Voleva prenderle la mano.
Voleva correre via da lei.
Voleva starle accanto.
Voleva che sparisse.
Voleva lei.
Voleva non volerla. 
Si svegliò, tutto sudato ed agitato.
Un sogno.
Sorrise sprezzante, ma sentì gli occhi inumidirsi. 
Nel buio della sua stanza pianse.
Pianse per la libertà che gli era stata rubata, per la felicità che non avrebbe raggiunto, per l'obbiettivo – la sicurezza di Ruka e di lei4 – che si era prefissato. 

Se n'era accorto da tempo dei suoi sentimenti verso Mikan, ma aveva fatto di tutto per nasconderli.
Però, ogni volta che lei si avvicinava ad un altro, che lei sorrideva, scherzava, rideva con altri, sentiva il suo corpo andare in fiamme e la sua testa non ragionare più, come se il fuoco avesse ottenebrato perfino la sua mente.
Avrebbe voluto raggiungerla, dirle di quei sentimenti che aveva dentro, conquistarla.
Dire a tutti che era sua e che non dovevano toccarla.
Ma non poteva.
Lui non voleva veramente averla. O almeno era questo il pensiero che era deciso ad avere.
Anche se lei gli avesse teso la sua mano, lui non l'avrebbe accettata, anche se lei era – ai suoi occhi -  una delle poche cose sensate di quel mondo che reputava crudele e piccolo, quel mondo che era Gakuen Alice stessa e le persone – adulte – che la comandavano.


Urlò nel silenzio, sopraffatto dal dolore, dalla tristezza, dalla rabbia.
Avrebbe voluto rompere tutto, avrebbe voluto bruciare tutto, frantumare ogni cosa, ma fermò la furia che gli infuocava il corpo, facendo divampare il suo potere.
Lo fermò a costo delle sue forze.
Senza sonno, ma esausto e con gli occhi chiusi, nella sua mente si susseguivano le immagini di lei, Mikan, del suo sorriso, delle sue smorfie, del suo sguardo, un momento prima felice, un momento dopo triste.
«Ce la faremo, Natsume.» la sentì dire nella sua mente «Non ti arrendere subito.» lo rimproverò.
Scosse la testa.
Allucinazioni? Chiese.
No, ricordi, speranze, sogni. Rispose una voce dentro di lui. 
Di chi? Domandò, sebbene sapesse già la risposta.
…t
uoi.


Molte volte aveva cercato una soluzione diversa da quella gabbia per proteggere i suoi tesori, ma non ne aveva mai trovata una. Alla fine s'era rassegnato, incapace di mettersi l'anima in pace, ma anche di trovare una soluzione diversa a quello che considerava un'incognita. 
Non voleva credere di essere senza speranze.
Nella sua mente, però, ogni volta che pensa – anche solo per un attimo – di andarsene, compaiono Ruka ed Aoi e si pente di quei pensieri, si sente in colpa.
Sa che Ruka lo considera gentile, ma si sbaglia.
Sa che lo considera forte, ma è una menzogna.
Sa anche, però, che se vuole proteggerli deve esserlo. Deve fingere di essere forte, di essere forte abbastanza.
Il suo animo giovane appare più vecchio e più pesante di quello che dovrebbe essere, l'oscurità grava su di esso e nei suoi occhi rossi, spenti di quella scintilla che un tempo li accendeva e che poche volte si riaccende, incatenato dalle catene del suo stesso animo in un'oscurità senza fine.
L'unico nome che compare nella sua mente, ogni volta che sta per addormentarsi, per abbandonarsi o all'oblio del sonno profondo o all'incubo più nero, è solo uno però: Mikan.

¹ Mikan significa “Mandarino”.
² Polkadots è uno dei soprannomi, il preferito di lui a quanto pare, che Natsume affibbia a Mikan e lo fa nel primo capitolo.
(Infatti significa “mutandine a pois”)
³ “lo stesso fuoco nelle vene” è una metafora dove “fuoco” significa “sangue” (accomunati dal loro colore, cioè il rosso) e si riferisce al fatto che Natsume ha lo stesso sangue di Aoi, che Persona usa per ricattarlo. 
"lei" sta per Aoi, la sorella di Natsume.




Spazio dell'Autrice:
Ciao a tutti, il mio nome è Giò_Snower e vi ringrazio per aver letto questa fic.
So che non è il massimo, ma nonostante tutto mi è piaciuta tanto da decidere di pubblicarla e di farla partecipare al contest indetto da Nikij sul forum.
Spero di aver interpretato bene Natsume e di aver descritto con delicatezza i problemi che affliggono il suo animo, troppo giovane a mio dire.
Adoro il personaggio di Natsume, per questo spero davvero di non essere andata nell'OOC.
Mi sono cimentata in questa impresa perché adoro scrivere le introspettive e nonostante le mie doti non siano al massimo, spero che vi sia piaciuta.
Se avete voglia, lasciatemi una recensione.
Alla prossima,
xx Giò
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice / Vai alla pagina dell'autore: Gio_Snower