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Autore: PurpleStarDream    30/07/2014    2 recensioni
La Macchina della Morte è nata per caso, quando ancora la gente viveva nella beatitudine che solo l'ignoranza sul proprio futuro poteva dare.
Adesso un semplice esame del sangue è in grado di fornire previsioni infallibili sulle modalità del proprio decesso. Niente data, niente dettagli, solo una scritta misteriosa su un foglietto di carta.
Tony è arrivato ad odiarla, a Steve è indifferente, Clint non si dà pace e Natasha è confusa. Loki cerca di imbrogliare il fato e Thor non riesce a decidere come gestire la situazione.
Una sola cosa è sicura: che per quanto il destino sia macabro, oscuro, indecifrabile, sarà impossibile evitarlo, perché la Macchina non sbaglia mai.
Tratto da un libro.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2: Batteriologicamente sterilizzato.

 

 

Da quando la Macchina della Morte aveva sputato il suo cartellino, entrare in casa di Loki era diventato molto difficile. 

Non che fosse colpa del responso in sé, quanto piuttosto del suo destinatario. Era uno degli effetti collaterali più diffusi, quello che aveva colpito Loki. Cioè… Prendere talmente sul serio una predizione da studiarle tutte, ma proprio tutte, per evitare che si realizzi.

Ovviamente il carattere di Loki non aveva permesso che le cose arrivassero subito al punto di non ritorno. Non aveva dato peso al cartellino fino alla prima occasione in cui gli eventi della sua vita si erano incrociati con la predizione della sua fine.

Dopo quel giorno aveva fatto un raid al supermercato della durata di quattro ore, e si era chiuso in casa spezzando i contatti con tutti quelli che conosceva.

Ormai, dicevamo, entrare in casa sua era diventata un’impresa ardua.

Ma non impossibile.

Con le dovute precauzioni.

-Non capisco proprio perché ci dobbiamo andare- protestò Tony, stringendosi al petto i lembi della giacca a vento. Era Aprile ma cavolo se faceva freddo. –A me Loki neanche piace.-

Steve gli calcò sulla testa la cuffia di lana, che scese sulla sua fronte lasciando solo qualche ciocca scura a coprirgli parzialmente la vista.

-Thor ha insistito tanto. Pensa che a suo fratello non faccia bene evitare del tutto il contatto umano.-

Tony scostò la mano del biondo dalla sua testa. Il fatto che avesse ottimi motivi per non beccarsi uno dei tanti malanni stagionali non era una buona ragione per essere trattato come un bambino.

-Lui vuole evitare il contatto umano, ecco perché si è chiuso in casa e non esce mai. Con la predizione che si ritrova, qualcuno potrebbe dire che fa anche bene.-

Una nuvoletta di vapore bianco uscì dalla bocca di Steve dopo che questi si ritrovò a sospirare. Non gli piaceva quell’attitudine pessimistica.

-Nessuno dovrebbe essere schiavo di questi stupidi cartellini come Loki lo è del suo. Cercando di evitare la morte ha smesso di vivere la sua vita.-

-Non è colpa mia se è un idiota. Dovrebbe imparare ad accettare le cose che non può cambiare- disse Tony, infilandosi le mani in tasca e tirando fuori una sigaretta. Tempo qualche minuto e sarebbero arrivati all’appartamento di Loki, là poteva anche scordarsi di fumare.

Steve gliela levò dalla bocca prima che la rotella dell’accendino nell’altra sua mano producesse il caratteristico clic.

-Ehi!-

-Ti ho già detto che non voglio che tu ti metta a fumare. Vuoi proprio che i globuli bianchi si azzerino prima del tempo?-

-Tanto non cambia nulla- borbottò Tony stringendosi nelle spalle.

Steve odiava quando Tony si comportava in questo modo, come se dovesse morire domani. Sapeva che con la loro malattia non avrebbero vissuto in eterno, ma non voleva pensare alla morte, non quando c’erano ancora così tante cose che potevano fare insieme. Forse era troppo ottimista, ma da tempo si era convinto che la loro storia avesse bisogno di qualcuno che li mantenesse con i piedi per terra e vedesse anche il lato positivo delle cose. Sapeva che Tony usava il sarcasmo per difendersi dal senso di oppressione che la conoscenza della propria morte gli dava (e in effetti, visto il modo in cui si era ammalato, chi poteva fargliene una colpa?), ma delle volte questo suo atteggiamento arrivava ai limiti dell’autodistruzione. Come quando, neanche un mese prima, era rimasto sotto un gelido acquazzone con indosso solo una maglietta di cotone e gli shorts perché, in ogni caso, sarebbe dovuto morire presto. Spesso fumava come i malati di cancro che pensano che tanto, ormai, non hanno più cellule sane da rovinare.

-Tu sei l’opposto di Loki, sei fin troppo fatalista. Non c’è da sorprendersi che non ti sopporti.-

Tony giocherellò con l’accendino, lasciando che una debole fiammella illuminasse a tratti il suo sorriso.

-Non mi sopporta perché sono malato. Se non fosse per l’insistenza tua e di Thor non mi farebbe neanche entrare in casa.-

Questo Steve doveva riconoscerlo. Non era da tutti ricevere un cartellino con su scritto GERMI, ma sicuramente a tutti i destinatari con un briciolo di autoconservazione sarebbe venuto spontaneo cercare di evitare i virus.

E Tony aveva IL virus.

Ma non si poteva neanche dare tutta la colpa a Loki. In principio quel biglietto era stato molto più leggero, e Loki non sospettava neanche il peso che avrebbe raggiunto di lì a poco. I germi sono dappertutto, è praticamente impossibile evitarli, ma un giovane uomo in piena salute aveva di certo tutte le armi a sua disposizione per riuscire ad evitare quella onnipresente microminaccia. Il cartellino della Macchina della Morte era stato dimenticato in un cassetto sotto una pila di vestiti vecchi, con l’intenzione di fungere da dessert per le tarme.

Poi però Loki aveva avuto un incidente. Una sciocchezza, si era tagliato con una forbice.

La cosa grave fu che le lame erano sporche, e lui si prese un’infezione coi controfiocchi. Aveva la mano talmente gonfia da sembrare uno di quei guanti di lattice dentro cui i medici soffiano per farli assomigliare a un palloncino e regalarli ai pazienti più piccoli. Tony aveva tentato di disegnare uno smile sopra le bende con un pennarello, prima di essere sbattuto a calci fuori dalla camera d’ospedale da un Loki fuori di sé e potenzialmente omicida. Nonostante la febbre alta e la flebo nel braccio, Loki con la mano sana e le gambe sapeva ancora cacciare eventuali seccatori.

Aveva passato due giorni in un letto a riflettere in un bagno di sudore freddo dentro il suo corpo che bruciava a quaranta gradi, con suo fratello a vegliarlo senza che lui se ne accorgesse. Era troppo impegnato a realizzare quanto vicino si fosse trovato alla morte.

Aveva capito che poteva arrivare prima di quanto pensasse.

Ma aveva la soluzione: sarebbe bastato creare un ambiente ostile ai germi, riempirlo di tutto ciò che poteva servirgli, colonizzarlo e lasciare che il mondo esterno suppurasse in tutte le malattie orribili che quei microscopici assassini si portavano dietro. Ma senza di lui.

Appena si sentì meglio si comprò un computer nuovo, andò al supermercato e fece incetta di detersivi, aspirapolveri, profumi per ambienti, insetticidi, alcool denaturato. Quindi visitò una farmacia, e la svuotò di ogni prodotto che poté comprare senza ricetta, inclusi disinfettanti, mascherine, guanti, antibatterici, medicine per ogni disturbo conosciuto all’uomo.

Con tutta la sua spesa si chiuse la porta alle spalle, e nessuno sentì più la sua voce se non attraverso il crepitio del citofono. Andava avanti così da un anno.

-Chi lo sa, magari si sente un po’ meglio- considerò Steve, spezzando la sigaretta che aveva rubato al suo ragazzo e spargendo tabacco come Hansel che si lasciava dietro briciole di pane.

-Non credo. Secondo me è partito di testa- obiettò Tony, dandosi un colpetto alla cuffia per sottolineare il suo punto di vista. Steve non gli rispose, perché, avvicinandosi al complesso di appartamenti in cui abitava Loki, vide Thor sul pianerottolo, e gli fece un cenno di saluto. Lui rispose agitando entrambe le braccia con un sorriso esagerato, come un naufrago che cerca di attirare l’attenzione di una nave di passaggio.

-Ma che ha sempre da ridere?- si chiese il moro, mordendosi le labbra e sentendo la mancanza della sua sigaretta.

-Sarà contento di essere venuto a trovare suo fratello in compagnia dei suoi amici- ipotizzò Steve.

Iniziarono a salire le scale per raggiungere Thor. –Io penso che sia andato pure lui. Dopo il responso ridicolo che ha ricevuto i suoi attacchi di allegra idiozia sono peggiorati.-

Steve gli diede uno schiaffo sulla nuca, facendogli cadere la cuffia sugli occhi. –Smettila, che siamo quasi arrivati. E non parlare più dei cartellini della Macchina.-

-Steven! Anthony!-

Thor era sempre felice di vedere tutti, abbracciava tutti, sorrideva sempre. Non l’avrebbe detto nessuno che pure lui avesse fatto il test della Macchina della Morte. Avrebbero potuto pensare che avesse ricevuto NEL PROPRIO LETTO, AD UN’ETA’ AVANZATISSIMA. Di sicuro non aveva AIDS, perché strinse forte Tony esattamente come aveva fatto con Steve un attimo prima.

-Vacci piano!- disse il moretto, massaggiandosi le spalle che aveva sentito scrocchiare.

-Scusa- fece Thor, grattandosi la nuca.

Thor era un ragazzone altissimo e fortissimo, ma ben proporzionato e molto carino, con occhi color ghiaccio e capelli biondi e lunghi, selvaggi esattamente come la sua barba incolta. Sapeva rompere le ossa con un sorriso e senza neanche accorgersene, ecco perché Steve (che aveva abbastanza muscoli da contrastare il suo affetto) non vedeva nulla di male nel farsi abbracciare mentre Tony (che era più basso e più debole) cercava di ridurre i contatti al minimo.

-Hai già suonato il campanello?- domandò Steve. Faceva piuttosto freddo fuori, e sapevano tutti e tre che Loki ci avrebbe messo molto ad aprire.

-No, vi aspettavo. Lo sapete che non gli piacciono le sorprese, è meglio esserci tutti.-

Tony roteò gli occhi e spostò il peso da un piede all’altro. -Va bene, ma diamoci una mossa, mi sto gelando il culo qua fuori.-

Thor premette il campanello e dopo un minuto infinito una voce crepitò all’interfono.

-Sì?-

-Loki, sono Thor- salutò il ragazzo, con un cenno della mano. Il cerchio violetto del videocitofono sembrò stringersi sui tre ospiti in attesa.

-Andatevene via, non voglio vedere nessuno. Soprattutto lui- disse la voce di Loki. Tony aggrottò le sopracciglia e la cuffia si increspò. Sapeva già che il fratello di Thor si stava riferendo a lui.

-Se può consolarti neanch’io voglio vedere te. Sono venuto solo perché questi due mi hanno costretto.-

-Tony!- lo rimproverò Steve.

-Andiamo, Loki!- insistette Thor. –Ti ho portato anche le caramelle alla menta che ti piacciono tanto.-

Il biondone sollevò un pacchettino di caramelle balsamiche con il marchio della farmacia. Le aveva prese sicuro che Loki, amante della menta e sapendole provenire da un luogo sano e pulito, le avrebbe accettate.

Ci fu una pausa durante la quale il padrone di casa stava, presumibilmente, riflettendo.

-Vi metto le mascherine davanti alla porta.-

-No! Io non me la metto quella roba!- protestò Tony.

-Allora resti fuori- fece la voce.

-Bene!-

-Non dargli retta. Dacci tutto quello che vuoi, basta che ci fai entrare. Qua fuori si gela- disse Steve, che non ne poteva più. Era tanto buono e caro ma anche lui rischiava di esaurire le sue scorte di pazienza.

Si sentì un rumore al di là della porta: un giro di chiavi, qualcosa che veniva posato a terra, un altro giro di chiavi. Loki aveva una doppia porta, e nello spazio che le separava poteva appoggiare tutto ciò che sarebbe servito ad eventuali e sempre più rari ospiti.

-Entrate- disse la sua voce, che stavolta sembrava appartenere a un vero corpo, avendo parlato attraverso la porta e non l’interfono.

Steve aprì l’uscio e notò il tavolinetto con sopra tre mascherine. Ne afferrò una e diede l’altra a Tony. Thor prese la sua.

-Non posso credere che mi tocchi prestarmi a questa pazzia- si lamentò il moretto. –E tutto per andare a trovare un tizio che per di più mi sta sulle palle.-

-Io penso che tu a Loki stia molto simpatico- disse Thor, sistemandosi la maschera sulla bocca. –Se non fossi malato accetterebbe di vederti più spesso.-

Grazie al cielo, pensò Steve, non aveva detto a nessuno di avere anche lui l’AIDS; Loki avrebbe dato in escandescenze.

Alla fine anche la seconda porta si aprì.

-Levatevi quei cappotti e chiudete tutto- ordinò in lontananza il padrone di casa.

Lasciarono le giacche sugli appendiabiti e si ritrovarono nell’appartamento più lindo e pulito che avessero mai visto. I pavimenti avevano piastrelle bianche talmente lucide che sembrava di pattinare su un lago ghiacciato, i muri erano immacolati, le tende rigide di amido e profumate… Nell’aria aleggiava un persistente, stordente odore di disinfettante che non se ne andava mai, perché le finestre erano sempre chiuse. L’abitazione di Loki sembrava la versione pulita di “Sepolti in casa”.

A Tony venne un capogiro, e Steve socchiuse gli occhi che avevano preso a lacrimare. Soltanto Thor sembrava a suo agio, immune a quelle esalazioni grazie forse all’allegria che si portava addosso come un’armatura.

-Non ce la faccio. Non riesco a respirare- tossì Tony, diventando rosso dietro la mascherina. Steve gli diede una pacca sulla schiena.

-Resisti. Un paio di minuti e ti ci abituerai.-

-Hai mai pensato che la causa della sua morte possa essere l’assenza di germi? Prima o poi verserà talmente tanto detersivo da soffocarsi con le esalazioni tossiche.-

In fondo al corridoio comparve un ragazzo che con Thor aveva in comune l’altezza e poco altro. Era scuro di capelli, con due occhi verdi gelati piazzati in mezzo a un viso smunto e sciupato come il resto del suo corpo, che sembrava fluttuare senza peso in quell’atmosfera asettica da ospedale.

-Cosa volete?- domandò, la voce che tradiva un certo astio. Da quando la sua mania per i germi era cominciava, Loki aveva azzerato i suoi rapporti sociali, e odiava dover far fronte alla possibile minaccia biologica che costituiva una visita di cortesia. Se uno di loro avesse starnutito, probabilmente sarebbe stato ammazzato. Beh, no, ammazzato no, meglio evitare spargimenti di sangue. Ma gettato da una finestra magari sì. E lui fissava Tony in particolare con questa idea nella mente, pronto a prendere provvedimenti perché non spargesse il suo pericolosissimo virus neanche per sbaglio.

Thor dondolò il sacchetto di caramelle davanti al suo naso.

-Siamo solo venuti a trovarti. Volevo assicurarmi che stessi bene; da un po’ hai smesso persino di telefonare.-

Loki agguantò le caramelle si diresse verso la cucina. Lo raggiunsero in uno spazio dai muri decorati da uno sfavillio argenteo di utensili, certamente mai utilizzati ma molto spesso lucidati.

-Possiamo avere una tazza di caffè, o preferisci fare il pessimo padrone di casa e lasciarci marinare nel disinfettante con cui hai impregnato questo posto?- chiese Tony, tormentandosi i legacci della mascherina.

Loki lo guardò con occhi che brillavano di una luce assassina.

-Mettiti le mani in tasca se non sai cosa fare, Stark.-

Steve era passato del tutto inosservato. Loki tendeva a dimenticarsi di quelli verso cui non provava rancore.

-Ti trovo bene, Loki.-

Il ragazzo sbuffò. –Sì, sì, come no. Starei benissimo se la gente smettesse di venire a farmi visita.-

Prese da un armadietto delle tazzine di vetro profumate e trasparenti e accese la macchina del caffè, che si mise al lavoro con un ronzio meccanico.

-Ma non puoi isolarti dal mondo intero- sostenne Thor, che si arrischiò a strisciare una sedia sul pavimento, allontanandola dal tavolo per sedervisi sopra. –Non sai quanto mi dispiaccia che tu non mi permetta più di portarti la spesa.-

Raramente Loki usciva di casa. Aveva fatto del suo appartamento un santuario completamente sterilizzato, in cui dormiva, mangiava e lavorava. Comprava cibo, medicine, libri e vestiti su Internet e si faceva consegnare tutto a casa. All’inizio Thor si era offerto di fare lui le sue commissioni, e a Loki era andato bene avere un fattorino disposto a servire gratis la sua persona.

Finché non aveva capito che Thor usava questo espediente per venirlo a trovare molto più spesso. Adorava il suo fratellino, e si preoccupava per lui talmente tanto da fare addirittura invidia a Jane, la sua fidanzata.

-Sei noioso- grugnì Loki. –E poi scommetto che vieni qui solo perché così sarai al sicuro dalla tua predizione.-

-Ma non è vero.-

A Tony scappò una risata, e Steve gli lanciò un’occhiataccia, ma non poteva proprio farne a meno.

Avevano fatto almeno cinque tentativi, e la Macchina della Morte aveva giurato e spergiurato che Thor sarebbe morto SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA. Steve doveva perdonare Tony per il fatto di trovarlo comico.

Loki si era liberato non solo di tutto lo sporco che lo circondava, ma anche di tutti i suoi possibili portatori (insetti, topi, scarafaggi) spruzzando veleno in ogni angolo della casa, e coprendo poi la puzza con un deodorante per ambienti. Ma aveva anche buttato tutti i possibili cibi in grado di causare allergia, forse per questo era così magro.

In casa sua indubbiamente non si sarebbe trovata neanche l’ombra di una banana. Thor era in una botte di ferro.

Ma non era per quello che veniva a trovarlo, lui a Loki ci teneva davvero.

Solo Steve riusciva a capirlo appieno, specialmente quando lo vedeva fare quella faccia da cucciolo bastonato sopra il caffè che Loki gli offriva.

-Possiamo toglierci la mascherina per berlo o dobbiamo assorbirlo attraverso il filtro?- chiese Tony sarcastico, alzando le sopracciglia.

Loki sbuffò. –Ho già visto che nessuno di voi tossisce o starnutisce. Non sarete del tutto puliti ma mi accontenterò, e tanto poi disinfetto tutto.-

Tony si levò la mascherina e la gettò sul tavolo, subito imitato da Steve e Thor. –Finalmente!-

Senza quell’affare l’odore di prodotti chimici era persino peggiore. Tony sorseggiò il suo caffè per superare lo shock. Fece una smorfia.

-Ma che schifo. Questa roba sa di detersivo per i piatti.-

E qui Steve dovette dargli ragione. Loki schiacciò la sua tazzina sul tavolo con un sonoro toc.

-Se non ti va bene, tu e il tuo virus potete andare a prendere il caffè nel bar dall’altra parte della strada.-

-Quasi quasi…-

-Andiamo, smettetela. Loki, in realtà sono venuto qui per chiederti se ti piacerebbe passare le vacanze invernali da me e Jane- fece Thor, giocherellando con il suo cucchiaino.

Il viso algido del fratello non cambiò espressione mentre incrociava le braccia al petto. -Non se ne parla.-

-Oppure possiamo venire noi da te- insistette il biondone, quasi supplicando. Le avrebbe provate tutte per tirare fuori Loki da quell’eremo asettico che si era costruito, per lui non era affatto salutare come credeva. Ma non voleva forzare la mano. Con suo fratello ogni cosa andava fatta con i guanti di velluto.

-Venire qui! La tua ragazza potrebbe mandarmi a fuoco la casa, o nella migliore delle ipotesi rovinarmi l’impianto elettrico.-

Il cartellino di Jane diceva FULMINATA. Poteva capitare all’aperto come al chiuso, ma certamente Loki non voleva che succedesse in casa sua.

-Avanti, te lo chiedo per favore.- Thor si piegò sul tavolo, la sua tazzina si rovesciò, riversando un’onda nera di caffè sulla superficie immacolata del tavolo.

-Guarda che cosa hai combinato! Sei uno scimmione rozzo e senza grazia, non c’è da stupirsi che tu muoia per colpa delle banane!- gridò Loki. Stavolta di germi non ce ne sarebbe stata traccia, ma vivere in una casa perfetta lo aveva portato ad odiare persino il disordine e lo sporco.

Si affaccendò con una spugna a contenere il laghetto nero.

-Se possiamo aiutarti…- tentò Steve.

-No! Faccio da solo.-

Una volta raccolto tutto il caffè Loki prese una bottiglia di plastica rosa, e cominciò a strizzarla spruzzando alcool su tutta la superficie del tavolo. I vapori erano talmente forti da risultare nauseanti.

Era pronto ad asciugare il tutto con uno straccio quando Tony starnutì.

Non era stata colpa sua, con tutta quella puzza che pizzicava le narici non era riuscito proprio a trattenersi.

-Aaachooo! Scusate.- Tirò fuori un fazzolettino di carta dalla tasca dei pantaloni e si soffiò il naso. –Questo dove lo butto?-

Steve osservò la scena preoccupato. Era come se il tempo si fosse fermato: Loki con lo straccio ancora umido di alcool immobile sopra il tavolo, Thor che faceva vagare lo sguardo nervosamente ora sull’uno ora sull’altro, e Tony che si rendeva conto solo ora di avere commesso un grosso errore.

-Oh, oh…- Si rimise in tasca il fazzoletto.

Loki divenne viola. Gettò lo straccio da una parte e tirò con violenza Tony su dalla sedia, quindi lo spinse in corridoio.

-Fuori da casa mia!- urlò. –Tutti quanti!-

Percorsero in un millisecondo lo spazio che li separava dalle doppie porte.

Tony cercò di spiegargli con parole sue che l’AIDS non avrebbe potuto attaccargliela semplicemente starnutendo, ma Loki era livido, e non lo ascoltava.

-Andatevene via subito!-

Sbatté fuori tutti e tre insieme ai loro cappotti. I ragazzi si ritrovarono sul pianerottolo con le giacche in mano, ad ascoltare le porte che sbattevano e gli spruzzi furiosi di chissà quale germifugo.

-E non tornate!-

Thor bussò un paio di volte. -Ti prenoto degli esami del sangue?-

Era praticamente certo che dopo quell’incidente Loki avrebbe fatto venire qualcuno per farsi fare un check-up completo.

-Fottiti!- disse la voce tra gli spruzzi al di là della porta.

-Come siamo volgari. Di certo i germi non ti entreranno dentro dalla bocca- fece Tony, allacciandosi la giacca. Loki poteva essere strano finché voleva, ma quel trattamento cominciava ad irritarlo parecchio.

Ancora urla.

-Se mi hai attaccato l’HIV giuro su Dio che ti uccido con le mie mani!-

-Sempre che tu riesca ad uscire di casa!-

-Lo farò dopo che avrò sterilizzato ogni cosa che hai toccato!-

-Ti auguro di affogarci in quel disinfettante!-

-Ok, adesso andiamo, mmh?- Steve lo trascinò per un braccio fino al marciapiede sottostante, con Thor che li seguiva mogio.

-Eppure sembrava che stesse migliorando…- ponderò il biondone dando un calcio a un sassolino. –Vorrei davvero che mi permettesse di portargli di nuovo la spesa. Magari riesco a convincerlo ad uscire.-

-Tuo fratello è completamente suonato, fidati di me- brontolò Tony. –Ci morirà in quella casa.-

-Tony, lo so che non è stato gentile con te, ma non è tutta colpa sua. Se non avesse fatto quello stupido test non si sarebbe ridotto così- gli disse Steve, sentendosi un po’ in colpa. Avrebbe potuto condividere la stessa sorte del suo fidanzato se solo si fosse deciso a rivelargli che aveva fatto in modo che lui lo contagiasse.

-Non è neanche colpa mia se lui, al contrario di suo fratello, non riesce ad accettare l’idea della propria morte. Magari non saranno i miei germi ad ucciderlo, eppure ti dico che quando fa così mi viene voglia di tagliarmi un dito e sventolargli il sangue in faccia.-

Steve decise di cambiare argomento.

-A proposito Thor, tu sembri averla presa molto bene. La tua predizione, intendo. Vorrei che Tony mettesse da parte il suo sarcasmo e avesse il tuo ottimismo.-

Il ragazzo fece una risatina. –Ah, beh… Non è da tutti ricevere SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA. Il più delle volte cerco di non pensarci perché non c’è niente che io possa fare. Dopotutto, la Macchina non sbaglia mai, vero? A che scopo preoccuparsi? Inoltre non specifica quando accadrà, potrebbe capitare tra un mese o tra ottant’anni…-

Di colpo Thor smise di parlare. Steve si era accorto che era persino impallidito.

Seguì il suo sguardo con un movimento della testa.

Si trovavano davanti alla vetrina di un fruttivendolo, dove stava esposta, straordinariamente bella per essere fuori stagione, una montagnola di banane; una ragazzina a fianco della madre ne stava giusto sbucciando una. La madre pagava alla cassa.

-Thor?- Steve non sapeva se preoccuparsi per l’innaturale staticità dell’amico o meno. Non faceva niente di strano, stava solo immobile a fissare le banane.

Tony gli diede un colpetto sul braccio, e il ragazzo sussultò come se una scossa elettrica l’avesse attraversato.

-Stai bene?-

-Certo, certo. Mai stato meglio. Vi dispiace se vi lascio, adesso? Dovrei andare a casa, Jane mi aspetta.- Thor disse tutto questo gesticolando nervosamente, mentre le sue gambe lo trasportavano lontano, un passo incerto dopo l’altro. Dimenticò persino di salutare.

Tony si alzò sulle punte dei piedi per poggiare il mento sulla spalla di Steve.

-Secondo me non l’ha presa poi così bene.-

Che palle, pensò Steve. Queste predizioni stavano mandando tutti quanti al manicomio; maledisse chiunque avesse avuto l’idea di inventare quella stupida Macchina della Morte.

 

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Dopo una settimana la situazione sembrava essersi calmata, e Thor era tornato di buon umore.

Aveva chiamato per dire che persino Loki si era tranquillizzato, e che i test risultavano più puliti della sua casa, anche se doveva credergli sulla parola, perché da allora Thor non era più stato autorizzato ad entrare. Loki aveva bisogno di tempo per metabolizzare le sensazioni di pericolo a cui era scampato.

Steve aveva appreso la notizia con molta calma. In verità gli interessava di più sapere se Thor stesse bene piuttosto che venire a sapere lo stato d’animo di Loki, primo perché non gli andava giù quella sua antipatia per il suo fidanzato, e poi perché ormai c’erano buone possibilità che il fratello di Thor fosse bello che andato, e Steve di problemi ne aveva già in abbondanza.

Così fu felice di trascorrere delle serate tranquille a casa.

In quel momento Tony era seduto sul divano a testa in giù, con le gambe appoggiate alla spalliera e i capelli che scivolavano sui cuscini, intento chissà come a giocare a un videogioco.

-Finito- annunciò, gettando il joystick da una parte. Come riuscisse a giocare in quelle condizioni e a concludere con una tale rapidità Steve non lo sapeva.

-Tanto non te ne compri uno nuovo.-

Tony sbuffò. Steve gli si sedette accanto e gli passò le dita tra i capelli, tirando la frangia ancora più indietro. Gli occhi ambrati dell’altro guardarono la sua immagine capovolta.

-Non ti viene mal di testa, così?- domandò Steve sorridendo.

-Si possono fare tante cose in questa posizione- gli rispose, accarezzandogli le cosce con una mano. Il biondino si piegò per baciarlo in quella posa impossibile.

-Stavo pensando che era da un po’ che non avevamo del tempo tutto per noi, e volevo…-

Il telefono squillò interrompendo le sue parole.

-Lascialo suonare- sbuffò Tony, allungando le braccia per trattenerlo, ma Steve si stava già alzando.

-Potrebbe essere importante.-

Il ragazzo scivolò sul pavimento con una smorfia di delusione.

-Pronto?-

-Fate qualcosa, non ne posso più!- gridò una voce di donna al telefono, con una forza tale da far sì che persino Tony se ne accorgesse; infatti si sedette per terra in ascolto. Steve ci mise un po’ a identificare la voce.

-Jane? E’ successo qualcosa?-

Ecco chi era. Jane, la fidanzata di Thor, la FULMINATA.

-Non ne posso più! Va bene non farsi condizionare dalle predizioni della Macchina, ma questa… Questa è follia! Io non ci sto più, Steven; devi dire a Thor di darsi una regolata, perché io non riesco a ragionarci. Se continua così giuro che me ne vado!-

Il biondo era parecchio confuso. Jane era una ragazza intelligente e posata, raramente dava fuori di matto. In più Thor non era il tipo da abbandonarsi a colpi di testa; amava davvero Jane e non avrebbe mai fatto nulla per farla soffrire, quindi cosa poteva essere capitato di così grave da indurre la ragazza a chiamare in soccorso gli amici del suo fidanzato?

-Che cos’ha la FULMINATA?- chiese Tony, improvvisamente più interessato, spegnendo la tv per sentire meglio.

-Jane, calmati e dimmi cos’è successo- insistette Steve, con una mano sul ricevitore perché Jane non sentisse la voce di Tony in sottofondo.

-Cos’è successo? Cos’è successo?! E’ successo che non posso vivere così un istante di più, vieni a vedere di persona come Thor ha conciato il nostro appartamento!- Poi, con una vocina più bassa e più debole, come se si fosse sfinita a forza di gridare, -Steven, Anthony, fate qualcosa, convincetelo che questa è pazzia pura.-

Detto questo posò il ricevitore.

Steve rimase spiazzato con il telefono in mano, dopodiché decise di cominciare a vestirsi. -Credo che sia opportuno andare a casa di Thor e Jane.-  

-No, dài!- supplicò Tony. –E il nostro tempo di qualità? Non possiamo fare finta che non sia successo niente?-

Le labbra del biondino si stirarono in un piccolo sorriso che non voleva essere contraddetto. –Temo di no. Jane sembrava davvero preoccupata.-

Tony sapeva che sarebbe stato inutile convincere Steve, e si ritrovò a infilarsi le scarpe prima di subito. –Lo sapevo che non dovevi rispondere- biascicò.

Il suo ragazzo gli si avvicinò e gli lasciò un bacio a stampo sulla guancia. –Recupereremo stasera il nostro tempo di qualità, promesso.- Ma non era poi tanto sicuro di essere  rimasto deluso dall’interruzione. Confessare di essersi lasciato contagiare dall’AIDS si stava dimostrando più difficile di una dichiarazione d’amore vera e propria.

 

 

Thor e Jane abitavano al primo piano di una palazzina color crema vicino a Central Park. Un posto carino che non aveva mai avuto niente di strano, se non fosse che proprio quel giorno Steve e Tony notarono qualcosa di insolito.

Le finestre sembravano essere chiuse, ma le tendine avevano qualcosa di diverso, come delle macchie o dei disegni… Thor doveva averle cambiate. La cosa più strana comunque era la quantità di banane spiaccicate che occupavano il marciapiedi sotto le finestre e davanti alla porta, come se qualcuno ne avesse rovesciato un secchio intero appena oltre in davanzale.

-Pensi anche tu che ci sia qualcosa che non va?- domandò Tony, salendo gli scalini di ingresso attento a non pestare banane.

Steve non se ne capacitava. Scostò un paio di banane mezze marce con i piedi e si pulì le scarpe su uno zerbino con il disegno di un’altra banana sorridente stampato sopra. Quindi fece per suonare il campanello senza sapere che cosa lo avrebbe atteso oltre la soglia, ma prima che potesse riuscirci la porta si aprì con un botto, rivelando una donna dall’aria stravolta, con i capelli lunghi sciolti e scompigliati sulle spalle. Reggeva un cesto di banane con un’aria spiritata.

-Jane, no! Rimettile a posto!- si sentì gridare da dentro.

La ragazza parve non essersi accorta subito di Steve e Tony, e lanciò il cesto facendo piovere frutta dappertutto. Tony fece appena in tempo a schivarla. –Ma che cazzo…?!-

Jane gridò: -Non voglio questa roba in casa mia!- Poi si rese conto degli ospiti.

-Steven, Anthony, grazie al cielo!-

Tony diede di gomito a Steve. –Ma perché quelli che conosciamo noi sono tutti matti?-

Steve gli fece cenno di stare un attimo zitto, e si lasciò trascinare in casa da Jane.

-Allora qual è il problema?- chiese.

-Questo! Questo è il problema!- gridò la donna, chiudendo la porta e abbracciando con un gesto della mano l’intero appartamento.

I due ragazzi si lasciarono travolgere dall’intenso odore dolciastro e dalla vista spettacolare e… completamente gialla.

Banane, banane, banane dappertutto. Ogni contenitore, ogni ciotola, ogni superficie disponibile era ricoperta di esemplari più o meno sani del frutto, alcuni ancora verdi altri con delle macchie stile giraffa, altre ancora decisamente sulla via della decomposizione.

E non era finita lì.

Le pareti erano ricoperte di carta da parati decorata con un motivo a banane sbucciate, quelle che sembravano macchie sulle tendine erano stampe di frutta, e c’erano soprammobili di plastica autocelebrativi di indovinate cosa?

Thor fece capolino tra tutto quel giallo.

-Ciao Steve. Ciao Tony, cosa vi porta qui?- Sembrava assolutamente ignaro della crisi di nervi a cui stava andando incontro la sua ragazza.

-Ecco…- tentò Steve, guardandosi intorno inquieto e cominciando a chiedersi se Tony non avesse ragione: quelli che conoscevano stavano diventando tutti pazzi. –Jane ci ha chiamato, e volevamo accertarci… che stessi bene. Tu stai bene, vero?-

Il viso di Thor non sembrava quello di un esaltato. Sorrise con il suo solito calore e fece cenno di accomodarsi. –Benissimo. Posso offrirvi qualcosa? Sedetevi pure.-

Tony raggiunse il soggiorno e prima di sedersi spostò una manciata di banane dal divano. Non sapendo dove metterle le poggiò sul tavolino da caffè a fare compagnia alle altre.

-Queste sono anche un po’ nere- osservò. –Non è male il tuo nuovo mobilio, Thor, un po’ deperibile, magari…-

-Jane non è così entusiasta…- fece il ragazzo, aprendo una credenza e tirandone fuori una ciotola piena di qualcosa che Steve non riuscì a identificare.

La ragazza perse la testa. Buttò a terra una zuppiera di banane macchiate con una manata.

-Voglio questo schifo fuori da casa mia! Ti avverto Thor, se non ti liberi di tutta questa robaccia, tra noi è finita!-

Se ne andò sbattendo la porta e schiacciando un paio delle banane che aveva gettato sul pavimento.

Thor raggiunse i suoi amici in salotto e mise la ciotola sul tavolino da caffè: sembrava piena di patatine.

-Tornerà- li rassicurò, -Deve solo abituarsi all’idea.-

-Quale idea?- domandò Steve, afferrando una patatina. –Ha a che fare con tutto questo?-

Appena se la mise in bocca gli si strinsero le labbra. Quella roba era salata e dolciastra insieme, ma di certo non aveva niente in comune con una patatina.

-Banane fritte- spiegò Thor con un sorriso. –Le ho fatte io. Buone, vero? Se volete vi posso fare anche un ottimo milk-shake.-

Tony si prese una banana sana e se la sbucciò, pensando che oltre a far parte dell’arredamento si potessero anche mangiare, e fregandosene del resto. Come dire, se vai in Inghilterra fai come gli inglesi, se vai in manicomio… –Mi accontento di un assaggino di queste. Odio la dieta monotona.-

-Insomma, cos’è questa storia delle banane?- volle sapere Steve, che posò la fettina di frutta fritta nella ciotola; le situazioni surreali in cui si stava cacciando cominciavano ad innervosirlo. Thor avrebbe dovuto essere terrorizzato alla sola idea di vivere in un posto del genere, non si spiegava il perché del suo atteggiamento allegro.

-Sapete che il mio cartellino dice: SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA, vero?- fece Thor.

-Sì…- sibilò Steve.

-Ebbene. La settimana scorsa ho realizzato che non ho mai completamente accettato il mio destino. Ho ripensato a Loki, e a come si è ridotto cercando in tutti i modi di evitare che il suo pronostico si realizzasse. Ebbene, ho deciso che io non vivrò così. Mi sono detto che ormai era giunto il momento di superare la mia paura, e ho creduto che il modo migliore per farlo fosse circondarmi della cosa che avevo cominciato a temere.-

-Banane…- disse Tony, con la bocca piena, lanciando a Steve un’occhiata che diceva: “Usciamo immediatamente da qui.”

Thor annuì. –Già. Banane. Capite? Se riesco a vivere in questa casa, con tutto quello che c’è dentro, non avrò più paura di niente.-

-Non avrai un tantino esagerato? Jane sembrava furiosa. Spero che tu non abbia riempito in questo modo anche la camera da letto.-

Il padrone di casa congiunse le mani e assunse un’aria da pecora, ma ebbe la decenza di non negare l’innegabile. –Non riesce ancora a capire quanto bene mi abbia fatto. Adesso non ho più paura di quello che mi riserva il futuro. Se fosse possibile vorrei fare una cosa del genere anche per lei e Loki.-

Steve si mise la mani sotto le gambe per impedirsi di svegliare a suon di schiaffi il suo amico, mentre Tony sputacchiò un po’ di banana. Visto il cartellino di Jane era meglio non fare esperimenti che avrebbero potuto rivelarsi letali, in quanto a Loki non erano sicuri che avrebbe gradito un intervento di Thor nella sua vita privata e microbiologicamente sterilizzata.

Fu Steve a porre la domanda decisiva. –Ma se adesso stai meglio perché non te ne liberi? Di tutte queste banane, intendo.- 

Thor si morse le labbra, incerto. –E se poi mi torna l’ansia? Finché vivo circondato da tutto quello che una volta mi terrorizzava mi sembra che il mondo sia tornato normale, non me la sento ancora di buttarle via.-

-Normale…- Questo lo diceva Tony.

-E poi…- continuò Thor. –Si tratta di cibo ancora buono, pieno di potassio e vitamine.-

Steve si alzò dal divano. Ne aveva avuto abbastanza di quelle manie che la Macchina instillava nei suoi conoscenti. Soprattutto non era sicuro di che effetto avessero su Tony. Meglio andare via.

-Beh, adesso noi dobbiamo proprio andare. Grazie delle… dello snack. Se però potessi ridurre un po’ la quantità di frutta che ti porti in casa… O magari non attaccare ai muri questa carta da parati con le banane… Per il bene di Jane, sai. Lei ti vuole bene, ma l’esagerazione mette a dura prova i nervi di chiunque.-

Thor annuì, pensandoci su.

-Ok, ci proverò. Magari le preparo una bella cena intima e ne parliamo.-

-Magari potresti portarla fuori- suggerì Tony, mentre prendeva la sua giacca e apriva la porta. Sembrava proprio che l’unico cibo disponibile in quella casa fossero banane, e Jane non avrebbe accettato che l’argomento della discussione diventasse anche la sua cena. –Ci vediamo presto, Thor.-

Lui salutò i ragazzi con una mano, impugnando una scopa per spazzare il pianerottolo ingombro delle banane che Jane aveva gettato e calpestato. –A presto!-

Appena furono al sicuro da occhi indiscreti, Tony scoppiò a ridere.

-L’ho sempre detto che quel ragazzo ha le banane al posto del cervello*.-

-Non è divertente Tony- lo rimproverò Steve, che ancora non si capacitava della scena a cui aveva assistito.

L’altro gli batté una mano sulla schiena. -Avanti! Cheer up, Stevie boy. Non dirmi che non ci hai trovato niente di comico.-

Il biondino osservò gli occhioni scuri di Tony, sorridenti e lucidi di gioia come delle gemme appena lustrate. Si lasciò trasportare. Magari era meschino a ridere delle disgrazie altrui, ma si fece scappare un sorriso.

-Ok, era divertente. Dio, tutte quelle banane…-

-Potrebbe donarne un po’ allo zoo locale, gli scimpanzé ne sarebbero entusiasti!-

-Di sicuro più di Jane!-

-Cazzo, era isterica! Tu non mi hai mai fatto una scenata così!-

Si mise a ridere più forte, e Tony si unì a lui, sostenendosi legando le loro braccia insieme. Agli occhi dei passanti erano semplicemente una coppia di fidanzati molto allegra, intenta a godersi la vita.

Steve espresse il desiderio che fosse così per sempre, e se ne infischiò di tutte le Macchine e delle loro predizioni. Magari la loro vita non sarebbe stata lunga, ma di certo si sarebbero impegnati per renderla felice.

 

 

 

N.d.A.

 

Siccome il primo capitolo mi era uscito un po’ serioso, il secondo è stato più leggero.

SCIVOLANDO SU UNA BUCCIA DI BANANA doveva uscire nel test di qualcuno, e siccome tutti gli altri avevano già il loro destino segnato, ecco che ho pensato a Thor. Che fareste con una predizione così? A me probabilmente verrebbe uno di quegli attacchi di risa del tutto fuori luogo, e non riuscirei a fermarmi, perché pur essendo tragica la cosa ha un lato ironico, è molto stupida in verità.

GERMI è più consona al buon gusto. Forse.

Loki ha un caratterino niente male, non credo che abbia paura della morte. E’ pur vero però che quando ci si trova di fronte alla fine, quella vera, le chiacchiere servono a poco, e la gente la paura la prova lo stesso, lo so, è inutile. Se non avesse ricevuto un responso simile probabilmente anche di fronte alla possibilità di morire per un’infezione non si sarebbe così spaventato, ma la probabilità concreta di essere arrivati alla vera conclusione è un’altra cosa. Ho voluto concretizzare uno shock di questo tipo.

Jane è una FULMINATA. Non ce l’ho con lei, poveretta, mi piaceva solo come suonava la parola. Mi piace anche “Fulmicotone”.

Scommetto che invece non indovinerete mai il destino che ho riservato a Brock Rumlow^^ Spero che vi farà sorridere, dopotutto questa è nata come fic grottesca, e il grottesco lascia spazio a un po’ di sarcasmo ed ironia.

*In inglese “Going bananas” significa dare fuori di matto. Ho voluto giocare un po’ con le parole.

 


 

  
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