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Autore: SunsetMoon    08/09/2008    3 recensioni
Prima di mordermi, mi bacia delicatamente la base del collo. (...)
Sto pagando l’eguale prezzo del mio amore.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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      Zaffiro blu



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              "Promettiamo in base alle nostre speranze
                                                                                            e manteniamo le promesse in base ai nostri timori”.

                                                                                                                            (François de La Rochefoucauld)



L’anello che Edward mi ha regalato sembra pesare ancora di più al mio anulare destro.
Ma la fede, all’altra mano, sembra fare da contrappeso, e inconsciamente abbasso gli occhi ad ammirare quella semplice fascia d’oro che avvolge il mio anulare come una promessa.
Attraverso l’atrio di casa Cullen – che ora è anche casa mia – con un po’ di apprensione, e davvero… davvero non capisco perché. Ho voluto io tutto questo.

E’ il rimpianto, mi accorgo con amarezza. Questo senso di rimorso e sconfitta che fa pesare il mio cuore come fosse di piombo.
Ora sono una Cullen, mi dico con fermezza. Non essere sciocca, Bella. Tu ami Edward.
Sì, è vero, lo amo.
Ma un amore che mi porta a fare certe scelte può essere allo stesso tempo stupendo e terribile.
Non sono un’idiota. Ho sempre pensato che ci fosse un prezzo da pagare.
E ora siamo… sposati. Sono talmente tanto restia da non riuscire nemmeno a pronunciare questa parola?
Non è che rimpianga  lui, o la scelta del matrimonio. Per me è sempre stata una formalità come un’altra, per lui un bisogno. Non ci vedo nulla di male ad assecondare i suoi bisogni.
Purché lui assecondi i miei, penso.
Accidenti. Sono così confusa. Attraverso lentamente il grande atrio fino a poter sfiorare il pianoforte con la punta delle dita. Cauta, prendo posto sul seggiolino e carezzo i tasti d’ebano, freddi quasi quanto le sue dita.
Vorrei suonare, se sapessi. Vorrei riproporre le note della mia dolcissima ninna nanna, perché ascoltandola so che mi calmerei, e forse tutti i pensieri che in questo momento formano un groviglio nella mia mente andrebbero al loro posto, o forse scomparirebbero e resterebbe solo l’amore incondizionato che nutro per lui e che mi sta uccidendo.
Lui ha mantenuto la sua promessa; ricordo così bene quel giorno in cui pioveva a dirotto, più forte del solito, e insieme – insieme – ci siamo tenuti per mano e insieme ci siamo scambiati parole e le due fedi che in questo momento ci legano. Oltre alle promesse.
E poi, alla fine di tutto, alla fine di quella giornata, mi ha preso in braccio e mi ha adagiato sulle lenzuola di seta, e ha mantenuto la sua promessa, ancora una volta.
E’ stata una delle notti più belle della mia vita da mortale, perché nei sospiri e nei tocchi e negli abbracci ci siamo detti cose che abbiamo tenuto nascoste. E ho sofferto, guardandolo negli occhi perché nelle sue iridi topazio c’era sofferenza, piacere e lo sforzo di resistere ad un aroma che lo attira più di ogni altra cosa al mondo.
Sospiro. Ecco, quello che vorrei, adesso, è che lui scenda da quella scalinata di marmo, si sieda accanto a me e mi suoni la mia ninna nanna. Che mi avvolga tra le braccia e mi dica che va tutto bene.
Però stavolta non lo fa. So che non può sentire i miei pensieri. Però so che può avvertire la mia tensione e la paura che mi sta logorando, dal piano di sopra.
E lui non scende. Non so se lo faccia per delicatezza, o forse per paura, oppure perché mi ha capito meglio di chiunque altro, perfino più di me stessa.
Che idiota che sono. Ho tenuto fede al mio patto, e gli ho chiesto una cosa che in seguito, ho scoperto, mi costerà molta sofferenza. E lui aveva già capito tutto prima di me.
Non posso indugiare più a lungo. Il sole sta tramontando e dalle bellissime vetrate uno scintillio color miele irradia l’atrio come se fosse fatto di luce.
E’ per questa notte. Non posso indugiare oltre.





                                                                                                                                                                                       
                                                                                                                                                 "Senza sofferenza non vige amore;
                                                            ed amore sta alla sofferenza come le scelte stanno alla consapevolezza”.




Esitante, mi allontano dal pianoforte a coda e mi dirigo verso le scale. Le salgo, ad una ad una, con una lentezza esasperante.
Attraverso il corridoio, finché non raggiungo la porta della sua camera. Della nostra camera.
La tensione dentro di me è palpabile, e la cosa peggiore è che avverto la stessa sofferenza dall’altro lato della porta. Posso solo immaginare quanto stia soffrendo, forse perfino… forse perfino più di me.
Busso piano, e senza aspettare risposta, apro.
Lui è lì, davanti alla vetrata. Sta osservando i colori che il sole dipinge sugli alberi della foresta, alla base dei Monti Olimpici.
Mi stupisco sempre della veduta che si gode dalla nostra camera: toglie il fiato, con i colori neutri del fiume Sol Duc circondati dal verde smorto e pallido delle piante limitrofe.
Quando sente la porta chiudersi dietro di me, si volta.
I suoi occhi sono talmente pieni di quel topazio luminoso che risaltano nel semibuio della camera. E sono tanto velati di un’antica tristezza da farmi male.
Edward sorride, finalmente, e mi si avvicina, fino a posare molto delicatamente le sue labbra sulle mie.
“Bella”, sussurra.
“Mmm?”.
Mi prende le mani e mi guarda in viso, con un’espressione estremamente preoccupata.
“Hai salutato Charlie?”.
Annuisco. “E’ stato sinceramente sorpreso di vedermi. Forse credeva che sarei morta di freddo. Sai com’è, in Alaska…”, agito la mano in un gesto di noncuranza.
Stavolta non ride, non sorride nemmeno al mio gioco.
Col senno di poi, credo di non averlo ingannato nemmeno una volta. Diceva di non poter avvertire i miei pensieri, ma io so che avvertiva qualcosa di diverso, di ancora più profondo. Avvertiva le mie paure, le angosce, e cercava di salvarmi da esse con i suoi abbracci, e le sue parole.
Finalmente fa quello che avrei voluto facesse da quando sono arrivata: mi abbraccia.
Non posso fare altro che inspirare il dolcissimo aroma di menta sulla sua camicia, e cercare di calmarmi.
“Bella… non dobbiamo farlo per forz…”.
“Invece sì”. Lo allontano delicatamente con le mani. Lui fa finta di non accorgersi del fatto che sto vacillando, che mi sto arrampicando sugli specchi, che no, non devo farlo per forza e forse non lo voglio nemmeno.
Del resto, sono sempre stata consapevole di ciò che avrei dovuto affrontare. Il difficile si presenta quando dentro di te tutte le parti sono in conflitto tra loro, e sei consapevole del fatto che sei vuoi farne prevalere una, devi far soccombere l’altra. E’ una sorta di suicidio, suppongo.
Comunque, con grande tatto, Edward si allontana per darmi il tempo di ricompormi.
Si avvicina alla grande cassettiera di mogano accanto al letto e apre il primo cassetto.
Sospiro e mi siedo sul bordo del letto, sfiorando con i polpastrelli le lenzuola di seta tra le quali abbiamo dato voce ai nostri vizi e alle nostre voglie.
Quando alzo lo sguardo, Edward è inginocchiato di fronte a me, e mi porge una scatoletta di velluto.
Evita volutamente la mia espressione stupita, e mi incita: “Aprila”.
Con grande cautela, forzo il coperchietto per aprirla.
Su un cuscinetto di seta bianca è appoggiato – solo appoggiato – un anello.
Sembra fatto di argento. E’ una fascia sottilissima, con in cima una pietra delle più belle che abbia mai visto. E’ di un blu notte, oscura e luminosa, circondata da scaglie di diamanti che formano una corona attorno a quella gemma.
Lo guardo spiazzata, e non so davvero cosa dire.
Senza proferir parola, prende l’anello con una mano e la mia mano sinistra con l’altra. Nel silenzio più assoluto fa scivolare delicatamente quel piccolo pezzo di cielo e stelle sul mio anulare sinistro, sopra la fede.
E’ così leggero, mi accorgo affascinata.
“Questo”, mi sussurra all’orecchio, “è uno zaffiro blu”.
Mi fa alzare delicatamente dal letto, sorridendo tristemente, come un dio.
“Bella, io… ci tenevo che tu l’avessi. L’ho visto e mi ha ricordato te. Ti ricordi quando ti ho detto che senza di te la mia vita era una notte senza luna?”.
Annuii, cosa superflua, perché lui sapeva bene che io lo ricordavo, e che avevo conservato il ricordo di quelle parole come una delle cose più preziose.
“Be’… tu sei la mia meteora, come questo zaffiro; e sei stata capace di illuminare tutto il mio cielo permettendomi di vedere anche le stelle”. Sfiora le scaglie di diamanti con l’indice.
Sono proprio senza parole, stavolta.
Sono imbarazzata, perché dentro di me continuo a covare paure senza nome mentre lui cerca di sostenere il peso di queste paure per tutti e due.
“Edward, è… stupendo”.
La mia voce però è esitante quando sussurro: “Servirà a ricordarci la promessa di questa notte”.
Il sorriso dolce scompare dal suo volto per lasciare posto a una malinconia nascosta.
Il sole è tramontato del tutto, e la penombra della stanza si fa a mano a mano sempre più piena di ombre.
Oramai non possiamo più rimandare, e lo sa anche lui.
“Sappi che qualunque cosa accada ti sarò vicino sempre, anche quando non mi vorrai”.
Chiudo gli occhi, sorridendo.   Come se fosse possibile.
 Sento che con le dita fredde mi sposta i capelli dal collo.
Quello che stiamo per fare non ha più importanza, perché oramai non possiamo più tornare indietro.
Non so cosa mi trattenga. Il rimpianto per la mia vita da umana, per le esperienze che avrei potuto vivere, o semplicemente perché sento che fra non molto sarò solo questo: un corpo morto, animato solo dagli istinti.
Ma so che c’è ben altro. So che c’è molto, molto di più.
Il fatto è che sono un essere umano, e come tale non posso fare altro che assecondare i miei desideri e, più di tutto, le mie paure.
Francamente, non sto facendo tutto questo solo per amore. Sì, io amo Edward; senza di lui io non vivo.
Ma so che quest’azione disperata è in parte dettata dalla paura.
E’ inutile girarci intorno. E la cosa che più mi fa odiare me stessa, è che mentre tenevo tutto questo nascosto ad Edward, lui sapeva già tutto. Non ho condiviso niente di tutto questo con lui, ma da sciocca non mi sono resa conto che lui conosce me, e conosce l’essere umano meglio di chiunque altro. E forse ora sta soffrendo anche più di me.
Prima di mordermi, mi bacia delicatamente la base del collo.
Quasi non sento i canini che affondano nella carne.
Sento invece ancora di più il peso di quello zaffiro, che da leggero è diventato un peso soffocante. Mentre accetto e  a mia volta vengo accettata nel regno degli sconfitti, penso che  quello zaffiro rappresenta questa promessa; e rappresenta, allo stesso tempo, il suo amore, la mia paura e questo gesto che diventerà la mia prigione.
Perché quest’amore non può essere dissimile: sto pagando l’eguale prezzo del mio amore, che è tanto bello quanto terribile; le lacrime prendono a solcarmi il volto mentre l’altra parte, la parte di me che più amo, quella che avverte e sente la terra, che ama il sole e che ama se stessa, soccombe al  prezzo da pagare per un amore che ha pari valore alla vita.
E’ il prezzo che sto pagando per il mio peccato: la mia vita.






Dopo un bel po’ di tempo, torno a scrivere.
Quando ho riflettuto sulla situazione di
Bella, nella mia mente si sono rintanate parole e situazioni che chiedevano di essere narrate, finché si sono unite a formare questa.
Ho cercato di rendere il flusso dei pensieri di
Bella coerente, sebbene nella mia mente non lo fossero… Ma ciò che più mi premeva rappresentare era il dramma che c’è dietro a un gesto simile; mi interessava rappresentare la parte più umana e sincera di Bella.
Premetto che sono totalmente contraria alla
vampirizzazione xD
Ma comunque… sebbene sia contraria, ho almeno provato a scavare un po’ più a fondo nell’introspezione di Bella, perché dietro alcune scelte e promesse ci sono sempre parole non dette. Non so se ci sono riuscita. Giudicate voi.

Vostra,
SunsetMoon.





  
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